incesto
Incesti nella tenuta - Parte III


09.04.2025 |
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"Elena chiuse gli occhi, il viso in fiamme, incapace di reagire, mentre Davide, dall’altro lato del tavolo, sembrava non accorgersi di nulla, perso nei..."
Dopo la passeggiata a cavallo con Davide, Elena tornò alla tenuta più calma, il corpo ancora caldo del piacere che aveva condiviso con il nipote nel bosco. Ma la serenità durò poco: il pensiero di ciò che l’aspettava quella sera con Zio Mario tornò a tormentarla, un’ombra che le stringeva lo stomaco. Si preparò per la cena, cercando di nascondere il suo turbamento, indossando una gonna leggera e una camicetta semplice, sperando di non attirare troppo l’attenzione. La cena si tenne nel salone della casa, un tavolo di legno massiccio illuminato da candele, con Zia Carla che aveva preparato una zuppa di verdure, del pane fatto in casa e un arrosto succulento. Davide era silenzioso, ogni tanto le lanciava sguardi complici che la facevano arrossire, mentre Zia Carla chiacchierava allegra, ignara della tensione che aleggiava nella stanza. Zio Mario, invece, era un predatore: sedeva accanto a Elena, il suo sguardo che la divorava, un sorriso malizioso che non prometteva nulla di buono.
Durante tutta la cena, Zio Mario non perse occasione di provocarla. “Hai un’aria diversa stasera, Elena,” le disse a voce alta, davanti a tutti, il tono che nascondeva un doppio senso. “La campagna ti fa bene, vero?” Lei arrossì, abbassando lo sguardo sul piatto. “Sì, Zio Mario… mi sto rilassando,” mormorò, ma lui non si fermò. Sotto il tavolo, la sua mano trovò la gamba di Elena, posandosi sul ginocchio con un gesto che sembrava casuale ma che era carico di intenzioni. Lei sobbalzò, cercando di spostarsi, ma la presa di Zio Mario si fece più ferma, risalendo lentamente lungo la coscia, sotto la gonna.
Elena sentì il cuore battere forte, il respiro che le si spezzava, mentre le dita di Zio Mario si avvicinavano al suo sesso. Con un movimento rapido e sfacciato, lui le sfiorò la fica sopra le mutandine, premendo con il pollice, un tocco che la fece fremere di imbarazzo e paura. “Smettila, ti prego,” sussurrò, sperando che nessuno se ne accorgesse, ma Zio Mario le rivolse un sorriso crudele, continuando a toccarla, il dito che premeva sempre più forte, facendola bagnare contro la sua volontà. “Ti piace, vero, troia?” le sussurrò all’orecchio, approfittando di un momento in cui Zia Carla si era alzata per prendere dell’acqua. Elena chiuse gli occhi, il viso in fiamme, incapace di reagire, mentre Davide, dall’altro lato del tavolo, sembrava non accorgersi di nulla, perso nei suoi pensieri.
Quando la cena finì, Elena si alzò per sparecchiare, il corpo teso, le mani che tremavano mentre raccoglieva i piatti. Zio Mario la seguì in cucina, aspettando che Zia Carla e Davide si allontanassero. Si piazzò dietro di lei, il suo corpo massiccio che la sovrastava, il respiro caldo sul suo collo. “Non dimenticarti della rimessa,” le disse, la voce bassa e minacciosa. “Alle 22:00 in punto, e voglio che ti presenti con la gonna… senza mutande.” Elena si irrigidì, il piatto che quasi le scivolò dalle mani, l’imbarazzo che la consumava. “Zio Mario, ti prego… non farmi questo,” mormorò, ma lui non la ascoltò.
Con un gesto rapido, le sollevò la gonna da dietro, la mano che scivolava sotto, trovando la sua fica già bagnata per la tensione e l’eccitazione involontaria. Le infilò un dito dentro, un movimento brusco che la fece gemere piano, il corpo che tradiva la sua paura. “Non puoi fare altrimenti,” le sussurrò all’orecchio, il dito che si muoveva dentro di lei, lubrificato dai suoi umori, mentre lei si aggrappava al bordo del tavolo, le gambe che tremavano. “Se non vieni, sai cosa succederà,” aggiunse, ritirando la mano e dandole una sculacciata leggera ma umiliante prima di allontanarsi, lasciandola sola con il suo imbarazzo e la sua vergogna.
Elena rimase immobile per un momento, il cuore che le martellava nel petto, il dito di Zio Mario ancora un’eco bruciante dentro di lei. Sapeva che non aveva scelta: alle 22:00 sarebbe andata alla rimessa, come lui le aveva ordinato, con la gonna e senza mutande, pronta a sottomettersi al suo desiderio.
Elena arrivò alla rimessa alle 22:00 in punto, il cuore che le batteva forte, un misto di paura e vergogna che le stringeva lo stomaco. Indossava una gonna leggera, come Zio Mario le aveva ordinato, e sotto… niente mutande. Il freddo della notte le sfiorava la pelle nuda, facendola rabbrividire, mentre il pensiero di ciò che l’aspettava la consumava. La rimessa era un capanno di legno vicino alle stalle, un luogo isolato che odorava di fieno e cuoio, con le balle di paglia accatastate contro le pareti e un’unica lampadina che pendeva dal soffitto, illuminando l’ambiente di una luce fioca.
Zio Mario era già lì, in piedi al centro della stanza, le braccia incrociate, un’espressione dura sul viso. “Sei puntuale, brava,” le disse, la voce fredda, mentre la squadrava da capo a piedi. “Togliti la gonna,” le intimò, senza preamboli. Elena esitò un istante, le mani che tremavano, ma lo sguardo di Zio Mario non lasciava spazio a discussioni. Con un gesto lento, si sfilò la gonna, lasciandola cadere a terra, rivelando la sua nudità sotto, la fica depilata esposta al suo sguardo famelico. Lui sorrise, un sorriso crudele. “Bene, hai fatto come ti ho detto. Sei proprio una troia obbediente,” disse, avvicinandosi.
“Ora inginocchiati,” le ordinò, slacciandosi i pantaloni con un movimento rapido. Elena obbedì, il pavimento ruvido che le graffiava le ginocchia, il viso all’altezza del membro di Zio Mario, già duro e pulsante. Lui le afferrò i capelli, tirandola verso di sé. “Succhialo,” le disse, e lei, senza scelta, aprì la bocca, prendendolo dentro. Il cazzo di Zio Mario era grosso, spesso, con un odore muschiato che le riempiva i sensi. Lo succhiava con movimenti lenti, la lingua che girava intorno alla cappella, poi scendendo lungo l’asta, mentre lui gemeva, spingendole la testa più a fondo. “Brava, troia, succhialo bene,” le diceva, la voce roca, mentre le scopava la bocca con affondi decisi, facendola quasi soffocare.
Dopo qualche minuto, Zio Mario la fece alzare, il viso di Elena arrossato, le labbra bagnate di saliva. “Girati,” le ordinò, e lei si voltò, appoggiando le mani su una balla di fieno, il corpo piegato a 90 gradi, il culo esposto e vulnerabile. Zio Mario le accarezzò le natiche, stringendole con forza, poi sputò sulla sua rosellina, lubrificandola appena prima di posizionarsi. Senza preavviso, la penetrò nel culo con un affondo brutale, il suo cazzo che la apriva senza pietà. Elena diede uno strillo forte, il dolore acuto che la fece tremare, le lacrime che le salivano agli occhi. “Zitta, troia,” la azzittì Zio Mario, dandole una sculacciata, mentre continuava a scoparla, il ritmo implacabile.
Nella stalla accanto, lo stallone nitrì, un suono che sembrava quasi un’eco del dolore di Elena, mentre Zio Mario la inculava senza sosta. Il suo cazzo entrava e usciva dal culo di Elena, aprendolo sempre di più, devastandolo, il dolore che si mescolava a una sensazione nuova, un piacere oscuro che iniziava a crescere dentro di lei. Passato il dolore iniziale, Elena cominciò a godere, il corpo che si rilassava, il culo che accoglieva ogni affondo con meno resistenza. Con una mano, scese a toccarsi la fica, le dita che sfregavano il clitoride, mentre teneva le cosce aperte, il corpo piegato sulle balle di fieno, i gemiti che si mescolavano al nitrito dei cavalli.
Zio Mario, vedendola toccarsi, rise, un suono crudele. “Sei una porca, lo sapevo. A te piace prendere il cazzo, e dovrai prenderlo così ogni giorno, sappilo,” le disse, continuando a spingerle forte nel culo, i suoi affondi che si facevano più profondi, più violenti. Elena, ormai persa nel piacere, sentì un orgasmo montare rapido: il culo devastato, aperto, il cazzo di Zio Mario che la riempiva, le dita sulla sua fica che la portavano al limite. Venne con un urlo, il corpo che vibrava, il sesso che si contraeva, un fiotto caldo che le colava lungo le cosce.
Zio Mario, vedendola venire, perse il controllo. “Ti riempio tutta,” grugnì, e con un ultimo affondo esplose, schizzi di sperma caldo che inondavano il culo di Elena, riempiendola completamente. Lei gemette, il calore del suo seme che la faceva fremere, il corpo ancora scosso dall’orgasmo. Zio Mario si sfilò, il culo di Elena aperto, devastato, il suo sperma che colava lentamente fuori. Senza darle un attimo di respiro, le afferrò i capelli e le piazzò il cazzo in bocca. “Pulisci bene,” le ordinò, e lei, sottomessa, lo succhiò, la lingua che leccava via ogni traccia di sperma e umori, il sapore acre che le riempiva la bocca.
Quando ebbe finito, Zio Mario si tirò su i pantaloni, guardandola con un sorriso soddisfatto. “Ogni giorno, Elena. Lo prenderai così, e sei fortunata che non ti sia venuta nella fica, perché non voglio metterti incinta,” le disse, dandole una pacca sul culo prima di allontanarsi. “Ci vediamo domani,” aggiunse, lasciandola lì, sola, sconvolta ma con un sorriso segreto in cuor suo. Elena si sentiva porca, e per la prima volta, quel pensiero non la spaventava più: le piaceva.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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