incesto
Jenny: Un gioco di potere e desiderio Part. 2


30.04.2025 |
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"Elvira, osservandola, decise che era tempo di completare la trasformazione..."
L’aria del bagno era densa, il vapore che si mescolava al profumo di lavanda di Elvira e al sentore muschiato dei suoi perizomi sporchi, che Jenny sua sorella indossava ogni giorno come un sigillo. Generoso suo fratello non esisteva più; c’era solo Jenny, il corpo gracile che si piegava al volere della sorella, la mente che si arrendeva al desiderio confuso di essere sua, di essere lei. Ma Elvira, con il suo sguardo penetrante e il sorriso che era un misto di crudeltà e adorazione, aveva deciso che Jenny meritava di più. Non poteva restare una creatura nascosta nei jeans attillati e nelle umiliazioni domestiche; doveva brillare, diventare una donna che il mondo avrebbe desiderato.Un sabato mattina, Elvira irruppe nella stanza di Jenny, il suo profumo che precedeva i suoi passi come un’onda. «Basta con questi stracci da frocio», disse, indicando i jeans e la maglietta ammucchiati sul letto. «Oggi ti porto in un posto vero.» Jenny, ancora in perizoma nero intriso degli umori di Elvira, alzò lo sguardo, il cuore che batteva forte. Non era una proposta; era un ordine. Si vestì in fretta, infilando una gonna corta e una canottiera che Elvira approvò con un cenno. Uscirono di casa, il sole di marzo che scaldava le strade, il suono dei tacchi di Elvira che echeggiava come un metronomo.
La boutique di lusso era un tempio di seta e pelle, l’aria che profumava di denaro e ambizione. Gli specchi riflettevano il bagliore dei lampadari, i commessi che si muovevano con discrezione, i loro sguardi che scivolavano su Jenny con curiosità. Elvira, padrona della situazione, prese il comando. «Niente più roba da due soldi», disse, sfiorando una gonna di seta nera con uno spacco vertiginoso. Scelse una camicetta trasparente, il tessuto che aderiva come una seconda pelle, lingerie di pizzo nero che stringeva i fianchi di Jenny, e tacchi a spillo che la costringevano a camminare con un’andatura incerta. Nei camerini, lontane da occhi indiscreti, Elvira si avvicinò, le sue mani che accarezzavano i fianchi di Jenny attraverso la seta. «Sei bellissima», mormorò, il tono che era un misto di orgoglio e desiderio. «Ma devi imparare a sentirti donna, non solo a sembrarlo.»
Jenny si guardava allo specchio, il corpo aggraziato che prendeva forma sotto quegli abiti. Non era più il fratello esile che si nascondeva sotto i jeans; era una creatura nuova, androgina, potente. «Ho sempre sognato di essere desiderata», confessò, la voce tremante. Elvira sorrise, i suoi occhi che brillavano. «E io voglio vederti brillare», rispose, sfiorandole il viso. «Non sei solo mia, Jenny. Sei qualcosa di più.» Quel momento, tra le tende di velluto del camerino, fu un patto silenzioso. Non erano solo sorella e fratello; erano complici, due anime che si plasmavano a vicenda.
Tornate a casa, stabilirono un nuovo rituale serale, un’evoluzione del loro gioco. Ogni sera, dopo cena, Jenny si inginocchiava davanti a Elvira, il bagno che diventava il loro santuario. La lingua di Jenny scivolava tra le pieghe bagnate della sorella, il sapore muschiato che la inebriava, il clitoride che pulsava sotto ogni colpo. Elvira gemeva, le cosce robuste che si stringevano attorno al viso di Jenny, il suo squirt che esplodeva con un urlo, schizzi caldi che bagnavano il viso della sorella, colando sul mento come un battesimo. Poi, come ricompensa, Elvira si chinava, le labbra che avvolgevano il cazzo di Jenny, piccolo ma duro, succhiandolo con una passione che era quasi amore. Ogni risucchio era un atto di devozione, ogni gemito di Jenny un’offerta. Il perizoma sporco che Jenny indossava il giorno dopo, intriso di sperma e umori, era un trofeo, un ricordo del loro legame.
Ma Elvira non si accontentava. Jenny doveva essere trasformata non solo nell’aspetto, ma nel profondo, nel corpo e nell’anima. Una sera, dopo il loro rituale, Elvira tirò fuori una scatola nera, il suo sorriso che nascondeva un’intenzione precisa. Dentro c’era una gabbietta di metallo, fredda e lucida. «Da oggi, il tuo cazzo è mio», disse, inginocchiandosi davanti a Jenny. Le sue mani esperte fissarono la gabbietta attorno al membro di Jenny, il metallo che stringeva, impedendo ogni erezione. «La terrai tutto il giorno, fino a sera. È per il tuo bene.» Jenny, confusa, annuì, il desiderio di compiacere Elvira che superava ogni incertezza. Il metallo era scomodo, un promemoria costante della sua sottomissione, ma ogni sera, quando Elvira la liberava, il piacere era amplificato, il suo cazzo che esplodeva sotto la lingua della sorella.
Poi arrivò il dildo. Elvira lo mostrò a Jenny una settimana dopo, un oggetto di silicone nero, lungo e spesso 3 cm, lucido sotto la luce del bagno. «Voglio che tu sia completa», disse, il tono che non ammetteva repliche. Jenny, nuda tranne per il perizoma sporco, tremava, ma nei suoi occhi c’era un desiderio oscuro, una curiosità che aveva represso per anni. «Lo voglio», sussurrò, la voce incerta. Elvira lubrificò il dildo, le sue mani che scivolavano sul silicone, e ordinò a Jenny di piegarsi sul bordo della vasca. La prima penetrazione fu lenta, il silicone che premeva contro l’ano di Jenny, il corpo che si irrigidiva. «Rilassati», mormorò Elvira, ma il dolore arrivò lo stesso, acuto, bruciante, come se il suo corpo si stesse spezzando. Jenny strinse i denti, le lacrime che le rigavano il viso, il dildo che avanzava centimetro dopo centimetro. Non riusciva a venire, il dolore che sovrastava ogni sensazione, il suo cazzo intrappolato nella gabbietta che pulsava invano. Elvira, implacabile, continuò, il ritmo lento ma inesorabile, fino a che il dildo fu completamente dentro. «Brava, puttana», disse, accarezzandole i capelli. Jenny, esausta, crollò sul pavimento, il culo che bruciava, il corpo che tremava.
Per tutta la settimana, il rituale si ripeté. Ogni sera, il dildo da 3 cm tornava, il dolore che si intensificava, i muscoli di Jenny che protestavano. Il suo culo era sempre più dolorante, ogni movimento un promemoria della penetrazione. Elvira non si fermava, il suo sguardo che era un misto di sadismo e adorazione. «Devi imparare a prenderlo», diceva, lubrificando il dildo con cura. Jenny resisteva, il desiderio di compiacere la sorella che la spingeva oltre il limite, ma ogni sera era una battaglia. La settimana dopo, Elvira passò a un dildo più grande, 6 cm di diametro, un mostro che sembrava impossibile da accogliere. Jenny, piegata sul bordo della vasca, fissava il silicone con terrore. «Non ce la faccio», sussurrò, ma Elvira non ascoltò. «Ce la farai», disse, lubrificando abbondantemente il dildo. La prima penetrazione fu un’agonia, il silicone che spingeva contro i muscoli tesi, il dolore che esplodeva come un fuoco. Jenny urlò, le mani che afferravano il bordo della vasca, ma Elvira non si fermò. «Respira», ordinò, spingendo con forza.
Il dildo non entrava, i muscoli di Jenny che resistevano. Elvira, frustrata, cambiò strategia. Fissò il dildo al muro del bagno con una ventosa, il silicone che sporgeva come una sfida. «Appoggiati», disse, guidando Jenny verso la punta lubrificata. Jenny, tremante, si posizionò, il dildo che premeva contro il suo ano. Elvira si mise davanti a lei, le cosce spalancate, la fica bagnata a pochi centimetri dal viso di Jenny. «Leccami», ordinò, le mani sulle spalle della sorella. Jenny obbedì, la lingua che scivolava tra le pieghe di Elvira, il sapore muschiato che la ancorava alla realtà. Mentre leccava, Elvira spinse con forza, premendo le spalle di Jenny contro il dildo. Il silicone entrò di colpo, i muscoli del culo che cedevano con un dolore atroce, un’esplosione che le tolse il fiato. Jenny urlò nella fica di Elvira, le lacrime che si mescolavano agli umori della sorella. «Mi ringrazierai», sibilò Elvira, tenendola ferma, il dildo che la riempiva completamente. Continuò a farsi leccare, i gemiti che si mescolavano al suono bagnato della lingua di Jenny, il suo squirt che esplodeva sul viso della sorella, schizzi caldi che colavano sul pavimento.
Da quella sera, il rituale cambiò. Jenny imparò a prendere il dildo da 6 cm, il dolore che si trasformava in piacere, il suo corpo che si adattava al silicone. Ogni sera, Elvira la inculava con maestria, il dildo che scivolava dentro e fuori, i gemiti di Jenny che riempivano il bagno. Veniva come una puttana, il cazzo che pulsava nella gabbietta, lo sperma che colava nel perizoma sporco. Elvira, soddisfatta, la baciava, leccando il suo viso bagnato di squirt, il loro legame che si rafforzava in ogni penetrazione.
Due mesi dopo, Elvira decise che Jenny era pronta per il mondo. La portò in un club privé, una villa neoclassica avvolta da velluto rosso e candelabri, l’aria che odorava di rose e incenso. La musica classica si mescolava ai gemiti lontani, un sottofondo che vibrava nelle ossa. Gli ospiti, eleganti e misteriosi, indossavano maschere di pizzo e abiti di seta, i loro sguardi che si posavano su Jenny come falene attratte dalla luce. Indossava una gonna di seta con uno spacco che rivelava le cosce depilate, una camicetta trasparente che lasciava intravedere il pizzo nero della lingerie, tacchi che ticchettavano sul marmo. Il trucco era perfetto: eyeliner che allungava gli occhi, rossetto rosso fuoco, una parrucca nera a caschetto che la rendeva simile a una diva. Elvira, vestita con una gonna di pelle e un corsetto, la guidava tra la folla, orgogliosa. «Seduci», ordinò, il tono che era un comando.
Jenny si mosse tra gli ospiti, il cuore che martellava, il perizoma sporco che le sfregava il cazzo intrappolato nella gabbietta. Si inginocchiò davanti a un uomo mascherato, le labbra che si chiudevano attorno al suo cazzo, succhiando con grazia, il rossetto che lasciava tracce rosse. Ogni gesto era un’esibizione, ogni sguardo di Elvira un’approvazione. Passò da un cazzo all’altro, la lingua che scivolava su pelli sconosciute, il sapore salato che le esplodeva in gola. Le donne la cercavano, offrendole fiche bagnate che lei leccava con devozione, il sapore dolce e muschiato che si mescolava al profumo di rosa del suo corpo. Jenny si sentiva viva, il perizoma che si bagnava di pre-sperma, l’eccitazione che la consumava.
Elvira, osservandola, decise che era tempo di completare la trasformazione. Organizzò un incontro nel club, una stanza privata con tende di velluto e un letto enorme. Un uomo di 30 anni, alto e muscoloso, entrò, il suo cazzo già duro sotto i pantaloni. Jenny, nuda tranne per il perizoma sporco, tremava, il corpo che oscillava tra paura e desiderio. Elvira la guidò, accarezzandole i capelli. «Prendilo», disse, lubrificando il culo di Jenny. L’uomo la penetrò, il cazzo grosso che le apriva il culo per la prima volta, il dolore che esplodeva come un fulmine. Jenny urlò, le lacrime che le rigavano il viso, ma il piacere arrivò subito dopo, il cazzo che scivolava dentro e fuori, riempiendola come il dildo non aveva mai fatto. Elvira, accanto a lei, si masturbava, il suo squirt che esplodeva sul viso di Jenny mentre la incoraggiava: «Prendilo tutto, sei la mia puttana.» Jenny, tra lacrime e gemiti, si sentì finalmente completa, il suo cazzo che pulsava nella gabbietta, il perizoma che si bagnava di sperma.
Dopo, Elvira la baciò, leccando il suo cazzettino liberato dalla gabbietta, un gesto di amore crudo e possessivo. Jenny esplose nella sua bocca, il piacere che era un’onda, il sapore di sperma che sigillava il loro patto. Da quella notte, Jenny divenne la star delle serate di Elvira. Serviva amici altolocati in ville lussuose, succhiando cazzi con eleganza, leccando fiche con devozione, facendosi scopare con una grazia che incantava. Elvira la osservava, poi si univa, baciandola e leccandola, assaporando sborra e squirt come un rituale. Una sera, condivisero Luca, un ragazzo di 25 anni con un cazzo perfetto. Le scopò entrambe, passando da una all’altra, il suo ritmo che le univa in un piacere condiviso. Jenny, il perizoma intriso di sperma, si sentiva potente, desiderata, la creatura perfetta di Elvira.
Ma il loro legame non era solo sesso. Una notte, dopo una serata intensa in una villa sul mare, Elvira e Jenny si ritrovarono sole. La luna illuminava la stanza, il suono delle onde che si mescolava al loro respiro. «Ti amo», disse Elvira, gli occhi lucidi, la voce che tremava. «Non solo come sorella, ma come qualcosa di più.» Jenny, stringendo il perizoma sporco tra le mani, annuì, le lacrime che le rigavano il viso. «Anche io», sussurrò. «Siamo sorelle per scelta.» Si baciarono, un bacio lento e profondo, i corpi che si intrecciavano sul letto, il profumo di lavanda di Elvira che avvolgeva Jenny. Le loro mani esploravano, le lingue che si intrecciavano, il sapore di squirt e sperma che era un patto eterno.
Non erano più fratello e sorella; erano Elvira e Jenny, due donne unite da un desiderio che trascendeva ogni regola. Ogni mattina, Jenny indossava il perizoma sporco di Elvira, ogni sera si inginocchiava per leccarla, ogni notte si lasciava scopare, il dildo o un cazzo vero che la riempiva. Ma ora c’era amore, un amore crudo, possessivo, che le legava oltre il dolore e il piacere. Elvira non umiliava più Jenny; la guidava, la proteggeva, la venerava. E Jenny, con il suo corpo aggraziato e il cuore in fiamme, era finalmente libera, la puttana perfetta, la sorella perfetta, la donna che aveva sempre sognato di essere
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