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Vendetta su vendetta su vendetta ….. 1


di geniodirazza
07.01.2025    |    2.254    |    0 6.7
"Nel buio e nel silenzio totale, rotto solo dal suono cristallino dell’acqua della fontanella al centro del giardino, vidi ad un tratto brillare un’altra..."
Marika era il prodotto inequivocabile di un misto fra educazione cattolica imposta come comandamento categorico, al limite, ed oltre, dell’integralismo e il senso del rigore che solo una famiglia di militari può inculcare sin dall’infanzia.
Non appariva strano, quindi, che fosse cresciuta nel culto di principi assoluti e irremovibili, sacrosanti, intangibili e assolutamente necessari, se tenuti nei limiti del dovere senza scadere nel culto dell’integralismo, e che su quelli avesse formato la sua vita e l’educazione dei figli.
I quali, nonostante la rigida pressione della madre e il lassismo piuttosto concessivo del padre, si erano costruiti una solida personalità ed avevano definito una loro vita autonoma.
Ci eravamo trovati così, alla soglia dei cinquant’anni, io, Francesco, e lei, Marika, a fare i conti con le nostre personalità divergenti e contrapposte su molti punti.
Io, avvocato apprezzato e rispettato con uno studio avviato in centro e alcuni collaboratori intorno, con un’ansia mai sopita di sesso e belle donne che, con una moglie come Marika, latitavano spessissimo.
Lei, professoressa ormai di lungo corso, autorevole e spesso autoritaria, del locale Liceo, che ‘parlava per punti esclamativi’ come scherzavano i suoi detrattori per sottolineare l’abitudine ad imporre il suo giudizio come verità indiscutibile.
Tra le tante fisime che ne caratterizzavano la quotidianità, c’era innanzitutto l’imposizione a tutti i subordinati, io per primo che lei considerava il suo attendente personale, l’obbligo di rispettare le cerimonie rituali e convenzionali anche quando non avevano nessun senso e nessun valore.
Per questo, alla cerimonia di pensionamento di non so quale funzionario, mi trovai costretto ad indossare l’abito scuro e accompagnare in pompa magna la mia signora nel salone delle feste del municipio in una massa di personaggi per lo più usciti dalla naftalina; Marika si muoveva felice e ipocritamente sorridente in questa marea di saluti e baciamani; io cercai scampo immediatamente in un giardino interno, dove potevo almeno sfogare la libidine di una sigaretta, in barba al divieto di fumare in un luogo pubblico.
Nel buio e nel silenzio totale, rotto solo dal suono cristallino dell’acqua della fontanella al centro del giardino, vidi ad un tratto brillare un’altra lucina, dalla parte opposta del porticato; mi avvicinai per conoscere il complice di tanta trasgressione e mi trovai di fronte ad una femmina di grande interesse, da tutti i punti di vista.
Alta quasi quanto me, che non sono basso, con due tette da invitare a poggiare vasi di gerani, fianchi matronali, un viso largo e bello, una bocca carnosa e tumida, sicuramente da fellatio super, fece scattare il fratellino nelle mutande.
Poche battute per riconoscersi annoiati della banalità della serata e me la trovai appiccicata addosso.
Mi afferrò letteralmente e mi strinse con una forza inaspettata; le labbra si rivelarono una ventosa che mi aspirava dalla bocca la voglia, la lussuria, il piacere; le lingue cominciarono una sarabanda incontrollabile producendo insieme saliva a più non posso e libidine che si espandeva dalla bocca al sesso; il mio ‘fratellino’ si innalzò feroce contro il suo ventre, quasi forzando la gonna e l’intimo che immaginavo un perizoma a laccetti; dalla sua parte, credo che cominciasse a colare, considerati i gemiti che le sfuggivano mentre strusciava il ventre sul mio.
Mi chinai a scoprirle il seno prosperoso, ma mi avvertì.
“Non crearmi troppi scompigli; non saprei come rimettermi in ordine!”
Dovetti limitarmi a stringere tra le dita un capezzolo, ma anche con quello sentii che aveva dei piccoli orgasmi.
Forte dell’avvertimento, la feci girare, le feci poggiare le mani alla parete, sollevai il vestito fino sopra i fianchi scoprendo il sedere monumentale che avevo intravisto sotto il vestito, spostai il laccetto del perizoma che non copriva niente e infilai due dita nella vulva; era un lago che continuava a colare lungo le cosce.
Aprii con l’altra mano la patta del pantalone, tirai fuori la bestia ormai inferocita e gliela piantai d’un colpo nella vagina; un lungo gemito accolse la penetrazione.
La presi così, da dietro, per alcuni minuti, mentre lei con i muscoli della vagina succhiava dentro la mia sberla e la faceva arrivare fino alla cervice con una produzione industriale di umori vaginali che rendevano tutto liquido.
“Prova a infilarlo nel retto; se non ti reggo, ti avverto.”
Sfilai il membro dalla vagina, lo spostai leggermente verso l’ano e cominciai a penetrarla lentamente; non doveva essere abituata alla mia stazza; si sentiva che farselo penetrare era una mezza sofferenza che non la induceva però a rinunciare e, dopo poche spinte, avvertii che ero entrato fin dove era possibile, fino a che i miei testicoli battevano sulla vulva.
Bisognava concludere in fretta, visto il luogo e l’occasione.
La pompai con foga per alcuni minuti e, quasi senza riuscire a contenermi, le scaricai nel retto un’intensa eiaculazione che accolse con continui gemiti, sostitutivi necessari dell’urlo che l’orgasmo provato avrebbe richiesto.
Mentre mi sfilavo delicatamente, ebbe il tempo di sussurrarmi.
“Sei stato meraviglioso; mi piacerebbe assaggiarti ancora!”
Le passai un biglietto da visita mentre mi ricomponevo e rientrai nel salone, dove Marika era già in cerca della sua vittima preferita.
Non mi ero fatto dire neppure il nome, dalla sconosciuta.
Ma finii per scoprirlo, purtroppo.
Successe dopo una settimana, mentre eravamo a pranzo, noi due con figli e nipoti; mia moglie, con un tono stranamente plateale e comunque arrogante esordì.
“Ragazzi, il vostro ineffabile papà partecipa alle cerimonie organizzate da me solo per incontrare nuova preda per la sua caccia!”
Rimanemmo tutti basiti; la moglie di Luca, il primogenito chiese che cosa significasse quella frase sibillina.
“Il vostro caro papà durante la cerimonia in comune ha trovato il tempo per una rapida sveltina con la mia collega Rossi, che ne ha decantato le qualità amatorie!”
I miei figli sorrisero e si diedero di gomito; le mogli abbassarono la testa ma si vedeva che sorridevano sornione.
“C’è poco da ridere! Annuncio formalmente che ci sarà vendetta e sarà reso pan per focaccia!”
Inutilmente figli e nuore si sforzarono di sfrondare la vicenda e di convincerla che stava esagerando.
Ormai integralismo e autoritarismo erano scattati e lei aveva deciso.
Aggiunsi soltanto.
“Attenta; potrebbe scattare la controvendetta e stavolta non sarebbe una sveltina casuale!”
La sfida ormai era lanciata e decisi di attrezzarmi per farle abbassare la cresta.
Avevo già fatto installare in casa, su espressa richiesta di Marika e dopo sue continue pressioni, un sistema di controllo collegato al mio portatile; chiesi ad un amico esperto di verificare l’impianto e di potenziarlo soprattutto in camera da letto.
Da quel giorno cominciò il metodico controllo di mia moglie.
Sapevo che avrebbe mirato ad uno dei miei collaboratori, Giorgio, che in diverse occasioni aveva dimostrato interesse alla sua fisicità, ricambiato da Marika con una particolare attenzione.
Era l’ultimo degli associati allo studio ed era sposato con una bella donna che mi sarebbe piaciuto anche portarmi a letto.
Si dice che la vendetta sia un piatto che si consuma freddo; ma Marika era troppo accaldata per aspettare a lungo e la settimana seguente fui quasi testimone della telefonata con cui mia moglie convocava a casa nostra, per il pomeriggio di giovedì, il malcapitato scelto per realizzare la sua vendetta.
Mi attrezzai per essere presente, telematicamente, alla vicenda e potei osservarli da quando lui bussò alla porta e mia moglie gli aprì con indosso l’intimo e, a copertura, un’ampia vestaglia chiusa con una cintura in vita.
La durata totale dell’incontro fu quasi inferiore ad una sveltina, considerata anche l’assoluta inesperienza di Marika ed il grosso impaccio di Giorgio; appena entrati si sedettero in salotto e, incapaci di iniziativa, solo dopo due bicchieri di scotch arrivarono a scambiarsi un bacio e lui le mise una mano sul seno.
Poi si trasferirono in camera da letto e si spogliarono, ciascuno per suo conto; nel togliersi i pantaloni, a lui cadde qualcosa sul letto, ma non se ne avvidero, presi com’erano dall’emozione della copula imminente.
Che fu nella classica posizione del missionario.
Giorgio, anche per la particolarità della situazione, durò pochi secondi e le esplose in vagina; rimasi sorpreso, perché Marika non prendeva precauzioni e non ancora era in piena menopausa; purtroppo per lei, la microcamera registrò anche che, alla fine, non colava niente dalla vagina, col timore che si fosse fatta ingravidare.
Ad ogni buon conto, non appena ebbe concluso, lui si ritirò, si rivestì e uscì dalla camera.
Marika si trattenne qualche tempo, forse a riflettere; poi si diresse verso il bagno.
Sistemai anche il mio portatile e mi preparai ad andare a casa.
Arrivai molto presto, inaspettato; sapevo che non aveva avuto modo di rassettare la camera.
Mi ci diressi deciso e, come prima cosa, cercai tra le lenzuola l’oggetto perduto; era il portafogli di Giorgio che recuperai; andai poi in cucina, dove Marika era con la donna di servizio che ogni tanto veniva a darle una mano.
“Marika, il letto era in disordine; se non ho fatto male i conti, tu dovresti essere fertile; io questo mese non ti ho sfiorato, se ti sei fatta ingravidare, il riconoscimento sarà un pesante problema con gravi conseguenze.”
“E chi ti dice che il letto è stato disfatto perché ci ho fatto sesso?”
“Se sarà necessario, lo saprai a tempo debito. Ti ho avvertita in presenza di una testimone. Caterina, hai capito quel che abbiamo detto? Se finiamo in tribunale, ti chiamerò a testimoniare.”
“No, per favore, non mi mettete nei guai, io non so niente di letti disfatti e di gravidanze.”
“Ma hai sentito che l’ho avvertita?”
“Si.”
“Bene, a me interessa quello. Cara mogliettina, augurati di non essere nel periodo fertile!”
Andai nella camera degli ospiti e scaricai su chiavetta USB il filmato della scopata, che, rivista con calma, risultava ancora più impacciata e banale di quello che mi era risultato dal vivo.
Purtroppo, la mancanza di elasticità anche nella vendetta danneggiava Marika che riduceva tutto ad esecuzione di ordini.
Telefonai poi alla moglie di Giorgio, che mi avvertì che il marito non era ancora rientrato.
“No, ho chiamato per parlare con te. Tra poco, quando verrà a casa, Giorgio si accorgerà di non avere il portafogli; l’ha perso fra le lenzuola del mio letto matrimoniale dove ha copulato con mia moglie. Vuoi che lo consegni a lui o lo riporto a te?”
“Ha copulato con tua moglie? Il cornuto ce l’ha fatta. Allora adesso tocca a noi?”
“Che vuoi dire?”
“Che domani mattina tu mi riporti il portafogli, li ripaghiamo della stessa moneta e tu non perdi il tuo, di portafogli.”
“Ci staresti davvero?”
“Se te lo dico … “
“Non sai quanto sono felice anche solo al pensiero che farò l’amore con te. A domani.”
“Alle dieci, prima ho da fare.”
“Ok. Ciao.”
Rientrai in cucina e per tutta la serata non ci scambiamo una parola.
Subito dopo cena, Marika telefonò ai nostri figli e li sollecitò a venire, la domenica successiva, a pranzo da noi perché voleva parlare a tutti.
Davvero non riuscivo a capire che cosa potesse avere in mente ma non mi azzardai assolutamente a porre domande, anche perché alla fine avrebbe fatto in modo di affermare il suo punto di vista come verità assoluta; ed io ero ormai agli sgoccioli della mia pazienza con lei.
Puntualmente, alle dieci del giorno seguente ero a casa di Giorgio.
La moglie, quasi avesse visto il video dell’incontro tra suo marito e mia moglie, mi venne ad aprire con indosso una frusciante vestaglia di seta, chiusa in vita da una cintura della stessa stoffa, che copriva un intimo ridottissimo che si intuiva dalle trasparenze della seta.
Senza neanche darci il tempo di salutarci, finimmo nelle braccia uno dell’altra e ci cominciammo a baciare col fervore di amanti dopo un lungo periodo di lontananza; percorsi di baci tutto il suo volto fino alla gola e mi piegai a leccare le tette e i capezzoli a malapena coperti da un ridottissimo reggiseno che sganciai dalla schiena e feci cadere nella vestaglia; sciolsi il nodo, aprii l’indumento, lo feci scivolare a terra e me la trovai davanti, coperta solo dai laccetti di uno striminzito perizoma che le solleticava il clitoride già gonfio, anziché coprirle in qualche modo la vulva.
Scendendo più giù con la bocca, arrivai a leccarle l’ombelico che sporgeva stranamente dal ventre ma diventava in tal modo un oggetto da leccare e da succhiare quasi autonomo rispetto al corpo; dopo che ci ebbi giocato per un poco, Elettra mi fermò la testa e mi sollevò per baciarmi sulla bocca e infilarmi la lingua in gola quasi a farsi praticare una fellatio alla lingua.
Poi, presami la mano, mi accompagnò nella camera da letto.
“Nel talamo, mi pare giusto!”
Concordai e cominciai a spogliarmi mentre cercavo di abbrancarle il sedere piccolo e sodo che mi piaceva moltissimo e che speravo di penetrare o, addirittura, di sfondare, quella mattina.
Mi sollecitò a spogliarmi e cominciò lei stessa a togliermi giacca, cravatta, camicia e pantaloni fino a lasciarmi con calzini, slip e maglietta.
Mi sfilò il resto e mi spinse sul letto.
Il sesso mi si rizzò enormemente e vidi che lo guardava con lussuria e meraviglia.
“Abbiamo un bell’arnese, qui. Vediamo cosa ne possiamo fare!”
Mi stese supino e mi montò addosso.
Per più di mezz’ora mi cavalcò convinta, prima di spalle al mio viso, poi di faccia; qualche volta si spostò fino a infilarmi la vulva quasi sul naso e a farsi succhiare fino a che i suoi umori mi colavano in bocca; altre volte scivolò fino ai piedi e si piegò in avanti a prenderlo in bocca e farsi penetrare al limite dei conati di vomito.
Concluse stringendomi il membro tra le tette e lanciandosi in una dolcissima spagnola.
Finché non la interruppi, la scaricai sul letto, la stesi supina e cominciai io a trattarla con amore, cominciando dalla testa e scendendo via via fino alla vulva.
Montarla in gola mi eccitava solo in parte, visto che lo aveva già fatto lei; così anche infilarlo tra le tette mi apparve scontato; quello che non ancora avevo provato, era leccarla per bene; la inchiodai al letto e le imposi di stare immobile; scesi verso le sue gambe e mi accostai con la bocca all’inguine; divaricò le gambe per farmi spazio e mi sistemai fra le sue cosce; cominciai a leccare le grandi labbra e andai a cercare il clitoride duro e gonfio da far paura; lo succhiai come un membro e, con due dita lo masturbai fino a che la sentii agitarsi tormentata sul letto, quasi morsa da una tarantola, e non esplose all’improvviso, con un urlo quasi disumano.
Mi fermai e la lasciai riposare; mi fece sdraiare accanto a lei e scherzò.
“Bada che sono debole di cuore; così mi provochi un infarto!”
“L’amore non ha mai fatto danni; tu morirai di vecchiaia e vivrai migliaia di orgasmi come questo! … Il tuo didietro è disponibile?”
“Anche se la tua dotazione non è tra quelle abituali per me, adesso sono tutta tua e se non mi fai molto male, ti concedo tutto.”
Ma avevo deciso che prima volevo farla esplodere con l’asta in vagina; le montai sopra, alla missionaria, e spinsi lentamente il membro; feci qualche piccolo sforzo, perché evidentemente era abituata a calibri minori, ma alla fine ero dentro con grandi ululati di lei che godeva ad ogni spinta, ad ogni incontro della mia mazza con la sua vagina e, infine, con l’utero,
Quando la sentii esplodere per l’ennesima volta, mi sfilai e, in ginocchio tra le sue cosce, la feci ruotare, le misi due cuscini sotto al ventre per sollevare il sedere; mi fiondai fra le natiche, cominciai a leccarle l’ano e accostai le dita; il medio entrò subito; quando accostai l’indice, l’ano ebbe una breve reazione, poi cedette e si lasciò infilare tutte le nocche; alla fine, entrai con l’anulare e ruotai le tre dita fino a che si mossero liberamente; le chiesi se aveva un lubrificante, lo prese dal cassetto vicino alla testiera e me lo passò; la lubrificai bene, dentro e fuori, unsi anche il sesso e cominciai a penetrarla con dolcezza; si aprì con facilità e mi lasciò entrare nel canale rettale.
Ogni tanto mi fermavo a farla respirare, perché la massa era grande e nuova per il suo retto.
Ma, alla fine, mi scatenai in una cavalcata infinita.
“Ti va se eiaculo nel retto?”
“Si, anzi è meglio, perché non sono protetta!”
Accelerai i colpi e scaricai nel suo intestino una piena di caldo sperma che ricevette con passione ed urli disumani.
Continuammo a copulare per un paio d’ore circa, fino alla mezza; poi Elettra mi avvertì che era l’ora di preparare il pranzo per lui.
Le chiesi un’ultima fellatio per suggellare l’incontro e lo fece con profonda passione.
“Ci rivedremo ancora o, esaurita la vendetta, non ti interesso più?”
“Sei matta! Mi fai tanto, tanto, tanto sangue, mi ispiri tanto sesso che ti possiederei per giorni. Appena questa buriana sarà passata, ci rivedremo ancora e ne faremo di bellissime.”
Un bacio suggellò l’impegno.
Mi rivestii, mi accertai di non lasciare niente, le lasciai invece il portafogli, la baciai teneramente sulla porta di casa ancora chiusa, poi uscii e tornai a casa dove arrivai in tempo per sedermi a tavola con la mia dolce consorte; sentì un odore strano e ne fu turbata, non sapeva che era odore di sesso e mi venne da sorridere.
Fedeli alla norma che ci eravamo tacitamente imposti, non scambiammo una parola; d’un tratto squillò il suo telefono, si alzò e si spostò nell’altra camera; mi misi ad origliare e capii che era Giorgio che chiedeva conto del suo portafogli.
“Guarda che ho cambiato il letto e non ho trovato niente. La donna delle pulizie se avesse trovato qualcosa, me l’avrebbe consegnato. Va bene, dopo pranzo rifaccio la ricerca; ora non posso parlare perché sono a pranzo con mio marito …. No ti prego, quel termine non mi va che lo si usi. Va bene, sarà anche così, ma è meglio se con me non lo usi, quel termine. Ciao.”
“Scusa, qual è il termine che non deve usare?”
“Si tratta di un alunno che vuole usare una parolaccia in un tema.”
“In un tema cornuto non puoi considerarlo parolaccia; se lo usa il tuo amante nei miei confronti, allora è meglio che si guardi in testa quando passa le porte!”
“Come al solito, sei volgare e non ho voglia di parlare con te.”
“Lo farai … lo farai … “
Arrivò la domenica col pranzo previsto e l’atmosfera era fredda, tesissima.
Subito dopo aver pranzato, Marika comunicò a tutti.
“Vi ho voluti qui per comunicarvi che vendetta è consumata, giustizia è fatta e non voglio se ne parli più.”
“Quindi, ancora sei qui per enunciare editti e dire le ultime parole famose. Ancora sempre e solo ordini?”
“Questo è il mio punto di vista. Voi tenetevi il vostro.”
“Troia!!!!!”
A parlare era stata la moglie del più piccolo.
“Come ti permetti?”
“E’ il mio punto di vista. Ti sei comportata da troia!”
Marika stava per scattare; intervenne Luca.
“Beh, mamma, tu affermi le tue verità assolute; se permetti ma anche e soprattutto se non vuoi permettere, ognuno di noi ha le sue opinioni e credo che noi quattro condividiamo il giudizio di Ada. Il tuo è stato un comportamento da troia!”
Cercai di placare gli animi.
“Calma, ragazzi, come può fare la troia una donnina che non ha mai fatto una fellatio, non sa che cos’è masturbazione, ha l’ano ancora intonso e sa copulare solo alla missionaria? Anche per fare la troia ci vuole una capacità, una forza, un’esperienza. Poi il suo amante di una sola volta è così imbranato che non era in grado di farla diventare troia sul serio.”
“E tu che ne sai del mio amante di una volta?”
“Ragazzi, ha scelto uno così imbecille da lasciare nel letto dove ha copulato il suo portafogli e la tessera del club!”
Mi guardarono tutti inebetiti; Luca parlò per primo.
“Che ne sai tu di tutto questo?”
“Ha copulato con Giorgio, il più imbecille dei miei assistenti!”
E, nel dirlo, gettai sul tavolo la tessera del club di Giorgio.
La solita Ada commentò.
“Neanche l’amante sai sceglierti e pretendi di comandare il mondo!”
Nessuno fiatava.
“Comunque, la cosa più assurda è che quel cretino viene qui a farsi una missionaria, mentre sua moglie prende membri di grande spessore in tutti i buchi, pratica la fellatio meravigliosamente ed ha una vulva da pazzi!”
“E tu che ne sai?”
“Questa è la tessera; il portafogli l’ho consegnato io personalmente ad Elettra che mi ha ringraziato meravigliosamente!”
“E come fai a dire che il suo amante l’ha scopata una sola volta alla missionaria?”
“Vuoi vedere il video?”
“L’hai spiata?”
“Avvocato, tu parli con un avvocato di grande esperienza. Non ricordi che questa casa è sorvegliata dappertutto? Non ricordi che è stata la tua mamma a pretendere il controllo su tutti gli angoli? Ho usato strumenti che sono organici all’appartamento per sapere cosa succedesse a casa mia; per caso, c’era mia moglie che copulava con l’altro. Ah, alla fine non s’è visto sperma fuoruscire. Ho già avvisato vostra madre e lo comunico anche a voi che, se per sua incuria, ignoranza, incapacità, o peggio dovesse essere rimasta incinta, il problema della paternità solleverà uno scandalo enorme.”
“Non succederà, stanno per venirmi le mestruazioni.”
“Fortunata, ma comunque incosciente!”
Ancora Ada insistette.
“Perché, cosa avrei dovuto fare, secondo te che di troiaggine sei più esperta.”
“No, la troiaggine la dimostri ampiamente tu, io sono esperta di copule, soprattutto con mio marito, e se voglio fare sesso senza rimanere incinta uso le mani la bocca il retto, ma, come ha detto papà, a lui lo riconosco il titolo, a te no!, tu non sai neanche cos’è una fellatio e non potevi chiudere con una bella succhiata la copula che ti eri fatta. Più si approfondisce il tema, più risulti patetica come una ragazzina capricciosa!”
Luca intervenne ancora.
“Mamma, se ti sei esposta al rischio di rimanere incinta, allora è veramente molto grave.”
“Non è vero; ha concluso fuori!”
Allora persi le staffe e accesi il computer.
“Guardate con calma; siete persone mature e in grado di valutare come faranno in tribunale.”
Il video si avviò e si vedeva tutta la copula fino al finale di lei distesa sul letto; nessuno vide sperma; alla fine, l’immagine zoomò sul lenzuolo che non recava tracce organiche.
“Cavolo, mamma, è chiaro che lo hai lasciato venire dentro e hai rischiato. Perché parli di tribunale, papà?”
“Io non sopporto più l’arroganza di tua madre che, davanti a prove concrete, continua ad insistere sulla sua versione come verità unica. Il matrimonio sta per saltare. Forse non sarà per questa copula che si è fatta convinta di essere clandestina, ma temo che la cosa andrà avanti, perché tua madre considera la partita ancora aperta e, alla prossima sciocchezza, non sarò delicato e picchierò con durezza e cinismo. Siete avvertiti; la cosa finirà in tribunale e dovrete testimoniare contro vostra madre, sappiatelo!”
“Mamma, ma davvero non consideri la questione chiusa?”
“Chiusa? Ora c’è anche Elettra. Come copula? E’ più brava di me, è inevitabile. Ti sei divertito? Ci andrai ancora? Adesso ci penserò io a farti pentire di avermi tradita!”
“Marika, lo ribadisco. Io sono disposto a chiuderla qui, Se ne combini una grossa, paghi tutto e con gli interessi. Attenta a te.”
“Eh, no, avvocato, non mi fai paura. Vedrai che cosa ti ho preparato!”
Luca sembrava spaventato.
“Mamma, cosa stai meditando? Per favore. Così ci fai paura. Lui può divorziare e ne ha già ottimi elementi, ma per noi resti sempre nostra madre e se fai qualcosa di brutto, paghiamo anche noi.”
“Cavoli vostri!”
“Luca, prendiamo i bambini e andiamo a casa; qui non si respira e con certe follie non voglio averci a che fare. Andiamocene!”
Si avviarono; Ada li trattenne.
“Un momento, aiutatemi coi bambini; neanche io me la sento. Se tu vuoi stare con mamma e papà che si massacrano, buon divertimento. Io e i bambini andiamo a casa nostra in un’atmosfera più sana.”
Anche il figlio minore si accodò e tutta la famiglia uscì.
“Andate, andate. Vigliacchi! Mi vendicherò e poi tutto tornerà normale, sotto il mio controllo. Vedrete!”
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