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tradimenti

Raffaella, detta Lella


di geniodirazza
12.05.2024    |    7.962    |    5 9.6
"Aristide è distrutto, si agita e strappa ferocemente i legacci che reggono all’urto; vedo che sta piangendo e godo perché il mio obiettivo era appunto quello..."
“Ciao, Lella, come va? Mi faccio una doccia veloce, poi ceniamo; ti devo anche parlare di una cosa importante!”
Il bacio sulle guance è di prassi, tra me e mio marito, quando torna dal lavoro; come al solito, si fionda in bagno, si ficca sotto la doccia; poi, ancora in accappatoio, verrà in tavola per cenare; quasi sempre, prima ci abbandoniamo ad un caldo amplesso; sposati da solo due anni, ancora giovani e vogliosi, abbiamo una vivace interpretazione del sesso e ne facciamo largamente uso; ci concediamo anche molte e frequenti trasgressioni, con gli amici o con compagni occasionali.
L’intesa è che copuliamo liberamente, con chi ci capiti, all’unica condizione che non ci sia niente che suoni come tradimento; per questo, ci lanciamo quasi sempre in avventure che ci vedono insieme, decisamente complici e innamorati, sicché anche fare libero sesso diventa un modo di esprimere il nostro reciproco ed intenso amore; se qualche occasione capita che non ci consenta di essere insieme, l’accordo è che avvertiamo appena possibile, anche il giorno dopo, se non si può prima.
Lui è già nudo in bagno quando mi ricordo che doveva passare in concessionaria a prendere la garanzia per la cucina appena comprata; attraverso la porta gli chiedo se lo ha fatto; mi dice di prenderla nel borsello, che si ostina a portare incurante dei commenti e delle ironie; vado all’attaccapanni e, sotto la giacca, trovo appeso il suo indivisibile portadocumenti; mentre scavo per cercare la garanzia, mi capita tra le mani il suo telefonino; incuriosita, lo apro.
Un diavoletto tentatore mi spinge a fare qualcosa che razionalmente non avrei mai fatto; conosco la password, lo apro e do una sbirciata; mi colpisce un video con una sigla strana; lo apro e mi appare un fallo che entra in una bocca aperta; non mi ci vuole molto a riconoscere il suo, lo individuerei tra mille, tanto mi ci sono affezionata; il campo si apre e la bocca risulta quella di Evelina, la mia amica che da sempre ha espresso il desiderio di farsi possedere almeno un volta da Aristide, mio marito.
Il cervello mi si blocca per un momento e vedo nero; prelevo il foglio di garanzia, rimetto a posto il telefonino e richiudo; ma sono nervosa, anzi incavolata nera e non reggo allo stress; essere tradita così volgarmente era l’ultima cosa che potessi aspettarmi da lui, con la chiarezza che sempre c’è stata tra di noi; decido di uscire per sbollire la rabbia ed evitare una litigata che potrebbe nuocere al mio equilibrio mentale.
Infilo la giacca, prendo la borsa e, prima di uscire, mi accosto alla porta del bagno e, attraverso il vetro, lo avverto che esco perché ho cose da fare ed un appuntamento al bar con le solite amiche; non ascolto nemmeno la sua risposta; so che mi starà facendo mille obiezioni, perché, se aspetto, possiamo uscire insieme; ma sono feroce e decido di mandarlo al diavolo; esco a coda ritta e cerco di dare ordine ai miei pensieri.
Il solito diavoletto mi suggerisce che devo vendicare ‘l’offesa’ nella maniera più grave possibile e mi reco difilata al bar, dove so che incontrerò qualcuno con cui sfogare la mia rabbia; a mano a mano che avanzo, comincio a riflettere che forse può esserci una vendetta più sottile, ricambiare della stessa moneta e fare le corna anche a lui; ma, ancora peggio, penso che dovrei costruire una vendetta di cui si debba ricordare per tutta la vita, come per esempio fare sesso, davanti a lui, con Oreste.
E’ il suo amico fidato, da una vita, che non ha mai nascosto che gli piaccio molto e che una seduta di sesso con me è l’ideale massimo dei suoi desideri; decido di inventarmi un modo per mortificarlo come lui ha fatto con me con quel video maledetto; telefono ad Oreste e gli do appuntamento al bar, dove mi raggiunge nel giro di pochissimo tempo; gli parlo di un’idea avuta con Aristide, di organizzare una bella copula a tre dai contorni particolari per renderla indimenticabile.
Ha molti dubbi e li esprime chiaramente ma sono abbastanza abile nella dialettica e ci metto poco a convincerlo che abbiamo deciso un’occasione trasgressiva molto particolare in cui lui avrà un ruolo primario e dovrà copulare con me al massimo delle sue abilità; riesco a persuaderlo e a convincerlo che l’indomani sera, quando gli farò uno squillo, si dovrà presentare a casa nostra senza farsi notare e fare tutto quello che gli dirò.
Passo con lui il resto della serata e tiro tardi prima di tornare a casa, verso le due, quando so che mio marito starà saporitamente dormendo perché si alza presto; entro cautamente in camera, ascolto il suo russare da sonno profondo, mi cambio in bagno e mi stendo accanto a lui; qualcosa mi rimprovera che sto facendo una enorme stupidaggine, non parlando con lui della scoperta; ma il fastidio di quel video è troppo vivo per consentirmi di ragionare.
Si sveglia prestissimo e mi lascia ancora dormire; vado al lavoro e per tutta la giornata non mi faccio viva, anzi ignoro i suoi messaggi; ormai ho deciso che deve essere punizione e lo sarà, anche a costo di farmi male; ho il turno di mattina, al supermercato dove lavoro da cassiera, e mi trovo davanti tutto il pomeriggio libero per organizzarmi la serata che ho in mente; rientrata a casa, pranzo comodamente, mi dedico alle mie abluzioni e mi preparo ad una serata di sesso selvaggio.
Aristide torna e compie i gesti rituali, bacio sulle guance e via sotto la doccia; quando esce in accappatoio, non gli lascio tempo per niente; gli dico che ho per lui una sorpresa, faremo l’amore in una maniera assolutamente speciale, lo porto in camera, bloccando ogni tentativo di parlare, lo faccio sdraiare sul letto e con uno scotch largo e solido gli imprigiono mani e piedi; un piccolo brandello gli tappa la bocca.
Gli dico che stavolta sarò io a condurre il gioco e che dovrà e potrà solo accettare tutto quello che io deciderò di fare; mando lo squillo ad Oreste e mi spoglio; lascio aperta la porta e il portone d’ingresso; mentre aspettiamo, prendo il suo telefonino, apro il video incriminato e glielo mostro, si contorce in tutti i modi e cerca di parlare ma non può; sono inesorabile e lo avverto che adesso sarà lui a sperimentare quello che si prova ad essere traditi; oltretutto, lo sto avvisando prima, io.
E’ chiaro che sta cercando di dirmi qualcosa; ma i suoni che emette sono solo versi gutturali; per un attimo, mi viene in mente che non ci siamo parlati esattamente da quando è entrato in doccia il giorno prima fino a quando è uscito dalla doccia adesso, che forse il qualcosa di cui voleva parlarmi era proprio la copula con Evelina; raccontata il giorno dopo, perché la sera prima dormivo, quando è rientrato, non costituirebbe tradimento; ma ormai sono lanciata e non mi fermo.
Oreste entra silenziosamente in casa, raggiunge la camera e rimane per un attimo imbambolato di fronte alla scena; gli faccio segno che va tutto bene; si adegua e mi avvolge in un abbraccio da innamorato; perdo il senso del limite e mi prende il languore che conosco, quando sono molto eccitata; ricambio il suo bacio con grande passione e mi stringo a lui sensuale e flessuosa; avverto nettamente il sesso che mi preme sul ventre e mi rendo conto che è ben solido e grosso, come avevo sentito dire.
Aristide è distrutto, si agita e strappa ferocemente i legacci che reggono all’urto; vedo che sta piangendo e godo perché il mio obiettivo era appunto quello di infliggergli una lezione terribile; in realtà, non provo niente per il suo amico e, in condizioni normali, una copula a tre con mio marito sarebbe stato un momento di grande sesso; ma l’immagine di lui che possiede Evelina senza avermi detto niente mi rende spietata.
Comincio a spogliare lentamente il maschio e, quando gli tiro via il pantalone e il boxer, rimango per un attimo incantata di fronte a quella grazia di dio che mi si presenta, una mazza di una ventina di centimetri, grossa e nodosa, capace di contendere lo scettro a qualunque fallo, anche a quello di mio marito che comunque resta il più grosso tra quelli che ho assaggiato e in assoluto il mio preferito, perché amo lui e il suo bastone; non capisco cosa mi capiti.
Oreste ha abbandonato, come me, qualunque senso di colpa o di rimorso; quando mi abbasso a prendere in bocca il suo mostro, mi accompagna la testa verso il basso e mi invita, a gesti e a parole, a leccare bene i testicoli e la radice, poi sono io a prendere l’iniziativa e lecco amorosamente l’asta per tutta la lunghezza; sembra quasi infinita, ma mi provoca dolci esplosioni i cui umori si vanno a scaricare nello slip, unico indumento che ho lasciato addosso.
Quando le labbra sfiorarono la cappella, lo sento rabbrividire e inastarsi ancora di più, benché ormai non ne abbia; spinge delicatamente ma decisamente e io sento la cappella scivolare tra palato e lingua; la circondo di ghirigori sensuali, percorrendo la base e soffermandomi sul frenulo; avverto, dalle contorsioni involontarie, che gli piace ed insisto sulla leccata fino a far penetrare la punta della lingua nel meato urinario, con evidenti sferzate di piacere.
Comincia a copularmi in bocca e spinge la mazza fino in fondo alla gola; già mi ero trovata nella necessità di arginare l’irruenza di una copula fastidiosa in gola e blocco con la mano l’asta oltre le labbra imponendogli penetrazione e ritmo; si lascia andare e facilita la mia fellazione, accompagnando soltanto con la mano il movimento della testa che titilla il membro stringendolo dolcemente.
Rischia di eiaculare e non voglio che finisca così presto; gli strizzo i testicoli; capisce che deve frenarsi, mi prende per le braccia e mi fa alzare in piedi, mi spinge sul letto, a fianco a mio marito, mi divarica le ginocchia e si fionda sulla vulva, prendendo fra le labbra il clitoride che stringe tra i denti; ho un momento quasi di ribellione; da sempre, Aristide mi aveva abituata a lunghissime leccate che partivano dall’interno cosce e svariavano su tutto l’inguine.
Tutte le volte che mi ero trovata a copulare con altri, era stato lui, con l’esempio o con il suggerimento, ad indicare al mio partner occasionale il modo migliore di titillarmi, con le mani o con la bocca per darmi il massimo godimento, prima di aggredire il centro del piacere; Aristide non è in grado di aiutarmi, con questo suo amico irruento; vedo che soffre a vedermi tormentata, ma mi sembra quasi di godere di più, per la sua sofferenza.
Costringo l’altro a spostare l’obiettivo e a leccarmi meglio, dicendogli chiaramente quello che deve fare; si adegua e in poco tempo mi da sensazioni enormi di piacere leccandomi con cura le grandi labbra, poi le piccole ed infine titillandomi dolcemente il clitoride; mi giro a guardare mio marito, mentre gli orgasmi mi squassano il ventre, e gli sorrido provocatoria; si limita a stringere gli occhi, mentre le lacrime gli scorrono lungo le gote.
Dopo una lunga e laboriosa ‘lavorazione’ del sesso, Oreste si sposta verso i seni e li palpa a lungo; fermandosi ogni tanto quasi a chiedermi conferma che si muove in modo giusto, mi succhia a lungo i capezzoli, li strofina fra le dita e ci passa sopra il sesso eccitandosi; stringo i globi intorno ed avvio una lenta spagnola; la punta mi arriva in bocca, come prevedevo, ed abbino alla copula tra i seni una fellatio anomala che gradisce profondamente.
Poi si decide a penetrarmi; mi solleva i piedi fino a farseli girare intorno al collo e mi penetra con un solo colpo; gemo forte e a lungo, mentre mi lancio nell’amplesso che ben conosco, per averlo a lungo praticato con Aristide; mi cavalca per una buona mezzora, godendosi la vista della vagina penetrata dal suo membro superbo; raggiungo l’orgasmo un numero infinito di volte; ad ogni esplosione, guardo con sfida mio marito che, ormai distrutto, se ne sta ad occhi chiusi a soffrire.
Poi Oreste mi fa ruotare mi mette carponi, per prendermi a pecorina; sento il sesso entrare come un ariete fino all’utero ed urlo di goduria; mi cavalca per una mezzora ancora; poi sfila il sesso dalla vagina, sputa sull’ano e, in un sol colpo, mi penetra nell’intestino; urlo, ma di dolore stavolta, e devo trattenerlo un poco, prima di adattarmi alla copula anale che porta avanti per un tempo che mi pare quasi infinito; è quasi inesauribile.
Quando decido di farlo godere, stringo i muscolo rettali, abbraccio il sesso con lo sfintere e, in pochi copi, lo porto all’orgasmo; mi sento il ventre invaso da un fiume di sperma che raggiunge il punto più interno dell’intestino; la sensazione dl doppio godimento, mio e suo, mi produce il più bell’orgasmo della serata; si abbatte sulla mia schiena, schiantato dalla performance, e per un certo tempo se ne sta a prendere fiato; poi esce prudentemente dall’ano.
Si sdraia al mio fianco, dal lato opposto ad Aristide, e prende a carezzarmi con dolcezza; ricambio e ci baciamo a lungo; sento la sua mazza riprendere vigore e rizzarsi di nuovo prepotente; decido allora di montarlo io, dopo avere subito per oltre due ore i suoi assalti; lo masturbo sapientemente per qualche minuto, lo pulisco con una delle salviette umidificate che abbiamo sulla testiera del letto per quella funzione; lo lecco a lungo; quando è duro abbastanza, gli monto addosso.
Guidando sapientemente il sesso, me lo accosto alla vagina e comincio a farmi penetrare finché lo sento tutto dentro; poiché si è completamente ripreso, mi chiede come mai mio marito resti inerte e legato come un salame; senza smontare dalla sua mazza, prendo il telefonino di lui e gli mostro il video che aveva originato la vicenda.
“Ah, questo è tutto? Lo sapevo che aveva copulato con Evelina; mi aveva detto che te ne avrebbe parlato! … “
“Quando è successo?”
“L’altro ieri sera; doveva parlartene ieri sera. Non l’ha fatto?”
“Oh, mio dio, non gliene ho dato il tempo. Quindi era tutto regolare?”
“Regolare perché?”
“Siamo d’accordo che una trasgressione comunicata anche il giorno dopo non è tradimento … oh cristo, ieri non l’ho fatto parlare, stanotte sono tornata che dormiva, oggi non ho risposto ai messaggi. Ho fatto una stupidaggine enorme!”
Mi preoccupo immediatamente di liberare Aristide dai legacci, sperando che non sia troppo tardi per rimediare ad un’imbecillità enorme; non dice una parola, quando è liberato anche dal bavaglio; mentre io mi scavalco dal randello del suo amico e corro a carezzarlo chiedendogli scusa, si veste come quando era entrato, prima di andare a fare la doccia; gli trotterello intorno sperando che mi risponda in qualche modo; ma è chiaro che è fuori di sé.
“Ari, credimi, è stata una follia stupida, ma non volevo offenderti.”
“Si, ti credo, non ti preoccupare … “
“Senti, Ari, io mi sono fatto trasportare da tua moglie; credevo che tu fossi d’accordo; così mi aveva detto … Siamo ancora amici?”
“Eravamo due buoni amici; adesso direi una sciocchezza, qualunque cosa ti dicessi. … Solo una cosa … Hai pensato, anche per un attimo, che potevi chiedermi se davvero ero d’accordo col suo progetto?”
“No, mi dispiace; Lella mi è sempre piaciuta e questo mi ha fatto perdere il senso della logica; mi sono comportato da imbecille … “
“… e mi hai fatto le corna; non credo che riuscirò mai a dimenticarlo, se anche mi riuscisse di perdonarti; era tuo dovere parlare con me, prima di agire … “
“E’ vero, amore; anche io ho sbagliato a non parlare con te, prima di progettare una simile infamia … puoi perdonarmi?”
“Che razza di domande!”
“Che fai? Esci? Dove vai?”
“Vado a prendere le sigarette … Chiedi a tua madre cosa disse tuo padre quando la lasciò definitivamente … “
Non sono in grado di connettere; ho commesso un errore gravissimo ed ora dipendo dal perdono di un uomo che mi ama, anzi mi amava fino a due ore fa, ed ho calpestato come il più schifoso escremento di cane sul marciapiedi; non mi resta che sperare che non si sia troppo offeso e che davvero torni da me con le sigarette; vado in bagno, mi ficco sotto la doccia e cerco di lavarmi da dosso la vergogna che sento profonda.
Quando esco, in accappatoio, Oreste è ancora lì, nudo, seduto sul letto, che cerca di dare ordine ai suoi pensieri; sul comodino, dal lato di Aristide, fa bella mostra di sé un pacchetto di sigarette quasi nuovo; Oreste guarda dalla stessa parte e vedo chiaro lo sgomento sul suo volto; faccio il numero di mia madre; lui mi chiede di mettere il vivavoce.
“Mamma … non ho tempo per i convenevoli … quale fu l’ultima frase che disse mio padre prima di sparire dalla nostra vita?”
“Buono, quello! Trovò la scusa più imbecille del mondo; disse che andava a prendere le sigarette e non l’ho più visto … “
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