Racconti Erotici > tradimenti > Sergio ed Elena
tradimenti

Sergio ed Elena


di geniodirazza
07.03.2025    |    1.204    |    0 8.5
"“ “Sì; scusi, perchè lo chiede?” “Perché voglio conoscerti e mi è sembrato giusto farlo qui..."
Sergio ed Elena erano cresciuti insieme nel quartiere di periferia dove abitarono finché lui, a venticinque anni, fresco di laurea in Economia, fu assunto da un famoso studio di commercialisti e decise di trasferirsi nella city, in un piccolo appartamento; lei, che a ventidue anni aveva solo il diploma di ragioneria e stentava con gli esami all’Università, gli chiese di associarla a quell’avventura e di viverla insieme; Sergio fu felice, innamorato come era, di ipotizzare una vita in comune.
In realtà le intenzioni dei due non coincidevano; Elena con il salario che percepiva da commessa, come aveva dovuto accettare di lavorare, riusciva a malapena a pagarsi le spese di estetica e di outfit; lo stipendio di Sergio, decisamente migliore, le consentiva una vita da piccola borghese; rimaneva inappagato e pressante il desiderio di permettersi qualche lusso e, soprattutto, di entrare nei circuiti della ‘gente importante’, partecipando a feste e manifestazioni di eleganza e di lusso.
L’occasione si offrì appena qualche mese dopo, quando incontrò sul suo percorso, ad una sagra paesana, Mariano, un imprenditore che conosceva solo di vista; spinse al massimo il suo fascino, lo ammaliò facilmente e si trovò stretta a lui a ballare in piazza; sentirsi premere sull’inguine la poderosa mazza e favorirne, con sapienti sculettamenti, la posizione tra le cosce, contro la figa, fu questione di un attimo e della sua esperienza e abilità.
Prima che la serata si concludesse, lui le aveva dato appuntamento al sabato successivo; sarebbero andati a fare un giro appena fuori città; Elena, da tempo avvezza a gestirsi rapporti agili e veloci coi maschi, non ebbe nessuna esitazione ad accettare e il sabato successivo, in tardo pomeriggio, attese che lui la passasse a prendere, montò in auto e lo baciò appassionatamente; lui riavviò la macchina e con un breve tragitto si recò in un motel sulla statale noto per le camere ad ore.
Elena non era avvezza a quella situazione ma impiegò poco ad adeguarsi e fu immediatamente pronta a seguire il maschio nelle sue iniziative per assicurarsi un letto ed un tetto; lui prese la chiave e l’accompagnò alla camera al primo piano; lungo le scale, le accarezzò con lussuria il culo e le strizzò una tetta; lei si fermò lungo le scale e lo baciò con passione; aperta la porta, la spinse dentro con garbo e la inchiodò letteralmente alla porta avvolgendola in un abbraccio passionale.
Spinta da lui, Elena si sedette sul bordo del letto; aveva l’inguine all’altezza della bocca e stuzzicò con le labbra il cazzo sotto il pantaloni; lui aprì la cerniera, tirò fuori la mazza e gliela spinse con forza in bocca; da quella volta, tutti i loro incontri non avrebbero avuto bisogno di preliminari o di formule delicate di rapporto; il cazzo duro era il presupposto e tutti i buchi indifferentemente praticabili e disponibili per le loro voglie.
Per un tempo abbastanza lungo lui la scopò in bocca, quasi dimostrando piacere nel coito orale come in quello vaginale; quando furono entrambi nudi, si avvolsero in un focoso sessantanove e si succhiarono i sessi a lungo; lei godeva molto a sentirsi strappare l’anima dalle lunghe succhiate del maschio, dalle leccate profonde e interminabili lungo il clitoride e la vagina, dai morsi morbidi e delicati che lui dedicava al clitoride per stimolarlo al massimo; non vedeva l’ora di sentirsi sfondare.
Finché lui non decise che era giunto il momento, le divaricò le cosce, le montò sopra e la possedette alla missionaria, spingendo venti centimetri di cazzo profondamente nella figa; la scopò per una ventina di minuti godendosi pienamente il piacere di una vagina non molto dilatata, quasi ancora nei limiti di una certa verginalità; il movimento di vai e vieni fu per entrambi un ballo eccitantissimo che coinvolgeva i sessi e le menti:
La scopata andò avanti fino quasi al limite delle due ore che avevano previsto e prenotato; lui la scopò più volte dappertutto; quando fu il momento di incularla, realizzò lo stupro con la massima diligenza e quasi come un rito di perfezione e di bellezza; un culo maestoso come quello che aveva davanti, con un buco ancora da sfondare, non poteva essere sprecato e la inculò con grazia, intelligenza e forza; nelle due ore la penetrò più volte fino a che il cazzo scivolava nel retto senza problemi.
Nelle corso delle due ore, lui sborrò tre volta, in figa, nel culo e in bocca, e dovette imporsi una sosta per evitare di farlo ancora, non sapeva con quali conseguenze sulla salute; si calmò quando, durante una sosta, si ripromisero di far diventare quell’occasione un appuntamento fisso; lui si impegnò a trattare l’amante da cortigiana privilegiata e di presentarla in feste pubbliche come accompagnatrice ufficiale; per Elena, era il raggiungimento di un obiettivo
Tornata a casa, si precipitò nella doccia per liberarsi delle scorie della grande scopata, ignorando completamente Sergio che, nello studiolo, si affannava su progetti di lavoro assai importanti; poiché l’ora di cena era ormai passata da tempo, in cucina cercò di imbastire qualcosa alla meno peggio; lui, uscendo dallo studio, la fermò.
“Non stare ad affannarti; ho mangiato una pizza; spero che tu abbia cenato!”
“No; non ero uscita per andare a cena e mi sono limitata a quello che avevo progettato; vuol dire che mi arrangerò con the e biscotti!”
“Mi spiace; sei stata a scopare con un amante?”
“Sergio, siamo chiari; tu forse mi ami o credi di amarmi; io sono circondata solo da trombamici; sono anni che viviamo nell’equivoco; per te, io sono la compagna del cuore, più o meno tua moglie; io invece non ti ho mai amato e scopo da sempre con chi mi va e quando mi va. Se questa situazione non ti sta bene, dimmelo e decidiamo che te ne vai; io da qui non mi schiodo. E’ tutto chiaro, amico mio?”
“Quindi, tu dai per scontato che io debba andarmene se non mi rassegno ad essere il cornuto contento che ti lascia scopare con chiunque e non chieda niente in cambio della convivenza?”
“Sergio, ma quale convivenza? Al massimo, possiamo essere coinquilini; te l’ho detto, non ti ho mai amato e reclamo tutta intera la mia libertà; e questo, per me, chiude ogni discorso ... “
“Quindi dobbiamo anche recitare la farsa di dormire insieme?”
“Te l‘ho detto, lo ripeto e che sia definitivo; ognuno fa quel che ritiene di fare; io posso anche dormire con te, ma dormo con chiunque mi piaccia o mi dia voglia di farlo. Capisci finalmente?”
Sergio rimase molto scosso dalle dichiarazioni e, dentro di se, decise che avrebbe posto fine alla prima occasione a quella convivenza così zoppicante; Elena invece si convinse che il suo amico si fosse rassegnato e, sensibile com’era, forse tre volte buono come popolarmente si definivano gli stupidi, avrebbe accettato di asservirsi alle sue voglie; aspettando e tenendo il punto, sarebbe riuscita a costringerlo a piegarsi e a rispettare quella che lei riteneva libertà personale.
Per qualche settimana non si scontrarono più apertamente; lui era preso dagli intrecci difficili del suo lavoro che lo portavano a dialogare con molti, forse troppi, imprenditori, e ad organizzare acquisti e cessioni creandosi un piccolo potere sul territorio; lei rinunciò parzialmente alle sue voglie sessuali e ridusse i suoi tradimenti al solo rapporto con Mariano, l’imprenditore di cui era ormai l’amante riconosciuta, che la riempiva di regali e la portava a feste e cerimonie che le piacevano molto.
Nel mese successivo a quel chiarimento lena non si risparmiò nemmeno per un attimo e proseguì nella sua frenesia di caccia al cazzo duro e forte; Sergio ebbe qualche informazione vaga sulle ‘gesta’ di sua moglie, ma evitò di intervenire in qualsiasi modo; quando però con estrema sfrontatezza lei si appartò col suo amante primario nel parcheggio accanto allo stabilimento dove entrambi lavoravano; non si poté evitare un piccolo scandalo che ferì Sergio profondamente.
Le immagini di lei china sul grembo dell’amante a succhiare con grande gusto un notevole cazzo richiamarono l’attenzione dei molti operai che stavano uscendo e il passaparola scatenò un vento di pettegolezzo inarrestabile; i due, impudenti sfrontati e aggressivi, quasi li derisero esibendosi al meglio della performance; senza spogliarsi completamente tirarono fuori il cazzo di lui e la figa di lei che si andò a sedere in braccio all’amante facendosi inculare fino alle palle.
Lo spettacolo lascivo durò una mezz’oretta; poi i due decisero di staccarsi e lui la fece stendere ginocchioni sul sedile col culo al finestrino; le pulì accuratamente la figa dalla sborra mentre lei riprendeva a succhiarlo con foga portandolo di nuovo alla massima erezione; quando la pressione dei guardoni intorno all’auto si fece seria, avviarono il motore e sparirono; lei tornò a casa e si andò a lavare guardata in cagnesco da Sergio che aveva saputo in tempo reale della nuova bravata.
Stavolta però Elena ebbe il buongusto di rendersi conto che forse stava esagerando; subito dopo cena, si accostò a lui con grande calore e riuscì con poche moine ben indirizzate, ormai per lei facili da individuare dopo mesi di scopate al fulmicotone, a trascinarlo a letto dove si lasciò cadere supina e se lo tirò addosso; nell’ora scarsa in cui scoparono in ogni modo non si scambiarono nemmeno una vocale e lei si limitò, una volta tanto, a prenderselo dappertutto con grande passione, forse con amore.
Sembrava che uno sprazzo di sole si fosse aperto nel cielo tempestoso dei loro rapporti; ma fu solo l’illusione di una serata d’amore imprevisto; subito dopo, lei fu assalita dalle solite paturnie e riprese a difendere un assurdo principio di libertà praticando il più volgare libertinaggio che fosse sopportabile da un essere umano; Sergio più volte fu sul punto di scoppiare, ma ogni volta si impose di frenare la rabbia e di resistere ancora nella speranza di un rinsavimento.
Quel sabato sera, però, un baratro si aprì davanti a loro il cui fondo non si sarebbe mai potuto vedere; quando chiuse la porta tornando a casa dal lavoro, Sergio si trovò di fronte Elena che gli impose sussurrando di non accostarsi alla camera perché nel loro letto c’era l’amante; la guardò con un faccia che diceva tutta la sorpresa e l’incredulità; riuscì a balbettare a stento.
“Che diavolo stai dicendo? A casa nostra, nel nostro letto?”
“Bada che la casa è intestata a me e il letto è mio; se davvero mi ami come dici, devi accettare il tuo ruolo, lasciarmi fare e favorire la mia totale libertà ... “
“Elena, finché ero innamorato di te, ho accettato tutto, il bene e il male; e solo dio sa quanto sia stato il male che mi hai fatto; ormai mi sono disamorato e non accetto più niente; da stasera devi fare a meno di me; se vuoi un consiglio, suggerisci al tuo amante di mantenerti perché da adesso non puoi più contare sul mio sostegno. Addio, Elena Troia!”
Lei se ne ne andò borbottando bestemmie e minacce contro di lui; la porta si chiuse e Sergio chiamò Flora, una cara amica forse anche innamorata di lui, che spesso si era offerta di ospitarlo se ne avesse avuto bisogno.
“Ciao Flora, è sempre valida l’offerta di ospitarmi se ne avessi avuto bisogno? ... Bene, con Elena abbiamo chiuso; mi ha cacciato di casa; per qualche giorno ho bisogno di infastidirti per costruirmi una nuova realtà ... dici che possiamo? Non ho cenato, ma non mi va che debba spignattare per noi; andiamo alla nostra solita pizzeria; se però vuoi farti bella ed elegante, possiamo anche prenotare da ‘Amedeo’ che ha sempre un tavolo per me, se lo chiedo ... OK ci vediamo a casa tua ...”
La porta sbatté alle sue spalle mentre usciva forse libero da legacci assurdi; intanto Elena parlava con Mariano e gli chiedeva di farsi carico di mantenerla; lui la rassicurò a patto che non tentasse di schiavizzarlo come aveva fatto con Sergio.
------
Gli anni scivolarono stranamente limpidi e con pochi inciampi; gli unici problemi per Elena furono costituiti da fatto che, subito dopo la scomparsa di Sergio, il ciclo non le era più tornato e sapeva per certo che solo col compagno aveva avuto una serata in cui poteva essere rimasta incinta; poiché conosceva bene il suo desiderio di paternità, del quale avevano spesso parlato, decise di non abortire e di attendere prima di parlare con lui.
Non riuscì a rintracciarlo da nessuna parte e si rese conto che aveva alzato dietro di se una sorta di muro invalicabile che non le consentì di trovare nessun elemento per localizzarlo; si stancò di dovere quasi mendicare un colloquio e lasciò stare; intanto erano passati i termini di legge per un aborto legale e decise di tenersi il figlio; se non era riuscita a salvare l’amore, almeno il frutto di quella meravigliosa serata l’avrebbe consolata e sarebbe stato il motivo di vita per il futuro.
Mariano non fece problemi quando gli chiese di mantenere lei e suo figlio; l’amministrazione allegra che usava per l’azienda di sua moglie gli suggeriva di godere al massimo con la giovane e bella amante; l’unica cosa che le chiese fu di trovare una sistemazione al figlio quando fossero andati a casa di lei a scopare; la povera Elena si trovò di colpo condizionata, lei suggeriva schiava di un amante, dopo avere combattuto e vinto le pretese di un possibile compagno o anche marito.
Fu costretta infatti a ridurre le sue ‘libere espressioni’ e renderle meno evidenti per ingannare questo nuovo dominatore dopo aver fatto la guerra a Sergio; analogamente, dovette quasi vergognarsi della gestazione e della maternità perché non era facile affermare che Vittorio era figlio di Sergio, cacciato via per una smania di libertinaggio che l’aveva resa schiava dei suoi eccessi; passarono in tal modo vent’anni della loro vita.
La convocazione nell’ufficio legale la sorprese non poco; era un luogo da lei assolutamente mai frequentato, anche se, sul piano personale, l’avvocato che lo dirigeva, Giulio, era un suo vecchio amico; ancor più rimase sorpresa quando vide che c’era il rappresentante sindacale perché dovevano contestarle il licenziamento; le spiegarono che un’ispezione della multinazionale a cui erano stati di recente accorpati aveva scoperte molte magagne del suo amante.
Mariano era solo somministratore di un bene di proprietà di sua moglie; con quel reddito aveva sguazzato nel benessere e mantenuto le sue donne aggravando lo stato di difficoltà dell’azienda; rimosso e licenziato, trascinava con se anche alcune impiegate, amanti mantenute, che lavoravano in posti di fiducia non coperti da contratti sindacali; Elena, quindi, si trovava di colpo sbattuta sulla strada, a quasi quarant’anni e con un figlio universitario da mantenere.
Protestò tutte le sue contestazioni, ma non c’era niente da fare perché non aveva vinto concorsi, non era stata assunta per vie legali, non aveva contratto e doveva solo lasciare il posto occupato per venti anni egregiamente; protestò vivacemente e chiese chi avesse assunto una decisione così disumana che impediva a suo figlio di laurearsi; Giulio dapprima la invitò a non porre la domanda che sarebbe risultata problematica; alla fine confessò che a decidere era stato Sergio.
Il suo antico compagno di vita, umiliato, cacciato, disprezzato e vituperato, era ora un alto dirigente della multinazionale; non poteva aspettarsi da quell’uomo comprensione ed aiuto.
“Fammi il favore di dire al tuo amico Sergio che Vittorio è suo figlio; lui sa quando e come sono rimasta incinta; se vuole uccidere me, fa benissimo perché me lo sono meritato; ma se massacra suo figlio, ne renderà conto a se stesso prima che agli altri ... “
“Vipera, che stai dicendo di un figlio nostro?”
“Ciao, Sergio; vedo che sei arrivato in alto; anche nella previsione ho sbagliato tutto ed ho scelto di spremere un agrume vuoto e inutile buttando via la limonaia che avevo in casa; sei addirittura il boia che taglia le teste a piacere; scusami, per rabbia dico cose insensate, come sempre; ho detto che conosci l’unico momento della vita in cui ho amato con tutta me stessa; quell’amore di pochi minuti ha prodotto un uomo che tra qualche mese compirà venti anni; è tuo figlio, se vuoi posso esibirti i test che lo attestano.
Con la scelta, sacrosanta, di licenziarmi, stronchi le sue speranze di diventare un commercialista come il padre di cui ha solo sentito parlare e che muore dalla voglia di conoscere; devo dirtelo perché avrei anche questa colpa sulla coscienza se tacessi ... Non è vero che non ti ho cercato; sei stato tu a scegliere di scomparire e ad impedirmi di contattarti. Te l’ho detto, ho ricambiato una volta sola l’amore che provavi per me; ma poi l’ho trasferito tutto a Vittorio e so che non è stato infelice, fino ad oggi ... “
“Se stai usando la carta del ricatto biologico per salvare la pelle, ti giuro che te la faccio pagare cara, tutta in una volta; se davvero c’è da qualche parte un mio figlio di cui non ho mi avuto notizie, allora fammelo incontrare, fammici parlare e rivedremo tutto quello che è possibile cambiare. Non sono qui per giudicare e condannare ma per tirare su le sorti di una baracca che il tuo amante ha distrutto come ha fatto con i miei sogni. Dove posso incontrare Vittorio?”
“E’ a lezione e ne avrà per tutto il pomeriggio; se vuoi, posso dirgli i incontrarti alla pizzeria ‘nostra’ quella che frequentavamo quando avevamo la sua età attuale ... “
“Ti prego di non ricorrere ai soliti mezzucci per ammorbidire o per ridurre la gravità delle colpe!”
“Non cerco di intenerirti; so che ho tante colpe e che mi odi con tutta l’anima; ma qui ci sono i test che dicono che Vittorio è nostro figlio; la mia storia lavorativa ce l’hai e può dirti che non sono stata la parassita che ero con te; sono stata un’imbecille ma non ho distrutto quel poco di buono che potevo ancora fare; tuo figlio non ha di te un’opinione cattiva; gli ho insegnato che suo padre è tenuto lontano dal lavoro; non dispera che tu possa riapparire e sarebbe solo felice se succedesse.
Conosce le colpe di sua madre ma è in grado di amarla, lui sì, senza riserve e senza pregiudizi; ha bisogno di un padre a cui riferirsi e di una madre da amare; quello che c’è tra noi non lo riguarda; se ti va davvero di conoscerlo, stasera potrai testare tuo figlio come fai con tutti gli operai che controlli ... “
“Maledetta stupida, ancora insisti ad offendere per il gusto di sentirti superiore anche se non vali niente?”
“Pace, Sergio; calmati! Stavo scherzando! La tua acrimonia ormai ti impedisce anche di scherzare con persone che un tempo dicevi di amare; scusami; ho detto un frase stupida ma non volevo sentirmi superiore al giudice che ha nella mani la vita mia e di mio figlio. Posso avvertirlo che lo aspetti stasera in pizzeria?”
“Si ma non dirgli chi sono; lo scopriremo entrambi nel corso della serata; mi farebbe piacere che ci fossi anche tu, ma dovresti darci prima alcuni minuti tete a tete ... “
“Va bene; intanto, per favore, puoi fare qualcosa per non farmi finire sotto i ponti o peggio ancora?”
“Non ti preoccupare, mi ricordo che come ragioniera non sei male; Giulio ti dirà in quale azienda ti troveremo un posto che ti consenta una vita piccolo borghese senza fronzoli e capricci. Ti è chiaro quello che intendo?”
“Amico mio, spero che tu me lo consenta ancora nonostante tutto, la nascita di nostro figlio mi obbligò ad accettare la dominazione dell’amante che mi manteneva e mi fece capire la stupidità di avere cacciato quello che ritenevo il mio tiranno; per venti anni sono stata l’amante del capo con una scopata a settimane alterne, solo per essere la bambola a esibizione; ho accettato tutto, per mio figlio; ho capito molte cose, grazie a te.
Non sono la donna vereconda e verginale che tu sogni, ma una persona di buonsenso è in grado di capire che le scopate si cancellano con la doccia e l’amore, quando esplode, va oltre qualunque ostacolo; ti ho amato una sola volta, prima di lasciarci; poi ho imparato a pentirmi e a soffrire per la tua mancanza; so che non ho nessun diritto sul tuo amore e sulla tua vita; ma difenderò sempre e comunque mio figlio; non ti chiedo di tornare insieme ma di occuparci insieme di quel figlio ... “
“Vediamoci stasera in pizzeria; parleremo e qualcosa succederà ... “
Non è più la stessa, la pizzeria, dopo venti anni; ma il proprietario non è cambiato e la qualità del prodotto è rimasta inalterata; Sergio trova l’affetto di sempre, a distanza di una vita; il proprietario, forse istruito da Elena, lo accompagna alla saletta riservata che era spesso la sala da cena per due giovani squattrinati; seduto al tavolo, c’è un giovane di una ventina di anni in cui Sergio non stenta a riconoscere se stesso venti anni prima.
“Guardi che la sala è riservata ... “
“Lo so; sono stato io a prenotare; tu sei Vittorio e tua madre si chiama Elena ... “
“Sì; scusi, perchè lo chiede?”
“Perché voglio conoscerti e mi è sembrato giusto farlo qui ... “
“Giusto, perché?
“Perché era il posto dove venivamo da ragazzi a mangiare una pizza e una birra in due ... “
“Eravate due innamorati?”
“Io lo ero; lei no; eppure da quel disamore è nato un figlio che mi pare assai ben messo ... “
“Stai cercando di dire che sei l’uomo che Elena amò solo una sera, quella in cui mi concepiste, e poi ti cacciò via?”
“Vedo che tua madre almeno con te ha imparato ad essere chiara e leale ... “
“Per quel che ne so, ha commesso molti errori ma non è stata mai bugiarda o sleale; ti ha fatto male ma era chiara nelle intenzione e nei desideri ... “
“Forse sarebbe meglio indicarli come capricci ... “
“D’accordo; cosa pensi che potrà succedere, adesso? Per quel che so di te, sei un grande progettista, organizzatore e risolutore; io spero proprio di aver preso da te quel talento e di poterlo usare per crescere come hai fatto tu ... “
“Speri che io torni con tua madre?”
“No; mi basta sapere che ci sei, che posso incontrarti, chiamarti papà e chiederti consiglio. Ne ho bisogno più di quanto pensi ... “
“Non ci sono problemi, per questo; abitate ancora nella nostra vecchia casa?”
“Sì; ma da quel che mamma mi ha accennato per telefono, dovremo ripensare molte cose forse tutta la nostra vita ... “
“Se intendi che dovrete abituarvi alla mia presenza, è vero; se ti riferisci alle vostre esigenze di vita quotidiana, sono abbastanza ricco da potermi permettere di mantenere un figlio e sua madre senza essere in casa con loro e vivendo una mia realtà ... “
“Non prendi neppure in esame la possibilità di vivere con me senza essere obbligato a una relazione con mia madre?
“Stai proponendomi di venire a vivere con voi da separato in casa, senza rapporti con Elena, ma con una vita quotidiana in comune con te e con lei? Ti rendi conto di quale impegno sarebbe, specialmente per rapporti sentimentali o amorosi?”
“Da quel che mamma mi ha raccontato, l’hai vissuta fraternamente accettandone anche certo libertinaggio; perché dovrebbe essere più difficile adesso che c’è un elemento catalizzatore, io, che lei ha abbassato di molto, forse totalmente, la sua smania di libertinaggio e tu non hai trovato ancora quella giusta anche se hai un harem infinito di donne che sbavano per una serata con te?”
“Stai dicendo che vorresti una famiglia artificiale, con madre e padre che si odiano in silenzio ma per te vivono bene la comunità?”
“Sto dicendo che con mamma ormai convivo nonostante il suo caratteraccio e gli errori che ha commesso; con te ho la necessità di ricostruire venti anni trascorsi ad avere bisogno di un padre. Vieni a vivere con noi e vai a cena con chi ti pare; ma quando ho bisogno di te ti trovo senza problemi, mamma sa di avere un faro di riferimento e il tuo bisogno di essere padre annulla quello di essere marito e si soddisfa guidandomi e badando a non farmi commettere errori ... “
Elena è comparsa insieme al pizzaiolo che reca una pizza margherita divisa in tre parti, con una birra e tre boccali.
“Sergio, sta a sentire un vecchio amico; stasera i tranci sono tre, invece che due, e i boccali altrettanti; non perdonare, non innamorarti, non cedere al fascino della tua donna, sta zitto so che lo è diventata, tardi come tutte le imbecilli, ma ha capito di amare suo figlio e suo padre; stasera la pizza si divide in tre e insieme tornate a casa; poi tu farai i miracoli soliti, le troverai un lavoro che le insegni la dignità; vostro figlio le dimostrerà l’amore che lei non ha saputo provare.
Io scommetto che avete bisogno di ricostruirvi insieme; ma anche se non fosse, siate vicini a questo ragazzo che è tutto suo padre e sarà anche migliore, se lo guiderete e gli insegnerete l’amore e la passione per il lavoro; se volete ordinare una cena completa, la cucina stasera funziona. Auguri.”
“Elena, cosa vuoi fare?”
“Voglio ricominciare; ho molto male da spurgare, come certe lumache prima di essere messe in padella; se ce la fai, vorrei che riprovassimo insieme; ha ragione Ottavio, il pizzaiolo; se abbiamo ancora qualcosa da mettere in comune per ricominciare, bene; e non fosse così, avremo il tempo per una separazione serena e indolore quanto è possibile; io ho voglia di riprendermi mio figlio e, se fosse possibile, anche te; se non è possibile, almeno condividere il figlio sarà un affare positivo; che ne dici, negoziatore?”
“Papà, perché non provi a venire a stare con noi un tempo limitato e poi decidi se ti va di renderlo a tempo indeterminato?”
“E’ la prima volta che mi hai chiamato papà!”
“Come tutti i genitori, appuntatelo; io scriverò nel mio diario che ho conosciuto mio padre e che spero di convincerlo a fidarsi di mia madre ... “
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 8.5
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per Sergio ed Elena:

Altri Racconti Erotici in tradimenti:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni