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La sottomissione di Chloe: Piacere Estremo


05.04.2025 |
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"” Lei abbassò lo sguardo, un gesto di obbedienza, e io le diedi le prime regole: “Non porterai mai mutandine, in nessuna occasione..."
Era una sera d’autunno, la pioggia che batteva leggera sui vetri di una villa isolata appena fuori Roma. Chloe era davanti a me, i suoi occhi verdi che brillavano di una luce mista a desiderio e paura. Indossava un abito nero aderente, corto appena sopra le cosce, con una scollatura profonda che lasciava intravedere i suoi seni pieni, i capezzoli già duri sotto il tessuto sottile. Ai piedi portava tacchi vertiginosi, delle décolleté nere con un tacco di 15 centimetri che le tenevano il piede quasi dritto, costringendola a un equilibrio precario che la rendeva ancora più vulnerabile. I suoi capelli castani cadevano in onde morbide sulle spalle, e il suo corpo, un’opera d’arte di curve, tremava leggermente mentre mi guardava. “Fabio,” sussurrò, la voce rotta dall’emozione, “voglio sottomettermi a te. Portami per mano nel mondo del piacere estremo, ti prego. Voglio essere la tua slave, voglio che tu mi conduca oltre ogni limite.” Le sue parole mi fecero drizzare il cazzo nei pantaloni: Chloe era pronta a donarsi completamente, e io ero pronto a guidarla. Mi avvicinai, le sfiorai il viso con una mano, e le sussurrai, “Ti accetto, Chloe. Ma sappi che questo percorso sarà duro. Dovrai superare 8 prove per essere ammessa come mia slave, e fino ad allora subirai ogni forma di umiliazione e violenza, finché non sarai veramente pronta. Sei sicura?” Lei annuì, un misto di paura e desiderio nei suoi occhi, e io sorrisi.
Presi un collare di pelle nera, con un anello d’argento al centro, il simbolo della sua sottomissione. Glielo misi al collo, stringendolo appena, e le dissi, “Questo è il tuo dono, Chloe. Da ora sei la mia slave, e io sono il tuo padrone.” Lei abbassò lo sguardo, un gesto di obbedienza, e io le diedi le prime regole: “Non porterai mai mutandine, in nessuna occasione. E ogni ora del giorno e della notte, indosserai un plug anale, che ti ricorderà costantemente la tua sottomissione.” Le consegnai un plug di metallo, largo e freddo, e lei, senza esitazione, si sollevò il vestito, rivelando la sua figa depilata e già bagnata, e lo inserì nel culo con un gemito, il metallo che spariva dentro di lei, lasciandola con un’espressione di dolore e piacere.
La sua nuova vita iniziò subito. Ogni giorno, Chloe doveva indossare tacchi vertiginosi che le deformavano i piedi, tenendoli quasi dritti, un dolore costante che la faceva zoppicare, ma che la rendeva ancora più sottomessa. Le legavo i seni con una corda di seta nera, stringendo forte finché non diventavano viola, i capezzoli che sporgevano, gonfi e sensibili, e lei gemeva, il dolore che si mescolava al piacere mentre io le pizzicavo, facendola urlare. “Sei una slave perfetta,” le dicevo, e lei si limitava a chinare la testa, accettando ogni umiliazione.
A tavola, la facevo mangiare in modo crudele: la costringevo a sedersi su un cuneo di legno, un triangolo affilato che premeva contro la sua figa nuda, il legno che le scavava nella carne mentre cercava di mangiare, il dolore che la faceva lacrimare, ma lei non si lamentava mai. Quando andava in bagno, non le era permesso asciugarsi: la sua figa restava sempre sporca di pipì, e l’odore, giorno dopo giorno, si faceva più pungente, un misto acre che mi eccitava ogni volta che mi avvicinavo a lei. “Sei una troia sporca,” le dicevo, e lei arrossiva, accettando l’umiliazione.
Il fine settimana, il trattamento si intensificava. Le sborravo addosso, il mio sperma caldo che le colava sul viso, sui seni, sul ventre, e non le permettevo di lavarsi per due giorni. Continuavo a sborrarle sopra, strato dopo strato, finché il suo corpo non emanava un odore fortissimo di sperma, un profumo intenso e animalesco che riempiva la stanza. La sua pelle, appiccicosa e macchiata, era un segno della sua sottomissione, e lei lo accettava, sapendo che era parte del suo percorso. A casa, usavo la sua figa in ogni occasione: mentre guardavo la TV, la facevo sedere sul mio cazzo, scopandola senza sosta, sborrandole dentro più volte al giorno, la sua figa sempre piena del mio sperma, che colava lungo le sue cosce mentre lei gemeva, “Grazie, padrone.”
Le umiliazioni non si fermavano. Ogni giorno, violavo il suo buco del culo con ortaggi grossi: zucchine, melanzane, carote, oggetti che la dilatavano al limite, facendola urlare di dolore mentre la penetravo con forza, il plug anale che toglievo solo per quei momenti. “Sei solo un buco da usare,” le dicevo, e lei, con le lacrime agli occhi, rispondeva, “Sì, padrone, sono tua.” La sua figa e il suo culo erano sempre arrossati, abusati, ma lei non si tirava mai indietro, pronta a subire ogni violenza per dimostrarmi la sua dedizione.
Dopo settimane di questo trattamento, Chloe era un’ombra di sé stessa, il suo corpo segnato, il suo odore un misto di pipì, sperma e sudore, i suoi seni viola per le legature, i suoi piedi doloranti per i tacchi. Ma nei suoi occhi brillava una luce nuova: la consapevolezza di essere pronta. Una sera, mentre era in ginocchio davanti a me, il collare che le stringeva il collo, mi guardò e disse, con voce ferma, “Padrone, sono pronta ad affrontare la prima prova.”
Segue racconto "La prima prova di Chloe"
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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