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Monica: Il nuovo incarico


di Membro VIP di Annunci69.it Efabilandia
24.04.2025    |    315    |    0 8.7
"Il capo, sentendo l’orgasmo avvicinarsi, le disse, “Lunedì partirai per la Spagna per lavoro, i biglietti sono già pronti, ma prima ti riempio, troia..."
Dopo quella giornata di fuoco in ufficio, Monica si svegliò il mattino seguente con un desiderio che le bruciava ancora dentro, un fuoco che non si spegneva mai, il suo corpo che implorava di essere usato, scopato, riempito. Aveva 39 anni, alta 1,63, 56 kg, un fisico scolpito che attirava ogni sguardo: una terza di seno abbondante che sfidava la gravità, capezzoli sempre turgidi sotto il tessuto, fianchi stretti, un culo tondo che sembrava scolpito nel marmo, e gambe tornite che gridavano sensualità. I suoi capelli castani mossi le cadevano sulle spalle, gli occhi castani brillavano di una lussuria che ormai non nascondeva più, e il suo profumo di rosa era un richiamo irresistibile. La sera precedente, tornando a casa, aveva mentito al marito, ma mentre lui dormiva accanto a lei, Monica si era toccata sotto le lenzuola, ripensando ad Andrea, al capo, ai cazzi che l’avevano riempita, la fica che gocciolava al solo pensiero, un orgasmo silenzioso che l’aveva fatta tremare, il sapore del desiderio ancora sulla lingua.
Era un mercoledì, e Monica si preparò per un’altra giornata in ufficio a Napoli, ma quel giorno qualcosa di nuovo l’aspettava. Il capo l’aveva convocata per prima cosa, e quando entrò nel suo ufficio, l’uomo di 45 anni, robusto, con un sorriso che nascondeva intenzioni oscure, la accolse con un’occhiata famelica. “Monica, ho una proposta per te,” disse, la voce ferma, mentre i suoi occhi scivolavano sulla sua camicetta di seta rossa, leggermente trasparente, che lasciava intravedere il reggiseno di pizzo nero. “Voglio spostarti come responsabile vendite del settore food marketing, in particolare nel settore alberghiero. È un’area da esplorare e espandere, da affiancare alla ristorazione classica. Mi serve una donna con esperienza, che conosca l’azienda da anni, e tu sei perfetta.” Fece una pausa, un ghigno che gli increspava le labbra, “E poi, lo sai, ho un debole per la tua fica.” Monica arrossì, ma il complimento le fece pulsare la fica, il desiderio che si accendeva, l’idea di essere usata anche in questo nuovo ruolo che la eccitava, il profumo di rosa che si mescolava all’odore di cuoio dell’ufficio.
Monica accettò, il cuore che batteva forte, la fica già bagnata mentre pensava a come sfruttare il nuovo ruolo per soddisfare i suoi bisogni. Si era vestita per provocare: una gonna aderente nera che le arrivava a metà coscia, la camicetta rossa che gridava peccato, calze velate autoreggenti, tacchi alti che risuonavano sul pavimento con un ritmo seducente, e un trucco che era un’arma che accentuava i suoi occhi da gatta, rossetto rosso fuoco che prometteva lussuria.
Monica uscì dall’ufficio del capo con il cuore che le martellava nel petto, il desiderio che le bruciava dentro come un fuoco selvaggio, la fica che pulsava sotto la gonna aderente nera, già fradicia al solo pensiero di ciò che avrebbe fatto. Il nuovo ruolo di responsabile vendite nel settore alberghiero era un’opportunità, ma anche un pretesto per assecondare la sua natura di troia insaziabile, una porca che voleva essere usata, scopata, riempita fino a perdere il controllo. Tornò alla sua scrivania, ma il pensiero del capo, delle sue parole - “ho un debole per la tua fica” - la consumava, il profumo di rosa che emanava dalla sua pelle un richiamo irresistibile, un’arma che avrebbe usato per ottenere ciò che voleva.
Durante la pausa pranzo, mentre i colleghi erano fuori, Monica decise di agire. Sapeva che il capo era ancora nel suo ufficio, e il pensiero di ringraziarlo a modo suo la fece tremare di eccitazione. Si lisciò la gonna, sistemò la camicetta rossa di seta, il pizzo nero del reggiseno che traspariva appena, e si diresse verso l’ufficio, i tacchi che risuonavano sul pavimento con un ritmo che sembrava un preludio al peccato. Bussò piano, e la voce roca del capo rispose, “Entra.” Monica aprì la porta, chiuse a chiave dietro di sé, e lo guardò con occhi da gatta, il rossetto rosso fuoco che brillava come una promessa. “Volevo ringraziarti per il nuovo ruolo,” disse, la voce dolce ma carica di lussuria, mentre si avvicinava, il profumo di rosa che saturava l’aria, mescolandosi all’odore di cuoio e potere.
Il capo, con un sorriso che nascondeva intenzioni oscure, si alzò dalla sedia, il cazzo già duro sotto i pantaloni, visibile attraverso il tessuto. “E come pensi di ringraziarmi, Monica?” chiese, la voce un ringhio, mentre i suoi occhi scivolavano sul suo corpo, fermandosi sulla terza di seno abbondante, i capezzoli turgidi che premevano contro la seta, implorando di essere succhiati. Monica non rispose con parole: si inginocchiò davanti a lui, le mani che tremavano di desiderio mentre slacciava la cintura, abbassava la zip, e liberava il cazzo, duro e pulsante, un’asta di carne che odorava di maschio, di potere, di peccato. “Così,” sussurrò, la voce roca, mentre lo guardava dal basso, gli occhi castani che brillavano di lussuria, una porca pronta a servire.
Prese il cazzo in bocca con avidità, le labbra che si chiudevano intorno alla cappella, la lingua che danzava sul glande, assaporando il sapore salato, il calore che le riempiva la bocca. Succhiava con maestria, la testa che si muoveva avanti e indietro, il cazzo che le scivolava in gola, le guance che si incavavano, un risucchio osceno che riempiva l’ufficio. “Sei proprio una troia, Monica,” grugnì il capo, le mani che le afferravano i capelli castani mossi, spingendola più a fondo, il cazzo che le riempiva la gola, facendola quasi soffocare, ma lei godeva, la fica che gocciolava, il perizoma nero ormai fradicio, il desiderio di essere usata che la consumava. Monica si sentiva una porca, e lo adorava, il pensiero di essere trattata come tale che la faceva bagnare ancora di più, un’ondata di piacere che le faceva pulsare il clitoride.
Dopo qualche minuto, il capo la sollevò, “Voglio scoparti, troia,” disse, la voce carica di desiderio, e Monica, con un sorriso da porca, si alzò, si tolse la camicetta e la gonna, restando con il reggiseno di pizzo nero, il perizoma, le calze autoreggenti e i tacchi, un’immagine di pura lussuria. Si sdraiò sulla scrivania, le gambe aperte, il perizoma tirato di lato, la fica esposta, bagnata, pronta, un lago di nettare che implorava di essere profanato. Il capo non perse tempo: si posizionò tra le sue cosce, il cazzo duro che sfregava contro la sua apertura, e la penetrò con un affondo, la fica di Monica che lo accoglieva, calda e stretta, un pugno di velluto che lo stringeva. “Scopami, usami,” gemette Monica, la voce roca, mentre il capo iniziava a pompare, ogni colpo un’esplosione di piacere, il suono della carne che sbatteva contro la carne, i gemiti di Monica che riempivano l’ufficio, il profumo di rosa e sesso che saturava l’aria.
Monica sentì il primo orgasmo montare, il corpo che tremava, il capo che la scopava con furia, il cazzo che colpiva il punto giusto, e venne, un urlo soffocato che le sfuggì dalle labbra, la fica che si contraeva, uno squirt che schizzava sulla scrivania, il liquido che colava, un segno del suo piacere osceno. “Sì, troia, godi per me,” ringhiò il capo, rallentando i colpi, lasciandola riprendere, ma Monica voleva di più, voleva essere usata in ogni modo possibile. Cambiò posizione, si mise a pecorina poggiata alla scrivania, il culo tondo esposto, un altare pronto per essere profanato, “Scopami ancora, ti prego,” implorò, la voce carica di gratitudine e lussuria, il desiderio di sentirsi riempita che la consumava.
Il capo la penetrò di nuovo, questa volta con più forza, il cazzo che affondava nella fica, ogni colpo un tuono, il culo di Monica che sobbalzava, la pelle che arrossiva sotto gli schiaffi che lui le dava, “Prendi tutto, puttana,” grugniva, e Monica godeva, il secondo orgasmo che arrivava, il corpo che si inarcava, un altro squirt che schizzava, bagnando il pavimento, il piacere che la scuoteva, il pensiero di essere una porca che la mandava in estasi. Cambiarono posizione ancora, Monica si sedette sulla scrivania, le gambe avvolte intorno ai fianchi del capo, il cazzo che la penetrava in profondità, i loro corpi che si muovevano in un ritmo selvaggio, i seni di Monica che sobbalzavano, i capezzoli turgidi che sfregavano contro il petto di lui, il sudore che colava, un ruscello di lussuria che li univa.
Il capo, sentendo l’orgasmo avvicinarsi, le disse, “Lunedì partirai per la Spagna per lavoro, i biglietti sono già pronti, ma prima ti riempio, troia.” Monica, al solo pensiero di essere usata così, sentì il terzo orgasmo montare, il corpo che vibrava, e mentre il capo accelerava i colpi, il cazzo che pulsava dentro di lei, venne di nuovo, uno squirt potente che le fece tremare le gambe, il piacere che la travolgeva, un urlo che le moriva in gola, il profumo di sesso che saturava l’ufficio. Il capo, con un ultimo affondo, sborrò dentro di lei, la sborra calda che le riempiva la fica, un fiume che la inondava, il calore che la faceva sentire piena, usata, una porca sazia e grata. Monica gemette, “Grazie, grazie,” la voce roca, mentre sentiva la sborra colarle lungo le cosce, il corpo che tremava ancora, il desiderio finalmente appagato, il pensiero del viaggio in Spagna che la eccitava, un’altra occasione per soddisfare la sua natura di troia insaziabile.


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