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L'esperimento della dottoressa


di maktero
15.02.2025    |    49    |    0 6.0
"Lei cominciò ad infilarmi degli aghi sottili nel mio glande e nella mia asta registrando maniacalmente tutte le sensazioni che io le riferivo mentre il mio..."
Sono stata affittata ad una dottoressa.
Lei dice che vuole svolgere uno studio sul dolore.
Sò benissimo che è una scusa per torturarmi ma io non posso esimermi da subire ciò che mi viene imposto.
Nel suo studio vengo invitata a spogliarmi.
Lei è vestita con un camice, solamente da quello è molto bella e sono contenta di poter essere seviziata da una simile bellezza.
Ha un bel fisico e delle belle gambe, un belissimo volto attorniato da un caschetto di capelli neri e degli occhi luminosi.
Mi piace!
E sono pronta a subire qualunque cosa voglia farmi.
Cominciai ad ascoltare le sue parole su un certo studio scientifico sul dolore necessario a documentare una sua certa ricerca medica.
Sò che è una menzogna ma non importa sono abituata a sentire simili discorsi ipocriti.
Ero incerta se considerarla una sadica timida alle prime armi che cercava di giustificare i suoi desideri con delle scuse speciose od una sadica che stava prendendomi in giro.
Ma non mi interessava più di tanto ero stata messa al suo servizio ed ero lì per subire qualunque cosa lei avrebbe desiderato, qualunque fosse stato lo stimolo del suo animo , ed io ero contenta di subirlo.
La dottoressa mi disse di sedere su di una sedia, io nuda obbedii.
Non mi legò, non c'e nera bisogno, non mi sarei opposta a qualunque sua azione.
Poi mi disse che per il suo lavoro scientifico avrebbe cominciato a perforarmi i capezzoli con degli aghi ed io avrei dovuto riferire le miei sensazioni.
Mi piaceva l'idea di interagire con la mia seviziatrice per condividere le sensazioni che provavo io e quelle che provava lei.
All'inizio prese degli aghi sottili e cominciò a perforarmi i capezzoli.
Io le riferii le mie sensazioni di dolore e lei prendeva appunti su un quaderno mentre si toccava.
Sfacciatamente incuriosita dalle sue intenzioni le chiesi schiettamente se voleva solamente torturarmi o se veramente voleva fare un lavoro di ricerca scientifica.
Lei all'inizio, un poco indecisa, mi rispose che voleva fare un vero lavoro scientifico su delle masochiste come me e delle sadiche come lei ma, schiettamente ammise che nella sua ricerca si sarebbe divertita a torturarmi.
Ovvero, pensai io avrebbe ottenuto l'utile ed il dilettevole.
Ammirrai quella sua risposta sincera, ma che però rivelava una certa confusione.
Ma in fin dei conti lascia perdere queste elucubrazioni mentali e mi concentrai sul mio ruolo.
Aspettandomi la prossima mossa che fu rapida.
Poi prese degli aghi più grossi per attravversarmi i capezzoli.
Mentre questi perforavano i miei poveri capezzoli io gemevo e strillavo per il dolore e lei mi chiedeva insistentamente di descrivere la mia sofferenza.
Io tra i lamenti le descrissi nei dettagli la mia sofferenza.
Lei segnava tutto sul suo taccuino mentre continuava a toccarsi.
Le chiesi il piacere, il sollievo, di poter gustare quacosa dei frutti della sua figa, che vedevo scendere da sotto il camice.
Ne avevo proprio voglia volevo gustare l'effetto che la mia sofferenza faceva sulla mia torturatrice.
Lei straordinariamente me lo concesse, sorrisi sorpresa a questa concessione.
Lei intrise le sue dita nel profondo dela sua figa colante e me le dispose davanti alla bocca perchè potessi gustare quei suoi liquidi.
Io succhiai quelle dita guardandoa profondamente negli occhi lei ricambiò lo sguardo ed io sentii che in quel momento avevamo trovato una intesa più profonda del materialismo del mio trattamento.
Poi continuò a infliggermi degli aghi ancora più grossi e dolorosi registrando dettagliatamente le sensazioni che le fornivo mi sembrava che lo facesse con più passione piuttosto che con il freddo materialismo scientifico.
Avevo i capezzoli totalmente pieni di aghi e guardandoli le dissi che non c'era più spazio per altro; lei convenne che era così e che comunque aveva raccolto abbastanza dati per quanto riguardava il tormento ai capezzoli.
Le chiesi se avrebbe voluto bruciarmeli, ma lei un poco incerta mi disse che il tormento da ustioni non era previsto al momento dal suo programma di studio.
Peccato mi sarebbe piaciuto farmi bruciare i capezzoli.
Le espressi questo mio desiderio e ei mi rispose che mi avrebba accontentata un'altra volta.
Presi per buona la sua promessa.
Rincuorata dale sue parole cominciò a lavorare il mio cazzo e le mie palle.
Le dissi che non ero mai stata perforata ai genitali che ero veramente curiosa ed entusiasta di provare questa pratica.
Lei cominciò ad infilarmi degli aghi sottili nel mio glande e nella mia asta registrando maniacalmente tutte le sensazioni che io le riferivo mentre il mio organo veniva perforato.
Come prima passò da aghi più sottili ad aghi più più grossi ed io continuavo a riferirle la diffrenti sensazioni di dolore, e perchè nò di piacere masochistico che provavo.
Lei documentava con accurattezza le mie parole nel suo taccuino dicendomi che stavo collaborando magnificamente per il suo lavoro di ricerca.
Quando anche il mio cazzo e le mie palle sembravano dei puntaspilli, lei si fermò, per dirmi che voleva sperimentare ed ottenere dati sull'apertura anale di un maschio.
Mi spiegò le differenze anatomiche tra maschio e femmina per quanto riguarda le capacità anali e voleva verificare le differenze.
Mi disse che aveva gia avuto dei dati con una donna, ma voleva fare una comparazione con un maschio.
Venni fatta adagiare a terra e lei mi lubrificò il buco del culo per poi infilarmi dentro un grosso dildo.
Mi chiese di riferirle le mie sensazioni, che lei puntuamente si appuntò diligentemente sul suo taccuino.
Continuando a toccarsi; le chiesi se voleva che la leccassi per farla venire; lei rimase interdetta per un pò, ma poi mi rispose confusamente che non era il momento.
Mi sfilò dal culo il primo dildo e passò ad infilarmi dentro un oggetto ancora più grosso, era veramente enorme che accolsi con difficoltà ed io le riferii le mie sensazioni.
Le raccontai di avere dentro come un altro corpo, non soffrivo veramente ma sentivo una sensazione strana di invasione del mio corpo.
Lei continuava a masturbarsi ed io le chiesi il permesso di farla arrivare con la mia lingua; le dissi che aveva bisogno di calmarsi di rilassarsi per poter fare una ricerca oggettiva .
Accettò di farsi leccare per godere e calmarsi, mi diedi da fare con la lingua per far godere la donna ce mi stava infliggendo tanto dolore e tanto piacere.
La feci venire e quando si riprese e mi disse che dovevamo continuare l'esperimento scientifico.
Mi costrinse ad infilarmi dentro un cono delle dimensioni staordinarie.
Era una prova dura, ma avevo il culo veramente aperto ed anch'io volevo verificare i miei limiti e soprattutto volevo accontentare la ottoressa.
Mentre mi infilavo con difficoltà quell'oggetto nel mio ano, dovetti ancora una volta umiliarmi racontando le mie tribolazioni.
Ero sfinita, ma finalmente la dottoressa disse che era sodisfatta per i risultati ottenuti.
E che potevamo interrompere l'esperimento.
Mi diede il permesso di masturbarmi, cosa che io feci immediatamente eccitata com'ero per tutto il dolore ed l'umilazione subita.
Lei registro sul suo quaderno anche queste mie considerazioni che io le riferivo mentre nìmi stavo dando del godimento.
Terminato l'esperimento rimasi sdraiata a terra e riflettevo; dubitavo sullla validità scientifica dei risultati della dottoressa.
Pensavo piuttosto che quella sadica incerta si era divertita con la scusa di una ricerca.
Appena ripresa cominciai a togliermi gli aghi che perforavano il mio corpo, lei delicatamente mi tamponò le emorraggie che inevitabilmaente si manifestarono.
Avvertii nella dolcezza della sua cura un desiderio amorevole di provocarmi.
Lei confermò la mia sensazione accuccianosi fanciullosticamente in un angolo, e guardandomi con degli occhioni speranzosi sembrava esporre il suo desiderio di farsi dominare.
Io la abbracciai profondamente, ricevendo in cambio un abbraccio altrettanto caldo che confermava la mia sensazione.
Capii che quella che sembrava una sadica era diventata una succubbe, o che perlomeno voleva essere dominata.
Con il mio cazzo dolorante e sanguinante per le sue torture la penetrai, raccogliendo un intenso e lungo gemito di piacere.
Spinsi il più possibile il mio cazzo nella sua vagina facendola gemere sempre di più.
Cercai di assencondare il più possibile il piacere della mia torturatrice per farla godere per quanto lei mi aveva fatto soffrire.
Agitai il mio cazzo martoriato nella sua figa; soffrivo e godevo per il dolore che la solleccittazione del mio organo straziato subiva agitandosi nella sua figa.
Il dolore ed il caldo abbraccio del suo utero mi fecero eccitare da pazzi ma cercai di rallentare il mio godimento coordinandomi per far arrivare per prima lei.
Quando la dottoressa esplose in un orgasmo violento e connvulso mi sentii libera di godere a mia volta
Ed anchio erruppi vulcanicamente nella sua figa.
Mi sembrava giusto ringraziarla in questa maniera per le sue attenzioni sadiche.

Tornai a casa piena di dolori ma contenta dell'esperienza.
Qualche tempo dopo arrivò a casa uno stralcio di una rivista medica in cui la dottoressa in un articolo mostrava i suoi risultati su una ricerca medica su un frocio masochista.
Ero sorpresa non aveva mentito, aveva veramente realizzato un articolo scientifico basato sulla mia sofferenza e che era stato accettato dalla comunità scientifica.
Mi sentivo appagata da un simile protagonismo ed ad aver contribuitto allo sviluppo scientifico.
Subito dopo aver letto l'articolo con mia sorella, lei avvertendo il mio entusiasmo prese a frustarmi.
Lo faceva per frustrare il mio orgoglio; aveva ragione una schiava come me non deve essere contenta da simili soddisfazioni.
E pertanto mi stava massacrando di frustate per ridemensionarmi alla mia condizione di schiava spazzatura.
Mentre urlavo e mi dimenavo per il dolore della frusta arrivò uno squillo di telefono.
Mia sorella rispose e poi mi passò la telefonata; era la dottoressa.
Mi chiese se avevo ricevuto l'articolo e cosa ne pensassi?
Io le espressi il mio entusiasmo per la publicazione, ma le raccontai cosa mi stava facendo mia sorella e perchè.
La dottoressa sentendo le mie parole, condivise l'opiniione di mia sorella.
Ma poi chiese se ero disponibile per un ulteriore incontro scientifico.
Le risposi che avrebbe dovuto chiedere il permesso a mia sorella e gliela passai.
Mia sorella le rispose che mi avrebbe concessa ancora per qualunque esperienza.
Rimasero d'accordo per un prossimo appuntamento e poi lei chiuse a comunicazione riprendendo a frustarmi dicendomi che da lì a poco sarebbe arrivata la dottoressa.
In quel momento io unii le lacrime per le frustate a quelle per la soddisfazione di essere un oggetto scientifico e non solo una spazzatura.





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