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Un mio collega al "Farm"


di maktero
10.01.2024    |    155    |    7 8.0
"Mentre Emilia uscii, continuai a guardare quel corpo sanguinolento e preso da una foga di invidia ed eccitazione per quel corpo maciullato, mi eccitai..."
Ho appena finito di scoparmi Emilia e lei stesa accanto a me in un momento di rilassamento mi dice che oggi dovrebbe arrivare un nuovo schiavo con cui dovrei condividere la stanza, ovvero il materasso lercio e sempre più lurido da cui giaccio da molti giorni.
Le chiedo se sa dirmi qualcosa di più su questo soggetto, lei mi riferisce quello che è riuscita ad ascoltare clandestinamente mentre serviva i padroni.
Mi dice che ha sentito che si tratta di un maschio estremamente masochista su cui i padroni hanno molte speranze per organizzare degli spettacoli di sadismo estremo molto remunerativi.
Io mi sento gelosa; sono così presa da tale sentimento che quasi non mi accorgo quando Emilia mi infila un paio di dita nel culo.
E accorgendosi del mio stato emotivo mi dice non prendermela, e che io rimango sempre la "vedette" masochista del Farm, e mi sprofonda sempre di più le dita nel culo.
Apprezzo in egual modo sia la sua considerazione per il mio ruolo sia le sue dita nel culo, e la bacio mentre lei continua ad agitare le sue dita nel mio retto.
Dopo qualche minuto si apre la porta ed appare Elisa, che con uno sguardo meccanico dice a sua figlia Emila di lasciarmi perdere perchè c'è bisogno di lei.
Emilia si alza di colpo ed ed esce insieme a sua madre; io rimango lì parzialmente eccitata e piena di pensieri, sulla novità che mi era stata prospettata.
Rimasi li a manipolarmi lentamente e svogliatamente il cazzo pensando a questa nuova merda che si sarebbe unita a me.
Lasciai perdere il mio cazzo e sprofondai, un pò stanca, nel mio materasso e nei miei pensieri.
Passarono diverse ore in cui il sonno cominciò ad affacciarsi e finii per addormentarmi.
Venni svegliata all'improvviso quando un vociare violento mi fece sobbalzare facendomi uscire dai mie sogni.
La stanza era semibuia, nella penombra e nel mio semintontimento vidi delle figure agitarsi nella stanza, e poi senti qualcosa di pesante che veniva gettato accanto a me.
Venne accesa la luce e vidi che il peso che era stato gettato accanto a me era il corpo di un maschio.
Vidi Elisa ed Emilia; poi sentii la voce di Elisa che disse alla figlia di occuparsi del nuovo ospite; poi Elisa usci sbattendo la porta.
Io guardai il corpo buttato accanto a me e poi osservai Emilia con uno sguardo interrogativo.
Lei comprese la mia domanda e mi rispose; è lui il nuovo schiavo.
Poi aggiunse che era arrivato qualche ora fà e che appena arrivato era stato seviziato in un party per gli ospiti paganti del Farm.
Io, oramai completamente sveglia, osservai quel corpo che era stato gettato come un sacco della spazzatura accanto a me.
La sua carne era coperta di piaghe vecchie e nuove.
Ematomi, striature rossastre, violacee e nere si univano ad altre lesioni fresche, punteggiate di sangue.
Non c'era un solo centimetro del suo corpo che non fosse stato percosso.
Provavo un forte senso di gelosia, anzi quasi una rabbia invidiosa.
Emilia mi osservava in silenzio mentre io scrutavo il corpo del mio concorrente, e dal suo sguardo cpivo che comprendeva i mie sentimenti.
Sollevai la testa di quello stronzo, semincoscente, aveva gli occhi semichiusi e gemeva, balbettando qualche fase incomprensibile.
Comprendendo la mia curiosità finalmente Emilia si espresse dicendomi che lo stronzo era arrivato qualche ora fà e che lo avevano fatto partecipare ad un festino con molti sadici che gli avevano fatto di tutto.
Mi raccontò che lo avevano massacrato in ogni modo; era stato uno spettacolo eccezionale a cui i vari astanti aveva goduto moltissimo.
Io mi sentivo sempre più invidiosa, e guardai Emilia con uno sguardo di fuoco.
Lei comprese il mio sentimento e disse che andava a cercare qualcosa per medicare lo stronzo.
Mentre Emilia uscii, continuai a guardare quel corpo sanguinolento e preso da una foga di invidia ed eccitazione per quel corpo maciullato, mi eccitai.
Il io cazzo cominciò ad ingrossarsi e cercai il culo di quel pezzo di carne accanto a me.
Lo penetrai bruscamente, il mio atto violento gli provocò solamente un gemito più forte tra quelli che già emetteva.
Me lo pompai con tutta la violenza possibile, godendo più che del mio cazzo nel suo caldo culo dei suoi gemiti.
Emilia ritornò mentre me lo stavo facendo, e si inginocchiò acanto a noi senza dire niente, guardando pazientemente finchè non arrivai nel culo di quello stronzo.
Dopo essermi sfilata, Emilia, candidamente mi disse "Se hai finito provvederò a curare le ferite dello stronzo".
Mentre Emilia eseguiva le sua mansioni di infermiera, spalmando pomate e ponendo bende; mi venne una curiosità e chiesi ad Emilia come si chiamava lo stronzo che mi ero appena inculato.
Emilia rimase sconcertata dalla mia domanda dicendomi che effettivamente non lo sapeva, fino ad allora lo avevano chiamato in tutti i modi ma non con un nome.
Capimmo che non era possibile chiedere al tizio il suo nome, a cui Emilia aveva fatto una iniezione di calmnte per permettergli di riposarsi un pò.
Guardai quel pezzo di carne martoriato dicendo ad Emilia che in fondo quella roba non aveva bisogno di un nome.
Emila mi rispose dicendomi sei propri invidiosa io confermai.
Poi le disse che volevo soffrire anch'io, ne avevo proprio voglia; avevo visto lo strazio del mio concorrente e volevo subire anch'io, ero infoiata.
Emilia mi rispose che andava a chiedere ai padroni, lei non poteva decidere.
Lei uscii ed io rimasi solo con lo sconosciuto che ormai placato dal calmante stava riposando come un angioletto.
Dopo qualche minuto si aprì la porta ed entrarono Emilia ed una donna che non avevo visto prima.
La tizia che si manifestò come una padrona mi chiese" Emilia mi ha detto che hai voglia di soffrire".
Io infoiata risposi di si aspettandomi vogliosamente di tutto, non vedevo l'ora.
La padrona mi chiese hai provato lo sgabuzzino elettrico?
Io perplesso risposi di no; e lei decisamente mi ordinò di uscire.
Ci avviammo fino a raggiungere un piccolissimo sgabuzzino; anzi più che uno sgabuzzino era un nicchia nel muro.
La padrona mi spiegò che avrei dovuto passare lì tutta la notte.
Ero entusiasta!
Emilia su ordine della padrona mi mise dei morsetti metalli ai capezzoli, collegati a dei fili provenienti da un apparecchio posto sul muro dello sgabuzzino, dei bracciali serrati dietro alla schiena.
Poi venni fatta entrare in quel angusto spazio in cui potevo stare solamente in ginocchio e con la testa china tanto era basso il soffitto e pigiando le braccia tanto era poco lo spazio laterale.
Venne chiusa la porta ed io mi ritrovai in ginocchio in quello stretto spazio buio.
Dopo pochi istanti sentii arrivare la prima scarica elettrica ai capezzoli; urlai per il dolore ed il mio urlo si riverberava in quello strettissimo spazio in cui ero costretta.
Alla prima dolorosissima scarica elettrica ne continuarono altre, temporalmente casuali e di intensità diversa.
Ogni volta urlavo come una scrofa, il mio corpo si agitava e si scontrava con le strette pareti di quella nicchia, provocandomi graffi dolorosi.
Ero entusiasta, stavo soffrendo veramente bene e mi piaceva; ero sgomenta solo per il fatto che non mi avevano fatto provare prima un simile divertimento
Avevo il cazzo sempre arrapato, ero veramente felice .
Le scariche elettriche erano casuali alle volte passavano pochi minuti tra l'una e l'altra, almeno così mi pareva perchè ero diventata incosciente del tempo.
Altre volte erano così distanti nel tempo che riuscivo ad ad addormentarmi per essere risvegliata all'improvviso dal dolore elettrico ai capezzoli.
Ero entusiasta, stavo soffrendo in un modo mai provato finora e mi piaceva.
Passai un tempo indeterminabile in quelle condizioni; arrivai più volte.
Quando si riaprii la porta illuminando di luce e riempiendo di aria quel cunicolo non capivo più se volevo rimanere li dentro ancora o se volevo essere portata via per lo sfinimento.
Non capivo più nulla!












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