tradimenti
La vendetta è piatto da consumare freddo 2
di geniodirazza
07.07.2024 |
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"La vacanza in hotel e la mia confessione segnarono una svolta fondamentale nella nostra vita; ma non me ne resi conto che molto tempo dopo, troppo tardi ormai..."
Mio marito non era in giro; andai in camera e lo trovai sul terrazzino, seduto in poltrona, che fumava e sorseggiava cognac; non ci rivolgemmo nemmeno un saluto e lui diede l’impressione di non avere neppure capito che ero là vicino; decisi di rompere io gli indugi e mi sedetti sulla poltrona a fianco.“Senti, Mario, è inutile che ci giriamo intorno; ti tradisco da sempre; molto prima di conoscerti avevo già una larga esperienza di sesso e non c’è stato maschio che io abbia conosciuto senza finirci a letto; non ho smesso dopo il matrimonio e non ti ho mai negato niente ma non mi sono risparmiata; oggi avevo prenotato il massaggio speciale che comprendeva una copula con uno stallone speciale che in due ore ha goduto in me tre volte, in vagina, nel retto e in bocca.
Visto che conosci qualche mia abitudine, non ti sarà difficile intuire che ho goduto molto, assai più di lui; i miei orgasmi sono stati assai più intensi e numerosi; sapevo di questa prassi nell’albergo e per questo l’ho voluto; se ti ritieni offeso, non posso farci niente perché è nell’ordine naturale che io ho delle cose; mi piace il sesso e non me ne privo per un assurdo impegno di fedeltà; non sono perdutamente innamorata di te e mi serviva sposarti solo per consentirmi certi agi.
La situazione è questa e solo tu hai potuto credere di avere una moglie morigerata e timorata di dio; non è colpa mia se ti sei illuso di possedere l’impossibile; oggi nessuna donna ti può garantire fedeltà o monogamia; sei tu che sei fuori tempo; adesso credo che ti restino solo alcune possibilità tra le quali avrai il dovere di scegliere a tuo arbitrio.
So che vorresti tirarmi almeno una sberla da farmi ruotare la testa; sai però che finiresti in galera per violenza privata e il tuo patrimonio passerebbe a me; addirittura, potresti ammazzarmi, ma ti prenderesti l’ergastolo e perderesti comunque il patrimonio; forse puoi pensare di chiedere il divorzio; sappi che, tra gli amanti con cui ti tradisco senza freni, c’è un giovane avvocato il quale mi ha assicurato che, sposati in unione dei beni, ci metterebbe poco a spellarti e farmi attribuire la metà dei tuoi beni.
Se invece ti rassegni alla realtà che le tue illusioni sono stupide, accetti di convivere come hai fato, con le corna di cui non avevi coscienza e che ora conosci; io non cambio niente dei miei costumi e continuerò a fare sesso con chi e quando mi va; se accetti di piegarti a questa condizione, potrai anche continuare a tenere con me la vita che abbiamo fatto, compresi gli incontri a letto che non ti dispiacevano, finché non sapevi di essere il mio utile cornuto.
Ho avuto un pomeriggio intenso e stancante; adesso vado al ristorante e mangio qualcosa per cena; quando torno, vado a letto e dormirò fino domani tardi perché davvero mi sono stancata troppo, a copulare con tanta intensità; tu farai quello che vuoi; quando saprò come sei orientato a decidere, farò le mie scelte; buonanotte, carissimo cornuto.”
Non accennò a nessuna reazione, come se non avesse sentito o si fosse rifiutato di ascoltare; uscii dalla camera e andai al ristorante; mangiai una bistecca con insalata e tornai in camera; avevo aspettato invano che Mario venisse a cenare con me, almeno per cortesia; al ritorno, trovai la camera vuota ma non mi chiesi dove e con chi avesse passato la serata; crollai sul letto ancora vestita e presi sonno di pacca.
La mattina seguente mi svegliai che il sole era già alto; mio marito non c’era e non vedevo tracce del suo pernottamento in camera; inoltre, tutto il suo bagaglio sembrava evaporato; erano rimaste solo le mie cose; avevo bisogno di lavarmi, perché avevo ancora addosso le scorie della performance della sera prima; mi ficcai sotto la doccia e passai una parte della mattinata a curare la mia pulizia e la mia bellezza; feci portare in camera la colazione; il ragazzo che la consegnò non aveva nessuna idea di mio marito.
Quando scesi, mi rivolsi alla reception e chiesi se avessero notizie di Mario; il portiere mi avvertì che mio marito aveva avuto, la sera prima, un intenso scambio di telefonate con l’ufficio; subito dopo, aveva deciso di partire; aveva lasciato detto che andava via per ragioni di ufficio; mi organizzassi per rimanere in albergo fino alla fine prevista e di organizzarmi per il rientro; lui sarebbe partito per una ricognizione delle strutture in Europa dell’azienda per cui lavorava; non aveva idea della durata del viaggio.
Fu inutile ogni mio tentativo di contattarlo al cellulare; probabilmente aveva posto il blocco di chiamata al mio numero e non ci fu verso di parlargli; non mi restò che ottemperare alle sue richieste, o imposizioni?, e restare in albergo fino alla domenica, per rientrare poi in treno e tassì; naturalmente, approfittai dell’occasione per dare sfogo alle mie turpi voglie.
Il primo ad essere concupito fu il bagnino che avevo adocchiato; ma poi sedussi un paio di clienti dell’hotel e alcuni camerieri; nei tre giorni da sola mi scatenai a fare sesso almeno una volta di giorno e a garantirmi un ospite a letto ogni notte.
La vacanza in hotel e la mia confessione segnarono una svolta fondamentale nella nostra vita; ma non me ne resi conto che molto tempo dopo, troppo tardi ormai per arginare l’alluvione che la caduta di una diga aveva scatenato negli eventi; dopo la sfuriata di lussuria che mio marito, praticamente, mi aveva concesso lasciandomi sola nell’hotel per improbabili impegni di lavoro, tornai a casa piuttosto su di giri perché mi sentivo libera di impazzare a piacimento.
Trovai la casa vuota e solo in un momento di resipiscenza mi resi conto che il concierge mi aveva parlato di inderogabili impegni di lavoro e di una lunga ricognizione; poiché il telefono di Mario continuava a segnalare un blocco di chiamata, aspettai il lunedì mattina per rivolgermi direttamente all’ufficio e chiedere spiegazioni; una solerte segretaria mi comunicò che mio marito aveva accettato l’incarico di visitare tutte le agenzie dell’Azienda in Europa; la durata del viaggio era prevista non inferiore a due mesi.
Chiamai la banca in cui avevamo il conto comune da cui si pagavano le spese fisse di casa e il direttore, mio amico anche di copule, mi assicurò che il versamento dello stipendio di Mario su quel conto avveniva automaticamente; se ci fosse stata una richiesta di modifica dell’assetto, lo avrei saputo in tempo debito; mi rasserenai perché l’unico mio interesse, in quel matrimonio, era il benessere che il lauto stipendio mi garantiva.
Finché veniva accreditato sul nostro conto, lui poteva fare tutti i viaggi che voleva e frequentare tutte le prostitute d’Europa, a me non sarebbe importato niente; quindi, diedi anche assai scarso peso all’osservazione che gli armadi erano quasi totalmente vuoti di abiti di lui; in bagno non trovai traccia di rasoi, saponi, profumi e persino del suo spazzolino; per il momento, pensai che le necessità del lungo viaggio avessero imposto a mio marito, parco nell’uso di abbigliamento e generi di igiene e trucco, di portare tutto con se.
I due mesi di lontananza annunciati diventarono quattro; in fondo, fu l’ideale per me; mio marito non c’era ed era ampiamente giustificato dal lavoro che lo arricchiva e mi consentiva lussi impensabili altrimenti; io avevo la totale libertà di gestirmi la mia libidine e non mi risparmiavo certamente; per non asservirmi alla casa e alla cucina accettavo tutti gli inviti a pranzo, e dopopranzo, o a cena, e dopocena, che mi venivano proposti ed ero felice di passare ore intense.
A ben guardare, in fondo l’idea di fare sesso extramatrimoniale era non solo una risposta alla mia naturale ninfomania, ma anche e forse soprattutto la coscienza di vivere accanto ad un ingegnaccio capace di spremere sassi e ricavarne soldi; l’idea delle corna rispondeva anche all’esigenza di essergli superiore almeno in quello e di offenderlo al massimo facendolo cornuto; l’ideale sarebbe stato vederlo schiavo della mia lussuria, piegato a guardarmi mentre lo cornificavo, eventualmente col sesso ingabbiato, prono a farsi possedere analmente dai miei amanti o a succhiare gli orgasmi miei e loro.
Ma il dialogo svoltosi nell’albergo e le sue conseguenze mi dicevano a chiare lettere che, da quel versante, non ce n’era per me; anche se mi amava perdutamente, il maledetto si fermava un attimo prima della resa totale; l’ultimo baluardo delle sue convinzioni era rimasto il ‘sacro talamo coniugale’ nel quale non avevo mai osato portarmi un amante; sapevo che, se avesse scoperto che avevo violato quel tabù, avrebbe perso ogni controllo e non sapevo quanto potessi azzardare; forse lui avrebbe rischiato anche l’ergastolo.
Ma in quattro mesi furono molte, per me troppe, le occasioni in cui, non potendo pernottare a casa di amanti o in alberghi dove mi rifugiavo con loro, avevo dovuto accettare il letto matrimoniale vuoto e freddo; forse fu solo allora che, per la prima volta, colsi quanto lo spirito ‘matrimoniale’ di Mario mi avesse contagiato o forse quanto amore represso avevo sempre provato per lui, nonostante la mia vita lercia e dissoluta.
Dopo essermi agitata per più notti in un letto che avvertivo come quello di Procuste, decisi che forse la violazione del tabù del ‘talamo sacro’ avrebbe potuto mettermi in pace con me stessa e ricondurre anche quella fisima al ruolo che effettivamente aveva, per me almeno, di superstizione stupida da paesino di montagna, che il letto matrimoniale dovesse assistere ad scoppiamenti sacrosanti e benedetti; con una nuova impennata di orgoglio decisi di calpestare quel principio.
Agganciai uno degli amanti che più mi avevano soddisfatto, in quel periodo, e gli proposi di andare a copulare a casa mia; accettò senza problemi e me lo portai nel nostro appartamento; appena fummo dentro, mi liberai con un calcio delle scarpe, posai il soprabito su un appendiabiti, lo abbracciai e cominciai a spogliarlo, mentre raggiungevamo la camera; fermi al centro della sala, ci scambiammo un bacio di pura libidine.
Ricordavo con estrema precisione tutto quello che mio marito, in quella stanza, faceva quando mi prendeva; riproposi pari pari il tutto e mi sedetti sul bordo del letto attirandolo verso di me per le natiche dure e muscolose; quando fu a pochi centimetri dal mio viso, sfilai il boxer e mi esplose in faccia il suo fallo superbo e duro come l’acciaio; certamente la voglia e la libidine non mancavano, in quella copula.
Presi il batacchio a due mani; una la usai per raccogliere e carezzare i testicoli gonfi di passione e di sperma che mi avrebbe scaricato dentro e sopra il corpo; con l’altra, invece, afferrai la mazza ritta contro il ventre e avviai la più lussuriosa masturbazione di cui ero capace, baciai il sesso sulla punta; le smorfie del viso e i gemiti lievi mi dicevano quanto godesse di quel trattamento; allargai le gambe ed esposi al suo piacere la vulva già rorida; mi portò una mano fra le cosce, afferrò il clitoride e ricambiò il servizio.
Ci sollazzammo a lungo con la reciproca masturbazione, perché Mario mi aveva ormai abituata a lunghe manipolazioni prima di copulare; per accentuare il piacere, mentre le mani correvano sui sessi, gli tirai il viso contro il mio e lo baciai; fece un minimo di resistenza, all’idea che poco prima gli stavo baciando il fallo; poi cedette e si abbandonò ad un bacio lussurioso che ci consentì di esplorare le cavità più sensuali della bocca e di salivare di piacere.
Staccatami da lui, presi a due mani il sesso e avvicinai la cappella alla bocca, stretta a cuoricino per dargli più emozione; lo sentii entrare lentamente contro il palato, spinto dalla lingua che lo guidava e lo accarezzava; il poveretto soffriva letteralmente per il piacere; ogni volta che l’orgasmo si annunciava prossimo, interrompevo la suzione e gli stringevo i testicoli perché la fitta lo raffreddasse e gli consentisse di ricominciare a possedermi in bocca.
Mi prese le guance tra le mani e cominciò a copulare con violenza; lo lasciai fare e mi preoccupai solo di guidare la cappella ora contro una gota ora contro l’altra; quando entrava nella gola, tenevo ben ferma con la mano la parte fuori dalle labbra per obbligarlo a infilarne quanto sufficiente a farmi godere senza soffocarmi; leccavo la cappella provocandogli brividi intensi di piacere; anche alla mazza dedicavo intense linguate.
Mi era fin troppo chiaro che per lui fosse una pratica assolutamente nuova, quella che per me era una normale fellazione, di quelle che praticavo quasi quotidianamente ai miei amanti; un poco mi vergognavo, dentro di me, per piegarmi a quella pratica arrogante, per mettere ai miei piedi un essere inutile; ma il desiderio di umiliare mio marito era troppo forte; su quel letto, le stesse pratiche con un altro erano il massimo dell’offesa; ed io desideravo solo quello, offenderlo.
Evitai di farlo godere in bocca, perché volevo sentirlo nella pancia; mi staccai e mi stesi supina sul letto; sapeva bene quel che desideravo, adesso specialmente che il confronto era inevitabile; mi si stese sopra e cominciò a leccarmi sapientemente la vagina; a quello, ero abituata e mi aspettavo lussuriose linguate che mi mandassero in tilt; fu all’altezza del compito e in breve rantolavo di piacere sotto di lui che perlustrava tutti gli anfratti, dalle grandi labbra al clitoride.
Su quello si scatenò la libidine; vi si dedicò con appassionata insistenza, scatenandomi orgasmi continui e violenti; finalmente sentii il piacere che cercavo inondarmi il corpo; adesso mi mancava di sentire la mazza violentarmi il ventre, dalla vagina o dall’ano, mi interessava poco; quando mi fece sistemare carponi sul letto e mi andò dietro per leccare meglio vagina, perineo e ano, capii che era arrivato il momento della penetrazione; sentii la cappella appoggiarsi alla vulva.
Un solo colpo violento e deciso e la mazza fu dentro, fino all’utero, scatenando violento l’orgasmo che mi fece squirtare sul ventre di lui; per buona sorte, riusciva a controllarsi molto, prima di eiaculare; questo mi dava la possibilità di godermi a lungo la mazza nel ventre; sentii il movimento del vai e vieni con crescente lussuria e con infinita voglia di essere sempre più violentata; dedicai al ‘cornuto’ l’orgasmo più violento che mi scaturì dal ventre.
Quando la mazza si sfilò, attesi con gioia che mi rompesse lo sfintere; non avevo portato lubrificante ma non volevo usarne, perché ero abituata alla mazza nel retto e volevo sentirlo bene mentre avanzava nel canale che lo succhiava dentro; sentii con gioia la cappella, uscita dalla vulva, spostarsi in su e le spinte di lui per forzare l’ano comunque stretto; quando, con un’ultima botta, il batacchio entrò e i testicoli colpirono la vulva, urlai di piacere.
La copula anale andò avanti a lungo e lui la provò in tutte le posizioni, dalla pecorina classica al ‘cucchiaio’ sdraiati con un gamba sollevata, fino alla penetrazione faccia a faccia che era quella da me preferita perché consentiva all’amante di titillare i seni e di baciarmi; va da sé che ogni botta ulteriore era dedicata all’imbecille che non sapeva apprezzare le doti di amante di sua moglie; copulammo per alcune ore, cambiando spesso posizione e modi di penetrazione.
Quando fui stanca di quell’esercizio fisico, lo licenziai anche perché, arrivata a quel punto, la mia volontà di gestirmi il nostro mondo come più mi piaceva era completamene soddisfatta; anche l’ultimo tabù del mio fallimentare matrimonio era caduto; Mario era annientato e costretto a scappare per non essere aggredito dalle mie scelte ed io potevo senza problemi continuare a godere la sua ricchezza sfruttandola per il mio personale piacere.
La cancellazione dell’ultima ‘certezza’ di mio marito sulla sacralità del matrimonio mi lasciò comunque insoddisfatta; da quel momento, lasciai andare qualunque freno inibitorio e mi diedi al sesso più sfrenato, certa che lui non avrebbe osato chiedere il divorzio; avere un maschio a cui riferirmi, alla fine, risultava l’ultimo tassello alla mia vendetta; l’apparizione di Mario per un pelo non mi colse a tradimento; quella sera non avevo appuntamenti e, per pur combinazione, ero troppo stanca per cercare avventure.
Entrò che ero in cucina e imbastivo qualcosa di commestibile per cena; mi ero ridotta a te e biscotti perché era l’unica merce che potevo conservare in dispensa senza nessun impegno di lavoro; quando lo vidi entrare sobbalzai per la sorpresa; mi salutò con un cenno e risposi con un borbottio; mentre si metteva in libertà, mi avvertì che era rientrato dal giro di verifiche; dalla porta della camera spalancata dedusse che quello era stato campo di dure battaglie di sesso.
Non fece commenti e si diresse al suo studiolo dove un divano era utile per una dormita provvisoria; quasi per provocarlo, lo raggiunsi e gli chiesi se non ritenesse opportuno salutare la moglie con un rituale accoppiamento; mi guardò con aria irridente e mi chiese se usassi precauzioni con gli amanti; gli risi in faccia; sapeva con esattezza che rifuggivo dall’uso di preservativi, avevo fato molto sesso ma lui non poteva negarsi a un mio approccio.
“Se te ne assumi la responsabilità, lo faccio senza problemi; sappi però che ho amanti in tutte le sedi che visito; non ne sono certo, ma da una potrei essere stato contagiato; se ti va di azzardare, facciamo pure sesso come fossi uno dei tanti; ma prima mi sottoscrivi che io ti ho avvisata e che tu non prendi precauzioni per assicurarmi che non ti renderei un pericoloso trasmettitore di contagi, accoppiandomi con te ... “
“Ma che diamine mi racconti; in tutti questi anni, non solo non sono rimasta incinta di nessuno, anche se so per certo di avere tutte le mie cose a posto, ma non c’è stato neppure un accenno a contagi ... E non ho mai fatto uso di preservativi, anzi li odio!”
“Fortunata tu che non hai avuto problemi; io, da quando pratico sesso libero, ho mille quesiti irrisolti; se usiamo la precauzione di un condom, posso anche accoppiarmi con la mia cosiddetta moglie; se no, aspetto il prossimo turno ... “
“Come sarebbe il prossimo turno?”
“Non assegni a tutti i tuoi amanti un turno per venire ad accoppiarsi con te nel nostro talamo? Le tracce sul letto parlano da sole e raccontano di molti incontri appassionati; se vorrai anche il mio sesso, proteggendoti, mettimi in coda agli altri.”
“Mario, stai esasperando cose che si potevano risolvere con un poco di umiltà; continua a fare l’arrogante e vedrai ... “
“Carissima amica non più diletta, non sai nemmeno che la vendetta è un piatto che va consumato freddo, se la si vuole gustare fino in fondo; quando capirai, sarà tardi perché starai pagando le colpe di cui ti assumi la responsabilità; sappi che non mi fermo se non stanotte; domani parto per una nuova missione e sarà anche più lunga di quest’ultima; non tremare, cara parassita, lo stipendio viene pagato qui e sarà regolarmente accreditato; potrai ancora essere la piattola che succhia il mio sangue e poi sputa su di me.
Io, con l’importo della missione, vivo nel lusso più sfrenato; chiedi al tuo giovane amante, avvocato impreparato e inesperto; perfino lui ti potrà confermare che ho tutto il diritto a spendere la missione per le mie esigenze e lasciare lo stipendio a chi sfrutta il mio sudore per farsi bella coi caproni che la montano; ricordati quello che ho detto; prima o poi comincerò a vendicarmi; forse a quel punto deciderai di uscire dalla mia realtà o ci resterai a prezzo di gravissime privazioni; ricordatene, povera credulona!”
Non fu quello che disse, ad impressionarmi, ma piuttosto il tono sconosciuto che assunse; lo sguardo fermo, senza battere le ciglia, le parole sibilate tra i denti, la rabbia che si leggeva in ogni sillaba mi fecero per un momento quasi paura; mi risuonò in testa un avvertimento che spesso mia madre mi ripeteva ‘attenta all’ira dei buoni’; per un attimo pensai che davvero dovevo tenere in conto un possibile scoppio di rabbia di mio marito.
Possibile che un uomo così buono potesse d’un tratto diventare temibile? Possibile che Il tre volte buono che finalmente ero riuscita a ridurre a punching ball delle mie esercitazioni di cattiveria, obbligandolo a scappare, a nascondersi, a lasciarmi campo libero nella sua vita e nella sua casa, l’innamorato di cui avevo sempre disposto come volevo, all’improvviso si trasformasse in un nemico pericoloso? Cosa dovevo temere dalla sua vendetta che ‘si sarebbe consumata fredda’?
Non avevo risposte e ne chiesi al mio giovane amante avvocato; non seppe darmi nient’altro che vaghi suggerimenti a stare attenta e a riflettere su ogni cambiamento che si verificasse; lui esprimeva la massima fiducia che le cose sarebbero andate benissimo per me e che mi sarei trovata alla fine ricca e libera anche da un matrimonio ormai per me fastidioso e castrante; decisi di stare a sentire e mi dedicai un po’ di più al mio lavoro a scuola.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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