bdsm
Il pieno controllo Part. 2


11.04.2025 |
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"Aprì il getto della doccia, l’acqua che scorreva su di lei, scivolando sui seni, lungo il ventre, fino alle cosce, un velo lucente che la rendeva..."
La cena era pronta, il risotto fumava sul tavolo mentre la luce della luna filtrava dalle finestre senza tende, illuminando il salotto con un bagliore argentato. Alesia sedeva di fronte a me, i jeans aderenti che le modellavano le cosce, la camicetta che lasciava intravedere i capezzoli, un’immagine di sensualità che mi faceva pulsare di desiderio nonostante la gabbietta che imprigionava il mio pene. Il guinzaglio di pelle nera pendeva dalle sue mani, legato ai miei testicoli con un nodo stretto che mi teneva sotto il suo controllo, una tensione costante che mi ricordava chi comandava.Cenammo in silenzio, ma Alesia tirava il guinzaglio a ogni forchettata, un gesto secco che mi faceva sobbalzare, il dolore che si irradiava dai testicoli mentre gemivo. “Mangia piano, amore,” diceva, la voce carica di divertimento crudele, ridendo mentre mi guardava in difficoltà, il cucchiaio che tremava nella mia mano. “Mi piace vederti teso per me,” sussurrava, tirando ancora, un altro strattone che mi faceva piegare in avanti, il viso contratto. Il suo piacere era evidente, un gioco che la eccitava mentre io lottavo tra il dolore e un’erezione frustrata che premeva contro la gabbietta.
Finita la cena, Alesia posò il piatto, leccandosi le labbra con sensualità. “Ho bisogno di una doccia,” disse, alzandosi, il guinzaglio in mano. “Seguimi in bagno… mi laverai la schiena.” La sua voce era un ordine, e io la seguii, ogni passo un tormento che mi faceva tremare.
Nel bagno, la luce soffusa si rifletteva sulle piastrelle bianche. Alesia posò il guinzaglio sul lavandino senza scioglierlo e si spogliò con lentezza provocante. “Guardami,” sussurrò, slacciando la camicetta un bottone alla volta, rivelando il seno perfetto, i capezzoli duri che brillavano sotto la luce. “Ti piace il mio corpo, vero?” disse, accarezzandosi i seni, pizzicandosi i capezzoli con un gemito. Poi tolse i jeans, la stoffa che scivolava lungo le cosce, mostrando la sua vagina nuda, lucida di umori. Si chinò per togliere le autoreggenti, ogni gesto studiato per farmi soffrire, poi si rialzò, nuda, i tacchi che ticchettavano mentre entrava nella doccia. “Cazzo, mi sento bagnata solo a guardarti chiuso,” rise, accarezzando la gabbietta, un tocco che mi fece gemere di frustrazione.
Aprì il getto della doccia, l’acqua che scorreva su di lei, scivolando sui seni, lungo il ventre, fino alle cosce, un velo lucente che la rendeva irresistibile. “Vieni… lavami,” ordinò, e io la seguii, il guinzaglio che pendeva ancora. Mi porse una spugna. “Lavami la schiena,” disse, ma ogni movimento era sensuale, il bacino inclinato per mostrarmi il suo sedere perfetto, le gocce che scivolavano tra le natiche. Passai la spugna sulla sua pelle, accarezzandola, ma lei non era soddisfatta.
“Non così,” disse, girandosi, l’acqua che le colava sul seno. Aprì le cosce, tenendosi la vagina aperta con le dita, la carne rosa e lucida grondante di umori. “Leccamela… puliscila bene,” ordinò. Mi inginocchiai sotto il getto, l’acqua che mi bagnava i capelli mentre avvicinavo la bocca alla sua vagina, la lingua che sfiorava le grandi labbra, succhiando il clitoride mentre gemeva forte. “Cazzo… sì, leccami la fica… puliscimi tutta!” Il suo sapore mi riempiva la bocca, ma il mio pene pulsava dolorosamente nella gabbietta, un tormento che cresceva a ogni leccata. L’acqua mi scorreva sul viso, mescolandosi ai suoi umori, e improvvisamente Alesia alzò il bacino, tenendomi fermo con una mano sul mento. “Bevi ancora, amore,” disse, lasciando andare la vescica: un flusso caldo e dorato mi colpì la bocca, un gusto salato che ingoiai mentre lei tappava il mio naso, ridendo. “Succhiami tutto… ti piace la mia piscia, vero?”
Ero super eccitato, il mio pene che premeva contro la gabbietta, un dolore acuto che si mescolava al piacere di servirla. “Leccami più forte… voglio venire sulla tua lingua,” disse, spingendo la vagina sulla mia bocca. La mia lingua la penetrava con movimenti rapidi, succhiando il clitoride mentre le sue cosce tremavano. “Voglio il tuo cazzo… ma non puoi darmelo… leccami fino a farmi urlare,” gridò, e il suo orgasmo esplose, lo squirting che schizzava caldo sulla mia bocca, un fiotto che mi bagnava viso e petto mentre lei tremava. “Sì… cazzo, sto venendo… bevi tutto!” urlava, il suo piacere che mi travolgeva.
Il mio pene pulsava nella gabbietta, un dolore lancinante che cresceva con ogni gemito di Alesia, le sbarre che lo comprimevano mentre cercava di indurirsi. Lei si alzò, guardandomi con occhi trionfanti, l’acqua che le scorreva sul corpo. “Non ti libero… non stasera,” disse, la voce un ringhio di piacere. “Il tuo cazzo resta chiuso… ma io continuerò a godere… e tu soffrirai per me.” Mi tirò il guinzaglio, un altro strattone che mi fece gemere, e mi ordinò di alzarmi. Uscì dalla doccia, l’acqua che gocciolava dal suo corpo, e io la seguii, il pene che pulsava inutilmente nella gabbietta.
Ci sdraiammo sul letto, il guinzaglio ancora teso tra noi, e Alesia si accoccolò accanto a me, sfiorando la gabbietta. “Questa settimana sarà il mio piacere… e la tua sofferenza,” sussurrò, le sue parole crude che mi colpivano come schiaffi. La notte ci avvolse, le stelle che brillavano oltre le finestre, il calore dei nostri corpi che si intrecciava sotto le lenzuola. Alesia mi abbracciò forte, il seno che premeva contro il mio petto, i capezzoli duri che sfregavano sulla mia pelle. Il guinzaglio pendeva ancora dai miei testicoli, un peso che mi ricordava il suo controllo, e la gabbietta stringeva il mio pene, un tormento che pulsava con ogni battito.
Mi guardò negli occhi, il viso illuminato dalla luna, un’ombra di compassione nello sguardo. “Amore… forse sono stata troppo dura,” sussurrò, la voce carica di sensualità. Con una mano scivolò lungo il mio corpo, le dita che sfioravano i testicoli legati. “Ti libero… ma solo un po’,” disse, sciogliendo il nodo con lentezza, il cuoio che si staccava, lasciandomi un sollievo misto a un desiderio bruciante. Il guinzaglio cadde, ma la gabbietta restò, una prigione che teneva il mio pene intrappolato.
Alesia si mosse, allungandosi verso il comodino. “Ho troppa voglia di essere riempita,” disse, tirando fuori il suo vibratore rosa, un fallo di silicone lungo e curvo. “Ma tu non puoi… povero amore,” rise, accendendo il vibratore a una vibrazione bassa, un ronzio che riempì la stanza mentre lo sfiorava contro la vagina, gemendo. “Guardami,” ordinò, e io mi sollevai sui gomiti, il mio pene che premeva contro la gabbietta, un dolore acuto che cresceva. Lo fece scivolare dentro, centimetro dopo centimetro, la vagina che lo accoglieva con fame. “Cazzo… mi piace così tanto,” sussurrò, muovendosi con sensualità, il bacino che si sollevava, i seni che ondeggiavano. Mi prese una mano, guidandola sul suo petto. “Succhiamele… leccami i capezzoli mentre mi riempio,” implorò, e io mi chinai, succhiando un capezzolo con passione, mordicchiandolo appena, facendola urlare piano. “Sì… cazzo, succhiami forte!”
Alesia accelerò il ritmo del vibratore, spingendolo dentro con forza, i gemiti che si trasformavano in urla leggere. “Mi fa venire… mi piace sentirmi piena… leccami ancora!” Io passai all’altro capezzolo, succhiandolo con fame, la mia eccitazione che cresceva, il mio pene che pulsava nella gabbietta, un dolore lancinante che si mescolava a una gioia perversa nel darle piacere, nel vedere il suo corpo tremare sotto la mia bocca.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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