tradimenti
Dott.ssa Angela: Un Prezzo da Pagare Part.1


26.04.2025 |
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"Era in trappola, ma una parte di lei, quella che viveva per il desiderio, era curiosa, eccitata..."
La storia con Camilla si intrecciò per altri due mesi, un fuoco che non si spegneva, ma cresceva, divorante. I loro incontri, sempre più intensi, si consumavano ovunque: nel monolocale di Camilla, tra lenzuola impregnate di lavanda e incenso, o in ospedale, durante i turni di notte, quando i corridoi silenziosi si trasformavano in alcove segrete. Negli sgabuzzini sterili, tra il ronzio dei monitor e l’odore di disinfettante, Angela e Camilla si abbandonavano: lingue che danzavano su clitoridi pulsanti, dita che esploravano fiche bagnate, gemiti soffocati contro pareti fredde. Angela, con il plug anale che Carlo le ordinava di indossare, viveva in un costante stato di eccitazione, il suo corpo un arco teso, la fica che gocciolava sotto il camice. Camilla, con la sua lingerie di pizzo e il profumo di mare, era diventata un’ossessione, un desiderio che Angela non poteva più ignorare, anche se ogni bacio era un tradimento, ogni orgasmo un passo verso l’abisso.Una mattina, il telefono di Angela squillò, interrompendo il suo caffè. Era il capo della vigilanza dell’ospedale, Antonio, la voce fredda e tagliente: «Dottoressa, devo parlarle. Subito.» Il cuore di Angela si fermò. Si incontrarono in un angolo isolato del parcheggio, lontano dagli occhi curiosi. Antonio, un uomo sulla cinquantina, robusto, con occhi che sembravano perforare l’anima, le mostrò il suo cellulare. Sullo schermo, i video delle telecamere di sorveglianza: Angela e Camilla in un’infermeria, le cosce di Angela spalancate, la testa di Camilla tra le sue gambe, il plug anale che brillava sotto la luce al neon, i loro gemiti che echeggiavano. Angela sentì un tonfo al cuore, il sangue che le gelava nelle vene. Se quei video fossero usciti, il codice etico dell’ospedale l’avrebbe distrutta: avrebbe perso il lavoro, la reputazione, tutto.
«Posso aiutarla, dottoressa», disse Antonio, un sorriso obliquo sulle labbra. «Posso rimuovere ogni traccia, ma… tutto ha un prezzo. Ne parleremo.» La sua voce era un coltello, e Angela, incapace di rispondere, annuì, il profumo di gelsomino che si mescolava all’odore di asfalto umido.
Tornata in ospedale, Angela chiamò Camilla, la voce tremante: «Antonio sa tutto. Ha i video. Siamo nei guai.» Camilla, con un tono calmo che la spiazzò, rispose: «Lo so, mi ha già contattata. È un bel pasticcio, Angela. Dobbiamo stare attente.» Il cuore di Angela batteva all’impazzata. Camilla sapeva? Perché non l’aveva avvisata? Un senso di tradimento si mescolò alla paura, ma non c’era tempo per le domande. Doveva affrontare la tempesta.
Quella sera, Angela tornò a casa, il corpo teso, la mente in subbuglio. Il monolocale che condivideva con Carlo, con le sue pareti bianche e il profumo di legno, sembrava soffocarla. Si sedette sul divano, i tacchi che ticchettavano nervosamente, e confessò tutto a Carlo: Camilla, i loro incontri, i video, Antonio. Le parole le uscivano come un fiume, il gelsomino del suo profumo che si mescolava al sudore della paura. Carlo, seduto di fronte a lei, la ascoltò in silenzio, il viso impassibile. Quando finì, disse solo: «Sono problemi tuoi, Angela. Non mi devi coinvolgere.» La sua voce era ghiaccio, e Angela sentì un vuoto nel petto. Carlo, l’uomo che aveva condiviso con lei vent’anni di passione, la stava abbandonando. Il suo rifiuto era una lama, e il silenzio che seguì odorava di tradimento.
Il giorno dopo, un messaggio di Antonio illuminò il telefono di Angela: “Tutti i video sono stati rimossi. Ho le uniche copie. Rilassati, dottoressa.” Angela, con le dita che tremavano, rispose: “Quanto ti devo per questo favore?” La risposta arrivò come un fulmine: “Vieni stasera alle 21:00 a questo indirizzo. Minigonna, autoreggenti, niente mutandine.” Angela sentì il sangue salirle al viso. Provò a ribellarsi, scrivendo: “Cosa vuoi fare? Non sono una poco di buono!” Ma Antonio la zittì con un messaggio che era un ordine: “Tu sei una troia, Angela. Sii puntuale.”
Il messaggio la colpì come uno schiaffo, ma sotto la paura e l’umiliazione, un fremito traditore le attraversò il corpo. La sua fica, già bagnata dal plug che portava, pulsò, e il pensiero di ciò che Antonio poteva volere la fece tremare. Era in trappola, ma una parte di lei, quella che viveva per il desiderio, era curiosa, eccitata. Guardò il suo riflesso nello specchio: i capelli castani che cadevano sulle spalle, gli occhi verdi che brillavano di segreti, il corpo che era un’arma. Sospirò, il profumo di gelsomino che riempiva l’aria. Quella sera, alle 21:00, sarebbe andata. Non aveva scelta. O forse, in fondo, la scelta l’aveva già fatta.
Quella sera, Angela si preparò come Antonio aveva ordinato, il cuore che batteva forte, un misto di paura e desiderio che le scaldava la pelle. Si infilò una minigonna nera aderente, così corta da sfiorare appena le autoreggenti nere, il pizzo che accarezzava le cosce come un sussurro. Niente mutandine, come richiesto, ma il plug anale, un segreto che Carlo le imponeva, era ancora dentro di lei, pulsando a ogni passo, la fica già bagnata che tradiva la sua eccitazione. Sopra, una camicetta di seta rossa, sbottonata quel tanto da lasciare intravedere i seni sodi, i capezzoli duri che premevano contro il tessuto. Si guardò allo specchio, i capelli castani mossi che cadevano sulle spalle, gli occhi verdi che brillavano di un fuoco pericoloso, il profumo di gelsomino che era un’arma. Prima di uscire, raccontò tutto a Carlo, la voce incrinata: Antonio, il ricatto, l’appuntamento. Lui, seduto sul divano con un bicchiere di whisky, la fissò con occhi freddi. «Sei proprio una troia, Angela. Farai colpo», disse, la voce che era un coltello. Nessun conforto, solo disprezzo. Angela sentì un nodo in gola, ma il suo corpo, traditore, fremette a quelle parole. Uscì, il suono dei tacchi che echeggiava nel silenzio della casa.
Il Beach Club di Catanzaro era un’oasi di lusso sulla costa, un labirinto di villini immersi tra palme e il profumo salmastro del mare. Angela arrivò alle 21:00, il cuore che martellava. Il ragazzo alla reception, un giovane con un sorriso complice, non fece domande. «Villino 7», disse, indicando un vialetto di ciottoli. Angela si incamminò, i tacchi che traballavano sulla superficie irregolare, il plug che premeva dentro di lei, mandando scariche di piacere alla sua fica. Il villino, in stile thai, era una visione: legno scuro, lanterne che gettavano ombre morbide, il suono delle onde che si mescolava al fruscio delle palme. Angela bussò, il respiro corto, il gelsomino del suo profumo che si intrecciava all’aria salata.
Antonio aprì la porta, il corpo robusto fasciato da una camicia bianca aperta sul petto e pantaloncini di lino. I suoi occhi la squadrarono, un predatore che aveva già vinto. «Entra, troia», disse, la voce roca. Angela fece un passo, il pavimento di bambù fresco sotto i tacchi. Senza preavviso, Antonio infilò una mano sotto la minigonna, le dita che scivolavano tra le sue cosce, trovando la fica nuda e fradicia. «Sei proprio una troia, già bagnata», ringhiò, il suo alito che odorava di whisky. Angela arrossì, umiliata, ma il suo clitoride pulsò sotto quel tocco rude, il plug che amplificava ogni sensazione. «Inginocchiati», ordinò Antonio, slacciandosi i pantaloncini. Il suo cazzo, già duro, spuntò, spesso, venoso, il glande che brillava di precum. Angela, con un misto di vergogna e desiderio, si inginocchiò, il pavimento che le mordeva le ginocchia. Prese il cazzo in bocca, la lingua che accarezzava la cappella, il sapore salato che le inondava i sensi. Succhiò con maestria, la bocca che scivolava lungo l’asta, il suono bagnato dei risucchi che riempiva il villino, i gemiti di Antonio che erano un ritmo. Le afferrò i capelli, spingendo più a fondo, il cazzo che le riempiva la gola, facendola quasi soffocare. «Brava, troia, succhia come sai», grugnì, e Angela, persa, sentì la fica contrarsi, il plug che la teneva al confine del piacere.
Antonio la tirò su, le strappò la camicetta, i bottoni che cadevano con un ticchettio, i seni che si ergevano, i capezzoli duri come pietre. La spinse contro il tavolo di legno al centro del villino, la minigonna sollevata, le cosce spalancate. «Ora ti scopo, puttana», disse, e senza preavviso affondò il cazzo nella sua fica, un colpo violento che la fece urlare. La scopò con furia, ogni affondo che sbatteva contro il plug, amplificando il piacere, il suono bagnato della sua fica che si mescolava ai suoi gemiti. Angela si aggrappò al tavolo, le unghie che graffiavano il legno, il clitoride che pulsava a ogni colpo. «Cazzo, sei stretta, troia», ringhiò Antonio, e Angela, sopraffatta, sentì l’orgasmo montare. Il suo corpo si tese, la fica che si contraeva attorno al cazzo, e con un urlo esplose, lo squirt che schizzava sul pavimento, il profumo muschiato del suo piacere che saturava l’aria. Antonio non rallentò, continuando a pompare, il sudore che gli colava sul petto.
La girò, mettendola a pecorina, il culo in aria, il plug che brillava tra le natiche. «Ora il tuo culo, troia», disse, togliendo il plug con un pop bagnato, il buco che si apriva, già lubrificato dai suoi umori. Angela tremò, il desiderio che superava la paura. Antonio sputò sul suo ano, il calore del suo saliva che la fece fremere, e infilò il cazzo, lento all’inizio, poi sempre più profondo. Angela gridò, il dolore che si trasformava in piacere, il cazzo che le riempiva l’intestino, ogni affondo un’esplosione. Si toccò il clitoride, le dita che scivolavano nella sua fica ancora bagnata, e il secondo orgasmo la travolse, più intenso, lo squirt che bagnava le sue cosce, un urlo che era liberazione. «Cazzo, che culo, troia», gemette Antonio, pompando senza sosta, il suono dei loro corpi che sbattevano, l’odore di sesso che era un’ossessione.
La rigirò, sdraiandola sul tavolo, le gambe spalancate, la fica esposta, rossa e pulsante. «Ora ti riempio, puttana», ringhiò, e tornò a scoparla nella fica, il cazzo che affondava con violenza, i suoi seni che sobbalzavano a ogni colpo. Angela, esausta ma ancora affamata, lo avvolse con le gambe, i tacchi che graffiavano la sua schiena. Antonio grugnì, il ritmo che accelerava, e con un ruggito venne, fiotti caldi che le inondavano la fica, il seme che colava tra le sue cosce, il profumo salato che si mescolava al gelsomino. Angela, persa, sentì il calore del suo sperma, il corpo che tremava, il piacere che era un’onda senza fine.
Antonio si ritrasse, il cazzo ancora gocciolante, e le porse un tovagliolo con un ghigno. «Brava, troia. Questo è solo l’inizio», disse, porgendole una chiavetta USB. «Qui c’è il primo video. Gli altri? Li avrai, ma dovrai tornare. E obbedire.» Angela, ansimante, il corpo che odorava di sesso, sentì un brivido di paura misto a un desiderio traditore. Antonio prese il suo cellulare, mostrandole una serie di foto scattate durante la serata: il suo viso contratto dal piacere mentre succhiava, il suo culo aperto sotto i colpi, la sua fica che gocciolava di sperma. «Queste te le mando ora», disse, inviandole con un tocco. «Falle vedere a tuo marito. Digli quanto sei stata troia per me.» Angela, il cuore che martellava, si ricompose, la minigonna abbassata, il plug che aveva rimesso pulsando come un monito. Prese la chiavetta, la vergogna che le bruciava la pelle, e uscì dal villino, i tacchi che echeggiavano sui ciottoli, il sussurro del mare che sembrava deriderla. Tornando a casa, le foto sul cellulare erano un peso, un segreto che avrebbe dovuto rivelare a Carlo. Ma affrontarlo, con quelle immagini e il suo disprezzo, era un pensiero che la terrorizzava. Non ancora.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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