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Al "Slave Farm" ricordo della mia giovinezza depravata


di maktero
28.11.2023    |    565    |    4 8.0
"Entravamo nel cinema, mia sorella comprava due biglietti sotto gli sguardi compiacevoli dei gestori, alle volte nemmeno li comprava, perchè già da tempo io..."
Mentre vengo seviziata al "Slave Farm", nei momenti di pausa, tra una sofferenza ed una umiliazione e l'altra mi conforta delicatamente il pensiero delle prime esperienze depravate a cui mi costringeva mia sorella, quand'ero una ragazzina.
Quei ricordi ritornano con un piacere sottile come quelle tipiche di un periodo perduto che non ritornerà mai più.
Rimembro con dolcezza quando mia sorella mi portava ai cinema a luci rosse
Io ero vestita con una semplice maglietta che arrivava appena sotto i miei genitali; giusto per salvare le apparenze.
Entravamo nel cinema, mia sorella comprava due biglietti sotto gli sguardi compiacevoli dei gestori, alle volte nemmeno li comprava, perchè già da tempo io ero diventata la principale attrattiva del cinema.
Mia sorella non mi faceva nemmeno entrare in sala ma mi portava direttamente nei cessi.
Lì mi faceva entrare in uno di quei puzzolenti gabinetti mi spogliava di quella misera maglietta che mi copriva appena e mi portava via anche le ciabattine che calzavo.
Poi se ne andava lasciandomi lì nuda in quel luogo puzzolente.
Io mi sedevo sul water sporco consapevole che sarebbe passato poco prima che qualche maschio voglioso si sarebbe presentato.
Infatti bastavano pochi minuti perchè si manifestasse davanti a me un maschio che sbottonando i suoi pantaloni mi esponesse il suo membro che io cominciavo a succhiare cercando di darli il più piacere possibile.
Ingoiavo appieno la sborra che fuoriusciva da quel cazzo, mi piaceva.
Poi dopo il primo ne arriva un altro, con il suo cazzo duro da succhiare; chi si accontentava di arrivarmi in bocca, chi mi prendeva il culo penetrandomi più o meno violentamente.
Poi c'erano quelli che si divertivano a pisciarmi in bocca prima di essere soddisfatti con la mia bocca od il mio culo.
Era bello, mi sentivo una regina; il mio regno era quel cesso puzzolente, e i miei sudditi erano quella sequela di cazzi che arrivavano uno dopo l'altro e che si divertivano con me.
Poco prima dell'orario di chiusura del cinema mia sorella ritornava, mi porgeva la maglietta che indossavo sul mio corpo sporco di sborra e piscio, mi porgeva le ciabattine e mi portava via.
Ricordo che ero felice, contenta del pomeriggio passato a succhiare cazzi ed a essere inculata e pisciata.
Mentre mia sorella mi portava via mi masturbavo; l'avevo già fatto altre volte nel pomeriggio, arrivando diverse volte, ma toccarmi mentre mia sorella mi trascinava via mi sembrava più bello ed eccitante.
Passando attraverso l'ingresso del cinema i gestori avevano un aria contenta; evidentemente anche in quel pomeriggio avevano venduto più biglietti del solito.
Mi sentivo orgogliosa di essere una attrattiva del cinema.
Salutavo sempre i gestori mentre uscivamo dal cinema.
Mia sorella mi faceva salire in macchina e poi finalmente dimostrando un minimo di umanità mi chiedeva come stessi.
Io rispondevo sempre che ero felice.
Ed ero veramente felice, ricordando adesso quei momenti mi addolcisco e mi intenerisco, per la tenerezza di quei ricordi così dolci.

Questi pensieri mi sovvengono a sopportare le frustate che mi stanno infliggendo quei sadici padroni del "Slave Farm"; infatti mi hanno fatto mettere a quattro zampe, sia io che Serena e ci stanno massacrando di frustate.
Quando finalmente finiscono ci dicono di uscire dalla stalla dove stavamo.
Noi ubbidiamo e con il nostro corpo sofferente per le botte subite ci troviamo abbagliate dal sole di settembre.
I sadici ci seguono e ci indicano di prendere alcune zappe appoggiate al fianco dell'ingresso della stalla.
Con le zappe in mano i fanno dirigere verso il campo dove si trovano già diversi schiavi e schiave che con il loro corpo colorato di grigio lavorano come pazzi.
A frustate ci viene imposto di lavorare; ci diamo da fare con la zappa per lavorare il terreno.
Mentre mi dò da fare dolorante, guardo i corpi colorati di grigio dei miei compagni di schiavitù.
Guardo il mio corpo altrettanto colorato; guardo il mio cazzo dal colore insolito che si eregge eccitato per il dolore ed l'umiliazione provata finora e per la fatica dolorosa che sto provando nel mio nuovo compito di schiava lavoratrice.
Mi piaceva quella nuova condizione.


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