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Crepuscolo d’amore 1


di geniodirazza
11.04.2025    |    398    |    0 9.3
"Poi mi calmo, le chiedo scusa e chiarisco che credevo di fare la cosa più semplice e naturale del mondo; mai avrei pensato che parlare d’amore avrebbe..."
Il ‘divertimentificio’ è lì a una trentina di chilometri, sulla costa, ed è polo calamitante per tutto il territorio, fino all’Austria e alla Germania, da dove una rete autostradale porta direttamente ai centri balneari cresciuti a dismisura negli anni e che ora occupano il litorale per tutta la sua estensione; per gli abitanti dell’hinterland, possedere in una delle località marine almeno un monolocale di dimensioni minime è quasi un punto d’onore; d’estate è garantito l’affitto a villeggianti, preferibilmente austriaci o tedeschi, a prezzi spesso esorbitanti; comunque, c’è anche la possibilità, in bassa stagione, di utilizzarlo come ‘rifugio’ per un periodo più o meno lungo di relax.
Io non faccio eccezione alla regola e sono riuscito ad acquistare, non so nemmeno io per quali fortunate combinazioni, un monolocale con ampio balcone sul mare, che regolarmente affitto per tutta l’estate, da giugno ad ottobre, e me ne vado a trascorrere qualche giorno altrove, possibilmente in tenda.
Quel settembre, però, decido di tenere libero il mio ‘nido’ per trascorrervi qualche giorno in totale relax, sperando anche in una situazione di scarsa affluenza per evitare il carnaio insostenibile che nell’alta stagione si registra inesorabilmente; sono anche abbastanza fortunato, perché trovo una situazione ‘fluida’ e posso starmene in pace in spiaggia, davanti ad un bar o semplicemente al balcone del mio monolocale.
Per le necessità quotidiane, soprattutto pranzo e cena, devo però rivolgermi ad un locale che fa da ristorante, pizzeria, bar e ritrovo di giovani, l’unico che impavido resiste per tutto l’anno, anche quando il freddo e il maltempo flagellano le coste; sono diventato così un habitué, quasi una istituzione sulla terrazza di cui il locale dispone, con un tavolo che trovo quasi sempre libero e sono ormai familiare con tutto il personale.
In particolare, lego con una ragazza leggermente ‘diversa’, una tipa altissima, circa un metro e ottanta, più o meno la mia altezza, con una meravigliosa cascata di capelli rosso fuoco che le scende fino a metà schiena, quasi al punto vita, con tutte le sue ‘cosine’ al posto giusto; bel seno superbo e ritto, capezzoli duri in avanti; fianchi modellati e meravigliosamente armonizzati su gambe scultoree dalla linea favolosa; sedere alto con natiche sporgenti, alla brasiliana.
Insomma, uno spettacolo della natura.
Ma, di più, ha un eloquio facile ed un dialogo che incanta, riesce a parlare di tutto e dimostra una curiosità culturale che mi intriga; quando scopre che amo leggere e scrivere, ci incontriamo immediatamente sul terreno della cultura classica e ci lanciamo in avventurose disamine della mitologia classica, greca e romana; lei possiede anche una notevole infarinatura di mitologia tedesca, quella di Sigfrido e dei Nibelunghi, che a me manca; ma, forse, anche per questo troviamo sempre nuovi spunti di dialogo.
Mi rivela che è di origini miste, madre italiana e padre tedesco, e che ha trascorso la fanciullezza e l’adolescenza tra la Campania e la Baviera incontrando le difficoltà dell’una e dell’altra con pochissimi vantaggi; i suoi gestiscono, ad Augsburg, un ristorante, in cui lei lavora; quel settembre, si è trasferita in Italia per prendersi una ‘sosta di riflessione’ nel locale di un amico e compaesano di sua madre che la ospita perché si riprenda da non precisati problemi familiari; in sostanza, non lavora con l’intensità dei dipendenti, ma dà una mano perché a quel lavoro è abituata ma può concedersi la libertà che vuole.
Ne approfitto per invitarla a passeggiare sulla battigia, specialmente nell’ora del crepuscolo quando l’aria è più fresca ed è più affascinante intrattenersi a parlare dei massimi sistemi solo per il piacere di stare accanto ad una gran bella ragazza, che in fondo è soprattutto una buona amica ed una piacevole compagnia; prendiamo così l’abitudine di fare lunghe passeggiate, prendendo talvolta un gelato e cercando di resistere alla tentazione di abbracciarla e baciarla, che mi assale continuamente.
Evidentemente, deve avere ben capito che non mi è indifferente ed è lei a prendere l’iniziativa; in una delle tante passeggiate, di colpo si ferma; si gira verso di me, mi abbraccia e mi stampa sulla bocca un bacio di un’intensità che non avevo mai sperimentato; prima ancora che abbia il tempo di capire, la sua lingua mi ha forzato le labbra ed ora esplora la mia bocca centimetro per centimetro; mi sento sciogliere qualcosa dentro, le farfalle si agitano nello stomaco e negli occhi chiusi mi esplodono fuochi d’artificio.
Il corpo, schiacciato contro di me, mi fa sentire quasi come punte di diamante i capezzoli che bucano il torace; l’osso pubico si spinge contro il mio fino a farmelo dolere; il pene mi si gonfia al massimo dell’erezione e si trova costretto nella gabbietta dello slip quel giorno particolarmente attillato, per mia disgrazia.
Brunilde, così mi ha detto di chiamarsi, ma ha aggiunto che, per gli amici italiani, va bene anche Bruna, sembra cercare un piacere tutto suo, mentre mi fa sentire il pube pressato sul mio fino a che il sesso gonfio va a stimolare il suo, probabilmente altrettanto gonfio; si struscia per qualche secondo ed alla fine sento che illanguidisce, tende ad inondarmi la bocca, mentre fremiti violenti le scuotono il ventre; sono segnali evidenti di un grosso orgasmo, di cui non riesco a cogliere l’origine, non avendo fatto io niente per procurarlo ed avendo solo lasciato che lei strofinasse il sesso contro il mio; mi sento sciogliere dal piacere; nessun desiderio di arrivare all’orgasmo, ma un piacere intenso, una sorta di calore generale mi inonda il corpo; quando, alla fine, ci stacchiamo, riesco soltanto a guardarla fisso negli occhi, tenendole ambedue le mani, quasi per comunicarle l’amore che mi sta instillando; mi accarezza il viso con dolcezza e mi bacia leggermente sugli occhi.
“Hai detto che casa tua è molto piccola. Pensi che ci possa essere posto per me?”
“Tu sei la padrona assoluta della mia casa, del mio cuore, di tutto me stesso.”
“Non esagerare coi paroloni. Pensi che possiamo stare qualche giorno da te?”
“Io vorrei tenerti con me tutta la vita; figurati se possono esserci problemi per pochi giorni!”
Puntualmente, quando ci siamo incontrati per passeggiare, Bruna a un certo punto ha dovuto rispondere ad una telefonata e si è appartata per dialogare in tedesco, lingua a me completamene estranea, con un interlocutore che deve avere un ruolo di non poco conto nella sua vita, vista l’emozione con cui parla e le alternanze tra momenti duri, di autentica ira, ed altri di appassionata dolcezza, ho il sospetto che possa trattarsi di una relazione molto importante; forse ha anche a che vedere con la sua ‘trasferta’ in Italia; ma non oso dire una parola.
Anche stasera, proprio mentre si decideva di andare nel mio ‘nido’ e pregustavo la gioia di un incontro un poco più intimo, il telefono squilla e lei si apparta per rispondere; per almeno un quarto d’ora, subisco le solite alternanze tra un tono duro e severo e frasi dolci e melodiose; non capisco niente, ma ci vuole poco a cogliere che è un vivace scambio amoroso, con punte di gelosia e scatti d’ira alternati a momenti di affettuosità e di dolcezza tipici degli innamorati; quando torna da me, non dico niente ma il mio sguardo deve fare tutte le domande che mi bruciano sulla lingua.
“Non ho un marito ad Augsburg e nemmeno un fidanzato geloso!”
Scherza ridendo, prima con gli occhi poi con le labbra; e non sa quanto sia disarmante per me, quel sorriso che mi incanta.
“Non ho detto niente; ma il tono della telefonata dice che comunque è una persona che ha un grosso peso nella tua vita, quella che ti chiama tutte le sere alla stessa ora!”
“Ci hai fatto caso? Beh, diciamo che è una relazione impegnativa, ma non riuscirei a spiegarti un bel niente neanche se mi sforzassi di farlo. Limitati a sapere che ho qualcuno che mi interessa e non fare altre domande.”
“Ok, scusa; non volevo curiosare. Andiamo a casa?”
“Si, adesso ho ancora più voglia di stare con te …”
Un monolocale ridotto all’essenziale non è precisamente quello che ci vuole per due persone di circa un metro e ottanta che, per di più, si muovono come contorsionisti a cercare di compenetrarsi al massimo, quasi a volersi fondere in una sola persona; Bruna mi abbraccia con la passione che mi ha già dimostrato in spiaggia ed io rimango quasi spiazzato di fronte alla decisione con cui sceglie gesti e punti del corpo per ottenere il massimo della libidine da tutti e due.
La costringo quasi a stare ferma mentre ricavo, dal divano, un letto per tutti e due; in quell’ambiente, è difficile pensare di fare due cose contemporaneamente; il letto preparato preclude qualunque altro mobile, ma si presta immediatamente a stenderci insieme e, difatti, Bruna non aspetta un attimo a buttarmi supino sul materasso e a piombarmi addosso con tutto il suo corpo meraviglioso e morbido; sento il seno premermi sul petto e ritornano i capezzoli appuntiti e duri, quasi a bucare il torace, il ventre si adagia sul mio e mi trasmette calore, passione e voglia; cominciamo ad accarezzarci con la dolcezza di bambini che si fanno moine, quasi senza apparente desiderio.
Ma il mio sesso è sconvolto dalla situazione e si indurisce immediatamente, soffrendo pene d’inferno per il pantaloncino troppo stretto e per essere schiacciato dal pube di lei che cerca lo sfregamento sul mio osso pubico fino a che mi pare che ottenga quella masturbazione che ha cercato anche in spiaggia, in piedi, abbracciati; stavolta, ha più agio a spostare le gambe, sue e mie, per mettere a diretto contatto i sessi e stimolare i punti più sensibili; quando raggiunge un orgasmo, me lo comunica con gemiti e con bacini su tutto il viso.
Decido che voglio fare l’amore, che ne ho bisogno, a questo punto; e che anche lei vuole che spostiamo il limite più oltre; la faccio ruotare fino a metterla sotto di me e comincio a spogliarla lentamente; lei fa altrettanto con me; ci vuole niente a cavarci le poche cose che d’estate, al mare, si indossano di solito e ci troviamo rapidamente a godere del corpo dell’altro nella sua interezza; mi piace molto passare la lingua su tutta la pelle del petto e sui seni; godo, quando prendo in bocca i piccoli capezzoli e li succhio appassionatamente fin quasi a farle male; lecco e succhio il ventre e l’ombelico, particolare e divertente, quasi un tortellino che risalta dalla pancia piatta e tesa; scendo sul pube e mi impossesso immediatamente del clitoride che sbuca malizioso dal fiore delle piccole labbra; sento che gode e che le piace molto sentirsi succhiare; mi dispongo sul letto perpendicolarmente a lei e divoro la vulva tutta quanta dedicandomi molto alle grandi labbra ed al clitoride.
Se ne sta distesa sul letto e mi lascia percorrere tutto il suo corpo; le prendo una mano e la porto sul fallo chiedendole implicitamente di masturbarmi; sembra turbarsi e, per un attimo, se ne sta ferma tenendolo in mano senza accennare a movimenti; poi, di colpo, mi afferra e con una forza imprevista mi rovescia sopra di lei, allarga le gambe e mi fa stendere fra le sue cosce; riprende in mano il sesso e lo accompagna all’imbocco della vagina; mi distendo con tutto il corpo e premo il ventre contro di lei; sento la cappella che la viola ed ho la sensazione di possedere una vergine.
Si muove a stento, il sesso nel suo corpo; sembra che non sia abituata al coito, che sia una delle poche volte in cui si fa penetrare; sono imbarazzato perché non vorrei farle una violenza gratuita, ma è lei stessa che mi toglie dall’imbarazzo, inarcando la schiena e spingendo il pube contro il mio; spingo con forza e sono dentro; geme timidamente, leggermente, ma si sente che è coinvolta, non so se con piacere o con dolore.
“Vuoi che smetto?”
“Sei pazzo?!?!? No, prendimi, devi prendimi, ti voglio dentro!”
“Ma sembra quasi che ti faccia male …”
“Non sono abituata, ma non sono né vergine né sprovveduta; fammi godere tanto, ma tanto tanto!”
Capisco che c’è solo, tra di noi, un’immensa difficoltà di comunicazione, perché abbiamo modi diversi di valutare i gesti e le parole; ma, allo stato in cui le cose sono giunte, conta poco sapere come e quanto ci si intende, visto che i corpi parlano da soli e dicono tutto; la cavalco per qualche tempo, cercando di distrarmi ogni volta che l’orgasmo sembra montare impellente e frenandolo all’ultimo momento.
Bruna partecipa con un entusiasmo ed una vitalità che fino a quel momento non avevo neanche ipotizzato; si agita molto alla ricerca di sempre nuove emozioni e geme continuamente, quasi lamentandosi, ma invece dimostrando di godere con gioia del rapporto; l’orgasmo arriva per tutti e due dolce, lento, languido; lei geme continuamente, quasi sol sibilo di una sirena, ed io devo trattenere l’urlo che mi sgorga dal cuore, prima che dalla bocca.
“Bruna, ti amo, ti amo tanto …”
Non riesco a trattenermi; scatta come una molla compressa.
“NO, non usare quel verbo e nemmeno gli aggettivi o il sostantivo corrispondente. Tra noi non può esserci amore; solo sesso; prendimi, possiedimi, violentami, fammi quello che vuoi ma non usare quella parola; dimmi tutto quello che vuoi, anche le parolacce se ti va, ma non usare quel sostantivo o quel verbo. Non ti chiedo niente, solo di possedermi con gioia, con piacere, con la massima libidine. Niente altro.”
Dire che sono sconvolto, è assai poco; credo proprio di essere fortemente disorientato, quasi incapace di rendermi conto anche di dove sono e cosa ci faccio lì.
Poi mi calmo, le chiedo scusa e chiarisco che credevo di fare la cosa più semplice e naturale del mondo; mai avrei pensato che parlare d’amore avrebbe scatenato quella reazione; le chiedo scusa e prometto che mai più sarebbe comparso un termine vicino ad ‘amore’ nei miei discorsi; gli interrogativi però sono infiniti ed enormi; li metto semplicemente da parte e nascondiamo sotto un tappeto di silenzio l’’incidente di percorso’ che, senza volerlo, ho provocato; l’episodio non incide sulle nostre scelte e Bruna si ferma a dormire da me, come farà nei giorni successivi.
Comincia così, per me, una settimana di gioia immensa e di piacere infinito in compagnia di una donna straordinaria con la quale percorro tutti i sentieri praticabili, e non, del sesso; superato l’impasse iniziale, dimostra una capacità di fellazione straordinaria, per lo meno, e più volte mi fa toccare il vertice dei paradisi con la sua bocca meravigliosa; mi propone di penetrarla analmente e mi accorgo che partecipa con una passione enorme quando la mia mazza la sfonda fino all’intestino, ma che in realtà il percorso è già ben aperto e frequentato; mi resta sempre difficile interpretare le sue reazioni, tra novità assoluta e matura conoscenza; mi limito, alla fine, a godermi il suo entusiasmo quando facciamo sesso e cerco in ogni modo di farla godere fino a stare male.
Intanto cerco, con scarso successo, di farla ‘aprire’ sulle questioni più personali; ma l’unica cosa che riesco a ‘strapparle’ è un biglietto da visita dell’hotel dei suoi genitori dove lei lavora fissa quando sta ad Augsburg; per il resto, è solo una continua lotta tra l’episodio effimero del soggiorno in Italia e la realtà, ben più consistente, che ha lasciato in Germania, da dove in pratica non è mai andata completamente via, vista la telefonata, puntualissima, di quasi un’ora che quotidianamente scambia con chissà chi, dimostrando in piena evidenza che la sua vita è là, dove l’aspetta quest’amore assai misterioso.
Naturalmente, quotidianamente trascorriamo molto tempo insieme, tra pranzo, cena e passeggiata sulla riva diventato uno standard imprescindibile, quasi un obbligo sociale, oltre che morale; ma, più ancora, sono le notti infuocate che ci legano profondamente, con un minimo di apprensione mia, per la paura che il sogno svanisca da un momento all’altro; e ancor più per lei, che, nella direzione opposta, teme che il legame diventi troppo difficile da spezzare se continuiamo su questa falsariga.
La conclusione è che una mattina, svegliandomi sul tardi, non trovo Bruna nel letto; non sarebbe strano, visto che spesso scende nel ristorante per aiutare a preparare le sale; ma, di fatto, sono scomparse tutte le sue cose, a cominciare dalla valigetta del beauty in bagno che è la prima cosa che noto e mi ferisce al cuore; Bruna se n’è andata e forse il sogno è svanito.
Per tutto il giorno sembro impazzire, alla ricerca di lei; interrogo tutti quelli che lavoravano insieme, sperando che a qualcuno abbia lasciato un numero di telefono; non ho il coraggio di parlare coi proprietari, perché so della loro amicizia coi genitori e so anche che non mi diranno niente; mi guardano con aria commiserevole e sembrano suggerirmi di lasciar perdere, per il mio stesso bene; provo anche a chiamare in Germania, al numero del biglietto da visita; mi rispondono in tedesco e devo riattaccare non avendo niente da dire.
Non è facile rassegnarsi; ed io sono anche un tipo difficile da convincere; anche l’evidenza dei fatti non mi induce ad arrendermi che non c’è niente da fare, che Bruna ha fatto la sua scelta e che io posso e devo solo rispettarla; per tutto il restante mese di settembre mi rivolto nella mia rabbia impotente, mi tormento con mille inutili interrogativi finché, esausto e svuotato, decido di rientrare in città e di chiudere, almeno per il momento, quella pagina meravigliosa.
A riaprire la ferita ci pensa, nella primavera successiva, l’Università, dove arriva un comunicato che richiede personale altamente qualificato per un’azienda tedesca, guarda caso, in una zona industriale tra Monaco ed Augsburg; sulla base delle richieste, avrei tutti i titoli per aspirare ad avere quel posto, di grande qualità e molto ben retribuito, che è però ambito da moltissimi altri laureati o laureandi di mezza Europa.
Per un caso più unico che raro, vengo selezionato dall’Università per partecipare allo stage degli aspiranti e in quattro e quattr’otto devo organizzarmi per partire, facendo anche aggio su amici che da anni si sono sistemati in Baviera e che sono felici di darmi una mano; al più affezionato tra essi, comunico il mio desiderio di verificare la storia dell’albergo di Augsburg e mi rassicura che come base operativa è più che valida e che, anzi, la sistemazione lì è preferibile all’inevitabile frenesia metropolitana di Monaco.
Detto fatto, mi organizzo al meglio e dopo qualche giorno sono in treno per andare ad Augsburg, passando per Monaco, dove l’amico ivi residente mi accoglie con tutto l’affetto; accetta di malgrado che io non mi fermi a casa sua e mi accompagna ad Augsburg fino quel Museumsgasse, vicolo del Museo, dove è ubicato l’albergo ‘Bella Napoli’; quando varco l’entrata, mi trovo di fronte ad una bellissima donna dai caratteri chiaramente dell’Italia meridionale, forse addirittura esattamente napoletani, colorito bruno, folti capelli neri, occhi neri intensi e fortemente espressivi; azzardo in italiano la domanda se hanno da alloggiarmi; alla risposta positiva, l’amico di Monaco mi dà le dritte per muovermi nella città bavarese e per raggiungere, da lì, la fabbrica dove dovrò svolgere il lavoro di test; mi affida scherzosamente alla signora e va via.
La signora registra la mia presenza e i motivi del soggiorno; quando le dico che partecipo allo stage di test per l’assunzione, rimane piacevolmente sorpresa e si congratula; sembra molto dolce e cattivante; se, come so, è la madre di Bruna, c’è da dire che, a parte le differenze fisiche che le rendono opposte, e che presumibilmente accostano lei al padre più che alla madre, il frutto non deve essere caduto lontano dall’albero, almeno per quanto attiene alla sensualità, alla passione e al desiderio; in poche battute la signora Ada mi ha dato già l’impressione di volermi divorare; ma io, per il momento, sono più curioso di incontrare Bruna e verificarla nel suo habitat.
Prima di ogni altra cosa, chiedo del bagno, perché è dall’Italia che non vado a svuotare la vescica; me lo indica e ci vado con la fretta che è naturale nelle mie condizioni; mentre sto beatamente orinando nel bagno dei maschi, da quello vicino mi giungono urli strozzati che riconosco perfettamente perché li ho già sentiti alcuni mesi prima; nel bagno a fianco, quelle delle donne, Bruna deve essere nel pieno di un amplesso che ha tutti i caratteri dell’eccezionalità; cerco un buco da cui spiare e mi accorgo che il portasapone è in una disposizione strana; lo picchietto un poco, ci armeggio e sento che si stacca lasciando un varco abbastanza grande; accosto l’occhio e mi appare Bruna in tutto il suo splendore; è seminuda e piegata sulla tazza del water; alle sue spalle, una ragazza fortemente nordica, con una complessione da atleta pesante, la sta possedendo con uno strap on agganciato all’inguine e gli urli di Bruna sono di evidente piacere per la penetrazione, forse anale, che subisce.
Parlano in tedesco e non capisco niente; ma ormai il quadro si è decisamente chiarito; la valchiria era l’interlocutrice quotidiana al telefono con Bruna, per lei evidentemente la ragazza era stata spedita in Italia, forse per liberarsi dall’ossessione di quell’amore saffico; la madre è comunque napoletana, abbastanza giovane per capire certe cose, ma anche abbastanza radicata nelle sue credenze per vedere con dolore le scelte della figlia; e il ritorno improvviso significa solo che non ha resistito alla forza di quella passione ed è tornata alla sua realtà.
Rimetto a posto il portasapone, esco evitando ogni rumore e mi ripresento ad Ada che riprende il suo strano ‘corteggiamento’ proponendomi la ‘camera più bella dell’albergo’ ed offrendosi di accompagnarmi lei stessa a prenderne visione ed a depositare i bagagli; sento in ognuna delle sue parole un invito esplicito, un desiderio represso e sono molto combattuto; da un lato, mi mette disagio l’idea di fare l’amore con la madre di Bruna che ho amato con tutto me stesso, in Italia, anche contro la sua volontà e di fronte all’imposizione di non farmi neppure scappare per errore la parola amore; dall’altra parte, però, la scena a cui ho assistito nel bagno mi suggerisce che, per quella ragazza, tutto si riduce al sesso; ha tanto timore reverenziale per l’amore che sfoga nel sesso la rabbia di non poter inseguire un sentimento vero.
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