incesto
Ombre del desiderio Part. 1


10.04.2025 |
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"Ma prima… togliti la maglietta..."
Racconto ispirato dai racconti e dalle confidenze che mi sono state fatte da una coppia di A69 (grazie per avermi dato la possibilità di raccontare questa splendida storia)Il sole stava tramontando sulle colline abruzzesi, tingendo il cielo di sfumature arancioni e rosa che si riflettevano sul vetro del terrazzo della villetta di Alessia e Luca. La casa era avvolta da un silenzio rotto solo dal canto dei grilli e dal fruscio delle foglie mosse dal vento leggero. Alessia era in cucina, intenta a preparare la cena: un piatto di gnocchi al pomodoro fresco, con basilico appena colto dal suo orto. Indossava un grembiule sopra un vestito aderente color smeraldo che le accarezzava le curve, mettendo in risalto la sua quarta abbondante di seno e i fianchi pronunciati. I suoi capelli neri, corti e scalati, le cadevano sul viso mentre si muoveva con grazia tra i fornelli, e ogni tanto si fermava a sistemarsi una ciocca dietro l’orecchio, un gesto che rivelava la sua natura sensuale anche nei momenti più quotidiani.
Erano passate settimane dall’ultima volta che aveva sentito la voce di Simone, suo marito, e la solitudine cominciava a pesarle. Nonostante la bellezza della villetta – i mobili di venghé, il divano di pelle arancione nel salotto, il terrazzo con vista sulla campagna – Alessia si sentiva come un fiore che appassiva senza cure. Si guardò nello specchio della cucina, sistemandosi il rossetto rosso sulle labbra pronunciate, e sospirò. “Devo fare qualcosa per sentirmi viva,” mormorò tra sé, gli occhi da gatta che brillavano di un desiderio represso. Dentro di sé, sentiva un’energia che non riusciva più a contenere: il desiderio di controllo, di dominare, di sentirsi potente e desiderata, un fuoco che la solitudine aveva alimentato giorno dopo giorno.
In quel momento, la porta d’ingresso si aprì con un tonfo, e Luca entrò in casa, il viso pallido, il corpo scolpito ancora sudato dopo l’allenamento in palestra. Indossava una canotta aderente che metteva in risalto le spalle possenti e i muscoli definiti, e un paio di pantaloncini che rivelavano le sue gambe tornite. I capelli castano scuri, leggermente mossi, gli cadevano sulla fronte, ma i suoi occhi marrone caldo erano pieni di ansia, un’espressione che Alessia non gli aveva mai visto prima. “Ciao, mamma,” disse, la voce incerta, posando la borsa da palestra sul pavimento del salotto con un gesto meccanico.
Alessia si voltò, accorgendosi subito che qualcosa non andava. “Ciao, tesoro. Com’è andata in palestra?” chiese, avvicinandosi per dargli un bacio sulla guancia. Sentì il profumo del suo sudore misto al dopobarba, un odore maschile che per un istante la fece fermare, il cuore che batteva un po’ più forte. Ma poi notò il suo sguardo sfuggente, le mani che tremavano leggermente. “Luca, che succede? Hai una faccia…”
Luca abbassò lo sguardo, strofinandosi le mani sui pantaloncini, visibilmente agitato. “Mamma… ho fatto un casino,” confessò, la voce che tremava. “Ho… ho rovinato la macchina di papà. L’Audi A4 nuova… sono andato a fare un giro, e… c’è stato un incidente. Ho urtato un muretto, il danno è importante… il meccanico ha detto che ci vogliono più di 4.000 euro per ripararla.” Fece una pausa, il viso contratto dall’ansia. “Non so come fare… papà mi ucciderà quando torna, e io… non ho i soldi per sistemarla.”
Alessia lo fissò, gli occhi che si socchiudevano leggermente, un’espressione che mescolava sorpresa e un’ombra di qualcosa di più oscuro. Dentro di sé, il desiderio di controllo che aveva represso per tanto tempo si accese come una fiamma. “4.000 euro, Luca?” ripeté, la voce calma ma tagliente, incrociando le braccia sotto il seno, un gesto che fece risaltare ancora di più le sue curve. “È una cifra enorme… e tu sai quanto tuo padre tenga a quella macchina. Come pensi di risolvere questa situazione?”
Luca si passò una mano tra i capelli, il panico evidente nei suoi occhi. “Non lo so, mamma… pensavo di chiedere un prestito, o… non so, trovare un lavoro, ma ci vorrà tempo. Ti prego, non dirlo a papà, mi ammazzerebbe. Ti giuro che troverò un modo per sistemare tutto.”
Alessia si avvicinò a lui, i tacchi che ticchettavano sul parquet lucido, il suo profumo di vaniglia e muschio che lo avvolse. Posò una mano sul suo braccio, le unghie laccate di rosso che brillavano sotto la luce. “Non dirò niente a tuo padre, Luca,” gli disse, la voce bassa, quasi un sussurro, ma con un tono che lo fece rabbrividire. “Ma… c’è un prezzo da pagare per il mio silenzio.”
Luca la guardò, confuso, il cuore che gli batteva forte. “Un prezzo? Che vuoi dire?” chiese, ma Alessia sorrise, un sorriso che aveva qualcosa di predatorio, gli occhi da gatta che lo scrutavano con intensità.
“Voglio che tu faccia qualcosa per me,” rispose, avvicinandosi ancora di più, il suo corpo a pochi centimetri dal suo. “Sono stanca di sentirmi sola, di sentirmi ignorata… e tu, Luca, hai bisogno di imparare a prenderti le tue responsabilità. Ti aiuterò con il danno alla macchina… ma in cambio, voglio che tu mi obbedisca. Che tu faccia tutto quello che ti chiedo, senza discutere.”
Luca deglutì, il viso arrossato, un misto di paura e curiosità che gli attraversava lo sguardo. “Obbedirti? Mamma, non capisco… cosa vuoi che faccia?”
Alessia si avvicinò al divano arancione, sedendosi con una grazia felina, accavallando le gambe in modo che il vestito le scivolasse leggermente sulle cosce. “Lo capirai presto,” disse, la voce carica di promesse oscure. “Per ora, preparati per la cena. La mangeremo sul terrazzo, e poi… passeremo una serata speciale nella mia stanza. Vedrai, Luca… sarà un modo per entrambi di ritrovare quello che ci manca.”
Luca la fissò, il cuore che gli martellava nel petto, un senso di sottomissione che cominciava a farsi strada dentro di lui. Non sapeva cosa lo aspettasse, ma l’autorità nella voce di Alessia, il modo in cui lo guardava, lo faceva sentire vulnerabile… e, in qualche modo, eccitato.
La cena sul terrazzo fu un momento di pace apparente: il profumo dei gnocchi si mescolava a quello dell’erba fresca, il cielo stellato sopra di loro, e le luci delle case dei vicini che brillavano in lontananza. Alessia indossava ancora il vestito smeraldo, i tacchi che la slanciavano, e Luca non poteva fare a meno di notare quanto fosse bella, il modo in cui la luce della luna le accendeva gli occhi. Ma sotto quella bellezza c’era qualcosa di nuovo, un’aura di controllo che lo intimidiva e lo intrigava allo stesso tempo. Dopo cena, si spostarono nella camera da letto di Alessia, un’oasi di eleganza con i mobili di venghé nero, l’armadio a specchi satinati, e la testiera in cuoio scuro. Si sedettero sul letto, il grande televisore ai piedi che proiettava un film romantico, ma i loro pensieri erano altrove.
Mentre il film scorreva, i loro corpi si sfiorarono accidentalmente: la gamba di Alessia contro quella di Luca, il calore della sua pelle che le faceva battere il cuore. Alessia rise, cercando di alleggerire l’atmosfera, ma i suoi occhi erano pieni di intenzioni. “Sai, Luca, sei proprio un bel ragazzo… qualsiasi ragazza sarebbe fortunata ad averti,” gli disse, un tono scherzoso ma con una nota di verità. Luca la guardò, un sorriso timido sulle labbra. “Grazie, mamma… ma sai, anche tu sei… sei ancora bellissima.”
Quelle parole crearono un silenzio carico di tensione, i loro sguardi che si incatenavano, e Alessia sentì il desiderio di controllo crescere dentro di sé. “Bene, Luca,” disse, alzandosi dal letto e dirigendosi verso l’armadio a specchi. “È ora che tu inizi a ripagarmi per il mio silenzio… e vedrai che ci divertiremo.”
Nella camera da letto di Alessia, l’atmosfera era carica di tensione. Il grande televisore ai piedi del letto proiettava ancora il film romantico, ma nessuno dei due lo stava guardando. Luca era seduto sul letto, il cuore che gli batteva forte, mentre Alessia si avvicinava all’armadio a specchi satinati, i tacchi che ticchettavano sul parquet lucido. “È ora che tu inizi a ripagarmi per il mio silenzio… e vedrai che ci divertiremo,” aveva detto, ma prima di arrivare a quel momento, Alessia decise di prendere il controllo in modo graduale, assaporando il potere che le dava la situazione.
“Luca,” disse, voltandosi verso di lui, il tono della voce fermo ma carico di un’intensità che lo fece rabbrividire. “Prima di tutto, voglio che tu mi massaggi le spalle. Sono stata tutto il giorno in piedi, e ho bisogno di rilassarmi.” Si sedette sul bordo del letto, accavallando le gambe, il vestito color smeraldo che le scivolava leggermente sulle cosce, rivelando la sua pelle liscia.
Luca, ancora seduto, esitò per un momento, il senso di colpa per l’incidente con l’Audi A4 che lo schiacciava. “Va bene, mamma,” mormorò, alzandosi e posizionandosi dietro di lei. Posò le mani sulle sue spalle, iniziando a massaggiarle con movimenti lenti e incerti, le dita che scivolavano sulla pelle morbida di Alessia. Lei chiuse gli occhi, sospirando di piacere, ma dopo qualche minuto lo interruppe. “Non così, Luca,” disse, il tono che si faceva più autoritario. “Devi impegnarti di più. Ma prima… togliti la maglietta. Voglio vedere il tuo fisico. E resta solo con i boxer.”
Luca arrossì, il viso che si scaldava per l’imbarazzo. “Mamma… sei sicura?” chiese, ma Alessia lo fissò con i suoi occhi da gatta, un’espressione che non ammetteva repliche. “Fai quello che ti dico,” rispose, e Luca obbedì, togliendosi la canotta e i pantaloncini, restando in boxer neri aderenti che mettevano in risalto il suo corpo scolpito. Alessia lo osservò con soddisfazione, ammirando le spalle possenti, gli addominali definiti, la pelle liscia e depilata che brillava sotto la luce soffusa della stanza. “Molto meglio,” disse, un sorriso malizioso sulle labbra.
Luca tornò a massaggiarle le spalle, questa volta con più decisione, ma Alessia non era ancora soddisfatta. “Basta così,” disse, voltandosi leggermente. “Ora massaggiami i piedi. E fallo bene.” Luca, ancora in piedi, si inginocchiò davanti a lei, un gesto che lo fece sentire ancora più vulnerabile. Alessia si tolse i tacchi, rivelando i suoi piedini piccoli e curati, le unghie laccate di rosso, e li posò sul grembo di Luca. Lui iniziò a massaggiarli, le mani che lavoravano con cura, ma Alessia non era ancora contenta.
Con un movimento lento e deliberato, avvicinò un piede alla bocca di Luca, sfiorandogli le labbra. “Leccalo,” gli ordinò, la voce bassa e autoritaria. Luca restò interdetto, il cuore che gli batteva forte, un misto di imbarazzo e incredulità che lo paralizzava. “Mamma… cosa stai dicendo?” balbettò, ma Alessia lo interruppe, il tono che si faceva più duro. “Ti ho detto che devi obbedirmi, Luca. Ricordati dell’Audi… 4.000 euro di danno. Vuoi che tuo padre lo sappia? Fa’ quello che ti dico, e basta.”
Luca deglutì, il viso arrossato, e chinò la testa, posando le labbra sul piede di Alessia. Iniziò a leccarlo, la lingua che scivolava sulla pelle morbida, un sapore leggermente salato che lo fece fremere. Alessia, vedendo la sua sottomissione, si eccitò ancora di più, e con insistenza spinse il piede più a fondo nella sua bocca, costringendolo a succhiarlo. “Bravissimo,” gli sussurrò, e poi, con un gesto ancora più audace, avvicinò anche l’altro piede, spingendoli entrambi nella bocca di Luca. “Prendili tutti e due,” gli ordinò, e Luca, sopraffatto, obbedì, la bocca piena, la lingua che lavorava freneticamente, un misto di umiliazione ed eccitazione che lo travolgeva.
Mentre le leccava i piedi, Luca sentì il suo corpo reagire in modo inaspettato: un’erezione evidente cominciò a premere contro i boxer aderenti, il cazzo duro che si delineava chiaramente sotto il tessuto. Alessia lo notò subito, un sorriso soddisfatto che le illuminava il viso. “Bene, vedo che ti piace,” disse, la voce carica di potere. Ritirò i piedi dalla sua bocca, lasciandolo ansimante, e si alzò, dirigendosi verso l’armadio a specchi. “Aspetta qui,” gli disse, e Luca, ancora inginocchiato, il viso arrossato e il respiro corto, non poté fare altro che obbedire.
(Parte 2)
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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