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conoscenze a scuola 19


di chiara94
31.05.2016    |    5.996    |    13 9.4
"Diego si avvicino’, e la patta dei suoi jeans arrivo’ a pochi centimetri dal mio viso..."
CHIARA

Diego mi aveva cercata con la scusa di un libro. Probabilmente voleva scusarsi per la settimana prima.
Dentro di me lo speravo, anche se ero conscia che in passato ero sempre rimasta delusa per i suoi comportamenti. Diego era tutt’altro che affidabile. Il cuore mi batteva a mille per l’agitazione, pero’ dovevo assolutamente scoprire cosa aveva in mente.
Dentro di me una vocina mi aveva detto di dirgli di no, ma non usai il raziocinio in quell’occasione. Del resto con Diego non avevo mai usato il cervello, mi ero sempre comportata come una stupida.
Non mi interessava di abbandonare Andrea e Bea al loro filrt, ormai il mio rapporto con entrambi era solamente di facciata. Aveva fatto la gelosa al bar, come se il mio ragazzo ( o ex ragazzo a breve ) non avrebbe potuto baciarmi davanti a lei. Ma chi si credeva di essere? La piu’ bella del reame?Mi ero lasciata baciare sul collo, fingendo un forte coinvolgimento, solamente per darle fastidio. E dovevo esserci riuscita, vedendo la sua risposta.
Raggiunsi Diego in una libreria, che distava solamente cinque minuti dal bar. Sicuramente avrebbe apprezzato il mio abbigliamento, anche se in parte nascosto dal mio piumino. Non era il giubbotto della settimana precedente, nonostante l’odore e le macchie fossero quasi del tutto scomparse, non me le ero sentita di metterlo. Mi sarei sentita sporca, sarebbe stato come convivere sempre con il suo sperma sul mio corpo. Avevo tirato fuori dal mio armadio un giubbotto di due inverni fa, a cui ero molto attaccata, sebbene quel particolare taglio e colore non andasse piu’ di moda.
Appena mi trovai al suo cospetto, fui solamente capace di dirgli :” ciao”. Non potevo far finta di nulla su quello che era successo il sabato precedente.
Diego, senza dire una parola, mi prese per mano e mi porto’ in un parcheggio sottorraneo. In centro di sabato pomeriggio era impossibile trovare posto, se non a pagamento. Le mie paure riniziarono a tormentarmi, temevo di essere la vittima sacrificale di qualche setta sconosciuta. Avevo paura delle sue intenzioni, e il non saperle aumentava ancora di piu’ le mie paure.
Ma cosa stavo facendo? Perche’ non impuntavo i piedi e non lo obbligavo a parlare? Non ero una cagnolina che poteva tirare a destra e sinistra. Un alone di mistero stava circondando quella strana passeggiata, ero veramente spaesata dalla situazione. E i modi di fare di Diego stava contribuendo a spaventarmi.
Apri’ la portiera posteriore destra della sua auto e mi fece salire. Ecco, aveva svelato le carte, il suo piano era quello di saltarmi addosso , cercando di spogliarmi. Lo guardai impaurita, anche se nulla l’avrebbe fatto desistere.
Sposto’ il braccio destro, ecco di li a qualche frazione di secondo le sue mani si sarebbero posate su di me. Ma…..stranamente, non ero io il bersaglio del suo arto. Con la mano rovisto’ nel baule e tiro’ fuori un pacco, avvolto da una carta color blu luccicante. Era una confezione regalo.
Io, completamente spiazzata, gli chiesi:” E’ per me?” e lui disse:” Certo, non vedo altre persone qui, oltre a noi due “ Io lo guardai negli occhi e gli chiesi:” Posso aprirlo?” e lui rispose affermativamente.
Scartai con cura la carta che avvolgeva la sorpresa, per conservarla come ricordo. Il primo regalo di Diego. E io che avevo pensato che avrebbe voluto violentarmi, prendermi con la forza, chiudermi in qualche stanza buia con degli sconosciuti. Non dovevo piu’ guardare troppi film action in televisione, questi erano i risultati . Dubitare sempre di tutti, mai lasciare un barlume di fiducia.
Appena tolsi del tutto la carta, vidi cosa conteneva: un giubbotto. Diego voleva farsi perdonare, regalandomi un giubbotto nuovo. Non potevo crederci, il mostro che mi aveva sbattuta contro la portiera di una macchina appena una settimana prima, adesso voleva farsi perdonare. Probabilmente anche lui si era reso conto che impiastricciare il mio giubbotto con il suo seme era veramente troppo. Allora anche lui aveva un cuore, non era solamente un diavolo.
Era bellissimo, era un piumino color oro, con la pelliccia che avvolgeva il collo. Chissa’ quanto aveva speso. Ero felicissima. E non solamente per il regalo.
Non ero assolutamente materiale come Bea, non vivevo di firme e riviste di moda. Per lei, non trovare piu’ il numero di un paio di scarpe, indossate dall’attrice piu’ in voga di hollywood, era motivo di tristezza. I miei occhi brillavano come non mai, neanche quel verme di Andrea era riuscito ultimamente a stupirmi. O forse neppure in due anni?.
Lo ringraziai con tre bei baci sulla guancia, tenendo in modo dolce una mano sul suo collo, e altra sulla parte posteriore della nuca. Diego era stato veramente super. Mi disse di provarlo e di sedermi sulle sue gambe. Lo feci subito, non potevo dirgli di no, era stato troppo carino. Mi sistemai sulle sue gambe lateralmente, con il giubbotto indosso. Un mio braccio cingeva il suo collo, per mantenere l’equilibrio.
Diego inizio’ a parlare:” E’ il mio modo per farmi perdonare per sabato, devi capire che ti desidero, pero’ so di aver sbagliato” Sentendo quelle parole, ero la ragazza piu’ felice del mondo. O stava cambiando tattica , o un mattone gli era caduto in testa.Non cerano altre spiegazioni.
Io gli sorrisi, dandogli un buffetto sulla guancia, dicendogli:” Un diavolo che si pente” Mi accorsi che i suoi occhi guardavano verso il basso e anche io li abbassai.
Il mio vestito di maglina si era tirato su, e le mie cosce erano quasi completamente scoperte. Diego ritorno’ subito a fissarmi negli occhi, ma decisi di essere carina, e ancora oggi non so spiegarmi il motivo. Gli dissi le seguenti parole, accompagnate da un sorriso:” Mi dimentico sempre di sistemarmi il vestito ,quando mi siedo “ e lui:” hai due gambe bellissime, sbagli a nasconderle “.
Lusingata da quelle parole, gli dissi:” Veramente?” Intanto non mi ero preoccupata di ricoprire le mie grazie, e anche questo, per me .oggi rimane un mistero. Diego si mise ad armeggiare con le cerniere dei miei stivali, e me li tolse.
Sia per un po di cuorisita’, sia perche’ mi sentivo riconoscente per il regalo, decisi di non dirgli nulla. Volevo scoprire fin dove sarebbe voluto arrivare. “ Peccato che non metti mai le autoreggenti, ma non piacendoti, capisco che non vuoi accontentarmi”
Io fui pronta a rispondere:” Diego, ho il ragazzo, lo sai” E lui:” Hai un ragazzo a cui piace toccare la figa della tua migliore amica alla luce del sole “Mi morsi il labbro, continuando a fissarlo. Aveva ragione, potevo controbattere che non era vero? Non si preoccupavano neanche di salvare le apparenze ,quando ero in zona .
Precisai:” Diego, se lui e’ un bastardo traditore, io non voglio mettermi al suo livello” Lui mi guardo’, dicendomi:” Nella vita vincono solamente quelli che tradiscono o che prendono le ragazze con la forza”
Gli risposi:” Diego , non mi piace quando mi prendi con la forza” e lui:” se non ti prendo con la forza, non ottengo niente “
Le mie parole furono svelte a uscire dalla bocca:” Diego, le cose ottenute, le avresti potute ottenere in modi piu’ gentili”. Diego, un po’ infastidito, disse:” Non ho ottenuto nulla, se non qualche palpata di tette e culo” Volli fargli capire che non era vero:” Diego, ma se hai addirittura tentato di aprirmi la camicetta in bagno all’universita’, per non parlare delle innumerevoli volte delle tue mani sul mio corpo, o di quando ti sei sfregato su di me “
Un rumore richiamo’ la mia attenzione. Due persone stavano camminando lungo il centro del parcheggio.Istintivamente, mi spostai, tornando a sistemarmi sul sedile vicino. Diego rimase molto contrariato da quella mia reazione e disse:” Hai visto un fantasma?”
Io gli sorrisi e risposi:” Poteva essere Andrea, non so come sia venuto fino in centro “ e lui:” In effetti e’ un ottimo posto per farsi spompinare da Bea”
Sentendo quelle sue parole, esclamai:” Piantala, non credo avrebbero il coraggio di arrivare a tanto. E poi Beatrice non fa i pompini” Lui fu veloce a dire:” Guardala sempre vicino alle labbra, se una volta vedrai delle piccole tracce di sborra, capirai che glieli fa, eccome se glieli fa.”
Non mi andava di parlare di quei due, per una volta Diego era stato diverso, si era dimostrato gentile e sensibile. E io come contraccambiavo? Mettendo al centro del discorso quelle due serpi?
Decisi di cambiare discorso, e con modi di fare scherzosi, mi avvicinai a lui facendo il segno di volerlo strozzare. Diego , con delicatezza, mi sollevo’ e mi fece sistemare su di lui, dicendomi:” cosi’ sei piu’ comoda per strozzarmi”
Io mi misi a ridere come un 'ochetta, senza rendermi conto che ero sistemata a cavalcioni su di lui. Diego si tiro’ su leggermente, spinse una leva e il sedile davanti a noi si avvicino’ al volante.
Le sue mani si appoggiarono sui miei fianchi. Inizio’ a muovere il bacino prima circolarmente , poi inizio’ a imprimere un moto avanti e indietro. Questi movimenti fecero si che il mio vestito, gia’ arrivato ad altezza di oltre meta coscia, si trovo’ ripiegato su se stesso ad altezza ventre.
Fui velocissima a tirarmi giu’ la parte inferiore del vestito, stavamo dando spettacolo in un luogo pubblico.Lo sguardo di Diego muto’ improvvisamente, i suoi occhi tornarono ad essere quelli di sempre. La parte gentile e sensibile sembrava essere nuovamente scomparsa.
Con modi bruschi mi sposto’, e con cattiveria disse:”Sei una puttana, sai sempre rovinare tutto .Rimettiti gli stivali e vattene.”
Mi misi a piangere. Non potevo crederci, fino dieci minuti prima mi aveva fatta sentire come la sua principessa, e ora invece mi stava trattando come la peggiore delle sgualdrine.
Apri’ la portiera, prese la mia borsa e la butto’ fuori dalla macchina. Era tornato il Diego prepotente e cattivo. Il mio trucco ormai era completamente sfatto, macchie nere sotto gli occhi e sotto le guance, mi rendevano impresentabile.
Non potevo tornare a casa in quelle condizioni, con il mascara che mi faceva quasi sembrare appena uscita da una miniera di carbone. Cosa avrebbero pensato i miei genitori? Che avevo litigato con Andrea? Un brutto risultato all’universita’?
Per un’ ultima volta guardai Diego, sperando che cambiasse atteggiamento, che ritornasse in se, dopo quel raptus di follia.
Trovai il coraggio per dirgli:” Diego, perche’ mi tratti cosi’? “ e lui , senza battere ciglio, proferi’ delle parole molto cattive:” Perche’ ti odio, accetti che il tuo ragazzo si diverta con Beatrice, e con me fai quella che se la tira, la casta suora.”
Fui svelta a dire:” Non e’ vero Diego, ho accettato tutti i tuoi comportamenti, e questo e’ il tuo ringraziamento? Senti’ un :” Zitta troia “ , che annullo’ in me ogni speranza di convincerlo a cambiare atteggiamento.
Scesa dalla macchina, mi ritrovai sola con le mie paure e i miei fantasmi. Quel ragazzo era riuscito nuovamente a deludermi e a farmi piangere. Mi incamminai velocemente verso l’uscita del parcheggio, quando senti’ una voce che esclamo’:” dove credi di andare, stronza!”
Forse era l’eco del parcheggio sotterraneo a distorcerla, ma non mi sembrava la voce di Diego. Dalla penombra, mi accorsi che qualcuno stava dirigendosi verso di me.
Sul subito non lo riconobbi, anche perche’ il suo volto era quasi completamente da una sciarpa ,che si attorcigliava fin quasi al naso. Un particolare attiro’ la mia attenzione: una grossa pustola sul naso. Non era la prima volta che vedevo quel terribile inestetismo, ma la mia memoria non voleva sapere di voler ricordare. Quel buffo personaggio, oltretutto maleducato, mi si avvicino’ , abbassandosi la sciarpa:finalmente la riconobbi. Era Filomena, la sorella di Diego.
Quella ragazza, come aveva gia’ fatto la prima volta del resto, nuovamente tenne nei miei confronti modi di fare sgarbati e minacciosi.
Disse:” Puttanella, perche’ mi guardi con quella faccia? Solamente perche’ sei bella ti credi migliore di me?” Preferi’ non controbattere, l’essere da sola con quella ragazza mi rendeva molto nervosa e inquieta. Lei, non contenta, continuo’:” Sto parlando con te, e’ inutile che fai la snob borghese, adesso torni da mio fratello e gli chiedi scusa “
Non ci potevo credere, fratello e sorella era cosi’ uguali caratterialmente. Forse da piccoli avevano condiviso qualcosa di terribile, per essere cosi’ pieni di odio e di cattiveria.
Non le risposi, la guardai con gli occhi arrossati per le lacrime, e tornai verso la macchina di Diego. Ma non soddisfatta, mi blocco’ il braccio e mi disse:” Tratta ancora una volta male mio fratello e gonfio di botte quel visino da brava ragazza”.
Con un strattone riusci’ a liberarmi, e senza guardarmi indietro, arrivai alla macchina di suo fratello. Ero veramente tra l’incudine e il martello. Come potevo chiedergli scusa dopo che ero stata insultata e apostrofata? E come mai avevo accettato passivamente gli ordini di sua sorella? Ormai , anche se allo specchio vedevo sempre riflessa la mia immagine, dentro di me ero completamente diversa.
Diego era fuori dalla macchina, intento a parlare al telefono. Appena mi vide, chiuse la conversazione. Guardandomi con disprezzo, mi disse:” Troia, cosa vuoi?”
Ormai mi aveva completamente annientata, aveva vinto lui la sfida. Mi trattava veramente come una sgualdrina, e io non riuscivo a ribellarmi. Gli risposi, tenendo gli occhi bassi:” Ti chiedo scusa per prima “
Con disprezzo, mi disse:” Inginocchiati, impara a capire chi comanda” e mi poso’ un braccio sulla spalla sinistra, spingendomi verso il basso.
Le mie ginocchia cedettero di fronte la sua trazione verso il basso, e mi trovai in un baleno, inginocchiata al cospetto del mio peggiore mostro. Se qualche persona fosse passata, mi avrebbe vista in quella posizione. E chissa cosa avrebbero pensato. Che stessi facendo un pompino o che il mio torturatore stesse pretendendo delle umilianti scuse?
Ormai mi ero ridotta in una condizione molto simile a Giada, la dignita’ non esisteva piu’ in me. Diego si avvicino’, e la patta dei suoi jeans arrivo’ a pochi centimetri dal mio viso. Con fare perentorio, mi disse:” Massaggiami il cazzo, muoviti “
Lo guardai per un attimo negli occhi, senza fare alcun movimento, ritornando subito con lo sguardo verso il basso. Ma Diego non voleva sentire ragioni, e aggiunse:” muoviti, hai capito cosa ti ho detto?” Avevo sentito benissimo le sue parole, avevo capito benissimo i suoi ordini, ma dentro di me rimaneva un ,seppure minimo, barlume di orgoglio.
Spazientito, si abbasso’ leggermente, e prese la mia mano e se la porto’ sulla bozza dei jeans, come era gia’ successo nel bosco. Il suo pene era gia’ durissimo, riempiva completamente il palmo della mia mano.La bozza era gia’ in evidenza, le sue dimensioni non gli permettevano di nascondere l’erezione. Mi fece muovere la mano circolarmente, per accarezzare tutto il suo pene.
Mi piaceva quel contatto, e questo mi rendeva ancora piu’ sporca. Ma come, venivo umiliata e trattata male, eppure la cosa mi piaceva? Dovevano rinchiudermi in manicomio, ecco cosa dovevano fare i miei genitori. Non sembrava contento, infatti di li a poco mi disse:” E’ cosi che si tocca un cazzo, vuoi darti da fare?”
Non risposi alla sua provocazione, ero una burattina nelle sue mani, era lui che tirava i fili, ma non volevo dargli la soddisfazione di fargli vedere che mi piaceva la situazione.
Lascio’ improvvisamente la mia mano, e mi prese all’improvviso per una ciocca di capelli, portando il mio viso a contatto con la patta dei suoi jeans. Cercai di tenere la testa girata verso destra per evitare il contatto, ma Diego avvicinandosi’ inizio’ a sfregare il suo membro contro la mia guancia, andando dall’alto verso il basso, da sinistra verso destra.
Il suo pene si sfrego’ contro il mio naso, contro il mio mento, contro la mia fronte. Ogni centimetro del mio viso senti’ la pressione di quella durezza, che cresceva dentro il tessuto dei jeans. Se qualcuno fosse passato, sarei morta per la vergogna. Inginocchiata in un parcheggio, mentre un ragazzo era intento a sfregarsi sul mio volto.
Si aiuto’ anche con la seconda mano, facendo pressione sulla parte posteriore della mia nuca, per aumentare il piu’ possibile il contatto. Le mie labbra iniziarono a sentire la ruvidezza dei suoi jeans, e soprattutto quel gonfiore enorme di carne, che si celava li sotto.
Stranamente lascio’ la presa , iniziando a sbottare. “Basta , mi sono rotto, non sai proprio come far contento un ragazzo. Chiuditi in convento”. Io tirai su gli occhi, fissando quelli del mio torturatore, e ribattei:” Diego, mi stavi facendo male, non lo sai che una ragazza non si picchia neanche con un fiore?”.
Le mie parole lo fecero ancora di piu’ arrabbiare, e senza neppure degnarmi di uno sguardo, disse:” Non ti stavo picchiando, mi piace il sesso rude, dove il maschio comanda, essendo un essere superiore”
Apri’ la portiera e si infilo dentro la macchina. Senti’ un rumore di scarpe. Era la sorella, che passandomi accanto , disse:” Sgualdrina”. E si sistemo’ sul sedile del passeggero. La macchina, dopo le consuete manovre per uscire dal parcheggio, parti’.
Lasciandomi sola, ancora una volta sola. Come dovevo comportarmi con quel ragazzo? Perche’ mi trattava esclusivamente come un oggetto? Perche’ il mio ragazzo dopo due anni improvvisamente si era invaghito di Beatrice? O era colpa di quella troietta? E soprattutto , dove erano quei due in quel momento?
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