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Welcome to Camp Liberty parte 1


di maktero
08.12.2021    |    895    |    3 8.3
"Da noi ci sono padroni, padrone, schiavi e schiave che manifestano apertamente la loro natura in tutte le forme senza nessuna limitazione..."
CAP 1 L’ANNUNCIO

Sfogliando gli annunci sulla rete mi sono imbattuta in un annuncio per campi nudisti molto particolare; così recitava l’annuncio:

Welcome to Camp Liberty
Siamo i gestori di un campo per naturisti particolari.
Nella nostra area trovano spazio sia coloro che vogliono avere un rapporto di integrazione con il proprio corpo e la natura sia quelli che vogliono sviluppare una relazione molto specifica con la natura e gli altri ospiti del campo.
Accettiamo, anzi siamo entusiasti di accogliere, nel nostro campo persone di qualsiasi genere ed indole che vogliano esprimere i loro desideri più nascosti ed insoliti.

Leggendo questo annuncio la mia curiosità per questa offerta si fece molto forte e speranzosa che a questo Camp Liberty potesse esserci una occasione per quelle come me provai a mandare una e-mail molto esplicita all’indirizzo indicato nell’annuncio.
La e-mai recitava così:

Buongiorno mi chiamo Giulia, sono una travestita, masochista e pervertita, molto attratta dalle attività sessuali all’aperto.
Da quanto leggo dal vostro annuncio mi sembra di intuire che nel vostro campo ci sia spazio per persone come me.
Vi prego di confermare questa mia impressione.
Distinti saluti Giulia.

Dopo brevissimo tempo ebbi una risposta che mi entusiasmò straordinariamente.
La missiva diceva così:

Buongiorno Giulia; il nostro campo si prefigge proprio lo scopo di dare soddisfazione a persone come te.
Da noi potrai esplicitare tutti i tuoi desideri, masochistici e depravati, immersa nella natura, in mezzo a persone consapevoli e depravate come te.
Da noi ci sono padroni, padrone, schiavi e schiave che manifestano apertamente la loro natura in tutte le forme senza nessuna limitazione.
Tutto all’aperto di fronte a tutti.
Potrai trovare qui tutto ciò che desideri!
Ti aspettiamo.

Dopo aver letto un simile messaggio la mia eccitazione era al parossismo.
Seguiva al messaggio una lista di prezzi per il soggiorno a Camp liberty.
Ero troppo eccitata dalla risposta risposi subito alla e-mail preannunciando il mio arrivo al più presto possibile ed accettando qualunque tariffa.
Mi venne inviata una e-mail di risposta in cui mi si indicava la data ed il luogo in cui presentarmi.
Ero eccitatissima, il giorno previsto era vicinissimo, anzi imminente; preparai frettolosamente un piccolo bagaglio.

CAP. 2 IL VIAGGIO

Correvo in macchina con la testa piena di pensieri; questo Camp liberty sarebbe stato davvero all’altezza delle mie aspettative, o si trattava di una illusione.
Le ore scorrevano mentre guidavo impensierita verso quello che mi auguravo fosse il mio luogo di desiderato martirio.

Ingannavo il tempo immaginando, fantasticando su cosa potrebbe accadermi, come un bambino che sogna un giocattolo.

Dopo alcune ore arrivai finalmente all’ingresso di Camp Liberty, posteggiai di fronte ad un fabbricato piuttosto anonimo e squallido.
Una costruzione molto lunga ad un piano senza particolari attrattive architettoniche; il giudizio estetico in quel momento era in secondo piano; mi aspettavo ben altro da quel luogo.
Scesi dalla macchina tutta emozionata e mi avviai verso l’ingresso.
Superate le porte a vetro dell’ingresso dopo pochi metri mi trovai di fronte ad un bancone, la ricezione ovviamente, dove oltre il quale stava un giovane sui venticinque anni.
Per quello che si poteva vedere era nudo, con un stupendo torace tonico ed abbronzato,; non so sotto il bancone, ma supponevo che fosse nudo anche sotto.
Aveva degli splendidi capezzoli, e la mia testa pervertita già stava pensando a come omaggiare con la lingua quei meravigliosi capezzoli.
Stavo già eccitandomi.
Cercai di sopprimere questi pensieri e mi rivolsi a lui con voce un po' incerta dicendo che avevo una prenotazione.
Lui controllo sul computer ed accerto la mia prenotazione.
Sembrava di essere in un semplice albergo.
Mi chiese se avessi del bagaglio ed io indicai la mia borsa; lui annui.
Si mosse dalla sua postazione e mi chiese di seguirlo.
Uscendo dal banco ebbi la conferma per le mie supposizioni era completamente nudo.
Seguii un poco intontito il suo culo sodo ed abbronzato.
Ebbi un piccolo turbamento vedendo quello spettacolo; lui accortosi del mio estraniamento mi lanciò uno sguardo ammiccante, ma con voce decisa mi invitò a seguirlo.
A quel comando mi mossi automaticamente, quasi di scatto; lui apri una porta e mi disse di aspettare, al più presto sarebbe arrivato un dirigente.
Io sempre più stralunato entrai nella stanza, una piccola sala di attesa, con alcune seggioline.
Mi accomodai su una di esse con l’animo trepidante; certo l’inizio era stato molto promettente ed ero tutto un fervore per il seguito.
Aspettai alcuni minuti poi su un lato della saletta si aprì una porta.
Apparve un uomo che esaminando la mia domanda di ammissione mi chiese conferma di quanto io avevo dichiarato; io ovviamente mo sui cinquanta/cinquantacinque anni; capelli parzialmente bianchi perfettamente rasato e completamente nudo.
Il mio sguardo si fissò ovviamente sul suo uccello, discreto non troppo grande, totalmente depilato.
Quella vista mi turbò un poco, lasciandomi un po' intontito.
Il tipo mi invitò ad entrare ed io mi diressi verso la porta la porta che lui aveva lasciato alle sue spalle.
Notai che aveva le chiappe un po' flosce, non certo quelle sode del ragazzo di prima.
Si mise a sedere dietro ad una scrivania e mi invitò ad accomodarmi su una sedi di fronte a lui.
Mi disse che era il direttore del campo e che la mia accettazione sarebbe dipesa da lui.
Mi racconto che avrei dovuto rispondere a molte domande, sottopormi ad una visita psicologica ed a una visita medica.
L’esame psicologico era indispensabile per essere ammessi nel campo non erano accettati psicopatici sia come schiavi che come padroni.
La visita medica era necessaria per verificare che potessi sopportare le sevizie a cui sarei stata sottoposta.
Io acconsentì a tutto ero troppo eccitata dalla situazione per rifiutarmi.
Il direttore con la mia richiesta sotto mano, leggendo a chiara e forte voce quanto avevo scritto, chiese di confermare quanto avevo scritto; io ovviamente assentii, cominciando a strusciandomi sulla seggiola sempre più eccitata ed impaziente.
Accortosi della mia agitazione e trepidazione mi ordinò improvvisamente con voce dura e ferma di spogliarmi; io lo feci prontamente.
Ero veramente sconvolta dall’eccitazione, disposta a tutto; mi liberai rapidamente degli abiti.
Piacevolmente nuda con il cazzo oscenamente eretto mi esposi al direttore che mi squadrò da cima a fondo.
Poi mi ordinò di allontanare la seggiola dov’ero seduta prima e di inginocchiarmi.
Io eseguì prontamente e mi misi in ginocchio davanti alla scrivania.
Il direttore chiamo al telefono qualcuno.
La chiamata aveva un sapore straordinario per il mio palato, disse:
C’è una stronza travestita e masochista da esaminare, vieni per esaminare questa merda.
Quelle parole, che mi descrivevano, decise e crude mi fecero eccitare ancora di più.
Il direttore mi disse che tra poco sarebbe arrivato lo psicologo per esaminarmi.
Poi si disinteressò di me e si mise ad esaminare alcune carte presenti sulla sua scrivania.
Io rimasi li nuda, in silenziosa attesa, un poco inebetita, intontita e fremente per l’eccitazione, trepidante che quella situazione creava nella mia mente.
La mia eccitazione non diminuiva, il mio cazzo era duro, sarebbero bastati pochi mannegiamenti per arrivare.
Ma no non volevo osare! Avevo troppo timore per una eventuale reazione del direttore.
Comunque volevo rimanere eccitata, mi piaceva esserlo.
Ad un certo punto la porta si aprì, io mi voltai di scatto e vidi entrare entrò un uomo sulla sessantina; anch’egli completamente nudo.
Depilato, abbronzato, aveva un uccello di medie dimensioni, moscio.
Fatti pochi passi nello studio getto uno sguardo su di me e poi si rivolse al direttore dicendo:
E’ questa la stronza?
Il direttore ammise, poi prese una sedia e si mise accanto a me.
Mi disse che mi avrebbe fatto alcune domande per stabilire se fossi uno psicopatico o meno.
Cominciò a snocciolare le sue richieste a cui io rispondevo prontamente.
Dopo una ventina di minuti di interrogatorio lo psicologo concluse che aveva finito.
Rivolgendosi al direttore disse che ero accettabile.
Il direttore disse che restava solo la visita medica; o meglio no.
Alzandosi e uscendo dalla sua scrivania si avvicinò a me mostrando una discreta erezione.
Capì subito e mentre lui si avvicinava sempre di più arrivai altezza del suo cazzo e lo presi in bocca, cominciai a succhiarlo con molto piacere sentendo quell’asta carnosa in bocca.
Pompavo e andavo su e giù sentendo il cazzo che diventava sempre più duro; ancora un poco e mi sarebbe arrivato in bocca, non vedevo l’ora.
Intanto sentivo le mani dello psicologo che mi accarezzavano chiappe; ad un certo punto ho sentito le sue dita che mi entravano dentro e che si rigiravano nel buco del culo.
Alla fine di quei maneggiamenti sentì entrare qualcos’altro nel culo, l’uccello dello psicologo ovviamente.
Ero piena di sensazioni straordinarie, ma volevo dedicarmi, concentrarmi, completamente al cazzo del direttore che infatti dopo pochi sapienti colpi di lingua e poderose succhiate mi arrivò i bocca con uno schizzo poderoso.
Sentì il fiotto caldo di sperma riempimi la bocca, ingoiai tutto avidamente da quella troia che sono.
Mi sentivo contenta di aver soddisfatto il direttore.
Il quale oramai contento era ritornato alla sua scrivania.
Intanto lo psicologo continuava pomparmi nel culo, sentivo il suo cazzo sempre più duro dentro di me.
Non mancava molto e anche lui mi sarebbe arrivato dentro; cominciai a menare il mio cazzo, anch’esso molto prossimo all’orgasmo.
Ma quando il direttore vide quel movimento mi ordinò di fermarmi.
Io, a malincuore, ubbidì prontamente, comprendendo che i miei orgasmi sarebbero stati regolati da chi comandava.
Lo psicologo mi arrivo dentro sentì il culo riempirsi di sperma caldo ed il suo cazzo afflosciarsi e poi uscire.
Lo vidi sedersi su una seggiola lì vicino.
A quel punto il direttore in un moto di pietà mi disse che avrei potuto masturbarmi; appena sentito presi il cazzo oramai prossimo al parossismo in mano.
Oramai esausta dal piacer bastarono due colpi ed eruppi in uno schizzo straordinario che si diffuse in tutto lo studio.
Dopo un momento di calma il direttore chiamo al telefono una dottoressa per la visita medica.
Lo psicologo salutò e se ne andò via, il direttore mi disse di pulire con la lingua le chiazze del mio sperma.
Questo di se per se non era un problema, la difficoltà stava nel trovare tutti i posti dove era caduto, cominciai ad esaminare la stanza leccando la sborra ovunque la trovassi.
Mentre ero impiegato in questo lavoro di pulizia si aprì la porta

Apparve un uomo che si presentò come uno psicologo, che mi avrebbe fatto delle domande su di me.

Spiegò che voleva sapere, conoscere approfonditamente le mie pulsioni e se ero adatto per la vita in Camp Liberty.
Mi raccontò che in tale luogo si potevano manifestare tutte le proprie indoli sessuali, e che gli altri ospiti del campo le avrebbero rispettate, condivise e soddisfatte.
Pertanto io dovevo riportare in maniera dettagliata ciò che desideravo, ciò che volevo.
Inoltre doveva sondare la psiche per capire che non avessi delle turbe psiche che avrebbero potuto turbare gli altri ospiti del campo.
Mi invitò a parlare: io cominciai:
Dissi che ero maschio ma mi sentivo femmina; che ero masochista amante del dolore, che ero depravata attratta da ogni perversione.
Ammisi che sarei stata disponibile a subire qualsiasi umiliazione, qualsiasi dolore ad ingoiare qualsiasi cosa che poteva uscire da un uccello, da una figa, da un culo.
Che mi piaceva rimanere nuda all’aperto esposta a tutti a commettere ogni atto degradante perché ciò mi eccitava.
Mentre io mi esplicitavo lui mi faceva delle domande per dettagliare ulteriormente le mie degradazioni.
Nel frattempo lui annotava tutto.
Io manifestando miei desideri depravati mi stavo eccitando ed il mio cazzo si stava elevando.
Lo psicologo se ne rese conto e mi chiese, senza tanti preamboli se fossi arrapato.
Io ovviamente ammisi, e lui mi chiese se volevo masturbarmi.
Quella domanda mi fece convincere del tenore del campo, una totale apertura.
Rimasi per un attimo incerta, poi accettai.
Mi sbottonai i pantaloni e cominciai a masturbarmi di fronte allo psicologo, era veramente umiliante farlo di fronte ad un professionista sebbene nudo, ma mi piaceva farlo, veramente.
Lui guardò impassibile, anche con sguardo quasi severo per quanto stessi facendo, cosa che mi faceva eccitare ancora di più; all’orgasmo schizzai sulla scrivania.
Lui con tono severo disse che gli avevo imbrattato la scrivania e che dovevo ripulirla, ripulirla con la lingua; io esegui immediatamente.
Cercai accuratamente ogni angolo dove il mio seme era finito e l’ho raccolsi con la lingua assaporandone il sapore e mostrando al tizio tutto il mio daffare.
Lui disse che ero veramente una troia, espressione che mi inorgoglì.
Ad un certo punto lui disse che era abbastanza e mi ordinò di seguirlo, io mi ricomposi.
Raccolsi i miei abiti , e con la bocca piena del sapore di sperma lo seguì.

CAP. 3 LA VISITA MEDICA

Attraversammo un corridoio lui aprì una porta e mi disse di entrare; era un ambulatorio medico.
Si avvicinò ad una scrivania, pigiò un pulsante e poi si mise a parlare ad un microfono; con voce forte chiese della dottoressa Stefania, lo sentii ordinare di lasciare tutto quello che stesse facendo ed di venire in ambulatorio.
Capì che si trattava di un microfono collegato ad un altoparlante che diffondeva il suono nel campo.
Lui mi disse che tra qualche minuto sarebbe arrivata la dottoressa per esaminarmi.
Io intanto guardavo l’ambulatorio; notai che insieme alle solite attrezzature mediche erano presenti fruste, dildi, ed altri oggetti che non sapevo classificare.
Dopo alcuni minuti entrò una donna tutta trafelata ed ansimante; spiegò con tono tremante che era arrivata il più presto possibile.
Il tizio annuì, poi cominciò a dire che c’era da fare un esame completo su di me.
Le disse che mi proponevo come una frocia masochista e che era necessario testarmi completamente.
Lei scosse la testa, lui con tono duro disse che aveva da fare, che doveva andarsene e di fargli avere i risultati appena possibile.
Tuttavia non riusciva a perdonarle il ritardo con cui era arrivata.
Lei provò a scusarsi dicendo che era sotto ad una coppia che la stava torturando e che non poteva liberasi prima che quelli avessero finito.
Il tizio rispose che non gliene importava nulla e presa una frusta da una rastrelliera cominciò a picchiare duramente e furiosamente quella sventurata.
Lei urlava ad ogni colpo, agitandosi convulsamente pregando di essere perdonata; dopo alcuni colpi il tizio terminò sputò sulla dottoressa ed uscì lasciandomi solo con la dottoressa.
La prima impressione che ebbi di lei era di una donna sui trentacinque anni, era molto magra, completamente nuda, aveva delle cavigliere e polsiere con anello, ed una un collare di acciaio al collo con un anello sul davanti ed una targhetta nera che pendeva dall’anello.
Ma soprattutto notai la magrezza del suo corpo che, era coperto da ematomi di ogni tipo ed di ogni colore, alcuni dovevano essere vecchi altri più recenti.
Aveva anche chiazze di sporcizia, fango, sabbia od altro che le coprivano parte delle braccia delle gambe, del busto dei piedi.
Lei comprese il mio sguardo e mi disse che era una delle dottoresse del campo ma che era anche una schiava, una schiava estrema come era indicato dalla targhetta nera sul suo collare.
Mi disse che era lì da un mese periodo nel quale aveva subito di tutto come testimoniava la condizione del suo corpo; Me lo riferì con un tono di orgoglio.
Mi annunciò che se anch’io volevo e fossi riuscito a divenire una schiava estrema mi srei ridotta come lei.
Io fui un po' spaventato, perlomeno per un momento, poi guardando meglio la dottoressa provai un senso di ammirazione e desiderio per ritrovarmi con un corpo come quello, emanciato e massacrato.
Lei mi disse che avrei dovuto sottopormi ad alcuni esami medici e fisici per vedere se ero adatto per sopportare i tormenti che mi sarebbero stati inflitti al campo.
Tutto all’improvviso e sorprendentemente mi chiese se avevo del cibo.
Io rimasi perplesso; come potevo avere qualcosa da mangiare?
Lei comprese la mia perplessità e mi disse chiaro e tondo se avevo della merda nell’intestino da darle da mangiare.
Io ero sempre più perplesso; lei capì.
Mi spiego che gli schiavi neri (cioè quelli estremi , neri dal colore della medaglietta sul collare) non avevano diritto al cibo, per esso dipendevano dalla generosità dei padroni, talora degli schiavi gialli (quelli non estremi con la targhetta gialla al collare); ma che in generale la disponibilità di cibo era scarsa.
E che per gli schiavi neri la fame era una situazione ordinaria; pertanto erano costretti a nutrirsi regolarmente avanzi, quando andava bene, e più spesso di escrementi.
Anzi per gli schiavi neri era una consuetudine nutrirsi di escrementi.

Freneticamente mi disse che aveva fame, molta fame, e che se potevo provare a cagare qualcosa lei me ne sarebbe stata grata.
Dissi che potevo cagare qualcosa, lei rapidamente, anzi nervosamente prese un vassoio d’acciaio e lo pose per terra davanti a me e ponendosi in ginocchio mi implorò di cagare.
Io mi inchinai con il culo sul vassoio e cominciai a sforzarmi, dopo alcuni istanti cominciò ad uscire qualcosa; girandomi vidi la dottoressa che guardava quella merda che usciva dal mio culo come un ben di Dio.
Quando ebbi finito le dissi che non ne avevo più e mi alzai; lei si avvento su quei pochi stronzi che avevo prodotto, li agguantò freneticamente e cominciò a mangiarli.
Vidi che il suo volto emanciato e biancastro cominciò a riprendere colore mentre mangiava; una volta finito quel pasto disgustoso mi ringraziò.
Pensai che anch’io mi sarei ridotta come lei; anzi desideravo ridurmi come lei.
Mi disse che la merda non era molto nutriente, ma che non mangiava niente di meglio da due giorni; ora si sentiva meglio.
Rimase qualche momento per terra dicendomi che aveva bisogno di un momento di pausa per riprendersi; compresi che per lei si trattava di un momento straordinario di pace lontana dalle sevizie e dalla fame.
Accucciandomi accanto a lei le chiesi come si sentiva; mi rispose che stava meglio finalmente aveva mangiato qualcosa ed poteva rilassarsi un momento.
Tuttavia mi rammento che era una masochista estrema e che era contenta della sua condizione e del trattamento a cui era sottoposta.

Non cercava altro e si lamento solamente che aveva pagato solo per due mesi per il soggiorno; continuando a chiacchiera rwemi disse che sarebbe dovuta tornare alla sua vita, al suo lavoro.
Ma che se avesse potuto sarebbe andata oltre per sfinirsi fino allo stremo.
Era piuttosto bella ed un certo punto avvicinai la bocca per baciarla lei corrispose e unimmo le nostre lingue per un po'.
La sua bocca sapeva di merda, la mia merda! la assaporai in pieno riempiendomi la bocca della sua saliva mista ai residui della mia merda.
Io mi arrapai e lei cominciò ad eccitarsi; ma ad un certo punto, presa dal suo dovere, si distolse dicendo che dovevo sottopormi alla visita.
A quel freddo cambio di atteggiamento non mi restò che acconsentire.
Mi disse di stendermi sul lettino che mi stava indicando, io eseguì prontamente.
Per la situazione che si era sviluppata avevo il cazzo eretto, lei non sembrava scomporsi da quella vista, o perlomeno non lo faceva vedere, mi legò le caviglie ed i polsi al lettino.
Non era certo un normale lettino da visita medica.
Mi disse che avremmo cominciato con un elettrocardiogramma, mi applicò gli elettrodi nei vari punti del corpo collegati all’elettrocardiografo.
Intanto la mia erezione continuava, cosa che sembrava lasciarla apparentemente indifferente.
Avviò l’apparecchio elettrocardiografico che cominci a stampare l’elettrocardiogramma, lei osservandolo con scrupolo disse che era tutto a posto, ma che non era sufficiente.
Doveva esaminarmi sotto sforzo.
Cominciò a maneggiarmi il mio cazzo eretto, sapientemente mi masturbava continuando a guardare il listato elettrocardiografico che usciva dalla macchina.
Eccitata com’ero bastò poco per arrivare vicina all’orgasmo, lei rallentò un poco il movimento della mano per farmi durare un poco di più, ma ad un certo punto, senza distogliere lo sguardo dal grafico accellerò il movimento facendomi arrivare in una eruzione di sborra.
Un istante prima dell’orgasmo la dottoressa si chinò velocemente con la bocca sul mio cazzo per ingoiare quanta più sorra possibile.
Ingoiò quanto possibile, probabilmente per lei era il dessert per il pasto precedente.
Guardando il grafico mi disse che tutto andava bene ma che non bastava; se volevo diventare una schiava nera come lei dovevo mostrare una maggiore resistenza.
Mi confidò che gli schiavi neri erano sottoposti a prove estreme al limite della sicurezza fisica.
Certo, mi disse a Camp Liberty non c’erano pazzi che portavano gli schiavi a subire danni fisici gravissimi, tuttavia uno schiavo nero doveva essere in grado di sopportare prove durissime.
Come a confermare quest’ultima affermazione si avviò ad una alla rastrelliera dove prese la frusta che prima era stata usata su di lei.
Mi disse che avrebbe dovuto provocarmi molto dolore con quella frusta, che lo avrebbe fatto solo per dovere, per l’esame.
Ed infatti con l’indifferenza di un tecnico che prova un macchinari cominciò a frustarmi il mio povero corpo nudo.
I colpi arrivavano numerosi piacevolmente dolorosi, io mi contorcevo sotto le frustate mentre l’elettrocardiografo continuava a registrare.
Dopo alcuni minuti di quel gradevole trattamento la dottoressa era sempre più affannata i suoi colpi sempre meno duri, capì che la sua resistenza fisica stava venendo meno, ansimante piegandosi sulle ginocchia interruppe la fustigazione e con il fiato grosso si mise a guardare la registrazione elettrocardiografica; dopo un esame attento, tra un sospirone ed un altro, mi fece i complimenti dicendomi che ero veramente in forma.
Spense l’elettrocardiografo.
Io non feci a meno di ringraziarla per le frustate, le dissi che era stata molto brava, che mi aveva dato molto dolore e moltissimo piacere.
Il mio cazzo era rimasto eretto e lei guardandolo insistentemente mi disse che era contenta del ringraziamento, e mi chiese di fare lo stesso con lei appena sarebbe stato possibile; notai che si toccava, era eccitata e mi disse, con un tono dolcissimo che se volevo potevo frustarla alla fine della visita
La ammirai per la sua sottomissione, per il suo masochismo e glielo espressi.
Lei mi ringraziò per i miei apprezzamenti.
Poi mi disse che l’esame non era ancora finito; io ormai ero desideroso di subire nuovi tormenti tanto che il mio cazzo già svuotato stava nuovamente rialzandosi.
Lei si allontanò per prendere qualcosa da uno scaffale e poi ritorno verso di me poggiando un astuccio nero sul lettino, lo aprì e dentro vi erano delle bacchette di acciaio di varie dimensioni.
Da un altro scaffale lì vicino prese un flacone con un beccuccio mi infilò il beccuccio all’imboccatura dell’uretra e schizzo dentro un fiotto di liquido.
Poi prese una delle astine di acciaio e me la infilo nell’uretra; lo fece senza molta delicatezza insensibile ai miei lamenti per il doloroso fastidio di quell’oggetto d’acciaio che mi penetrava.
Sentì quel freddo oggetto penetrarmi il cazzo avanzando senza nessuna delicatezza.
Quando la dottoressa me lo ebbe infilato tutto dentro riaccese l’elettrocardiografo poi prese da uno scaffale un bastoncino e con quello cominciò a picchiarmi violentemente l’asta del cazzo.
Il dolore era incredibile mi sembrava che la carne del cazzo si spaccasse massacrata dai colpi che si riperquotevano sull’assicella d’acciaio.
Il trattamento andò avanti per alcuni minuti che a me sembrarono una straordinaria eternità, fino a che tutto quell’eccitante dolore non mi fece godere nuovamente; sborrai con difficoltà a causa dell’assicella d’acciaio nell’uretra, ma ebbi comunque una eiaculazione copiosa che sparse la sborra sull’astina d’acciaio.
La dottoressa prontamente mi prese il cazzo in bocca succhiando tutta la sborra che colava dal mio cazzo.
Aveva una bocca deliziosamente morbida e calda e sentì che con la lingua mi ripulii completamente l’uccello da ogni traccia di sperma.
Vistosamente eccitata spense l’elettrocardiografo poi vidi che si allontanò prese da uno scaffale dei morsetti che si mise ai capezzoli e poi si adagiò a terra cominciando a masturbarsi.
Doveva veramente divertirsi perché gemeva ed ululava senza freno mentre si toccava la sua figa.
La vidi schizzare abbondantemente sul pavimento dove si abbandonò esausta.
Dopo qualche minuto, vedendola assente, cominciai a richiamarla, lei cominciò a roteare gli occhi guardandosi attorno con uno sguardo perso, poi all’improvviso mi fissò negli occhi.
Si alzò in piedi di scatto e con voce umile cominciò a scusarsi per il momento di smarrimento (ovviamente era abituata a scusarsi per ogni sua libertà).
Le dissi che ero contenta che lei si fosse eccita e avesse goduto e che ero contenta.
Lei con una espressione molto


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