tradimenti

Serena


di geniodirazza
06.11.2024    |    1.526    |    1 8.5
"” “Io ci voglio credere ancora; io voglio ancora illudermi che lui sarà il mio compagno di vita; se mi fossi sbagliata, starei buttando ai porci tutta la mia..."
Il racconto di Serena
Difficile dire che cosa mi inducesse a sposarmi, a poco più di vent’anni, col giovane imprenditore edile che mi corteggiava da un paio d’anni ormai, per tutto il tempo che trascorrevo in vacanza al mare.
Sostanzialmente, credo che si trattasse di una delle tante bizze che i miei genitori sopportavano facilmente e che puntualmente cercavano di farmi realizzare; certo, una decisione così significativa come il matrimonio avrebbe dovuto suggerire a me una maggiore riflessione ed un senso di equilibrio che non avevo mai avuto; ma anche ai miei genitori avrebbe dovuto dettare la forza morale e intellettuale di impormi uno stop per invitarmi a riflettere; invece fui accontentata, come quando chiedevo un vestito nuovo; e mi sposai.
Quello che emerse immediatamente, fu il senso di insoddisfazione per la nuova condizione di moglie che nelle intenzioni di mio marito e dei miei genitori, doveva legarsi alla casa e alla sua gestione; il mio spirito di libertà si eresse immediatamente e mi fece respingere ogni tentativo di inquadrarmi nel ruolo piccolo borghese della massaia attenta all’ordine e alla pulizia della casa e impegnata poi a fare shopping e a spendere i soldi che il marito guadagnava abbondantemente.
Innanzitutto, rifiutai la proposta di mio marito Nicola, Nico per gli amici, di andare a lavorare in uno dei suoi cantieri; sapevo benissimo che si sarebbe trattato di un impegno solo formale, per tacitare le voci di maschilismo e far credere che mi avesse procurato il lavoro; decisi invece di cercarmi io un’occupazione e la trovai presso un’impresa concorrente di quella di mio marito, da una signora che mi assicurò una paga da fame ma la coscienza che l’avevo ottenuta io con le mie forze.
Il salario che percepivo mi bastava solo per una visita a qualche negozio di novità, per un profumo, un rossetto, spesso un paio di scarpe; ma la condizione economica di Nicola mi permetteva di godere della massima autonomia e in fondo lavorare era solo un modo per essere in pace con me stessa, oltre al fatto che mi consentiva di mantenere rapporti umani molto interessanti e spesso addirittura gratificanti.
Purtroppo, crebbe anche il mio disagio rispetto a mio marito e al matrimonio quando, sul lavoro, il confronto e il dialogo con le colleghe si fece cicaleccio pettegolo anche su temi particolarmente ‘scabrosi’ che erano sempre rimasti fuori dai miei panorami; la frequenza nel sesso, la varietà nei rapporti, le sensazioni e le reazioni finirono per essere analizzati fino nelle fibre più sottili e, alla fine, mi trovai a dover riflettere che non ero poi molto contenta di come mi trattava Nicola con le sue fasi preliminari portate all’estremo, spesso per ore, e le copule lunghe, laboriose, quasi meditate.
Non potevo certo lamentarmi per la dotazione, che superava i venti centimetri e lo spessore di una lattina di piccolo formato; né era scadente l’uso che ne faceva, lungo, tirato, quasi meditato, accompagnato da moine, carezze, baci, titillamenti e tutto un repertorio di stimolazioni, fisiche e mentali, che davano rapporti lunghi e soddisfacenti; quello che mancava, era la passione aggressiva, quasi violenta, lo sbattere con durezza sul letto e accompagnare le copule con qualche parolaccia, insomma il farmi sentire femmina dominata e posseduta fin nelle fibre più interne del corpo; di più, mancava proprio la provocazione, quella sfrontata sicumera, come era quella del mio diretto superiore, per esempio, che lo proponeva come belva in agguato e mi rendeva preda succulenta e appetibile col mio fisico ancora quasi acerbo e ben messo in tutte le curve, segnalate da abiti succinti fatti per attirare maschi e sesso.
Il primo approccio, casuale e fuggevole, me lo confermò; mentre si allungava dietro di me a prelevare qualcosa da uno scaffale, Stanislao, Stani per gli amici, mi piantò contro i glutei qualcosa di duro e consistente, una verga che mi parve annientare quasi quella di Nicola, che comunque mi dava sempre sensazioni forti; sentire una massa enorme strusciarsi sullo spacco fra le natiche e stimolarmi, mi diede dei brividi intensi e nuovi che mi fecero sbrodolare prima di accorgermene; lui non si ritirò affatto ma mi fece sentire con forza la pressione della sua dotazione ed io non riuscii ad impedirmi di appoggiare la schiena sul suo petto; eravamo in ufficio e dovemmo ricomporci.
Non ritenni di parlarne a Nicola, anche se si era raccomandato più volte che fossi chiara e leale, prima che le cose prendessero pieghe difficili da correggere; e non gli feci nessun cenno neanche quando, circa una settimana dopo, in una sosta caffè, me lo trovai alle spalle mentre cercavo un posto per fumare; non feci resistenza, quando mi spinse in un magazzino vuoto e chiuse la porta alle sue spalle; né quando mi afferrò il didietro, spinse il ventre contro il mio e mi fece sentire il suo desiderio; nonostante l’ostacolo dei vestimenti, il mio orgasmo arrivò rapido ed entusiasmante, del suo non ebbi certezza; si strofinò un poco addosso a me, ma quando cercò di sollevarmi il vestito o di aprire i pantaloni, riuscii, in un rigurgito di dignità, a scappare, aprire la porta e rientrare in ufficio; decisi che neanche quella volta ne avrei parlato a Nicola, in parte perché ritenevo non fosse accaduto niente, in parte perché mi intrigava la faccenda; ed aprii la prima crepa per far crollare il castello del nostro matrimonio; e ne ero perfettamente cosciente, purtroppo; anzi, mi dicevo che era stupido e volgare comportarsi così; ma lo facevo lo stesso.
L’incontro successivo dopo un’altra settimana, aprì la falla; Stani mi ‘sequestrò’ nel solito magazzino, aprì la patta e tirò fuori una belva inimmaginata che mi appoggiò sulla mano; il calore della mazza nelle mani mi scaldava dal cervello alla vagina, attraverso il cuore, e mi strappava dai precordi emozioni meravigliose di piacere; ma a questo si aggiungeva il turpiloquio con cui accompagnava la mia masturbazione, il caro Stani che mi incitava a farlo godere con espressioni che avevo sempre censurato come vergogne improponibili; sentirmi trattata da troia, mi dava una strana e particolare carica che mi faceva godere ancor prima che fossero titillate le parti erogene del mio corpo.
Quando mi obbligò ad abbassarmi sui calcagni per portare la bocca alla giusta altezza e mi sbatté sulle labbra la massa enorme di muscoli e carne del suo membro, persi il senso della realtà e fui solo una troia che prendeva in bocca un sesso e lo faceva sparire rapidamente in maniera che sarebbe apparsa impossibile, a parlarne; la fiumana di sperma che mi scaricò nell’esofago rischiò di soffocarmi, ma mi adeguai, mentre lui spingeva il suo mostro a bloccarmi la bocca ed impedire che il seme andasse disperso; insomma, lo bevvi tutto e ne fui anche felice.
Decisa ormai a non farne parola con mio marito, gli tacqui questo nuovo step che portava l’adulterio al punto di non ritorno; e mi rendevo conto che stavo andando verso la morte definitiva del nostro matrimonio; ma l’eterna bambina che era in me guardava con amore la vetrina del nuovo e non mollava di un niente; cominciavo anche a sopportare con sempre crescente fastidio gli approcci di Nicola a letto e accusavo improbabili emicranie per evitarlo il più possibile; quando Stani mi propose di andare, un pomeriggio, al termine dell’orario di lavoro, con lui in un motel appena fuori città, non ebbi esitazione ad accettare e quando, liquidate le pratiche per la camera ad ore, lui mi portò al primo piano e chiuse la porta dietro le spalle, io ero già completamente votata a lui.
Mi strappò letteralmente di dosso i vestiti e mi spinse con violenza sul letto; si spogliò molto rapidamente e, prima ancora che avessi il tempo di riflettere su quello che stavo facendo, il suo mostruoso affare forzava le pareti della vagina; non sentivo molta differenza dal sesso di Nicola, quando si decideva, dopo una lunghissima preparazione, a penetrarmi; ma qui era determinante la violenza implicita ed esplicita con cui la mazza mi perforava, sembrava volermi aprire un nuovo foro nel ventre; io cercavo in tutti i modi di arginarlo per farlo entrare con tutte le possibili cautele; ma in pochi momenti tutta l’asta mi ingombrava il ventre e andava a picchiare contro la testa dell’utero.
Non avevamo molto tempo per noi; dovevamo rientrare alle case in un’ora plausibile anche col massimo dello straordinario; alla fine della tre ore che ci eravamo potuto concedere, mi aveva spanato tutti i buchi, che avevano sofferto molto la violenza subita, soprattutto per il modo di infilarli a forza dentro, più che le reali dimensioni, alle quali i miei organi erano abituati; il dato più affascinante furono proprio la violenza completamente gratuita dei gesti e la volgarità delle scelte; esercitandosi in tutte le copule conosciute e sconosciute, mi aveva fatto fare acrobazie per infilarmelo dentro dalle posizioni più strane, mi aveva massacrato di parolacce e di sollecitazioni alla troiaggine che mi avevano esaltata fino a farmi toccare il cielo.
Quando tornai a casa, ero evidentemente distrutta; mio marito non chiese nemmeno spiegazioni; mi chiese solo se volevo parlare o se restavamo in silenzio; gli spiegai che c’era poco da parlare, che mi ero stancata della sua ricercata educazione nei rapporti, che avevo trovato chi mi sbatteva come un tappetino, con mia grandissima soddisfazione, e che da quel momento non avrei avuto più intimità con lui; sapevo di fare la scelta più imbecille possibile; anche un’illusa esaltata e deficiente come me si poteva rendere conto che, con un pizzico di prudenza, potevo rendere almeno più facile e meno traumatica la rottura; ma l’idea di essere io a scegliere un modo di vita alternativo a quello che nei mesi di matrimonio Nicola aveva voluto per noi, mi fece sparare sulla croce rossa e lo umiliai con le offese più sanguinose che mi venivano.
Si limitò a comunicarmi che dovevo andarmene, conseguentemente a quello che avevo detto; telefonò a Mariano, il suo amico avvocato, e gli espose la situazione nuova, l’altro gli disse che l’indomani avrebbe steso l’istanza al giudice per la separazione consensuale; firmandola entrambi, con un solo incontro in tribunale potevamo essere liberi lo stesso lunedì; gli parlai un poco io e gli chiesi cosa comportasse per me; era fortemente meravigliato e preoccupato che non mi rendessi conto delle conseguenze che le mie decisioni dovevano comportare; a quel punto, potevo solo andarmene e lasciare la casa che era di proprietà personale di mio marito; dovevo trovare una sistemazione o dal mio amante o dai miei genitori o eventualmente affittando un appartamento, cosa molto poco probabile considerando la misera dello stipendio che prendevo.
“Cosa posso fare adesso?”
“Ah … dovevi pensarci mentre decidevi di tradire; adesso le soluzioni spettano a te; l’unica speranza a cui potresti appigliarti sarebbe che ti ospitasse il tuo amante.”
Ma io, in fondo, di Stani, a parte la capacità di copulare selvaggiamente e la grossezza del suo attrezzo, non sapevo quasi niente; chiesi allora che rallentassero la pratica almeno finché non avessi avuto la possibilità di una soluzione; Mariano mi invitò ad essere cauta per non incorrere in una colpevolizzazione più grave; avevo già sbagliato molto, prima col tradimento, poi col rifiuto immotivato del sesso coniugale; adesso, per come avevo condotto la cosa, ero costretta ad accettare di vivere da separata in casa, ma nella condizione di una sguattera ospitata quasi per carità, senza nessun diritto; accettai, obtorto collo, e mi preparai a vivere la mia difficile nuova esistenza.

Il racconto di Nicola.
Era stato un errore assai grave farmi travolgere dall’entusiasmo di Serena per quel matrimonio che per lei era solo la bella e curiosa novità, il giocattolo di cui si sarebbe stancata presto; ma ne ero ciecamente innamorato e avrei fatto qualunque cosa per poterla avere tutta per me, giorno e notte, e per amarla in tutti i modi, in ogni momento; solo che la stanchezza per il nuovo giocattolo arrivò assai prima di qualunque previsione; occupato l’appartamento in città che avevo ristrutturato apposta per noi, ottenuto un posto di lavoro, più rappresentativo che remunerato, la viziata e capricciosa Serena tirò fuori tutta la sua rapidissima volubilità e cercò altri interessi.
Mi accorsi che li aveva trovati in una sessualità che appariva, però, più parlata e commentata tra femmine che vissuta concretamente nell’incontro con un altro maschio; tutto quello che mi riportava e commentava con me la sera, specialmente nella fase, che io proponevo lunghissima, di dolci preliminari, la cosa di cui parlava erano commenti da pettegole su dimensioni, capacità d’uso, sensazioni ed emozioni; quasi sempre si trattava di ‘sentito dire’, di commenti riportati, qualche volta di leggende metropolitane assunte come verità; nessun maschio venne mai indicato come protagonista, nominato o persino evocato; e di esperienze concrete non c’era nessuna traccia.
Non ebbi nessuna avvisaglia che le cose stessero precipitando soprattutto in testa a Serena; sicché fu una mazzata in piena fronte l’annuncio che non c’era più spazio per il sesso, tra me e lei, perché aveva incontrato un altro che di sesso gliene dava di più ed in una maniera che a lei era assai più gradita di quella che usavo io; lui la sbatteva come un tappetino e la trattava come una baldracca; lei vedeva in questo comportamento il vero maschio; non ci volle molto a rendermi conto che il percorso migliore era la rottura immediata di qualsiasi rapporto e l’avvio delle pratiche per ottenere separazione e divorzio in tempi brevissimi.
Purtroppo l’ingenuità di Serena toccava anche l’organizzazione più elementare della vita; non si riusciva a rendere conto di non avere una casa e di non avere un reddito per mantenersi; pensava di sistemarsi col suo amante, del quale in realtà non sapeva niente; Mariano aveva fatto alcune indagini e sapeva già che lo Stanislao era il marito di una mia concorrente, la padrona dell’impresa in cui Serena lavorava; che era un piccolo parassita impegnato solo a copulare con quante più operaie ed impiegate poteva, preferibilmente nei cantieri della moglie; che non aveva nessuna intenzione di lasciare il benessere di cui godeva e quindi non avrebbe mai nemmeno pensato di assumersi l’impegno di una vita in comune con lei; probabilmente, come già era accaduto, l’ultimo atto prevedeva che la moglie licenziasse l’impiegata stupida che si era fatta ‘intortare’ dal marito donnaiolo; era inutile perfino cercare di dirlo a Serena; non avrebbe mai ammesso che aveva preso un abbaglio enorme.
Momentaneamente, era costretta a continuare a vivere in casa mia, ma vissuta e trattata da me davvero come una sguattera senza dignità, costretta a dormire in un divano letto nel salotto, incapace di andare in un supermercato a fare provviste e, più ancora, di trasformare le provviste in cibo quotidiano, visto che, non avendo fatto niente per tutta una vita, neppure quando non aveva l’alibi del lavoro da segretaria in un cantiere della moglie di Stani; non era in grado di cucinare un uovo o di andare a fare la spesa al supermercato, incombenze di cui si occupavano la madre, in casa dei suoi, o la cuoca, in casa mia; decisi di non licenziare la donna delle pulizie, perché comunque era necessario che qualcuno tenesse in ordine la casa; ma feci a meno della cuoca e decisi di frequentare stabilmente una mensa operaia, a pranzo, e qualche osteria dignitosa, a cena.
Questo, naturalmente, mandò nella crisi più totale di impotenza la povera Serena; non si era mai preoccupata dei soldi, essendo dipesa prima da suo padre poi da me che non le negavamo nulla e le consentivamo, con l’esibizione della carta di credito, di soddisfare tutti i suoi capricci, anche i più astrusi; ora, senza soldi per vivere, si trovava completamente sbandata; da sempre abituata che qualcuno le preparasse colazione, pranzo e cena da mettere in tavola, si trovava ad occuparsi della dispensa, senza nessuna idea sul fare acquisti e senza soldi per fare fronte alle necessità.
Nel contempo, io avevo intrecciato una storia con Margot, la mia segretaria che da molti anni era profondamente innamorata di me; istintivamente, mi rivolsi a lei sin dal primo giorno di rottura con mia moglie; inizialmente, lo feci solo per chiedere lumi su trattorie e locali di ristoro per fare fronte alla nuova situazione; poi la invitai a cena e ci vedemmo un paio di volte rimanendo al di qua del corretto rapporto tra professionisti; le pressioni emotive si facevano sentire in ogni incontro sempre più forti, quando mi rendevo di quanto mi fosse stata vicina in quegli anni, fino ad essere padrona quasi di tutta la mia vita, anche quella sfera privata così dolorosa in quel momento e che lei cercava di lenire con dolcezza e passione.
Anche le pulsioni fisiche, però, non erano estranee al nostro rapporto; a mano a mano che i giorni passavano, l’astinenza mi pesava fortemente, soprattutto perché, fino allo scontro feroce, mi ero abituato a fare spesso sesso con mia moglie; cominciai necessariamente a frequentarla sempre più interessato e mi diventava sempre più difficile quando, dopo cena, dovevo riaccompagnarla a casa, salutarla sull’uscio e non chiederle di fare un ultimo passo e fare l’amore; quasi inevitabilmente, però, finimmo per cedere alla passione e fare finalmente l’amore.
Complici forse involontari furono il mio amico Mariano e sua moglie che talvolta venivano a cenare con noi; una sera ci invitarono ad andare a cena a casa loro; rappresentava, quel gesto, una sorta di accettazione ufficiale della condizione di ‘mia compagna’ per Margot, che non batté ciglio e mi disse che le stava benissimo, essendo Mariano anche il legale della mia azienda ed avendo lei una certa frequentazione con lui per dovere di ufficio; ma soprattutto c’era fra noi una grande atmosfera di amicizia, che non si registrava con Serena, inguaribile protagonista sempre e molte volte fastidiosa negli approcci con la gente fondati sulle firme dei vestiti e sulle ultime novità della moda.
Dopo la cena, fummo bloccati in casa da un temporale che non accennava a fermarsi; Mariano e sua moglie, convinti che tra noi ci fosse già un rapporto molto intimo, ci proposero di passare la notte, e la tempesta, nella camera che avevano per gli ospiti che conteneva un unico letto matrimoniale; con tutto il garbo possibile, chiarii a Mariano che con Margot non ero a quel punto; se ne meravigliò molto e suggerì che cominciassimo da lì un storia nuova; ne ero tentato, ma Margot aveva confidato alla moglie di essere ancora vergine e temeva le conseguenze sull’arredo di un’eventuale notte d’amore; finì che i due ci spinsero quasi a forza nella camera e sul letto; e quella fu la prima, indimenticabile notte d’amore, prima di moltissime altre che vivemmo in grande gioia e perfetta consonanza.
Anche se ormai non avevamo più occasioni per incontrarci, le poche volte che la vidi quasi di sfuggita, Serena mi diede l’impressione di avere raggiunto un livello di rabbia vicino alla disperazione; la moglie di Mariano, che ebbe occasione un paio di volte di parlarle, mi disse che era alla canna del gas, soprattutto per mancanza di soldi, cosa che per lei era una novità impensabile; una sera, rientrando a casa dall’ufficio la trovammo seduta in salotto in piena crisi esistenziale; Margot rimase alquanto perplessa; poi la salutò amichevolmente.
“Ciao, Serena.”
“Margot!?!?!? Come mai qui? Fai gli straordinari a casa del negriero?”
“Serena, mi dispiace dirtelo così ma da questa sera la casa sarà occupata da chi ha preso il tuo posto e sarà con lei che organizzerò la mia vita.”
“Quindi mi hai già sostituita? Sei tu il nuovo amore di Nicola?”
“Scherzi o fai sul serio? Tu mi hai sostituito subito dopo il matrimonio … “
“Scusami; da un punto di vista oggettivo, è vero; il fatto, però, è che io non mi considero ancora divisa da te; ho fatto sesso alternativo con un amante e speravo in cuor mio che si risolvesse così.”
“Adesso mi costringi a dire le parolacce. Qui non si tratta di qualche copula. Tu mi hai rifiutato, mi hai negato intimità, hai detto che non ero adeguato alle tue esigenze … “
“Hai ragione; sono stata io l’imbecille; ho detto cose senza capire il senso di quello che dicevo. Mi pare giusto che anche io conosca il tuo nuovo amore, visto che tu conosci il mio … come devo definirlo? Tu come lo definiresti?”
“Serena, è il tuo fallo; ci vuole tanto? E’ per quello che gli sbavi addosso, è per quel salsicciotto che ti fai umiliare, che ti fai sbeffeggiare, che ti fai mortificare.”
“Perché dici così?”
“Perché è così! Non lascerà mai sua moglie; anche se tu fai finta di credere che starà con te, io so e tu devi sapere che non lascerà mai la gallina delle uova d’oro per una ragazzina insensata, irragionevole, avventurosa e stupida. Lui ti cerca ancora perché la sua lussuria non è saziata; ma presto ti lascerà come ne ha lasciate tante che puntualmente la moglie poi ha licenziato per tenersi il suo fallo al quale è affezionato come te e come tutte quelle che prima di te si sono fatte sbattere come tappetini.”
“Parli come se lo conoscessi da molto tempo … “
“Ed infatti è proprio così; mi dispiace per una povera ragazza che si è buttata nella rete di un imbecille.”
“Io ci voglio credere ancora; io voglio ancora illudermi che lui sarà il mio compagno di vita; se mi fossi sbagliata, starei buttando ai porci tutta la mia vita, tutta la nostra storia, anche il nostro amore; lo so che non mi credi più, ma tu sai benissimo che, fino a quel maledetto incontro, io ti amavo.”
“Mi dispiace che dobbiamo dirci queste cose. Io volevo solo avvisarti che è venuta a stare con me la mia nuova compagna, il mio amore, e che tu dovrai avere il buonsenso di non apparire mai, se non vuoi essere cacciata via in malo modo.”
“Per favore, aiutami, parliamo di questa mia situazione economica. Come posso fare per uscire da questa miseria nera? Tu non puoi aiutarmi come facevi prima?”
“Io vivevo con un donna che mi aveva giurato amore e fedeltà; per lei mettevo a disposizione tutte le mie energie e le impegnavo al massimo per offrirle il meglio di quel che desiderava; a una volgare adultera non devo niente di quello che davo a mia moglie; se hai bisogno, guadagnatelo in qualche modo.”
“Ma questo è il punto; in che modo posso procurarmi il denaro che tu spendevi per la casa, per me, per i nostri bisogni? Che cosa posso fare per mettermi in pari?”
“Tu hai anche una pessima memoria; un tempo, ti avevo offerto di lavorare in un cantiere con me; se fossi stata una mia dipendente, forse oggi potrei prendere a cuore il tuo stato di necessità; rifiutasti dicendo che non volevi essere mia schiava anche sul lavoro; con una scelta per lo meno assurda, hai preferito un’altra schiavista, proprietaria di cantieri come i miei, che ti sfrutta e ti paga poco; non contenta, ci hai aggiunto anche il sesso di suo marito, un altro padrone che ti umilia asservendoti alla sua libidine; l’unica cosa che potrei suggerirti è solo una feroce cattiveria e, dato che la meriti tutta, te la dico; visto che il centro del tuo problema è stato l’indicibile piacere che ti procura il sesso selvaggio, prova a contattare un’agenzia di escort per vedere se puoi rendere produttiva la tua smania di sesso … “
“Imbecille, cafone!!!! Io il sesso lo faccio per amore e solo per amore!!!!!!”
“Allora, vallo a chiedere al tuo amante, al tuo amore, di risolverti il problema; chiediglielo in nome del tuo amore, se la moglie lo lascia fare.”
“Io non voglio parlare con lui; sto chiedendo a te. Mi puoi aiutare?”
“Accetteresti un’elemosina?”
“A questo punto, qualunque umiliazione è da sopportare!”
“Tu possiedi dei gioielli; in tribunale, se tu facessi storie, potrei dimostrare che le fatture sono state tutte pagate da me; ma io li avevo regalati alla donna che amavo; quindi sono tuoi, anche se non c’è più nessuna traccia di amore, tra noi; potresti impegnarli al monte di pietà e ti darebbero forse un decimo di quello che valgono. Ho fatto il conto che ho speso cinquantamila euro per acquistarli; te li ricompro a prezzo di strozzino, per un decimo del valore; a mille euro al mese, per cinque mesi avresti un reddito da operaio; io avrei indietro i miei pegni d’amore e chi ci sarà al tuo posto avrebbe un segno tangibile del mio affetto.”
“Mi chiedi di rivenderti l’amore che hai comprato da me.”
“Se la metti su questo tono, allora ti dico che il tuo sesso non vale quella cifra e ritiro l’offerta.
“No, dai, non prendere cappello; scherzavo su come è ignobile questa compra-vendita dei sentimenti.”
“Ma tu lo sai chi ha aperto l’asta? … “
Andò a prendere il cofanetto dei gioielli e me lo consegnò; prelevò un braccialetto, il più piccolo e meno prezioso di tutti.
“Questo me lo regalasti quando mi sverginasti; non te lo posso rivendere; c’è l’unico momento di verità mia.”
“Non te lo avrei chiesto. Ma in ognuno di questi oggetti c’è un momento della nostra vita.”
Le diedi i primi mille euro per i gioielli e mi chiese se accettassimo l’indomani, domenica, di restare a pranzo con lei; le feci presente che intendevo passare la giornata di festa con la mia nuova compagna e lei sapeva cosa intendessi io per passare la giornata.
“Farete sesso per tutto il giorno? Già, che stupida, lo hai fatto con me tante di quelle volte che non dovevo neppure domandare. Scusami. Non ti preoccupare; non ti disturberò, me ne starò qui in salotto e sarete liberi di fare quello che volete. Scusa la domanda stupida; si vede che ti ama, si potrebbe dire addirittura che ti è devota. Ma tu la ami? La sposerai, dopo il nostro divorzio?”
“Vuoi sapere se c’è margine ancora per te, dopo il divorzio? Non sono Lyz Taylor; dopo il divorzio, certamente mi risposo; ma, con te, NON LO FAREI MAI.”
“Nicola, ti ricordi che c’è l’incontro dell’Associazione; hai saltato tutto il cerimoniale, ma al brindisi assembleare non puoi mancare; sei pronto?”
“Si, fatti bella e andiamo.”
Serena ci guarda interdetta; è chiaro che avrebbe voglia di commentare questa che le appare come novità; poi ha il buonsenso di tacere.
“Nicola, cosa intendi per farmi bella? Non dici sempre che lo sono?”
“Certo che lo sei, sempre; ma intendevo decorare la tua bellezza con un vestito adatto, per esempio.”
“Nell’armadio ci sono molti abiti che ho comprato senza neppure tirarli fuori dall’involucro di cellophan, se vuoi puoi prenderne uno che ti stia bene; non devi pensare che sono miei; non sono mai stati miei; li compravo per il gusto di averli, ma non mi appartenevano come invece a te può appartenere il tailleur che indossi e che ti identifica immediatamente. Voglio dire che ora sei la padrona qui e che anche quei vestiti sono tuoi, se ti va di indossarli. Ce n’è qualcuno che indosso a te deve essere delizioso!”
“Mi aiuti a scegliere?”
“Davvero mi chiedi di rendere meravigliosa la principessa che si prepara ad andare alla festa col principe?”
“Se ti va, sono certa che sei più brava di me, in queste cose.”
“Sai che ti invidio molto? Io non sono mai stata capace di valutare come fosse esaltante farsi bella per andare a una festa con il mio principe … perché io ce l’avevo un principe, prima di buttarlo via per prendermi un asino … Non sai quanto mi piacerebbe adesso venirci con voi, con il tuo ed ex mio principe, ma anche con te; in coppia saremmo bellissime!”
“Serena, a me quello azzurro piace e mi sta bene, sono certa; tu puoi prendere quello rosso che mi piace di meno ma che ti farebbe veramente regina.”
“Prendere per farne che?”
“Prendere per indossare e venire con me a quella festa, per fare compagnia alla tua povera amica imbranata in un ambiente di boria, di esagerazioni, di ipocrisie; non è facile vivere in quelle realtà e tu dimostri di esserci più avvezza; la tua compagnia mi darebbe forza e fiducia.”
“Margot, io sarei felicissima di venire con te, anzi di venire con voi, anche se devo restare, come dice l’avvocato, la sguattera a servizio; ma credi che Nicola accetterebbe?”
“Nicola!!!! Senti, amore, io ho deciso che Serena viene con noi alla festa; se sei d’accordo, andiamo tutti e tre e tu affronti con me il gossip e le arie snob dei tuoi concorrenti; se non ti va o ti vergogni, io resto a casa con Serena, non ti faccio nessuna colpa e ti lascio fare il padrone coi padroni; dimmi la tua e decidiamo.”
“Amore, io me ne frego delle feste; ho già saltato la giornata; se non vado stasera, andassero al diavolo; io starei con te. Ma se tu hai piacere di pavoneggiarti con Serena davanti all’élite della città, ricordati che questa donna l’ho sposata, ed anche per amore; avere due donne meravigliose al mio fianco non può che solleticare il mio amor proprio e la rabbia degli altri; fatevi belle e andiamo, ma sbrigatevi, per favore.”
“Con quel vestito, la collana di lapislazzuli è l’ideale, prendila!”
“Dai tuoi gioielli? Mai!”
“Ormai sono miei, li ho ricomprati proprio per offrirli a te!”
“Ah!!! E tu credi che io voglia accettare in regalo gioielli comprati a prezzo da usura? Io la ricettazione la considero la colpa peggiore; non accetterò mai di indossare gioielli che hai comprato a prezzi stracciati sfruttando la fame di una poveretta!”
“Ma che dici? Cosa dovrei fare?”
“Regalami solo cose che tu compri appositamente per me, possibilmente guardando poco il cartellino del prezzo, ma valutandole col cuore.”
“Bada che questi gioielli hanno il pregio di due storie d’amore!”
“Ma li hai estorti col ricatto. Li accetto solo se ho la coscienza pulita che sono stati pagati il loro reale valore!”
“Dici che non dovevo pagarli così poco?”
“Se i regali me li vai a comprare al mercato delle pulci, è chiaro che valuti così il mio amore!”
“Non dire eresie; questi gioielli sono le testimonianze di un amore vero, felice …”
“Ed io li avrò più cari anche per questo; ma solo se li paghi il loro giusto valore!”
“Va bene. Serena, scusami se ti ho ricattato; il mio debito con te è di cinquantamila euro che ti pagherò mensilmente come d’accordo; sarai a posto per circa cinque anni invece che per cinque mesi.”
“Margot, questa è per caso una lezione su come si difende la dignità di donna usando le armi della dolcezza e della determinazione?”
“Tu prendila come ti pare; io ho fatto quello che ritenevo giusto, per un’amica; ti posso considerare amica?”
“Sono io che sono felice di aver conosciuta un’amica, forse troppo tardi. Allora? Prendi i lapislazzuli?”
“Tu allora devi prendere la collana coi rubini; quella è perfetta per il tuo vestito.”
Alla fine, mi trovo ad uscire di casa con due autentiche meraviglie di bellezza femminile; con loro vado alla festa e l’ingresso nel salone è salutato da un coro di “ooohhhhh” di tutti gli astanti, amici e nemici; ci viene incontro uno dei decani dell’Associazione, il padre di Serena, col quale non avevo mai parlato della rottura con mia moglie; guarda le due bellissime donne ai miei lati, fa due perfetti baciamani; poi mi chiede.
“Con due bellezze di questa fatta, come fai ad organizzarti?”
La risposta aprirebbe un nuovo capitolo che forse verrà scritto.
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