bdsm
La Punizione Mattutina


07.04.2025 |
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"Afferrò il mio pene, massaggiandolo con una furia che mi fece gemere, poi lo guidò dentro la sua vagina, scendendo con un movimento deciso che mi fece..."
Il mattino filtrava dalle finestre senza tende della nostra casa affacciata sul Tevere, i raggi del sole che si insinuavano nella stanza come dita dorate, accendendo le pareti bianche e il parquet lucido. La città si risvegliava lenta sotto di noi, un mosaico di tetti che emergeva dalla foschia, mentre il fiume scorreva placido, un nastro d’argento che rifletteva la luce nascente. Come ogni mattina, mi alzai dal letto, il corpo nudo ancora caldo dal sonno, e mi diressi in cucina per preparare il caffè. L’aroma intenso si diffuse nell’aria mentre versavo due tazze, una per me e una per Alesia, un rituale che amavo ripetere per iniziare la giornata con lei.Tornai in camera, la tazza fumante tra le mani, e la trovai ancora sdraiata, avvolta nelle lenzuola bianche che si erano aggrovigliate intorno alle sue gambe durante la notte. “Alesia, amore, buongiorno… ti ho portato il caffè,” dissi dolcemente, posando la tazza sul comodino. Lei si stiracchiò lentamente, un movimento felino che fece scivolare via le lenzuola, rivelando il suo corpo nudo, perfetto nella sua sensualità selvaggia. La pelle liscia brillava sotto la luce del sole, i seni pieni si alzavano con ogni respiro, i capezzoli rosei che si indurivano al contatto con l’aria fresca. Dormivamo sempre nudi, un’abitudine che ci univa nella nostra intimità più profonda, e vederla così mi accendeva ogni volta come la prima.
Alesia prese la tazza, sorseggiando il caffè con un sorriso pigro, i suoi occhi scuri che mi osservavano sopra il bordo. “Hai ancora le palle gonfie?” chiese, la voce roca di sonno ma già carica di provocazione, un sorriso malizioso che le curvava le labbra. Io risi piano, avvicinandomi al letto. “No, amore, stanno bene… se vuoi controlla,” risposi, un misto di gioco e desiderio nella voce. Lei posò la tazza con un gesto lento, quasi cerimonioso, e allungò la mano verso di me, le sue dita che si chiudevano intorno ai miei testicoli con una stretta forte e decisa, un contatto che mi fece sussultare mentre il calore del suo tocco mi travolgeva.
“Mmm… hai ragione, sono a posto,” mormorò, sorseggiando ancora il caffè, poi mi fissò con occhi che brillavano di una dolce crudeltà. “Ma meriti comunque di essere punito… mi hai portato il caffè senza zucchero, e lo sai che io lo prendo dolce.” La sua voce era un mix di rimprovero e seduzione, e io abbassai lo sguardo, timoroso ma eccitato dalla promessa della sua punizione. “Hai ragione, amore, ho sbagliato,” dissi, la voce che tremava leggermente mentre anticipavo ciò che sarebbe venuto.
Alesia si alzò dal letto, la tazza abbandonata sul comodino, e mantenne la presa sulle mie palle, stringendole con una forza che mi fece gemere mentre mi baciava dolcemente sulle labbra. Quel contrasto tra la dolcezza del bacio e la durezza della sua mano era un gioco che mi mandava in tilt, un’ondata di desiderio che mi travolgeva. “Vieni con me,” ordinò, e mi condusse in bagno, tirandomi per i testicoli con una guida ferma ma sensuale, i suoi tacchi che ticchettavano sul parquet come un ritmo che scandiva il mio destino.
Entrammo nel bagno, la luce del mattino che filtrava dalla finestra aperta, illuminando le piastrelle bianche e il piatto della doccia. Alesia mi spinse con dolce fermezza verso il pavimento, e io mi adagiai con la schiena contro il freddo della ceramica, la testa posata sul piatto della doccia mentre lei mi guardava dall’alto, il suo corpo nudo che torreggiava su di me come una dea pronta a impartire la sua giustizia. “Sdraiati bene,” disse, la voce un sussurro carico di comando, e io obbedii, le gambe leggermente aperte, il mio sesso che già pulsava sotto il suo sguardo.
Si inginocchiò sopra di me, le sue cosce che si aprivano mentre si sedeva sulla mia faccia, la sua vagina calda e bagnata che si posava sulle mie labbra. Con le mani, tenne aperte le grandi labbra, esponendo la sua carne rosa e lucida, un profumo dolce e muschiato che mi avvolgeva mentre mi ordinava, “Leccami… ora.” La mia lingua scivolò su di lei, accarezzandola con una dolcezza famelica, succhiando il suo clitoride mentre lei gemeva piano, “Sì… così, leccami tutta…” Il suo sapore mi riempiva la bocca, un nettare che mi faceva girare la testa, e lei si muoveva sopra di me, sfregandosi contro la mia lingua con un ritmo che la faceva godere.
Poi, senza preavviso, alzò leggermente il bacino, tenendomi il viso fermo con una mano mentre con l’altra mi tappava il naso. “Amore, sei stato monello… lo sai,” disse, la voce un misto di dolcezza e autorità, “questa è la tua punizione, non ti lamentare.” E iniziò a svuotare la sua vescica, un flusso caldo e dorato che mi colpì la bocca, un gusto salato e intenso che mi costringeva a bere mentre lei mi teneva fermo, il naso chiuso che mi obbligava a ingoiare ogni goccia. “Bevi tutto… è per il tuo bene,” sussurrò, e io obbedii, il calore della sua piscia che mi scivolava in gola, un atto di sottomissione che mi eccitava oltre ogni limite, il mio pene che si induriva dolorosamente mentre lei godeva del mio asservimento.
Quando finì, si rialzò, la sua vagina ancora lucida sopra di me, e mi guardò con occhi brucianti di desiderio. “Cazzo, ho una voglia matta di scoparti,” disse, la voce cruda e diretta, “voglio quel tuo bel cazzo duro dentro di me… ora.” Si chinò a prendermi per il pene, stringendolo con una mano mentre mi tirava verso di lei, “Voglio sentirlo che mi spacca la figa… e poi il culo… scopami fino a farmi urlare.”
Non ci fu tempo per pensare: Alesia mi spinse sul pavimento del bagno, il freddo della ceramica contro la mia schiena mentre lei si metteva a cavalcioni sopra di me, le sue cosce aperte che incorniciavano il mio corpo. Afferrò il mio pene, massaggiandolo con una furia che mi fece gemere, poi lo guidò dentro la sua vagina, scendendo con un movimento deciso che mi fece entrare tutto, fino in fondo. “Cazzo… sì,” urlò, la voce rotta dal piacere mentre iniziava a muoversi, un ritmo selvaggio che mi travolgeva, il suo sesso caldo e bagnato che mi stringeva come una morsa.
Le sue mani scesero sul mio petto, mordendomi i capezzoli con i denti, un morso acuto che mi strappò un gemito mentre il dolore si trasformava in piacere, il mio pene che pulsava dentro di lei. “Ti piace, eh?” ringhiò, tirandomi le orecchie con le dita, una tortura sensuale che mi faceva impazzire mentre lei cavalcava il mio sesso con una forza che mi scuoteva. “Voglio sentirti… voglio che mi fai venire,” ansimava, le sue cosce che tremavano mentre si muoveva, il suo clitoride che sfregava contro di me ad ogni colpo.
La guardavo, ipnotizzato dal suo corpo che si contorceva sopra di me, i seni che ondeggiavano liberi, i capezzoli duri come pietre mentre lei si abbandonava al piacere. Le mie mani le afferrarono i fianchi, spingendola giù con più forza, e lei urlò, “Sì… scopami così… sto venendo!” Il suo orgasmo esplose, un fiotto caldo che mi bagnò il ventre mentre la vagina si stringeva intorno al mio pene, un piacere che mi portò al confine. “Vieni con me… riempimi la figa,” implorò, e io cedetti, schizzi di sperma caldo che le inondavano la vagina, colpendole l’utero con una forza che ci fece tremare insieme, i nostri gemiti che si intrecciavano in un coro selvaggio mentre ci univamo in un’estasi profonda.
Alesia si fermò, il mio sperma che colava lento dalla sua vagina, un rivolo caldo che le scivolava lungo le cosce mentre mi guardava con occhi ancora affamati. “Non ho finito con te,” disse, scendendo dal mio corpo e inginocchiandosi sopra di me. “Leccami… ripuliscimi tutto,” ordinò, spingendo la sua vagina sulla mia bocca, il suo sapore che si mescolava al mio sperma, un gusto intenso e salato che mi riempiva mentre la mia lingua scivolava dentro di lei, succhiando ogni goccia. “Cazzo… sì, leccami la figa sporca,” gemette, le mani che mi tiravano i capelli mentre si sfregava contro di me, un ultimo fremito di piacere che la scuoteva mentre io la ripulivo con una dedizione che mi eccitava ancora.
Ci alzammo, i nostri corpi nudi e sudati che brillavano sotto la luce del mattino. Prima di uscire di casa per andare al lavoro, Alesia si fermò sulla soglia, infilandosi un paio di jeans aderenti e una camicetta leggera che lasciava intravedere i capezzoli. Mi guardò con un sorriso malizioso, gli occhi che brillavano di una promessa oscura. “Oggi andrò a comprare un po’ di strumenti per punirti in questi giorni,” disse, la voce carica di provocazione. “Preparati, amore… questa settimana sarà lunga e dura… per te.” Mi lasciò lì, il corpo ancora tremante dal piacere e dal dolore, sapendo che ogni giorno sarebbe stato un nuovo capitolo della sua punizione, un gioco che mi avrebbe fatto desiderare ogni suo tocco, ogni sua tortura.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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