Prime Esperienze
Un banchetto di lussuria antico


23.04.2025 |
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"Amare non è possedere, ma perdersi nell’altro, e Diego si perse, ogni colpo un’onda che lo trascinava più a fondo, il velo di Venere che lo stringeva, un..."
- Petronio dall’alto potrà perdonarequesta prosa che provo a imitare,
che sia licenza o dolce follia,
è lui la fiamma, io la scia
Sotto un cielo trapunto di stelle, in una sala dai marmi screziati dove l’odore di vino e pesce arrostito si mescolava al profumo di rose e sudore, Carmen e Diego sedevano a una tavola imbandita, i loro occhi che si cercavano come belve affamate. La cena era un pretesto, un gioco di ombre e sapori che preludeva a un altro banchetto, quello della carne, dove i corpi si sarebbero parlati senza bisogno di parole. Il corpo è come una lira: toccato con arte, produce dolci suoni, e quella notte Carmen e Diego avrebbero suonato una melodia selvaggia, un inno al desiderio che non conosce vergogna.
Diego, con un sorriso che era più un ringhio, versò del vino rosso rubino nella coppa di Carmen, il liquido che colava come sangue di un sacrificio antico, e lei lo accettò, le sue labbra che si tingevano di porpora, una bocca che mente, ma bacia con verità. “Bevi, Carmen, che il vino scioglie i pensieri e scalda la carne,” disse, la voce rauca, mentre i suoi occhi si posavano sul suo collo, immaginando di morderlo come un lupo affamato. Carmen rise, un suono che era al tempo stesso miele e veleno, e rispose, “E tu, Diego, non sai che l’amore è un gioco crudele, ma le sue regole si imparano solo nudi?” Con un gesto lento, lasciò cadere una spalla della veste, rivelando la curva del seno, un frutto maturo che implorava di essere colto, e Diego sentì la lama che si alzava sotto la tunica, un remo pronto a solcare mari tempestosi.
La tavola era un campo di battaglia, i piatti di ceramica spinti via con noncuranza, il vino che si rovesciava sul marmo come un’offerta agli dei del piacere. Diego si alzò, il corpo teso come un arco, e afferrò Carmen per i fianchi, sollevandola come un trofeo, le sue mani che scavavano nella carne morbida, il profumo di lei che gli riempiva i polmoni, un misto di rose e desiderio. La posò sul tavolo, le cosce di Carmen che si aprivano come i petali di un fiore sotto la pioggia, il velo di Venere già gocciolante, un lago di nettare che brillava alla luce delle torce. “Non c’è vergogna nella carne, solo nei pensieri che la tradiscono,” sussurrò Carmen, la voce un filo di seta, mentre Diego si chinava su di lei, la lingua che tracciava sentieri di fuoco sul suo ventre, il sapore salato della sua pelle che lo ubriacava più del vino.
Tra baci e carezze, anche la mano di Carmen cominciò a parlare, scivolando sotto la tunica di Diego, trovando il tronco, duro come il marmo, caldo come il ferro appena forgiato. Lo accarezzò con dita esperte, un’arpa che pizzicava corde di piacere, e Diego non era più Diego: ogni parte del suo corpo era diventata schiava del piacere, un mare in tempesta che si infrangeva contro gli scogli della sua lussuria. Ma il desiderio, crudele tiranno, non si accontentava di carezze: Diego si liberò della tunica, il tronco che svettava fiero, una colonna pronta a profanare il tempio di Carmen. La penetrò con un affondo, il velo di Venere che lo accoglieva come una guaina di seta, il suono bagnato della sua carne che si apriva, un canto osceno che riempiva la sala, i gemiti di Carmen che si mescolavano al crepitio delle torce.
Amare non è possedere, ma perdersi nell’altro, e Diego si perse, ogni colpo un’onda che lo trascinava più a fondo, il velo di Venere che lo stringeva, un pugno di velluto che lo imprigionava. Lei, con le gambe avvolte intorno ai suoi fianchi, lo incitava con gemiti rochi, il sudore che le colava tra i seni, un ruscello che brillava alla luce del fuoco. Ma il corpo, traditore, ha i suoi limiti: il mio corpo, che poco prima si mostrava fiero e composto, improvvisamente venne meno del tutto, con grande vergogna, pensò Diego, il tronco che si ammosciava, il piacere che lo abbandonava come un’amante capricciosa, lasciandolo ansimante, il sudore che gli bruciava gli occhi, il respiro spezzato.
Carmen, combattuta tra speranza e pudore, non si arrese al destino crudele del piacere interrotto. Si tolse la veste con un gesto lento, un velo che cadeva come la nebbia al sorgere del sole, e si avvicinò dolcemente, le sue gambe che sfioravano quelle di Diego, la pelle che bruciava al contatto, un fuoco che non si spegneva. Con la mano scese nel suo grembo, trovando il tronco, ora moscio, e lo accarezzò con una dolcezza che nascondeva una fame feroce, le dita che danzavano come un’arpista, risvegliando il desiderio sopito. “Non temere, Diego, il piacere è un mare che si ritira solo per tornare più forte,” sussurrò, la voce un canto di sirena, mentre lo portava di nuovo alla vita, il tronco che si induriva, una lancia pronta a colpire ancora.
Diego, rinvigorito, la prese di nuovo, questa volta con una furia che era quasi vendetta, il tronco che la penetrava con affondi selvaggi, ogni colpo un tuono, il suono della carne che sbatteva contro la carne, un ritmo primordiale che scuoteva la sala. Carmen gemeva, il corpo che si inarcava, i seni che sobbalzavano, i capezzoli duri come pietre preziose, il sudore che le colava lungo il ventre, un fiume di lussuria che si mescolava al vino versato. Il velo di Venere si contraeva, un pugno che lo stringeva, e Diego sentì l’orgasmo montare, un vulcano pronto a eruttare, il succo che schizzava dentro di lei, un’offerta agli dei del piacere, il calore che la riempiva, il profumo di sesso che saturava l’aria, i loro gemiti che si intrecciavano come un coro osceno.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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