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La terza prova di Chloe: la sfida Part.1


06.04.2025 |
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"Io, Fabio, 48 anni, un ingegnere romano, robusto, con qualche chilo in più che porto con orgoglio e passione, mi posizionai accanto a Chloe, il..."
Era passato qualche giorno dalla seconda prova, e Chloe aveva avuto il tempo di riprendersi, anche se il suo corpo portava ancora i segni delle umiliazioni e delle violenze subite. La convocai nella villa, il suo collare di pelle nera al collo, il plug anale che le dilatava il culo, un promemoria della sua sottomissione. Indossava un vestito nero aderente, senza mutandine, come le avevo ordinato, e un paio di autoreggenti nere che le accarezzavano le cosce, i tacchi vertiginosi che le tenevano i piedi in una posizione innaturale. La guardai negli occhi, il suo sguardo basso e sottomesso, e le dissi, “Chloe, è giunto il tempo della tua terza prova. Sarà una sfida contro altre tre schiave in un club sadomaso. Chi perde sarà ripudiata dal proprio padrone. Sei pronta a dimostrarmi che sei la migliore?” Lei annuì, un misto di paura e determinazione nei suoi occhi verdi, e sussurrò, “Sì, padrone.”La condussi in un club sadomaso esclusivo, un locale sotterraneo a Roma, con pareti di pietra nera e luci rosse che creavano un’atmosfera carica di tensione. L’aria odorava di cuoio e sudore, e un pubblico di una ventina di persone, uomini e donne, si era radunato per assistere alla sfida. Al centro della sala c’erano tre tavole di legno, ognuna con una fila di 10 cunei anali di gomma, disposti in ordine crescente: il primo di 2 cm di diametro, l’ultimo di 20 cm, con ogni cono che aumentava di 2 cm rispetto al precedente. Ogni cono era ricoperto di lubrificante, un gel trasparente che brillava sotto le luci, pronto a facilitare la penetrazione, ma anche a rendere la sfida più crudele.
Chloe non era sola: altre tre schiave entrarono nella sala, ognuna tirata al guinzaglio dal proprio padrone. La prima era una ragazza di origine marocchina, bellissima e formosa, con la pelle olivastra, i capelli neri che le cadevano sulla schiena, e un corpo pieno, con seni grandi e un culo tondo che tremava a ogni passo. Indossava autoreggenti nere e un plug anale che le dilatava il buco, il suo sguardo basso, pieno di paura. La seconda era una bionda tedesca, alta e slanciata, con occhi azzurri freddi e un’espressione di sfida, anche lei con autoreggenti nere e un plug anale che le riempiva il culo, il suo corpo magro ma segnato da cicatrici di precedenti prove. La terza schiava non superò il controllo iniziale: il suo padrone decise di ritirarla, lasciandola in lacrime, e così rimasero solo Chloe, la marocchina e la tedesca per la sfida.
Le tre schiave furono portate al centro della sala, davanti alle tavole. Io, Fabio, 48 anni, un ingegnere romano, robusto, con qualche chilo in più che porto con orgoglio e passione, mi posizionai accanto a Chloe, il guinzaglio in mano, pronto a guidarla. Gli altri padroni fecero lo stesso, e un uomo al centro della sala annunciò le regole: “Ogni schiava dovrà sedersi su ciascun cono anale, facendolo entrare completamente nel culo, fino a toccare la tavola con le natiche. Si può passare al cono successivo solo se il precedente è completamente dentro. I padroni possono lubrificare le loro schiave, e hanno una sola possibilità di spingerle sulle spalle per farle scendere, ma se il cono non entra, la schiava è eliminata. La perdente sarà ripudiata dal suo padrone.” Il pubblico applaudì, eccitato dall’idea della sfida crudele.
Le schiave furono denudate, lasciando solo le autoreggenti, e i loro plug anali furono rimossi. Chloe gemette piano quando le tolsi il plug, il suo buco che si contraeva, già dilatato dalle settimane di trattamento. La marocchina e la tedesca subirono lo stesso trattamento, i loro buchi arrossati e pronti per la sfida. Ogni schiava si posizionò davanti alla sua tavola, e la prova iniziò. Il primo cono, di 2 cm di diametro, fu facile per tutte: Chloe si sedette con un movimento lento, il cono che le scivolava nel culo senza difficoltà, lubrificandole il buco con il gel. La marocchina e la tedesca fecero lo stesso, i loro buchi già aperti dai plug, e nessuna di loro sentì dolore, ma il lubrificante le preparava per i coni successivi.
Il secondo cono, di 4 cm, fu altrettanto semplice. Chloe si calò con un respiro profondo, il cono che le entrava nel culo con facilità, le sue natiche che toccavano la tavola, il lubrificante che le colava lungo le cosce. La marocchina e la tedesca superarono il cono senza problemi, i loro buchi che si adattavano al diametro, il pubblico che le osservava in silenzio, in attesa del vero dolore.
Sul terzo cono, di 6 cm, la sfida iniziò a farsi seria. Chloe si sedette con cautela, il cono che le dilatava il culo, un dolore leggero che la fece stringere i denti, ma riuscì a farlo entrare tutto, le sue natiche che toccavano la tavola, il suo respiro pesante mentre si abituava alla sensazione. La tedesca lo superò con agilità, il suo culo già abituato a dilatazioni estreme, e il pubblico mormorò di approvazione. La marocchina, invece, iniziò a mostrare difficoltà: una smorfia di dolore le attraversò il viso mentre si calava sul cono, il suo culo che si dilatava con fatica, ma riuscì a farlo entrare, gemendo forte, le sue natiche che toccavano la tavola, il lubrificante che le colava lungo le cosce.
Il quarto cono, di 8 cm, mise tutte in difficoltà. Chloe mi guardò, i suoi occhi pieni di paura, poi abbassò lo sguardo, strinse i denti, e si calò sul cono con un movimento lento. Il dolore era evidente, il suo culo che si dilatava al limite, un bruciore che la fece gemere, “Padrone, fa male,” ma continuò, restando immobile per abituarsi al dolore, le sue natiche che finalmente toccarono la tavola, il cono che le riempiva il culo completamente. La tedesca superò il cono con agilità, il suo culo che si adattava con un gemito soffocato, e il pubblico applaudì. La marocchina, però, iniziò a tremare: il cono le dilatava il culo con un dolore acuto, e si fermò a metà, il suo respiro spezzato, ma con un ultimo sforzo riuscì a calarsi del tutto, urlando di dolore, le sue natiche che toccavano la tavola, il pubblico che la derideva, “Troia, resisti!”
Tutte e tre arrivarono al cono 5, di 10 cm di diametro, una dilatazione significativa. Il padrone della marocchina, vedendo la sua difficoltà, aggiunse altro lubrificante sul culo sfondato della sua schiava, spalmandolo con le mani, il gel che colava lungo il cono. La marocchina si calò con un gemito, il cono che le entrava nel culo con fatica, il dolore che la faceva piangere, e si fermò a metà, incapace di proseguire. Il pubblico iniziò a umiliarla, “Troia incapace, non ce la fai!” e il suo padrone, furioso, prese una frusta e iniziò a colpirla sulle tette e sulla figa, lasciando strisce rosse sulla sua pelle. “Scendi, puttana!” urlò, ma il culo della marocchina non cedeva, il dolore troppo intenso, le lacrime che le rigavano il viso. Il padrone usò la sua unica possibilità: la spinse con forza sulle spalle, e si sentì un urlo fortissimo, un suono che squarciò la sala, quando il cono le lacerò il culo, un rivolo di sangue che colava lungo il cono, ma le sue natiche toccarono la tavola.
La tedesca, nel frattempo, affrontò il cono 5 con una smorfia di dolore, ma guardò fiera davanti a sé, e fece scivolare il cono nel culo, gemendo forte, il suo buco che si dilatava al limite, le sue natiche che toccavano la tavola, il pubblico che applaudiva, “Brava, schiava!” Chloe, più prudente, si calò lentamente, il cono che le apriva il culo sotto di lei, un dolore acuto che la fece tremare, e si fermò verso la fine, incerta di riuscire. Io la guardai con uno sguardo imperioso, e lei, stringendo i denti, si lasciò calare con tutto il suo peso, il cono che le sfondava il culo del tutto, un urlo che le sfuggì dalle labbra, le sue natiche che toccavano la tavola, il pubblico che mormorava di approvazione.
Continua .....
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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