Lui & Lei
La traviata Part 2


10.04.2025 |
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"Indossava una minigonna di jeans scura, una t-shirt bianca e sneakers candide, con una catenina d’oro al collo e un profumo leggero che la seguiva..."
La sera arrivò, avvolgendo tutto in una luce morbida e calda. Alesia si preparò con cura, indossando l’abito Valentino e le Louboutin, lasciando volutamente da parte mutandine e reggiseno, come le avevo chiesto. Ogni gesto era misurato, ogni dettaglio studiato. Nell’atrio di casa, l’aspettavo con il mio abito Zegna, una camicia Borrelli e scarpe Campanile, un’immagine di raffinatezza.Quando Alesia comparve, mi lasciò senza parole. Il suo corpo era esaltato dal vestito, che accarezzava le sue forme e svelava la curva della schiena. Il suo profumo, intenso e sensuale, si diffuse nell’aria, annunciando la magia della serata. Le porsi un sacchetto elegante con un sorriso complice. “Ora tocca a te indossare anche questo, che conosci già molto bene,” dissi. Alesia, incuriosita, aprì il sacchetto e trovò un ovetto nero, più grande del precedente, delle dimensioni di un uovo da cucina. Sfiorò la superficie liscia, sorridendo enigmaticamente.
Con un gesto deciso e provocatorio, alzò il vestito davanti a me, mostrando la sua nudità, mise l’ovetto in bocca, sfidandomi con lo sguardo, e lo infilò nella vagina, abbassando poi il vestito. “Ora tocca a te, vieni a succhiarmi i capezzoli,” disse, scostando le coperture del vestito. Senza indugiare, mi avvicinai, succhiando i suoi capezzoli con dolcezza e forza, alternando i ritmi. La sfiorai tra le gambe, ma lei si ritrasse. “Non ti ho detto che puoi toccarla, anche se ha voglia di te,” disse, prima di baciarmi appassionatamente. Prendemmo la macchina per andare all’opera.
Il tragitto verso le Terme di Caracalla fu un viaggio tra le vie di Roma, illuminate dai lampioni che creavano riflessi dorati sui sampietrini. L’aria della sera portava un profumo di pini e gelsomini, e le imponenti rovine delle terme apparvero all’orizzonte, illuminate da fasci di luce. Il palco era allestito al centro dell’area archeologica, incorniciato da colonne e archi, sotto un cielo stellato che si univa alla magia dell’evento.
Ci sistemammo nella fila centrale, sul lato destro, un punto perfetto per godere dello spettacolo. Alesia attirava l’attenzione con la sua eleganza, e io non potevo fare a meno di ammirarla. Alla sua sinistra, una donna sulla settantina con un collier di perle; accanto a lei, il marito, distinto e tranquillo. Alla mia destra, un giovane di ventotto anni, nervoso, che aspettava la fidanzata in ritardo. Il pubblico, eterogeneo, contribuiva a un’atmosfera vibrante.
Le luci si abbassarono, e l’orchestra iniziò a suonare le prime note de La Traviata. Gli archi introdussero un motivo delicato, che sembrava danzare nell’aria. La scena si aprì con un banchetto a casa di Violetta Valéry, un tripudio di colori e luci. Alfredo intonò “Libiamo ne’ lieti calici”, e la sua voce limpida si levò sopra l’orchestra, accompagnata dal coro. Alesia seguiva le parole sugli schermi, ma era la musica a rapirla, sincronizzata con l’ovetto che vibrava dentro di lei, seguendo l’intensità della lirica.
Quando l’ovetto iniziò a vibrare per due secondi, Alesia si ricordò della sua presenza. Accavallò le gambe, guardandomi di soppiatto, e l’ovetto si fermò. Ma con il crescendo musicale, le vibrazioni ripresero, e Alesia si bagnava sempre più. Durante il monologo di Violetta, “È strano!... È strano!”, le emozioni la travolsero, portandola al primo orgasmo tra la folla. Contrasse i muscoli, si morse le labbra e soffocò il piacere. La signora accanto, preoccupata, le chiese: “Signora, tutto bene?” Alesia annuì, incapace di parlare.
Una lacrima le scese sulla guancia, non di tristezza, ma di pura emozione. Mi guardò, e nei suoi occhi lessi gratitudine e amore. La musica si intensificò, e Alesia ebbe altri tre orgasmi, soffocati a labbra strette, mentre l’opera raggiungeva il culmine. Quando l’ultima nota risuonò e il sipario calò, l’anfiteatro esplose in un applauso fragoroso. Alesia rimase immobile, il viso segnato dalle lacrime di commozione. Si appoggiò a me, sussurrando: “Grazie. È stata… indescrivibile.” “È l’effetto della grande arte,” risposi, “e del fatto che hai il cuore aperto per accoglierla.”
Mano nella mano, la condussi verso il Lungotevere, dove una barca galleggiante ci attendeva, illuminata da una luce calda. Alesia si fermò, sorpresa. “Questa è la tua prossima sorpresa,” dissi, accompagnandola a bordo. Sotto coperta, una stanza elegante ci accolse: un letto con petali di rosa, lenzuola di seta, candele, champagne e cioccolatini. Gli oblò mostravano il Tevere e le luci di Roma.
Alesia era senza parole. “È… perfetto,” sussurrò. “Volevo che questa notte fosse indimenticabile,” risposi, versando lo champagne. Brindammo, e slacciai il suo vestito, lasciandolo scivolare a terra. Baciai le sue caviglie, poi ogni dito dei piedi, succhiandoli mentre lei si toccava il clitoride, estraendo l’ovetto. Alesia afferrò i miei testicoli, stringendoli forte. “Ho voglia di te ora,” disse. Le alzai le gambe e la penetrai. Dopo pochi colpi, ebbe un orgasmo, stringendomi con le gambe per prolungarlo.
Ero ancora dentro di lei quando mi disse: “Voglio essere tua in modo completo, prendimi anche dietro.” Le baciai il culetto, bagnandolo con la lingua, poi infilai due, tre, quattro dita, dilatandola piano. Le alzai le gambe, accostai il mio pene al suo sfintere e lo feci scivolare dentro, aumentando il ritmo. “Ora mi sento tutta tua, sfondami tutta,” mi incitò. Cambiammo posizione: si sedette sul mio pene, lasciandolo scivolare nel suo sfintere, toccandosi il clitoride mentre io le stringevo i capezzoli. “Ti prego, vieni con me,” urlò, e il suo orgasmo mi fece schizzare dentro di lei. Restammo immobili, poi ci baciammo. “Non voglio che te ne vada, abbracciami,” disse. Nudi sotto le lenzuola, attendemmo l’alba, sporchi e felici.
Alesia si stava preparando per uscire. Sistemò gli ultimi dettagli del suo outfit e si fermò sulla porta della camera, guardandomi con un sorriso malizioso. Appoggiandosi al telaio, con la borsa a tracolla, si avvicinò con passo lento. “Tesoro,” iniziò con voce morbida, “oggi esco con Ana. Andremo a cercare costumi per il mare… chissà, magari ne troverò uno che ti sorprenderà.” Inclinò la testa, con un luccichio negli occhi. “Tu che dici, preferisci qualcosa di classico o… un po’ più audace?”
La guardai divertito. “Qualunque cosa tu scelga, so già che sarà perfetto,” risposi, cercando di sembrare distaccato, anche se il suo sguardo mi coinvolgeva. Alesia rise piano, posandomi un bacio sulla guancia, carico di promesse. “Va bene, allora ti lascerò la sorpresa… e magari stasera ti racconterò tutto,” disse, con un’aria misteriosa. Si voltò verso la porta, poi aggiunse: “Ah, quasi dimenticavo, mangeremo fuori. Un bacio, tesoro.” E sparì giù per le scale, lasciandomi con la curiosità.
Alesia arrivò al punto di incontro con Ana, radiosa. Indossava una minigonna di jeans scura, una t-shirt bianca e sneakers candide, con una catenina d’oro al collo e un profumo leggero che la seguiva. Ana, con il suo stile grintoso, era altrettanto splendida. Insieme, attiravano gli sguardi di tutti. “Allora, pronta per mettere in crisi i negozi di costumi?” chiese Ana con schiettezza. “Pronta!” rispose Alesia, ridendo. “Ma stavolta niente nero per te.”
Camminando tra i negozi, risero e chiacchierarono, godendosi la mattinata. Dopo aver visitato boutique come Eres e Melissa Odabash, si fermarono davanti alla vetrina di La Perla, dove un costume rosso fiammante spiccava tra tutti. “Quello è tuo, Alesia,” disse Ana, spingendola verso l’ingresso. “Sicura? Forse è troppo appariscente,” rispose Alesia, mordendosi il labbro. Ma entrò, prese il costume e lo provò. Nel camerino, si osservò allo specchio: il costume le aderiva perfettamente, esaltando ogni curva, e il rosso metteva in risalto la sua pelle luminosa.
Ana scostò la tenda del camerino, scherzando: “Posso vedere? Prometto di non guardare troppo.” “Ma sei matta?” protestò Alesia, ridendo e arrossendo. “Voglio vedere la diva,” rispose Ana. Alesia si mise in posa, camminando sul posto con movimenti maliziosi, passando le mani lungo le gambe e i fianchi. “Che ne pensi? Troppo sexy?” chiese. “Sei perfetta,” rispose Ana. “Sarebbe ideale per le terme, come ai vecchi tempi.” Alesia rise, ripensando alla loro avventura sulla neve.
Si sedettero al tavolo di un ristorante giapponese, elegante e accogliente, con luci soffuse e pareti di legno intagliato. Ana, vivace, si confidò: “Sai, ultimamente ho scoperto un posto interessante, il New Luna, un club privé esclusivo.” Alesia, incuriosita, chiese: “Come funziona?” Ana descrisse il locale: un edificio anonimo, una reception con luci soffuse, un salone con divani di velluto e un labirinto di corridoi e stanze, dove ci si perdeva per lasciarsi trovare. “È liberatorio,” disse Ana. Alesia ascoltava affascinata, immaginando quel mondo misterioso.
Tornata a casa, Alesia mi mostrò il costume rosso. “Guarda cosa ho comprato!” disse, correndo a provarlo. Ricomparve davanti a me, splendida. “È perfetto,” dissi, stordito dalla sua bellezza. Si sedette accanto a me sul divano e mi raccontò della giornata, accennando al New Luna con entusiasmo. “Sembra un mondo parallelo, dove si è liberi senza giudizi,” disse. Poi le chiesi: “Mi racconti cosa è successo sulla neve con Ana quella sera?”
Alesia arrossì, ma sorrise. “Eravamo cariche dopo una giornata di sci. Ci fermammo al bar dell’albergo, bevemmo grappa e incontrammo Samuel, l’istruttore di sci. Ci propose un tuffo nella piscina termale, chiusa a quell’ora. Ana disse subito di sì, e io la seguii.” Raccontò come Ana e Samuel si spogliarono e si immersero, baciandosi e toccandosi in acqua, mentre lei li osservava, bevendo grappa. “Ana si fece penetrare da Samuel, urlando di piacere, e mi invitò a unirmi. Mi spogliai, entrai in acqua e mi toccai, guardandoli.”
Alesia abbassò lo sguardo, un po’ vergognosa. “Samuel non era arrivato, e Ana gli disse di occuparsi di me. Si avvicinò, mi toccò il clitoride, poi mi fece sdraiare su un lettino. Lo presi in bocca, ma lui si scostò, mise un preservativo e mi penetrò con forza, venendo dentro di me. Si tolse, soddisfatto, e raggiunse Ana per farsi ripulire. Io mi toccai fino a raggiungere l’orgasmo. Mi sentivo sporca, ma eccitata.” Samuel chiese le loro mutandine come ricordo, e loro gliele diedero.
Il racconto mi aveva eccitato. Alesia infilò la mano nei miei pantaloncini, afferrando il mio pene duro, e sussurrò: “Tesoro, mi perdoni per quello che ho fatto?” Non risposi, ma mi abbassai i pantaloncini, lasciando che il mio pene svettasse. Alesia lo accarezzò con la lingua, poi lo prese in bocca, facendolo scivolare in gola. Si tolse il costume, strinse forte i miei testicoli e si sedette sul mio pene, lasciandolo scivolare nella sua vagina. Infilai un dito nel suo culetto, poi un secondo. “Tesoro, mi perdoni?” chiese, aumentando il ritmo. “Mi perdoni?” ripeteva, prossima all’orgasmo. Arrivammo insieme, e mentre le schizzavo dentro, dissi: “Sì.” Ci baciammo, e Alesia sussurrò: “Solo tu mi fai godere. Tu sei mio.” “Se ti va, approfondiamo i club privé,” proposi. “Credo tu sia pronta per scoprire una maggiore libertà.”
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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