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la nostra attesa al Farm per le nuove sevizie


di maktero
24.12.2023    |    210    |    0 8.0
"Quell'improvviso benessere durò poco, il nostro stomaco e la nostra sete erano stati soddisfatti ma poi cominciarono ad arrivare i dolori; la giornata passata..."
Io ed Emilia rimanemmo là nello spiazzo a quattro zampe, sotto il sole estivo, aspettando che ci prendessero per seviziarci eravamo trepidanti ed impazienti, ci guardavamo negli occhi desiderose di subire chissà quali tormenti.
Il mio cazzo era duro ed Emilia grondava dalla sua fighetta.
Ma le ore passavano e nessuno si faceva avanti.
Eravamo perplesse per questa situazione e soprattutto cominciavamo a sfinirci man mano che passava il tempo.
Le nostre braccia e le le nostre ginocchia cominciavano a tremare per la fatica dovuta alla posizione; il sole che colpiva i nostri corpi nudi bruciava sulla nostra pelle, il sudore colava sui nostri corpi e si asciugava rapidamente sotto il caldo sole estivo .
Le nostre membra tremavano sempre di più quasi incapaci di sorreggere il nostro peso; ci chiedemmo se quella era la sofferenza che ci era stata riservata per quel giorno.
Ma non vedemmo nessuno che veniva a godere del nostro martirio.
Era arrivato il tramonto e noi agonizzavamo, per la fatica e per le scottature del sole, per la sete e per la fame.
Le nostre membra distrutte ogni tanto cedevano e crollavamo al suolo; ci rialzavamo a fatica avendo avuto l'ordine di restare erette a quattro zampe e non volevamo trasgredire.
Ma ancora nessuno si faceva vivo; non capivamo ed eravamo oramai talmente intontite dalla fatica e dal sole che non riuscivamo più a fare delle supposizioni logiche.
Eravamo talmente esauste che se anche avrebbero cominciato a divertirsi con noi non saremmo state in grado di reggere il trattamento.
Le nostre braccia e le nostre gambe esauste tremavano spasmodicamente per la fatica, i nostri stomaci esigevano acqua e cibo.
Ma, lacrimando e sbavando quella poca saliva che si era rimasta, rimanemmo ferme nella posizione come ci era stato assegnato.
Ad un certo punto comparve qualcuno, eravamo talmente intontite che non capimmo se donna od uomo e ci chiese cosa ci facevamo lì.
Rintronate come eravamo ci mettemmo un poco a comprendere la domanda ed a rispondere, balbettando replicammo che ci era stato ordinato di rimanere lì in attesa di ordini.
La voce ci chiese da quanto siete lì, noi sempre con difficoltà rispondemmo dalla mattina presto.
La persona ci rispose che sarebbe andata a sentire di noi e si allontanò.
Noi rimanemmo là con le nostre membra sempre più deboli e tremolanti, i dolori che invadevano ogni muscolo, e soprattutto la sete e la fame che ci attanagliava.
Il sole tramontò, arrivò il primo buio della sera, ed ancora nessuno si fece più vivo; continuavamo a lacrimare per la sofferenza, e rancavamo per il dolore ma dai nostri stomaci vuoti usciva ben poco.
Poi finalmente sentimmo una voce nota, era la madre di Emilia che si espresse dicendoci "Ci siamo dimenticati di voi; doveva venire Mandy per il suo divertimento, ma poi ha disdetto, e non ci siamo ricordati che vi avevamo piazzati quì a sua disposizione.
Peccato abbiamo perso il compenso che Mandy aveva promesso, tuttavia possiamo trattenere la caparra, che aveva versato per voi.
Quindi qualcosa abbiamo recuperato".
Elisa si mostrava completamente indifferente alle nostre sofferenze, pensava solo all'aspetto economico; del resto se Mandy fosse arrivata avremmo comunque sofferto solo in altro modo.
Elisa sempre crudelmente continuò "Purtroppo abbiamo sprecato una giornata; voi siete rimaste quì inattive senza fare niente per il guadagno della Farm".
"C'è stato un errore amministrativo che non si verificherà più."
Noi, fisicamente sofferenti ci sentivamo umiliate dalle parole di Elisa, e la cosa ci piaceva; il mio cazzo ebbe un breve e debole sussultò ed gli occhi di Emilia si illuminarono.
Ma eravamo sfinite, distrutte da quella giornata e cominciammo ad elimosinare per dell'acqua e del cibo; Elisa ascoltò le nostre rimostranze senza scomporsi.
Ci venne il timore che non avrebbe accolto le nostre richieste; e ci avrebbe lasciate lì; poi invece disse "Va bene, non ve lo meritate visto che oggi non avete fatto niente, ma in fin dei conti dovete rimanere in forma, potrete ritornare nella vostra stanza ed avere dell'acqua e del cibo."
A quelle parole io ed Emilia ci rincuorammo.
Elisa ci fece strascicare verso la nostra stanza, eravamo talmente esauste che a malapena riuscivamo muoverci a quattro zampe, per lo più strisciavamo.
Giunte nella stanza ci precipitammo sul lurido materasso, che era l'unico oggetto comodo all'interno del locale.
Lì ci adagiammo potendo sciogliere le nostre membra distrutte, intorpidite; gememmo sonoramente per i dolori che ci davano gli arti ed i muscoli che si scioglievano dopo ore di immobilità.
Elisa che ci ci aveva seguite, ci sputò addosso e prese a calci i nostri corpi già doloranti, poi si allontanò dicendoci che ci avrebbe fatto portare qualcosa da bere e mangiare.
Urlando per il dolore dei calci colpivano la nostra carne massacrata, trovammo il fiato per ringraziare la padrona.
Poi apparve qualcuno con un vassoio pieno di bottiglie di acqua e di ciotole di cibo.
Ma ero talmente sfinita che al momento non compresi chi fosse.
Io ed Emilia ci gettammo come bestie sulle bottiglie d'acqua bevendo avidamente, riempiendo in nostri stomaci ristretti, poi ci avventammo sul contenuto delle ciotole.
Non sapevamo bene cosa fosse una specie di polenta con salsa di pomodoro sopra, affamate come eravamo mangiammo, ingoiando bestialmente il cibo.
Tutto quanto era sufficiente a soddisfare la nostra sete e la nostra fame ed io ed Emilia finalmente sazie ci abbattemmo esaurite sul materasso con gli occhi chiusi, in un istante di beatitudine.
Quell'improvviso benessere durò poco, il nostro stomaco e la nostra sete erano stati soddisfatti ma poi cominciarono ad arrivare i dolori; la giornata passata nella paralisi ed il sole che aveva bruciato la nostra pelle cominciarono a farci male.
Cominciammo a gemere ed agitarci per i dolori.
La tizia che ci aveva servite, recepì le nostre sofferenze, e disse che sarebbe andata a cercare qualcuno per alleviare le nostre sofferenze.
Rimanemmo un pò ad agitarci per i dolori, poi si aprì la porta della stanza ed apparve una donna in camice.
Si accorse delle nostre sofferenze e poi ci disse che ci avrebbe fatto una iniezione sedativa per toglierci i nostri dolori e per permetterci di riposare.
La tizia mi fece una iniezione in un braccio, poi mi accorsi che fece lo steso con Emilia.
Fù l'ultima immagine che vidi perchè all'improvviso i miei dolori sparirono e sprofondai in un oblio tetro.



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