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Whisky & Coca


di Membro VIP di Annunci69.it Efabilandia
25.04.2025    |    235    |    0 6.0
"” Silenzio dall’altra parte, poi un semplice: “Ok, obbedisco..."
RIEDIZIONE DI UN RACCONTO DEL 2007 GENERE VERY HARD
Il crepuscolo avvolgeva la città con un velo di mistero, il cielo tinto di sfumature arancioni e viola che promettevano una serata fuori dall’ordinario. Sapevamo che sarebbe stata una notte particolare, ma mai avremmo immaginato fino a che punto ci avrebbe portato la nostra audacia. Tutto ebbe inizio con il primo, inaspettato drin drin della chat su Skype, un suono che spezzò il silenzio della nostra serata tranquilla.
Non ricordavamo di aver aggiunto questi nuovi contatti, né di averli mai visti su Skype. Laura, con la curiosità che la contraddistingueva, fece un rapido controllo del profilo A69. I suoi occhi azzurri brillarono di malizia mentre esclamava, la voce carica di eccitazione: “Sembrano interessanti… e obbedienti. Provochiamoli un po’, vediamo come reagiscono.” Laura, rossa di natura in ogni senso – dai capelli fiammanti alla passione che le ardeva dentro – non si tirava mai indietro di fronte a una sfida. Con un sorriso autoritario, cliccò sul pulsante dell’audio-conferenza.
Drin drin drin drin… La connessione si attivò, e Laura esordì con un tono secco e perentorio: “Ciao.” Una voce maschile, timida e incerta, rispose dall’altra parte: “Ciao ragazzi, come va? Piacere di conoscervi, siamo…” Ma Laura non gli diede il tempo di finire. Mi guardò con un sorriso complice, poi, con fare dominante, interruppe: “Poche parole. Vi aspettiamo al Motel Western alle 20:30 stasera. Venite preparati.” Silenzio dall’altra parte, poi un semplice: “Ok, obbedisco. Sappiamo come prepararci, ci saremo.”
Incredibile. Un solo “obbedisco”, senza obiezioni, senza domande. Forse avevano colto subito lo spirito della chiamata, o forse stavano solo giocando, ma la sfida era ormai lanciata, e l’aria si caricò di una tensione erotica che ci accompagnò per il resto della giornata.
Il pomeriggio trascorse in ufficio con il ritmo monotono di sempre, ma il pensiero della serata era un fuoco che bruciava dentro di noi. Chiamai Laura al cellulare per ricordarle l’appuntamento. “C’è una coppia che deve essere iniziata al nostro gioco,” le dissi, la voce calma ma carica di aspettativa. Lei, con quella sensualità che mi faceva impazzire, chiese: “Mi vuoi in rosso o in nero?” Sorrisi tra me e me, pensando a quanto fosse fantastica, e risposi con la solita tranquillità: “Entrambi.”
Alle 18:00, mentre spegnevo il PC, arrivò un messaggio dalla coppia sconosciuta: “Mi sto preparando… il nostro cellulare è 111.345678.” Risposi immediatamente, mettendo Laura in copia: “Bene, vedremo se vi sarete preparati a dovere.”
Tornato a casa, trovai Laura che si preparava per la serata. Indossava un vestitino da diavoletto nero con inserti di raso rosso che le accarezzavano le curve, un perizoma nero che lasciava poco all’immaginazione, e un paio di scarpe rosse con tacchi vertiginosi. Era uno spettacolo che mi fece pulsare il sangue nelle vene, un misto di eleganza e lussuria che solo lei sapeva incarnare. In dieci minuti mi preparai anch’io, mentre Laura sistemava la sua “borsa degli attrezzi” con la meticolosità che la contraddistingueva: ogni oggetto – vibratori, strap-on, candele, gel, manette, corde, fruste – posizionato con una precisione quasi rituale. Mi sorprendeva sempre la cura con cui eseguiva ogni operazione, la stessa che la portava a impiegare un tempo infinito per fare i bagagli.
Alle 20:20 arrivammo al Motel Western, un luogo discreto immerso nella penombra, con luci al neon che tremolavano all’ingresso. Prendemmo una camera con idromassaggio, l’atmosfera già carica di promesse: il letto king-size, il profumo di pulito, il ronzio dell’acqua che si scaldava nella vasca. Inviammo un SMS alla coppia: “Stanza 202. Venite preparati.”
Laura dispose i suoi strumenti sul tavolinetto con la precisione di una regina che prepara il suo trono: vibratori allineati, lo strap-on lucido, candele pronte a sciogliersi, il gel che brillava sotto la luce soffusa, manette e corde sistemate con cura, le fruste che sembravano vibrare di vita propria. L’atmosfera si fece densa, il profumo di cera e lubrificante che si mescolava all’aria, il silenzio rotto solo dal nostro respiro anticipatorio.
Due minuti dopo, un colpo alla porta ci fece sobbalzare. Aprii, e l’impatto fu immediato. Laura e io ci scambiammo uno sguardo di intesa, un sorriso complice che diceva tutto. Lei esordì, la voce carica di autorità: “Devo dire che vi siete preparati proprio bene.”
Lui – che scoprimmo chiamarsi Paolo, anche se per quella sera sarebbe stato “Carla” – era uno schiavo perfetto: un guinzaglio al collo, una catena che la sua compagna tirava con forza, una benda sugli occhi, tacchi alti, calze autoreggenti, un perizoma sexy che lasciava intravedere un’erezione crescente, e una vestaglia che gli cadeva come una minigonna provocante. Lei, Mary, era una visione di dominazione: un tubino di lattice nero che le aderiva al corpo come una seconda pelle, stivali neri che scintillavano, calze che urlavano sensualità, e una borsa che sembrava la gemella di quella di Laura.
Mary entrò trascinando Paolo, la voce ferma e autoritaria: “Ecco, vi ho portato la puttana della serata.” Poi, rivolta al suo schiavo, ordinò: “Saluta i tuoi padroni.” Un sonoro schiaffo accompagnò l’ordine, il suono che echeggiava nella stanza. Paolo fece un timido cenno con la testa, ma non ebbe il tempo di finire: Mary lo spinse con forza, facendolo inginocchiare a terra. Laura, senza perdere un istante, gli avvicinò il piede, la scarpa rossa che brillava sotto la luce. “Lecca,” ordinò, e Paolo, obbediente, aprì la bocca, accogliendo la punta della scarpa, la lingua che scivolava sul cuoio lucido, un gemito soffocato che gli sfuggiva. Laura, con un sorriso cinico, si godette la scena, poi si rivolse a Mary: “Grazie per averci portato la puttana. Io sono Laura, lui è Fabio. Come si chiama la nostra troia?”
Mary, con un ghigno, rispose: “La puttana si chiama Carla, ma puoi chiamarla Stronza o Puttana. Io sono Mary, la sua padrona.” Laura, senza esitazione, si chinò verso Carla: “Stronza, lecca bene e pulisci tutto.” Un sonoro schiaffo seguì il comando, lasciando un segno rosso sulla guancia di Carla, un’impronta di dominio che accese ulteriormente l’atmosfera.
Mi avvicinai a Mary, il desiderio che mi consumava, e senza esitare le infilai la lingua in bocca, un bacio profondo, passionale, che sapeva di vino e lussuria. Rivolto a Carla, ordinai: “Stronza, lecca bene, hai sentito la tua nuova padrona? Ora faccio vedere alla tua donna cosa significa un vero uomo.” Un calcio ben assestato sul culo di Carla, inginocchiata a leccare i piedi di Laura, accompagnò le mie parole, un gesto che fece gemere la puttana, il corpo che tremava di sottomissione.
Mary apprezzò i miei baci, le sue mani che scivolavano sul mio corpo, e mentre limonavamo con passione, anche lei colpì Carla, un calcio preciso sui testicoli che la fece sobbalzare: “Vedi come fa un vero uomo, stronza?” Laura, nel frattempo, si era tolta le scarpe, sedendosi sul bordo del letto, i piedi sudati che infilava nella bocca di Carla. Ogni volta che la puttana la sfiorava con i denti, un calcio diretto sui testicoli la faceva inclinare in avanti, la bocca che si apriva di più, un gemito di dolore che si mescolava al piacere di Laura.
Mary, senza perdere tempo, infilò le mani tra le mie cosce, tirando fuori il cazzo, un’asta di 18 cm già dura, il glande che brillava di precum. Iniziò a menarlo con maestria, poi si chinò, leccandolo con la lingua, un risucchio osceno che echeggiava nella stanza, il cazzo che si induriva ancora di più sotto il suo tocco. Tirò il guinzaglio di Carla con forza, avvicinandola: “Puttana, vieni qui. Devi salutare anche Fabio, non solo Laura.” Spinse la testa di Carla verso il mio cazzo, infilandolo in bocca, la mano che premeva sulla nuca, facendolo scendere fino in gola. “Lecca bene e non farlo uscire, mi raccomando,” ordinò Mary, la voce carica di autorità.
Carla, poverina, stava quasi soffocando, il respiro corto, il cazzo che le riempiva la gola, ma non aveva scelta. Dopo un minuto, cercò di tirarsi indietro per riprendere fiato, ma Laura, percependo il movimento, afferrò una paletta di cuoio dal tavolinetto e colpì con forza il culo di Carla, un colpo sonoro che la fece sobbalzare in avanti, ingoiando nuovamente il mio cazzo fino alle palle. Mary, godendosi la scena, fece cenno a Laura di continuare: altre quattro sculacciate in sequenza trasformarono il culo di Carla in un mosaico di segni rossi, la puttana che si sottometteva completamente, docile e tremante.
Laura, con un sorriso sadico, ordinò: “Ora vieni qua, puttana. Sdraiati a terra, mi serve uno sgabello.” Carla obbedì, sdraiandosi sul pavimento, e Laura, spostando il perizoma, si sedette sulla sua faccia, posizionando il buco del culo direttamente sulla bocca della stronza. Carla esitò, un attimo di soffocamento, ma non ebbe scelta: la lingua iniziò a lavorare, un gemito soffocato che sfuggiva mentre Laura gemeva di piacere. Mary, seguendo l’esempio, si sedette sul bordo del letto, posando i tacchi sul cazzo di Carla, i testicoli che si schiacciavano sotto il peso. Mi assumptions: guardò con occhi famelici: “Dai, vieni a leccarmi la fica, ho voglia.” Aprì le gambe, sollevando il bacino, i tacchi che affondavano ancora di più nella carne di Carla.
Non me lo feci ripetere due volte. Alzai il vestitino di lattice di Mary, rivelando una fica profumata, depilata, che gocciolava di desiderio. Infilai la lingua dentro, un sapore dolce e coinvolgente che mi inondava la bocca, ogni colpo un’esplosione di piacere, il nettare che colava mentre Mary gemeva, “Sì, così, leccami tutta.” Carla, soffocata dal culo di Laura e dolorante per i tacchi di Mary, iniziò a muoversi, un tentativo di alleviare il dolore. Mary, accortasi del movimento, si tolse una scarpa e sferrò un calcio preciso sulle palle della sua schiava: “Ti ho sempre detto che non ti devi muovere quando mi faccio leccare la fica, stronza!” Carla si contorse dal dolore, ma smise di muoversi per qualche secondo, il dominio di Mary che si imponeva con una forza brutale.
Ma Carla non resistette a lungo: il dolore la fece muovere di nuovo, e Laura, con un’espressione di pura dominazione, esclamò: “Non hai capito, mi sa che dobbiamo legarti.” Afferrò il collare dalle mani di Mary, che si stava godendo la mia leccata, e trascinò Carla sul letto. Le sfilò il perizoma, legandola in ginocchio ai piedi del letto: le mani ammanettate alla testiera, le gambe legate ai piedi del letto, il culo esposto, le calze autoreggenti che lo rendevano invitante, un’offerta di carne pronta per essere profanata. Laura prese una paletta di cuoio larga e iniziò a colpire il culo di Carla, colpi decisi che lasciavano segni rossi, ogni colpo un gemito di dolore che sfuggiva alla puttana. “Stai zitta, stronza, mi disturbi,” urlai, e per farla tacere mi posizionai sul letto, infilandole il cazzo in bocca, il glande che scivolava fino in gola, un risucchio osceno che soffocava ogni lamento.
Mary, irritata perché avevo smesso di leccarla, colpì Carla con un calcio tra le gambe, un colpo preciso sui testicoli: “Puttana, stai zitta! Ho voglia di cazzo e di scopare.” Si posizionò davanti a me, la fica aperta, e si prese il mio cazzo dentro con un affondo, urlando: “Ahh, sì, scopami, che vero uomo, scopami!” Laura, nel frattempo, smise di picchiare il culo rosso di Carla, legandole i testicoli con un elastico, tirandoli con forza mentre accendeva le candele, aspettando che la cera si sciogliesse.
Mary, dopo una scopata intensa e un primo orgasmo, si fece leccare la fica da Carla per pulirsi, poi tirò fuori uno strap-on dalla sua borsa, un cazzo di gomma grosso e lucido. Lo cosparse di gel, un ghigno sul viso: “È arrivato il momento di far vedere quanto sei una vera puttana.” Si posizionò dietro Carla, legata al letto, e con un colpo deciso le infilò lo strap-on nel culo, iniziando a pompare con vigore, ogni affondo un gemito di dolore e piacere che sfuggiva alla puttana. Laura, eccitata dalla scena, si unì: mentre Mary inculava Carla, fece colare la cera calda sulla schiena della stronza, le gocce che bruciavano la pelle, un urlo soffocato che sfuggiva. “Falla stare zitta, questa troia,” mi disse Laura, e io, senza esitare, infilai di nuovo il cazzo in bocca a Carla, soffocando ogni lamento, il corpo della puttana che tremava, un’erezione mostruosa che tradiva il suo piacere.
Laura, accortasi dell’erezione di Carla, indossò il suo strap-on blu, chiedendo a Mary di lasciarle il posto. Con forza, infilò il cazzo di gomma nel culo di Carla, pompando con violenza, tenendo i testicoli legati, il culo che si dilatava sotto i colpi. Mary, nel frattempo, mi raggiunse sul letto, mettendosi a pecorina: “Incunami anche tu,” mi ordinò, e io obbedii, infilandole il cazzo nel culo con dolcezza, ogni affondo un gemito di piacere, il corpo di Mary che si muoveva contro il mio, Carla costretta a guardare la scena, il culo pieno dello strap-on di Laura.
Laura, non ancora soddisfatta, si tolse lo strap-on, lasciandolo nel culo di Carla, e prese un altro dildo dal tavolinetto, infilandolo accanto al primo, sussurrando all’orecchio della puttana: “Ora ti sfondo.” Carla lanciò un urlo di dolore, che soffocai tornando a infilarle il cazzo in bocca, sporco del culo di Mary: “Leccalo, stronza.” Laura slegò Carla, esausta dalle inculate, ma le ordinò: “Non far cadere i dildi dal culo, puttana.” Carla, con i due giocattoli ancora dentro, si sdraiò sul letto a pancia in su, il cazzo in tiro. Laura iniziò a martoriarlo con i piedi, poi si sedette sopra di lei, il cazzo della puttana che le entrava nella fica, i dildi che spingevano ancora di più nel culo, un urlo lancinante che sfuggiva mentre Laura si muoveva, godendoselo tutto, insultandola: “Troia, riesci a scoparti una donna?” Dopo pochi movimenti, Laura esplose in un orgasmo, e Carla, esausta, sborrò dentro di lei, un gemito di liberazione che le sfuggiva.
Mary, vedendo la scena, tolse i dildi dal culo di Carla e ordinò a Laura: “Siediti sulla faccia della troia, leccala tutta e bevi tutto, stronza.” Laura obbedì, la fica che colava sborra sulla bocca di Carla, mentre Mary sollevava le gambe della sua schiava, chiamandomi: “Incultati la troia.” Senza esitare, le infilai il cazzo nel culo, pompando con forza, mentre Laura gemeva: “Sai, Fabio, mi scappa anche la pipì.” Le risposi, tra un affondo e l’altro: “Fai la brava, dopo.” Mary, desiderosa di godere come Laura, mi montò sopra, scopandomi con foga, la fica che mi stringeva, fino a farmi esplodere dentro di lei, un’eruzione di sborra che la riempiva: “Sì, riempimi la fica, che bello!” Anche lei si posizionò sulla bocca di Carla, la sborra che colava dentro, la puttana che leccava tutto, il viso sporco di piacere.
Approfittai per farmi ripulire il cazzo da Carla, la lingua della puttana che lavorava con devozione. Mary, guardandola, esclamò: “Vedi quanto sei stronza, ti sei sporcata tutta di sborra, ora tocca ripulirti.” La trascinò a quattro zampe in bagno, Laura che, eccitata, le infilò un dildo nel culo mentre passava: “Ecco, così cammini meglio, hai anche la codina,” disse ridendo. Nel bagno, Mary fece sdraiare Carla nella vasca, mettendosi a cavalcioni sul bordo e pisciandole in faccia: “Bevi tutto, stronza,” urlò Laura, che seguì l’esempio, scaricando la sua pipì sulla faccia di Carla, un getto caldo che la inzuppava. La scena mi fece salire di nuovo la pressione: ordinai a Carla di girarsi, inculandola con forza, sborrandole nel culo mentre Mary e Laura le masturbavano il cazzo e le palle, un orgasmo finale che scuoteva tutti.

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