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Monica: Un fuoco di lussuria


di Membro VIP di Annunci69.it Efabilandia
22.04.2025    |    465    |    0 8.7
"Sentendosi troia, un’etichetta che ora abbracciava con orgoglio, il suo corpo vibrava ancora di desiderio, la fica pulsante, il culo dolorante dopo la..."
Monica, 39 anni, era una donna dall’aspetto dolce e sensibile, con un sorriso che scaldava il cuore e occhi castani che sembravano nascondere una storia non detta. Alta 1,63, 56 kg, il suo fisico scolpito era un’opera d’arte: una terza abbondante di seno che riempiva ogni sguardo, fianchi stretti, un culo sodo che sembrava scolpito nel marmo, e gambe tornite che catturavano l’attenzione. I suoi capelli castani mossi le cadevano sulle spalle, e il suo profumo di rosa era un invito gentile.
Era appena passata Pasquetta, e Monica si era spesa in acrobazie sessuali con il marito, un weekend di passione che l’aveva lasciata ancora affamata. Ma bisognava tornare al lavoro. Quella mattina, si vestì pratica ma carina, come sempre attenta a ogni dettaglio: scarpe con tacco basso, calze velate autoreggenti, una gonna blu sopra al ginocchio che accarezzava le cosce, una camicetta bianca che lasciava intravedere il pizzo dell’intimo bianco, e un trucco provocante, con eyeliner che accentuava i suoi occhi e un rossetto rosso che gridava desiderio. Arrivata in ufficio, un’azienda di Napoli dove lavorava in amministrazione, adorava essere vista e ammirata dai colleghi. Da due settimane era arrivato un ragazzo nuovo, Andrea, 28 anni, alto 1,80, 75 kg, capelli scuri e un sorriso timido che nascondeva un potenziale che Monica voleva scoprire.
“Buongiorno Andrea, scusa, chiedo a te perché sei il primo ad arrivare in ufficio. Devo prendere il pacco grande di risme di carta in magazzino per la fotocopiatrice, mi puoi aiutare?” chiese con voce dolce, un sorriso che sembrava innocente. “Ma certo, signora Monica,” rispose lui, arrossendo leggermente. “Ti prego, solo Monica, siamo colleghi,” ribatté lei, ridendo, mentre lo guidava verso il magazzino, sculettando con cura, la gonna che ondeggiava, sfiorandolo “involontariamente” con la mano, il calore del contatto che le accendeva un fremito.
Appena entrati nel magazzino, Monica si trasformò, il suo lato dolce svanito in un istante, sostituito da un’energia famelica. Abbracciò Andrea, che rimase immobile, sorpreso, il cuore che gli batteva forte, e gli stampò un bacio in bocca, la lingua che cercava la sua con avidità, il sapore di caffè del suo respiro che la eccitava, mescolandosi al profumo di rosa che emanava dalla sua pelle. Con la mano gli toccò sopra i pantaloni, sentendo il cazzo già duro, pulsante sotto il tessuto, e senza aspettare infilò le dita dentro, afferrandolo, la pelle calda e viva sotto le sue mani, un gemito che le sfuggiva. Continuava a baciarlo, i loro gemiti che echeggiavano nel magazzino, l’odore di carta e inchiostro che si mescolava al calore del loro desiderio. Monica gli sbottonò i pantaloni, il suono della zip che era un invito osceno, e si inginocchiò, prendendo il suo giovane cazzo in bocca. Era lungo, spesso, con una cappella gonfia che odorava di maschio, e lei lo accolse con determinazione, spingendolo lentamente verso la gola. Non senza fatica, Monica fece scivolare il cazzo in profondità, la gola che si allargava con uno sforzo visibile, il respiro che si interrompeva, un leggero conato che reprimeva, il sapore salato che la ubriacava, mentre le sue labbra si tendevano al massimo, il rossetto che si sbavava sul membro. Andrea, frastornato, non credeva ai suoi occhi: era la sua prima volta che si trovava a scopare una gola così in profondità, la sensazione del cazzo che spariva completamente nella bocca di Monica lo sconvolgeva, il calore umido e stretto che lo avvolgeva, un gemito gutturale che gli sfuggiva, “Cazzo, Monica, non ci credo,” la voce spezzata dall’eccitazione. Monica succhiava con maestria, la lingua che danzava sulla cappella a ogni movimento, le mani che accarezzavano le palle, il suono bagnato della sua bocca che riempiva l’aria, un ritmo osceno che li consumava. Accelerò, le labbra che scivolavano, la gola che lo accoglieva completamente, fino a quando Andrea esplose, un getto di sborra calda che le riempiva la bocca, il sapore intenso che la faceva tremare di piacere. Ingoiò tutto, senza far cadere una goccia, leccandosi le labbra, il rossetto ormai un disastro, un sorriso soddisfatto sul viso. “Ecco le risme,” disse, indicando i pacchi con un tono casuale, mentre si sistemava il trucco con un piccolo specchio, lasciando Andrea sconvolto, il cuore che gli batteva all’impazzata, il corpo ancora tremante per quella prima esperienza di gola profonda.
Verso le 11, Monica e le colleghe andarono a prendere il caffè, invitando anche Andrea. Volutamente, Monica si chinò davanti a lui per raccogliere un bicchiere caduto, sporcando il pavimento di caffè, mostrando il culo sodo sotto la gonna, le calze autoreggenti che si intravvedevano, il pizzo bianco che brillava. Quando Andrea si avvicinò per aiutarla, lei lo spinse “involontariamente” verso il suo pacco, già eccitato, il calore che li univa per un istante, tra le risate delle colleghe. “Scusa, sono maldestra,” disse, ridendo, mentre il caffè sporcava la sala ricreazione. “Andrea, puoi aiutarmi a prendere il carrello delle pulizie?” chiese, e lui annuì. Non trovandolo in magazzino, tornò da lei. “Hai ragione, non ti ho detto che è nell’ex bagno disabili dello spogliatoio, ora deposito per le pulizie. Ti ci porto io,” disse, guidandolo con un sorriso.
Una volta nello spogliatoio, Andrea perse ogni inibizione. Mise le mani sul culo di Monica, sodo e caldo sotto la gonna, e tra le sue gambe, trovandola fradicia, la fica che gocciolava sotto il pizzo. Si baciarono appassionatamente, le lingue che si intrecciavano, il sapore di caffè e desiderio che li consumava. Monica si sollevò la gonna, abbassò le mutandine, e si appoggiò al muro, le gambe spalancate, il profumo muschiato della sua fica che riempiva l’aria. Andrea la penetrò con forza, il cazzo che scivolava nella sua fica bagnata, il suono della sua carne che si apriva, ogni affondo un ruggito. “Scopami, chiamami troia,” ringhiò Monica, la voce roca, il desiderio che la trasformava. “Sei una troia, Monica,” grugnì Andrea, e lei urlò, “Sì, cazzo, sono una troia!” La scopava con violenza, il cazzo che la riempiva, i seni che sobbalzavano sotto la camicetta, il suono dei loro corpi che sbattevano, l’odore di sesso che era un’ossessione. Monica venne, l’orgasmo che la travolgeva, lo squirt che schizzava sul pavimento, un fiotto caldo che formava una pozza, il suono del suo urlo che echeggiava, il sapore del sudore sulla lingua. Andrea, senza preservativo, stava per venire, tirò fuori il cazzo e lo mise in bocca a Monica, che succhiò con avidità, un altro pieno di sborra calda che le riempiva la gola, il sapore che la faceva tremare, ingoiando tutto.
La giornata scorse veloce, ma verso l’orario di uscita, il capo chiamò Monica nel suo ufficio. Con lui aveva una certa intimità, un uomo di 45 anni, robusto, con un cazzo che Monica adorava. “Ma oggi hai preso la tua dose di cazzo?” chiese, ridendo. Monica sorrise, mentendo spudoratamente, e gli sbottonò i pantaloni, il suono della cintura che si slacciava, prendendo il cazzo in bocca, succhiandolo con maestria, la lingua che danzava, il sapore salato che la ubriacava. Poi si alzò la gonna, tirò giù le mutandine, e si mise a 90 sulla scrivania, il culo in aria, la fica gocciolante. Il capo la scopò in fica, il cazzo che la riempiva, ogni affondo un gemito, il suono della scrivania che cigolava, l’odore di sesso che saturava l’ufficio. Poi passò al culo, lubrificandolo con la sua saliva, il cazzo che premeva contro il buco stretto, forzandolo, il dolore che si trasformava in piacere, “Cazzo, sei una troia,” grugnì, mentre la penetrava, ogni colpo più profondo, il culo che si allargava, il suono osceno della penetrazione, il profumo muschiato che li avvolgeva. Monica venne due volte, il primo orgasmo che la faceva squirtare sulla scrivania, il secondo che la scuoteva mentre il cazzo le devastava il culo, i suoi urli che echeggiavano, “Sì, scopami, sono una troia!” Il capo si tolse il preservativo e le venne in bocca, riempiendola di sborra, un’esplosione che la soffocava, il sapore che la consumava, ingoiando tutto, leccandosi le labbra.
“Sei proprio una troia bisognosa di cazzi,” disse il capo, la voce roca e carica di una risata beffarda, mentre si sistemava i pantaloni, il profumo muschiato del sesso che ancora aleggiava nell’ufficio. I suoi occhi scuri la scrutavano, un misto di divertimento e desiderio, e le chiese, con un tono che sembrava già sapere la risposta, “Hai conosciuto Andrea, vero?” Monica annuì lentamente, il rossetto sbavato sulle labbra, il sapore salato della sborra ancora in bocca, il cuore che batteva forte mentre il termine “troia” le risuonava dentro. Sentendosi troia, un’etichetta che ora abbracciava con orgoglio, il suo corpo vibrava ancora di desiderio, la fica pulsante, il culo dolorante dopo la penetrazione selvaggia, il sudore che le colava lungo la schiena, mescolandosi al profumo di rosa. Si sistemò la gonna, le calze autoreggenti leggermente scivolate, e uscì dall’ufficio, i tacchi che cliccavano sul pavimento, il suono che echeggiava nei corridoi ormai deserti dell’azienda di Napoli.
Tornò a casa, il tramonto che dipingeva il cielo di arancione sopra il Golfo, l’odore del mare che si mescolava al traffico caotico della città. Entrò nel suo appartamento, il calore del salotto che la avvolgeva, il profumo di basilico che veniva dalla cucina dove il marito stava preparando la cena. Lui, un uomo di 42 anni, robusto, con un sorriso gentile, si voltò verso di lei, asciugandosi le mani su uno strofinaccio, e le chiese, “Com’è andata a lavoro, amore?” Monica, con il corpo ancora segnato dalla giornata—le cosce appiccicose, la gola ancora piena del sapore di sborra, il trucco leggermente sfatto—rispose con un sorriso che nascondeva la sua giornata di lussuria, “Bene, come al solito, ma sono un po’ stanca.” Si sedette sul divano, incrociando le gambe, il cuore che batteva ancora forte, mentre il ricordo di Andrea e del capo le accendeva un nuovo fremito, un desiderio che non si spegneva mai, il profumo di sesso che ancora le impregnava la pelle.

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