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La serata prosegue


di maktero
30.01.2023    |    391    |    0 6.0
"Ci fece sdraiare dietro alla macchina ci legò i piedi ai cavi acciaio agganciati al gancio di traino della macchina..."
Una volta uscito Marco, Giovanna ci chiese come era andata; rispondemmo parlando assieme che eravamo molto contenti, che Marco era molto autoritario, ma che ci dispiaceva di non poter approffitare del suo cazzo..
Sia io che Luisa ci stavamo masturbando mentre rispondevamo a Giovanna
Io ipotizzai che con il tempo Marco si sarebbe lasciato andare e si sarebbe avvicinato a noi.
Arrivai e anche Luisa godette.
Dopo diversi minuti Giovanna ci chiese se avevamo voglia di fare qualcosa, perchè lei aveva una idea.
Eravamo disponibili a tutto, ci disse di vestirci, perchè saremmo usciti.
Ci mettemmo un paio di jeans ed una magliettina stavamo per metterci le scarpe ma Giovanna ci bloccò e ci disse di rimanere scalze.
Anche lei si vestì senza mettersi le scarpe.
Scendemmo tutte scalze, come mi piaceva!
Entrammo nella macchina di Giovanna, che guidò in quella che era diventata oramai notte.
Ci portò in luogo isolato in campagna, fermò la macchina e scendemmo.
Ci disse di seguirla, ci avventurammo lungo un prato, io apprezzavo sentire sotto i miei piedi il terreno, scabro, i fili d'erba.
Arrivammo ad una linea ferroviaria; giovanna ci disse che era una linea ferroviaria abbandonata.
Ci disse di salire sulla massicciata coperta da ghiaia grossolana e di cominciare a camminare.
Noi ci avviammo e subito comincammo a provare un dolore tremendo a calpesttare la grossolana ghiaia ferroviaria.
Ogni passo era un martirio; ad ogni passo i clasti penetravano dolorosamente nostre piante dei piedi.
Giovanna ci incitava ad andare avanti, mentre noi camminavamo barcollando per il dolore ai piedi.
Ogni passo era un tormento, ed i piedi facevano sempre più male.
Anche Giovanna era scalza, ma lei camminava sulla liscia rotaia.
Andammo avanti per qualche centinaio di metri, io sentivo i miei piedi a pezzi, non ce la facevo più.
Poi finalmente Giovanna ci disse che potevamo tornare indietro passando sulla liscia rotaia.
Anche quella fu una prova difficile, perchè i piedi facevano male ed anche camminando sulla liscia rotaia provavo dolore.
Ritornammo alla macchina e Giovanna ci chiese se ci eravamo divertite; rispondemmo assieme con le stesse parole che avevamo sofferto molto ma che era stato eccitante.
Sadicamente Giovanna ci rispose che se davvero eravamo rimaste così contente potevamo ripetere il cammino.
E così ricominciammo massacrandoci i nostri piedi nuovamente sulla ghiaia ferroviaria era veramente terribile sentivo i mie piedi spaccarsi.
Percorremmo sempre qualche centinaio di metri poi Giovanna ci fece tornare indietro e ci chiese se volevamo fare una terza passeggiata.
Le rispondemmo in coro di no!
Giovanna ci fece rimontare in macchina, sentivamo i nostri piedi in fiamme.
A me però no dispiaceva ed anzi mi eccitava.
Tanto che nel sedile posteriore della macchina tirai fuori il mio uccello eretto e presi la testa di Luisa con forza e la costrinsi a farmi un pompino.
Lei sembrava molto contenta dalla sottomissione, tanto che si liberò il più possibile dai pantaloni e cominciò a masturbarsi.
Mi fece arrivare, io avevo le palle piene di sborra da tutto il pomeriggio ed arrivai con un fiotto enorme.
Anche Luisa continuò a masturbarsi ed ebbe diversi orgasmi.
Rpresici dissi a Govanna che avevo voglia di qualcosa di forte, ero molto eccitata e vogliosa, anche Luisa disse che era sempre piena di un forte desiderio; disse che voleva del dolore, del dolore molto forte, anch'io replicai che avevo voglia di dlore.
Giovanna rimase pensierosa per qualche minuto continuando a guidare.
Poi ci disse che avrebbe provato a legarci alla macchina e trascinarci per il terreno; l'idea ci parve fulminante e quasi all'unisono urlammo di sì.
Giovanna arrivò in un largo spiazzo sterrato ci fece scendere e spogliare, dal bagaliaio della macchina prese dei cavi in sottile acciaio che servivano per il rimorchio.
Ci fece sdraiare dietro alla macchina ci legò i piedi ai cavi acciaio agganciati al gancio di traino della macchina.
Poi salì sopra l'automobile e la avviò, prima lentamente, poi sempre più velocemente, noi cominciammo a venire trascinate sullo scabro terreno sentendo le nostre caviglie duramente e dolorosamente tirate dal cavo d'acciaio.
Durante la corsa il nostro corpo si graffiava si scorticava violentemente sul terreno:
Era bellissimo, era come essere su una giostra della tortura, durante la corsa ci contercevamo, urlando come ossessi per lo stupendo dolore, cercando di offrire, per quanto possibile porzioni diverse del corpo al tormento del terreno,
Ogni tanto sbattevamo tra di noi, in quegli istanti il contatto doloroso sembrava quasi una unione di amore.
Io ebbi un orgasmo, non sò Luisa mi rcconterà dopo.
Giovanna ad un certo punto fermò la macchina, disse che ne avvamo avuto abbastanza, ci slegò, gettò il cavo di acciaio nel bagagliaio e gettò anche noi nello stesso, perchè di certo non ci voleva nel sedile posteriore dell'auto.
Durante il viaggio sofrimmo moltissimo, i sobbalzi e i fermi e le riprese del moto ci sballottavano l'un con l'altra.
Facendo bruciare le ferite, le abrasioni che avevamo subito.
Finalmente dopo molto dolore, ci fermammo perchè eravamo arrivati a casa.
Giovanna ci fece scendere, eravamo mezzi intontiti dal dolore, ma anche dall'eccitazione.
Salimmo rapidamente nude a casa, sperando che qualche condomino non si fosse affacciato sulle scale.
Entrammo in casa.
Noi ci buttammo per terra doloranti, ma contenti:
Eravamo coperti di sporcizia; Giovanna ci mise sotto la doccia levandoci lo sporco che ci ricoprva.
Poi ci riportò in salotto, dall'armadietto dell medicine prese del disinfettante dei cerotti e delle garze.
Ci medicò.
Mentre Giovanna mi medicava mi masturbavo, contenta per la straordinaria ed eccintentassima esperienza appena provata.
Giovanna vedendomi masturbare mi prese a calci, fù molto violenta, mi colpì con forza in tutto il corpo, mi piacque moltissimo e mi eccittò ancora di più arrivai ben presto.
Non sò cosa successe poi perchè finii in uno stato di incoscenza, rammento solo dei movimenti attorno a me.
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