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Il pranzo cannibale alla Factory

07.12.2024 |
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"Da giorni mi trovavo alla Factory..."
Da giorni mi trovavo alla Factory.Avevo un collare molto stretto che mi rallentava l'afflusso di sangue al cervello.
Cosa che ni intontiva.
Ero privata del sonno, situazione che insieme al collare mi aveva ridotta ad un automa, quasi senza cosccenza.
Tutto ciò che mi veniva fatto, frustate, bruciature, strizzamenti di capezzoli e organi genitali, inculamenti, prolassi.
Non capivo più niente; il dolore e le umiliazioni si susseguivano; io le le subivo senza neppure rendermene conto intontita com'ero dal continuo sfinimento fisico e mentale.
Mi trovavo in una dimensione straordinaria, ero diventata un oggetto quasi indifferente, inconsapevole di ciò che le veniva fatto.
Un corpo, un essere da martoriare per il piacere dei sadici.
Provavo godimento per questa mia condizione.
Arrivò il momento di una manifestazione pubblicca in cui i sadici e pervertiti si sarebbero divertiti con la mia sofferenza e degradazione.
Per quanto riuscivo a capire intontita com'ero venni gettata su un palco davanti a un pubblico, accanto a me venne gettata una donna.
Qualcuno sul palco disse qualcosa ma io non riuscii a capire le parole rincitrullita com'ero.
Poi il presentatore prese un taglierino e taglierino e tagglio le labbra vaginali della donna, poi le amputò i capezzoli e li getto insieme alle sue labbra in una ciotola.
Poi tocco a me mi tagliò il prepuzio e poi mi amputò i capezzoli.
Gettò quei pezzi di carne nella ciotola insieme agli altri.
Mentre io e le la donna sanguinavavamo dai capezzoli amputati fummo obbligati a succhiare il nostro sangue.sgorgante dalla carne dov'erano i capezzoli.
La platea urlava e si entusiasmavavedendoci presi da quela attivittà.
Intanto il tizio su palco aveva fatto arrovventare su un fuoco la ciotola con i nostri resti.
Dopo averli fatti abbrustoliri li mosrtò alla platea.
E poi dopo averci costretti ad aprire la bocca a me e la donna ci costrinse ad ingoiare quei pezzi della nostra carne cotti.
Io e le lei mangiammo quello che ci veniva offerto; non sapevo se stavo masticando i miei capezzoli, il mio prepuzio, le sue labbra vaginali.
Masticavo della carne che poteva essere la mia o quella della donna.
Mentre consumavamo quel pasto osceno il pubblico si entusiasmava masturbandosi o copulando.
Io ero contenta i provocare tanto piacere a quegli astanti che avevano pagato per la mia prestazione.
E speravo che qualcuno mi avrebbe utilizitta per il suo piacere.
Io e la onna venimmo portati sul retro del proscenio messe in ginocchio ci dissero di aspettare.
Ile nostre ferite sanguinavano e noi leccammo reciprocamete il nostro sangue.
Poi arrivvò uno dei padronicon una coppia che mi portò in una stanza ell casa.
Era una stanza attrezzata per fornire a ogni sadico ciò chè gli ocoreva per tormentare noi schiave masochiste.
Venni gettatta in un angolo, mentre vidi che loro stavano arroventando dei ferri sulla fiamma.
Poi mi appogiarono i ferri roventi sulla carne viva la dove erano i miei capezzolli.
Urlai come una bestia per il dolore.
Mi contorsi selvaggiamente mentre sentivo le parole di gioia per il mio dolore dei miei seviziatori.
Furono accorti a cauterezzarmi le ferite ai capezzoli, ma io ero sfinita non ne potevo più.
Chiesi pietà.
Ma loro ddissero che avevano pagato bene per seviziarmi e che non avrebbero rinunciato al loro investimento.
Nel mio intontimento compresi la mia condizione di troia masochista a pagamento ed il mio dovere di sodisfare i clienti.
Ma per il dolore persi i sensi e mi trovai nel buio.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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