bdsm
Buoni e cattivi


06.03.2025 |
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"“Voglio scoparti tutta la notte, ” ansimò, e venimmo insieme, un orgasmo che mi fece schizzare sul pavimento mentre lei si contorceva sul divano, il suo..."
La nostra casa a Roma si affacciava sul Tevere, un nastro d’argento che scorreva lento sotto un cielo nero punteggiato di stelle. Le finestre, prive di tende, erano spalancate alla notte, lasciando entrare il riflesso della luna e una brezza fresca che accarezzava la stanza come un respiro leggero. Era una di quelle sere in cui il tempo sembrava sospeso, il silenzio interrotto solo dal fruscio delle acque lontane e dal battito dei nostri cuori, che già pulsavano di un’aspettativa che non sapevamo ancora nominare. La luce soffusa di un lampadario antico danzava sulle pareti bianche, dipingendo ombre morbide che sembravano seguire i nostri movimenti, come testimoni silenziosi di ciò che sarebbe accaduto.Mi ero seduto sul divano, una chaise longue di pelle nera che dominava il salotto, con un mazzo di carte in mano e un’idea che mi frullava in testa da ore. “Alesia,” dissi, la voce bassa ma carica di una promessa, “stasera ti insegno a giocare a poker.” Lei era dall’altra parte della stanza, appoggiata al tavolo di vetro con una posa che trasudava sensualità, una figura che sembrava scolpita per provocare. Indossava autoreggenti di pizzo nero che le avvolgevano le cosce come una seconda pelle, tacchi alti che ticchettavano sul parquet con ogni passo, e una camicetta scollata che precipitava sul suo seno in una cascata di seta, senza reggiseno a frenare la curva perfetta dei suoi capezzoli, già visibili sotto il tessuto leggero. Sapevo che era senza mutandine—lo era sempre—e quel pensiero mi accendeva come un fiammifero sfregato su una superficie ruvida, pronto a divampare.
Alesia si voltò verso di me, un sorriso malizioso che le illuminava il viso, i capelli castani che cadevano mossi sulle spalle come un’onda scura. “Poker, eh?” disse, la voce un sussurro caldo che mi sfiorava anche a distanza. “Vediamo se riesci a insegnarmi qualcosa… o se sarò io a distrarti.” Si avvicinò con un’andatura lenta, ogni passo un’oscillazione dei fianchi che faceva ondeggiare la camicetta, rivelando scorci di pelle che mi mandavano il sangue in ebollizione. Si sedette accanto a me sulla chaise longue, le gambe accavallate che scoprivano la carne sopra le autoreggenti, un invito che non potevo ignorare.
“Cominciamo dalle basi,” dissi, cercando di mantenere un tono fermo mentre mescolavo le carte, il mazzo che scivolava tra le mie dita con un fruscio secco. “Ci sono coppie, tris, scale… devi combinare le carte per vincere.” Le mostrai un paio di assi, ma prima che potessi finire la spiegazione, Alesia si sporse verso di me, la camicetta che si apriva ancora di più, e fece scivolare il tacco della scarpa sul mio inguine, un tocco lento e deliberato che mi fece trattenere il fiato. “Interessante,” mormorò, le sue labbra che si curvavano in un sorriso provocante, “ma sai che preferisco giocare con altro…” Si chinò, il seno che premeva contro il tessuto, e mi baciò il collo, un bacio caldo e umido, la lingua che sfiorava la pelle con una dolcezza che mi fece pulsare sotto i pantaloni.
“Alesia… sto cercando di insegnarti,” protestai debolmente, ma lei rise, un suono basso e roco che mi vibrò dentro. “Oh, ma io sto imparando… a farti impazzire,” rispose, e mentre prendevo un’altra carta per mostrarle un tris, lei lasciò cadere una dal tavolo, un gesto casuale ma calcolato. Si chinò a raccoglierla, la scollatura che si spalancava, e il suo seno uscì del tutto dalla camicetta, libero e perfetto, i capezzoli duri che sembravano implorare il mio tocco. “Ops,” disse con voce maliziosa, restando chinata un attimo di troppo, le sue mani che scivolavano sotto il tavolo per sfiorarmi i testicoli attraverso i pantaloni, una carezza lenta e provocatoria che mi fece gemere. “Cazzo, sono già gonfi… mi sa che vuoi scoparmi più che giocare,” sussurrò, le sue parole sconce che mi accendevano come benzina su un fuoco.
Tornò a sedersi, il seno ancora scoperto, e io cercai di riprendere il controllo, spiegandole la scala con una voce che tremava di desiderio. “Se hai cinque carte in sequenza…” iniziai, ma lei mi interruppe, sporgendosi verso di me e afferrando il mio pene sopra i pantaloni, una stretta decisa che mi fece sussultare. “Sai che preferisco contare i tuoi colpi dentro di me… non le carte,” disse, la voce carica di sesso, e si leccò le labbra, gli occhi che brillavano di una voglia che non nascondeva più. Le diedi le carte, e lei le prese con una finta innocenza, ma ogni gesto era un’arma: quando le mescolava, si chinava quel tanto da far oscillare i seni davanti a me, e quando una carta cadeva di nuovo, si abbassava con una lentezza provocatoria, la mano che tornava a sfiorarmi i testicoli, accarezzandoli con le dita mentre sussurrava, “Voglio succhiartelo… proprio ora.”
Nonostante le provocazioni, Alesia imparò in fretta—troppo in fretta—e ogni mano vinta la rendeva più audace. Alla prima vittoria, un tris di re, si lanciò su di me, il seno nudo che premeva contro il mio petto mentre infilava le mani sotto la mia camicia, accarezzandomi il torace con una fame che mi fece gemere. “Ho vinto… guarda che brava,” disse, slacciandomi la cintura e abbassandomi i pantaloni, il mio sesso che svettava nudo mentre lei lo sfiorava con le dita, “Cazzo, sei già duro… lo vuoi infilare dentro, vero?” Vinse la seconda mano con una coppia di donne, e si alzò in piedi, aprendo le gambe per mostrarmi la sua vagina lucida di umori, un bagliore che mi ipnotizzò. “Baciamela… ho vinto,” ordinò, e io mi chinai, le labbra che sfioravano la sua carne bagnata, la lingua che la leccava con una dolcezza che la fece gemere, “Sì… succhiami lì, bravo…”
Quando perse una mano, richiuse le gambe con un sorriso provocatorio. “Niente da vedere… per ora,” disse, ma mentre tirava una carta dalla pila, si chinò verso di me, il seno che oscillava libero, e sussurrò, “Mi viene voglia di leccartelo… proprio mentre gioco.” La sua lingua sfiorò la punta del mio pene, un tocco rapido che mi fece tremare, e io cercai di concentrarmi sulle carte, ma il suo desiderio era un fuoco che bruciava ogni regola.
La partita continuava, il mio corpo sempre più nudo sotto i suoi assalti, e Alesia mi fissava con occhi che trasudavano sesso. “Facciamo una scommessa,” disse, la voce un sussurro roco, “vediamo chi tra noi è buono e chi è cattivo.” “Che intendi?” chiesi, incuriosito, il desiderio che mi pulsava nelle vene. “Se vinco io, sarò la buona e ti punirò ogni volta che sbagli… se vinci tu, sarai il buono e mi punirai,” rispose, le sue parole che sapevano di sfida e di cazzo. Avevamo 40 fiches da 1 euro ciascuno, con una puntata massima di 5 euro, e il gioco iniziò, un duello che era già una guerra di piacere.
A ogni mano vinta, Alesia si faceva più sfacciata. Vinse la prima con un full di jack, e si sporse sul tavolo, aprendo le gambe per mostrarmi la sua vagina che brillava di umori, lucida e invitante. “Baciamela… ho vinto, no?” disse, e io mi chinai, le labbra che la sfioravano, la lingua che scivolava dentro di lei, assaporando il suo sapore dolce mentre gemeva, “Cazzo, sì… leccami forte.” Vinse la seconda con una scala, e si alzò, la camicetta ormai inutile che lasciava il seno nudo, afferrandomi il pene con entrambe le mani e massaggiandolo con una stretta che mi fece gemere. “Lo vuoi infilare nella mia figa bagnata, vero?” sussurrò, le sue parole sconce che mi mandavano in tilt.
Quando perdeva, richiudeva le gambe con un sorrisetto. “Niente da vedere… prova a vincere,” diceva, ma poi si chinava a raccogliere una carta caduta, la bocca che si avvicinava al mio pene, la lingua che lo leccava rapido mentre tirava dal mazzo, “Mi viene voglia di succhiartelo tutto… ora.” Il mio sesso svettava nudo, duro e pulsante, e io cercavo di giocare, ma ogni sua mossa era un’arma che mi disarmava.
La partita si avvicinava alla fine, il mio corpo nudo e il desiderio che mi consumava. Ero rimasto con solo 5 euro, il respiro corto mentre Alesia mi guardava con occhi affamati. “Punto tutto,” dissi, la voce tremante, e lei sorrise, un sorriso che prometteva guai. Prima di rispondere, aprì le gambe ancora di più, la sua vagina lucida che brillava sotto la luce della luna, un’esca per distrarmi mentre cambiava una sola carta con una calma provocatoria. Io ne cambiai tre, il cuore che batteva forte, e scoprimmo le carte: un full di donne per lei, un tris di jack per me. “Ho vinto… di nuovo,” annunciò, la voce carica di trionfo e sesso.
“Sei stato cattivo,” disse, alzandosi con un movimento lento, i tacchi che battevano sul parquet mentre si avvicinava. “Hai le palle gonfie… non va bene, amore. Alzati e mettiti contro il muro, gambe aperte.” Obbedii, il mio sesso duro che svettava mentre mi posizionavo, il corpo che tremava di anticipazione. Sentii il rumore dei suoi tacchi dietro di me, un suono che mi accendeva, e poi la sua mano mi afferrò le palle, stringendole forte con una pressione che mi tolse il fiato. “Per tutta la settimana ti punirò in ogni modo,” sussurrò al mio orecchio, la voce un misto di dolcezza e comando, e strinse ancora, un dolore che si trasformava in un piacere perverso.
“Apri bene le gambe… devo continuare,” ordinò, e io obbedii, il respiro corto mentre lei lasciava la presa. Pensavo fosse finita, ma un istante dopo un calcio mi colpì proprio sulle palle, un dolore acuto che mi piegò in avanti, un gemito che mi sfuggì mentre mi tenevo al muro. “Rimettiti in piedi, non fare la femminuccia,” disse da dietro, la voce ferma, e io mi rialzai, il corpo tremante. Appena fui in posizione, un altro calcio mi raggiunse, più deciso, un’esplosione di dolore che si mescolava a un’erezione ancora più forte, il mio sesso che pulsava mentre lei si allontanava.
“Se vuoi, ora puoi toccarti mentre mi guardi tra le gambe,” disse, sedendosi sul divano e aprendo le cosce, la sua vagina lucida che brillava come un invito. Le sue dita scivolarono tra le grandi labbra, sfregandosi il clitoride con una sensualità selvaggia, e io mi toccai, la mia mano che massaggiava il mio pene mentre la guardavo, i nostri gemiti che si intrecciavano nell’aria. “Voglio scoparti tutta la notte,” ansimò, e venimmo insieme, un orgasmo che mi fece schizzare sul pavimento mentre lei si contorceva sul divano, il suo squirting che bagnava il tessuto, un’esplosione di piacere che era solo l’introduzione a una settimana che prometteva di essere esplosiva.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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