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Formazione … deviata 1


di geniodirazza
14.06.2024    |    6.649    |    1 8.8
"La presi per i fianchi e la obbligai ad adagiarsi su di me con la vulva all’altezza della mia bocca; presi a leccare devotamente tutta l’area del sesso, dal..."
1 “Alla missionaria”
Ci eravamo sposati abbastanza giovani, io, Peppe, 28 anni una laurea in ingegneria ed un posto da piccolo dirigente in un’importante fabbrica nel capoluogo; e Carmen, 25 anni, una laurea in Lettere e, per le particolari contingenze del momento, in breve titolare di Italiano e Latino al liceo dove avevamo studiato; la prevenzione di suo padre, avvocato di grido, contro la mia fama di donnaiolo, lo indusse ad imporre il regime separato dei beni.
La sua scelta nacque dal timore che, se per le mie intemperanze fosse fallito il matrimonio, potessi avanzare pretese sul patrimonio avito di lei, di cui tutti vociferavano ma che concretamente non s’era mai visto; gli dissi che mi stava bene perché in breve il mio patrimonio sarebbe stato superiore alla presunta eredità e che il mio primo obiettivo erano l’amore di mia moglie e l’affetto della figlia che lei aspettava già prima del ‘matrimonio riparatore’.
Ci trasferimmo nel capoluogo e per una quindicina di anni vivemmo serenamente il nostro rapporto, decisamente all’ombra dell’insegnamento degli avi, con una preponderanza maschilista mia ed un totale disimpegno di lei; il suo stipendio era per la cura del corpo e della sua eleganza; il mio serviva alla casa, alla famiglia e, soprattutto, alla crescita di Laura, la nostra bambina, dai primi vagiti all’università.
Carmen aveva scelto di essere la classica moglie devota al marito padrone; anche la nostra vita sessuale era limitata a quello che gli insegnamenti familiari, la totale inesperienza e certe scorie di bigottismo le imponevano; si copulava abbastanza poco e quasi solo alla missionaria, il linguaggio triviale era vietato, impensabili le penetrazioni anali e scarse le fellazioni; insomma, a letto comparivano perfino mutande di cotone decisamente controindicate per l’eccitazione.
Mia moglie, decisa a rispettare religiosamente e devotamente gli impegni di una donna casta e morigerata, neppure teneva conto delle chiacchiere che persino nella sala insegnanti giravano; non avevamo una vita sociale e lei si ritraeva non appena i discorsi diventavano, per lei, ‘peccaminosi’; il suo mondo rimase stravolto dagli atteggiamenti che Laura prese non appena gli ormoni glielo imposero.
Scoprire che la figlia, quasi diciottenne, parlava dei suoi disinvolti rapporti sessuali con estrema nonchalance, con le amiche ma anche in nostra presenza, le impose una riflessione assai seria sulle sue scelte; approfondì il tema con colleghe ed amiche e scoprì che quasi tutte erano passate, in diverse occasioni, per il mio letto; per natura portata ad essere riflessiva, decise che con me poteva affrontare il problema in termini chiari e brutali; avviò l’analisi una sera dopo un soddisfacente amplesso.
“La mia collega Mirella ha detto che ha fatto sesso qualche volta con te e che è stata un’esperienza entusiasmante; potresti avere la sincerità e la lealtà di dirmi che cosa avete fatto? Bada che non voglio aprire una stupida vertenza sulla fedeltà; ma, dopo più di quindici anni di matrimonio, con una figlia ormai matura, credo che mi dovresti delle spiegazioni!”
Mi resi conto che forse una parte di colpa era mia, se era rimasta all’oscuro di tante cose e se avevo cercato altrove quello che forse avrei potuto chiedere anche a lei; poiché però il discorso era spinoso, l’avvertii che dovevamo fare chiarezza su alcuni punti preliminari; poi potevo soddisfare la sua curiosità; mi si strinse addosso facendo le fusa come un gattino domestico e mi invitò ad essere esplicito su tutto.
Dovetti dilungarmi molto, per spiegarle che l’amore che univa noi era un afflato spirituale che talvolta si esprimeva col corpo; il sesso, invece, era in qualche modo la realizzazione fisica di un bisogno di piacere che esplodeva nell’amplesso e nelle eiaculazioni che ne conseguivano; questo esercizio non intaccava i sentimenti, non investiva cuore e cervello, ma era una sorta di ginnastica di cui però ciascuno sentiva il bisogno.
Assai spesso, periodicamente, avvertivo l’esigenza di scaricare queste mie tensioni senza obbligare lei a sconvolgere l’amore che ci legava; ovvio quindi, che mi rivolgessi a donne disponibili, per avere quegli incontri di passione che poi si dileguavano insieme allo sperma che finiva sotto la doccia; non avevo mai avuto storie lunghe, proprio perché il mio era solo un bisogno fisico e non permettevo che intaccasse minimamente l’afflato con mia moglie.
Mi chiese, naturalmente, cosa fosse allora quella tensione che avvertiva, in lei e in me, quando facevamo l’amore, a volte con una passione, un trasporto ed un entusiasmo che andavano al di là di qualsiasi altra emozione; non mi ci volle molto a spiegare che il sesso, quando veniva praticato da due che si amavano, si caricava del sentimento e diventava ancora più intenso, ricco, nobile in qualche modo; per questo con le altre facevo sesso e con lei l’amore.
Quasi a sorpresa, mi chiese perché non applicassi con lei la passione che andavo a dare fuori e non la rendessi partecipe di quell’entusiasmo, solo fisico, che nel nostro caso poteva sostenere anche l’amore; in fondo, se le avessi indicato i meccanismi del sesso, avremmo potuto essere complici sia nell’amore che nella sessualità; in altri termini, perché non avessi mai cercato di avvezzarla ai due diversi modi di rapportarci per rendere più completi i rapporti.
Spiazzato, dovetti ammettere che, pregiudizialmente forse, avevo temuto di scatenare la sua reazione proponendole un sesso ‘peccaminoso’ secondo i canoni della sua educazione; per questo, avevo applicato il doppio regime del sesso con le altre e dell’amore con lei.
“Peppe, ascoltami; io non voglio essere mia nonna rediviva; se esiste un mondo di rapporti di cui dovrei essere informata, credo proprio che debba essere tu a fare luce; mi fai il favore di fare con me l’amore come lo fai con le altre, perché io possa capire e decidere insieme il nostro modo di vita?”
“Pensi di riuscire, una volta appreso il piacere del sesso fine a se stesso, a continuare a tenerlo staccato dall’amore per non incorrere nell’errore diffuso di ‘fare le corna’ tradendo il principio di sincerità e di lealtà al quale anche questa nostra aperta discussione è ispirato? Bada, che il piacere fisico può essere una droga e, una volta provato, ispira desiderio più che dare sazietà, incita a cercare il piacere sempre più avanti; spesso non si riesce a stare nei limiti … “
“Amore mio, sono ormai troppi anni che viviamo questa condizione di sospensione; finora non ho avuto motivo per ritenermi insoddisfatta; ma non mi va che ci sia una sfera della tua sessualità, quindi della tua vita, che sia rivolta all’esterno; da quel che capisco, se si pratica sesso per rinfocolare l’amore, se si diventa complici, tutto quello che si fa, anche meccanicamente ma in consonanza e in armonia, può solo rafforzare il sentimento che ci unisce.
Io non vedo possibili devianze o corna; se continuiamo ad essere sinceri e leali come in questo momento, nessun limite ci è imposto, niente ci è precluso; se non ho capito male, è come la voglia di un gelato o di una cena raffinata; se ci facciamo passare lo ‘sfizio’ da soli o con un’altra persona diversa dal partner, si innescano il tradimento e le corna; se invece lo decidiamo assieme e concordi, il fatto che tu vada a cena o a letto con Mirella non fa differenza e rafforza il nostro legame.”
“Se sei disposta ad assumere l’impegno di ispirare tutto quello che faremo al principio della sincerità e della lealtà, posso solo decidere di rompere il muro del pregiudizio e portarti con me nelle foreste, lungo i fiumi o nelle praterie che il sesso apre oltre il confine dell’amore, a cominciare dai rudimenti, per esempio dalla bocca e dai baci.”
La stesi sopra di me, abbracciai il corpo statuario e le stampai il bacio più lussurioso di cui ero capace; le infilai in gola la lingua e perlustrai la cavità orale tutta, punto per punto; il fallo mi si era indurito e le premeva sulla vulva al di sopra dei mutandoni che ancora indossava; sentii che si contorceva per il piacere e che cercava il contatto tra i sessi più intimo che potesse; le sfilai mutande e reggiseno, senza smettere di baciare.
Mi abbracciò per le spalle e sentivo che quasi si fondeva con me in un desiderio che non avevamo mai avvertito; mi spogliò freneticamente e si stese nuda su di me.
“Ti amo, Peppe; ma ti voglio anche; aspetto che mi fai sentire tutta la potenza di questa passione che mi sconvolge; ti odio anche, perché per anni hai dato tutto questo ad altre, senza spiegarmi cosa fosse … “
La tacitai baciandola con più intensità; la feci staccare dalla mia bocca e portai in alto il busto, lasciando attaccati fallo e vulva vogliosi; poggiò le mani sul letto, ai miei fianchi, e mi espose la quarta taglia del suo seno; i capezzoli grossi e maturi mi avevano sempre attratto ma poche volte avevo trovato la voglia per giocarci con passione; cominciai a succhiarne uno con la frenesia del poppante affamato e sentivo che flussi di umori le si scatenavano dalla vagina e bagnavano il lenzuolo.
“L’altro, adesso! Succhiami tutti e due i seni; ora capisco perché, quando Laura succhiava, mi sentivo sconvolgere il ventre; se mai ti avessi tradito, è stato quando allattavo al seno nostra figlia; dopo che mi aveva svuotato, mi rendevo conto di essere bagnata fra le cosce; non ti ho mai detto niente, perché la consideravo una cosa sporca, inconfessabile, peccaminosa; ed invece proprio allora forse potevo riprendermi quella sessualità che lasciavo dedicare ad altre; adesso consumami di piacere!”
Accostai il viso al mio e la leccai tutta, dalla fronte al mento; sentii che si eccitava terribilmente quando baciavo gli occhi o dentro le orecchie; si sciolse languida e gemette; quando scesi sul petto e la leccai minuziosamente su tutto il seno, fino all’ombelico, istintivamente si scavallò da me e si stese supina al mio fianco; percorsi con la lingua tutto il corpo fino ai piedi; le succhiai le dita e la sentii fremere; saltai a bella posta il pube.
Ci tornai di colpo, divaricai le gambe e tirai su le ginocchia; mi fiondai sulla vulva spalancata, carnosa, rorida di umori, e leccai tutto, dalle grandi labbra alle piccole; afferrai tra i denti il clitoride ritto, duro e palpitante; urlò come un agnello al macello; Laura, che in quel momento rientrava da una delle sue scorribande serali, chiese da dietro la porta se tutto andava bene; le risposi che era solo l’amore che ci faceva urlare; le consigliai i tappi per le orecchie; Carmen arrossì, ma poi rise e mi baciò.
“Si può baciare anche in questo modo, allora!?!? Non è antigienico?”
“Quel che non ammazza, ingrassa; mai saputo che un cunnilinguo facesse morire di piacere; ti senti moribonda?”
“No amore; mi sento in paradiso; posso fare a te la stessa cosa?”
“Certo! Diciamo, anzi, che devi farlo e provare il piacere di sentire il fallo in bocca, con tanto amore!”
Mi rovesciò sul letto e mi venne sopra; cominciò anche lei a baciarmi e a leccarmi dalla fronte per tutto il viso fino a concludere con un bacio molto sensuale in bocca; poi si trasferì sul petto e grufolò tra i morbidi peli fino a raggiungere i capezzoli; la lingua che percorreva i pettorali, i dentini aguzzi che mordicchiavano i capezzoli, le mani avide che cercavano i muscoli del ventre fino a prendere la mazza, mi diedero un piacere infinito, paradisiaco.
Scese anche lei sul ventre e giocò a leccare l’interno del grosso ombelico; sfiorò il fallo che teneva in mano ritto come un palo di cemento e percorse le cosce e le gambe fino alle caviglie; tornò indietro e andò a leccare i testicoli sempre tenendo ben stretto il fallo; se lo passò sul viso e lo leccò intorno; lo confrontò scherzosamente con la lunghezza del volto e con lo spessore del braccio fine e delicato; mi guardò ad occhi sbarrati per la consistenza della mazza.
Leccò a lungo e prese in bocca, uno per volta, i testicoli; spostò la lingua sull’asta e la percorse tutta, in lungo e in largo; si eccitò e mi eccitò da farmi rischiare l’orgasmo; la fermai e catturai la bocca in un bacio odoroso di sesso; si sciolse dall’abbraccio e si piegò di nuovo sul ventre; baciò delicatamente il meato dove era apparsa una goccia di precum; le presi la nuca e spinsi la bocca verso il basso, finché il fallo entrò in parte; ‘lecca e succhia’ suggerii; apprese immediatamente.
Per un attimo sospettai che avesse già sperimentato la fellazione; ma sapevo per certo che non ne aveva avuto occasione, mi congratulai per la rapidità con cui accoglieva le mute indicazioni della pressione sul viso e sulla testa, per praticare una fellazione da specialista; si limitò a bofonchiare che ero stato io poco prima a suggerire di seguire l’istinto; il cuore, il sesso e la mente le stavano indicando come amare il fallo e provarne piacere.
La presi per i fianchi e la obbligai ad adagiarsi su di me con la vulva all’altezza della mia bocca; presi a leccare devotamente tutta l’area del sesso, dal monte di venere, attraverso vulva, ano e perineo, fino all’osso sacro; intanto mi godevo lo spettacolo del suo meraviglioso sedere, morbido, rotondo, disegnato perfettamente, e giocavo con i glutei e con le natiche stimolandole anche il piacere anale; mi fermai, con la lingua immersa in vulva e spinsi la sua testa sul fallo.
“Finalmente mi è chiaro quello che intendono i ragazzi, quando mi prendono in giro parlando ermeticamente di un 69 ma non in matematica! Il testa coda è di una dolcezza infinita; mi fa molto godere succhiare il tuo fallo e farmi leccare la vulva; mi stai facendo scoprire un mondo straordinario ed inesplorato; non so se odiarti per avere tardato tanto o amarti alla follia perché me l’hai rivelato.”
Per un tempo che non sapevo determinare, ci succhiammo e ci leccammo reciprocamente e alternativamente con enorme gioia; Carmen, dopo qualche esitazione, si abbandonò al piacere di sentire la lingua che spazzolava il sesso dal monte di venere all’osso sacro; ma soprattutto godette molto di sentire le labbra che catturavano il clitoride e lo succhiavano fino a farla illanguidire nella più grossa eiaculazione che avesse mai fatto.
Ma più ancora la stimolava la lingua che entrava nel canale vaginale e la titillava come un piccolo fallo; quando invece il foro penetrato era l’ano, si aprivano per lei mondi insperati e coglieva, involontariamente, il piacere intenso della penetrazione, che in qualche modo si preannunciava con la forzatura dello sfintere quando la lingua spingeva e le grinze si allentavano per lasciare entrare nel canale rettale il nuovo ingombro; forse presagiva che dovesse prepararsi a ricevere il fallo; ma non parlai.
Finalmente decisi di possederla, alla missionaria, secondo uno schema ormai finanche obsoleto; la feci distendere supina e le divaricai la gambe; tirai su le ginocchia fino ad avere spalancata davanti allo sguardo la vulva brillante dei suoi umori e della saliva, che le avevo sparso leccandola a lungo; mi inginocchiai fra le sue cosce; mi piegai lentamente accostandomi alla vagina; lei fremeva nell’attesa e sembrava implorare la penetrazione.
Appoggiata la cappella, spinsi lentamente e progressivamente; sentivo i muscoli vaginali reagire con forza ed abbracciare la mazza che penetrava; spinsi con un certa irruenza e urtai la cervice dell’utero; un piccolo urlo ed un gemito lungo segnalarono che ero tutto dentro; mi piegai a baciarla, mi ricambiò con passione; scivolai sul seno e le succhiai i capezzoli; fremette e vibrò a lungo, mentre gli umori della vagina lubrificavano il fallo.
Sussurrava dei ‘sì’ convinti ed appassionati mentre spingevo con forza; le presi un piede e lo girai dietro la mia schiena; feci lo stesso con l’altro e la invitai ad incrociarli; sentivo il ventre aprirsi ed accogliere il mio; capì le intenzioni e si strinse a me con tutto il corpo; in breve, eravamo uniti quasi inscindibilmente; mi fermai immerso nel suo utero e attesi che attivasse i muscoli vaginali; lo fece quasi per istinto e gemeva mentre godeva.
“Amore, perché non mi cavalchi? Non te ne stare lì; mi hai preso, mi possiedi ma non mi monti.”
“Carmen, guarda che sei tu che hai assorbito in te il fallo; non sono io a possederti, sei tu piuttosto che hai catturato la mia mascolinità e la tieni stretta; da quella posizione puoi senz’altro mungere dal fallo l’eiaculazione più bella e intensa; non devo montarti io; spingi in alto il bacino e possiedimi, se vuoi; usa anche i piedi per stringermi a te.”
“Oh, dio, non ci avrei mai pensato; è vero; posso possederti io, imponendo il ritmo; sono io che ti ho catturato dentro; se non mi rilasso e non abbandono la presa, non te ne vai più dalla mia vagina. Ti amo, maledetto; perché mi hai taciuto tutto questo?”
“Tesoro, non ti ho taciuto niente volontariamente; ho solo rispettato le tue prevenzioni e la tua cultura; c’è ancora tanto, tantissimo, da imparare e da mettere in pratica; hai chiesto di essere aiutata a capire; lo faremo, con la calma e col tempo; per ora è sufficiente che tu sappia che, anche copulando nella maniera più classica, si può fare sesso e dare amore con molte possibilità di trovare piacere e soddisfazione …
Adesso, dimmi solo se preferisci che concludiamo rapidamente o se vuoi che passiamo anche l’intera notte a copulare in tutte le maniere possibili e impossibili … “
“Laura è appena tornata dall’Università; domani avrò una giornata intensa, per preparare tutte le sue cose, occuparmi della casa e della cucina; meglio se riposiamo un poco; poi voglio procedere step by step; avrei dovuto apprendere queste cose in tempi lunghi, per assorbirle e farle mie; preferisco non correre; inondami la vagina, godi dentro di me e fammi godere come non ho mai fatto; poi troveremo altre occasioni per ripetere queste esperienze e aggiungerne sempre nuove; vorrei, in tempi adeguati, diventare l’amante migliore che tu abbia mai conosciuto; ti amo … tantissimo.”
Il discorso non faceva una grinza; effettivamente, per una donna rimasta per decenni nel limbo dell’amore ‘peccaminoso’, scoprire d’un tratto quante cose aveva lasciato indietro poteva risultare persino traumatico; mi lanciai nella cavalcata più intensa che avessi mai realizzato; la sentii gemere e talvolta urlare per tutto il tempo della monta; mi stringeva a se e mi possedeva effettivamente con la vagina e l’utero impazziti; esplosi nella più ricca eiaculazione che ricordassi.
Sentii che lei addirittura soffriva ed urlava mentre mi scaricava sul fallo un orgasmo assai più intenso del mio; i fiotti di umori mi colpirono in continuazione l’asta sbordando dalle grandi labbra e inondando il suo ventre e il mio; sentivo dal semplice respiro affannato quanto amore mettesse nella copula e nella conclusione; si abbandonò languida alla fine e dovetti liberare i piedi per sganciarli dalla ferrea presa in cui mi teneva; guardai con amore il viso rilassato mentre si riprendeva.
Ero decisamente intenerito di fronte al corpo che appariva fanciullesco, di quella donna che amavo moltissimo, al di là delle mie stupide intemperanze; mi stesi al suo lato, tirai il lenzuolo sui nostri corpi nudi, per uno sciocco senso di pudore ingiustificato, e mi stesi accanto a lei; si girò su un fianco mi appoggiò la schiena al petto e il sedere al ventre; dopo pochi istanti, il fallo mi si rizzò e fui quasi tentato di ricominciare da capo.
Ma il discorso fattomi indicava chiaramente che era presa molto dai doveri domestici e rinunciai; la strinsi fra le braccia e ci addormentammo quasi fusi insieme.

2 “La penetrazione anale”
L’ipotesi avanzata da Carmen, di procedere alla sua ‘formazione sessuale’ passo per passo, si rivelò presto quasi un progetto di vita; d’altronde, l’enorme differenza tra noi era la mia capacità intuitiva, accompagnata da una immediata celerità nell’azione, mentre lei aveva da sempre preferito approfondire i temi, conoscerli bene e solo quando ne fosse stata totalmente padrona lanciarsi nell’azione; nel caso specifico, sapeva di dover compiere in poco tempo un lungo percorso.
Per questo, nelle occasioni successive si limitò a mettere in pratica quello che aveva appreso sulla copula canonica, prima di avventurarsi a chiedere ulteriori conoscenze e adeguamenti; continuammo quindi, come avevamo fatto fino a quel momento, a copulare tre o quattro volte a settimana, in genere il martedì e nei week end, da venerdì a domenica; ma da allora la partecipazione di lei si fece più attiva e determinata; in buona sostanza, ci concedemmo momenti intensi di copule classiche.
La differenza maggiore stava nel fatto che, prima di andare a letto, lasciava capire le sue intenzioni non passando dal bagno per i lavacri serali e per indossare la camicia da notte, ma mi guidava direttamente in camera; intenzionata a copulare, mi avvolgeva in interminabili e dolcissimi baci appassionati nei quali la salivazione ininterrotta produceva libidine a iosa; il gioco delle lingue si faceva intrigante e, quando si sedeva sul bordo del letto, sapevo già che stava per praticarmi una fellazione da sogno.
Col passare delle settimane, e dei mesi, la sua abilità in quella pratica si faceva sempre maggiore; contemporaneamente, cresceva la sua capacità di prendere gusto a tenere il fallo in bocca, affondarlo fino all’ugola e trattarlo con la massima abilità per strapparmi meravigliosi brividi di piacere; dopo una prima ritrosia, provò il piacere dell’ingoio e dovevo puntualmente frenarmi e sottrarmi alla eiaculazione rapida perché, fosse stato per lei, si sarebbe accontentata della sola fellazione con ingoio.
Io invece avevo imparato che il secondo momento del suo piacere era sentirsi leccata in profondità; a nessun prezzo avrei rinunciato al piacere di succhiare la sua vulva grondante di umori, dopo che lei mi aveva dato con la bocca il massimo del piacere; con un gesto ormai quasi rituale, interrompendo la meravigliosa fellazione, le sfilavo il fallo dalla bocca e la spogliavo nuda per ammirarla tutta; aveva aggiornato l’intimo ed era sempre molto sensuale; la spingevo supina sul letto.
Avendo appreso il meccanismo, sollevava i piedi sul letto, si scosciava e mi prendeva la testa per accompagnarla sulla vulva vogliosa; mi guidava, stringendomi le tempie, sui punti erogeni che sapeva più sensibili; per impedirle di limitare la leccata alle parti più facili da eccitare, dovevo imporle di lasciarsi leccare dai piedi verso la vulva e il ventre; sapevo che avrebbe provato un piacere più lungo ed intenso; trasformavo la presa in una carezza sulle guance mentre risalivo dalle cosce alle grandi labbra.
Progressivamente, ricordando le leccate da dietro, si abituò, ad un certo momento, a girarsi e sistemarsi carponi sul bordo del letto, facendo sporgere in fuori il sedere, per offrire alla mia lingua tutto il sesso; a quel punto, cominciava il mio lavoro di risucchio del clitoride, di leccate in profondità nella vagina e nell’ano, di passaggi a spatola sul perineo; scoperti i movimenti che la mandavano in estasi, godevo molto a ‘divorare’ il sesso succhiando l’anima dalla vulva.
Dopo le prime volte che la possedevo dall’alto, alla missionaria, facendomi abbracciare i lombi con le gambe, decisi di aprire la sua conoscenza alla pecorina; mentre stava carponi, al bordo del letto, dopo avere leccato a lungo sedere e vulva, le presi da dietro i seni, strinsi tra le dita i capezzoli e accostai la cappella; entrai lentamente in vagina, obbligandola, con il seno artigliato, ad accostarsi al ventre; le ci volle un attimo per rendersi conto che le stavo aprendo una diversa prospettiva per copulare.
Il piacere la sorprese impreparata e gemette come soffrisse mentre il fallo attraversava il canale vaginale e le picchiava sulla cervice dell’utero; credo che avvertisse nettamente i testicoli che urtavano sul pube ed ebbe la certezza che aveva tutto il fallo dentro di se; sospirò con languore, girò le mani dietro, sul sedere, e allargò le natiche per consentire al ventre di entrare nel vallo tra i glutei per farsi penetrare più a fondo; mi chinai a baciarle la schiena limpida e le chiesi se le piacesse.
“Non me lo aspettavo; è bellissimo; ma non venire così; voglio stringerti io mentre eiaculi in vagina.”
Mi beavo molto della sensazione di intimità del ventre che picchiava tra le natiche e le facevo sentire tutta la mia voglia che attraversava il ventre e le arrivava al cervello; sentivo che si perdeva quasi nel piacere nuovo e vi partecipava con somma goduria; avvertii che dalla prostata lo sperma premeva per esplodere e mi fermai; le dissi che rischiavo l’orgasmo, mi suggerì di uscire e di possederla nella maniera classica.
Mi stesi supino al suo fianco e la spinsi a salirmi addosso; alquanto perplessa, accavallò il mio ventre; manipolando la vulva e il fallo, la penetrai da sotto; ebbe solo un momento di disagio, poi puntò le ginocchia sul letto e cominciò a muoversi in su e in giù facendo scivolare la mazza nel canale vaginale.
“Adesso sei decisamente tu che mi cavalchi, da brava amazzone; sei tu che dai il ritmo e decidi quando e come montarmi; ti senti in difficoltà?”
“Neanche per sogno! E’ verissimo; sono io a dirigere i giochi; non sai quanto mi rende felice ed orgogliosa dominarti dall’alto e decidere come deve entrare ed uscire dal ventre il tuo amatissimo fallo; ti amo da morire, maledetto; voglio recuperare tutto il tempo che mi hai lasciato senza questi piaceri immensi!”
“Beh, mi pare che davvero sesso e sentimento, tra me e te, vadano acquistando una dimensione precisa e meravigliosa.”
“Sì; sto imparando molto sulla fisicità dell’amore; credo che farà bene a noi due e soprattutto alla mia autostima, sapere che posso dominare il maschio alfa che in te non muore mai; davvero non so dirti quanto mi piace fare l’amore con te; è vero che stiamo facendo l’amore e non solo copulando come scimmie?”
“Io ti sto amando con tutto me stesso, a cominciare dal fallo; non so se tu senti lo stesso trasporto e lo stesso sentimento; ma sono convinto che avrei fatto meglio a calpestare qualche tuo pregiudizio assai prima; forse saremmo anche più felici di adesso.”
“Non si può scrivere la storia coi ‘se’ e coi ‘ma’; quello che è stato, è stato; l’importante è che ci siamo trovati, sul letto che ha visto tutta la nostra esistenza, ad amarci come due bestie e come due innamorati da favola; ecco, io credo che questo sia il senso delle nostre copule, adesso; essere candidi come angioletti e brutali come diavoli!”
Le afferrai i seni e spinsi un poco verso l’alto; prese l’abbrivio e cominciò a montarmi con foga, al punto che mi preoccupai potesse provare dolore; la invitai a calmarsi e a copulare con più regolarità; agitò la mano come per cacciare un moscerino e riprese la sua copula violenta; ogni tanto era costretta a rallentare, ma giocava volentieri con lo spessore della mazza e sentivo che si muoveva contorcendosi per far toccare al fallo tutti i punti erotici del canale vaginale e dell’utero.
Esausta dopo una serie infinita di orgasmi, si abbatté su di me e, per non gravarmi addosso, si spostò al mio fianco; cercai di avviare un dialogo per dare una dimensione più razionale alla copula, ma mi disse solo che quando provava piacere perdeva il senso delle cose e l’unico interesse che provava era godere ed eiaculare; mi chiese scusa per questa intemperanza, ma disse che non ce la faceva a frenarsi se non quando era completamente svuotata; la rassicurai che non era un problema insolubile.
La girai prona sul letto e scesi tra le natiche con le mani e con la lingua; percorsi tutto il retrocoscia, da un lato e dall’altro, svariai sulle natiche e mi infilai nello spacco, raggiungendo l’ano e la vulva; infilai un dito a bagnarsi negli umori che aveva scaricato in vagina e lo spostai così umido al sedere; entrò con qualche difficoltà; infilai tra le cosce l’altra mano e andai a catturare il clitoride che titillai e strofinai mentre la stavo penetrando nel sedere prima con uno poi con due dita.
“Si può copulare anche nel sedere?”
“Si; quasi tutte le donne, ormai, lo fanno; molte ragazze, se vogliono salvaguardare la verginità vaginale, danno volentieri il sedere e lo usano meglio di una vulva … “
“L’hai fatto anche con le tue amanti? Perché non ci hai mai provato con me?”
“Guarda che anche la tua amica del cuore, Mirella, mi ha dato più volte il sedere e spesso ha preferito l’anale alla copula in vulva; non ne hai mai parlato? Io non me la sono sentita di proportelo, perché l’atteggiamento bigotto dei tuoi e tuo mi frenavano; anzi, speravo che, parlandone tra amiche, tu ti convincessi senza che fossi io a forzarti … “
“Sì, me ne hanno accennato più volte; poiché mi scandalizzavo, hanno cominciato a stare zitte davanti a me; ormai non si parla quasi più di sesso, se ci sono io … Ma ora le cose stanno diversamente; pensi di erudirmi anche sulle penetrazioni nell’ano e di farmele provare o sei ancora frenato dalla mia educazione?“
“Mi hai chiesto di andarci piano e di procedere step by step; stiamo tenendo il ritmo che tu hai scelto; se credi che sia il momento, sarò felice di penetrarti analmente; scoprirai un altro mondo del piacere e sarai in grado di soddisfare qualunque esigenza; vuoi che andiamo avanti allo spasimo?”
“Peppe, domani è domenica; dopo pranzo, Laura va all’Università; il bagaglio è già pronto; domani a pranzo c’è pasta al forno già pronta, solo da infornare; stasera io e te copuliamo come gli amanti più appassionati e gli innamorati che siamo sempre stati; ci alzeremo domani solo per pranzare; se non saremo esausti, possiamo anche riprendere dopo pranzo e uscire dalla camera solo lunedì per andare al lavoro. Ci stai?”
“Prima di scatenarci nel sesso, posso confessare un piccolo turbamento? … Quello che mi hai detto, che nello scatenamento dei sensi il piacere ti sopraffà, mi fa temere che, in futuro, quando dovessimo avventurarci nella ‘zona proibita’ delle trasgressioni, potresti incontrare problemi, perdendo il controllo; vuoi che ne parliamo o affrontiamo i problemi di volta in volta?”
“Peppe, step by step vale per tutto; questi dubbi appartengono ad uno step ancora da venire; stasera in gioco c’è il mio sedere e il tuo fallo; vogliamo farli unire come sesso comanda?”
“Va bene; mettiti carponi … “
Si piegò a quattro zampe e mi offrì il meraviglioso sedere da guardare, da amare, da copulare con gioia; mi fermai ad ammirare con dolcezza il profilo limpido ed elegante della schiena, dalla nuca alle spalle armoniose, giù verso la vita che si stringeva in dolcissime curve per poi aprirsi nei fianchi larghi e carnosi; accarezzai lo spacco; un dito scivolò nel sedere e un altro in vulva; gemette di piacere; afferrai i glutei a mano piena e li strinsi con dolce violenza allargando le natiche.
Godeva molto e lo sentivo dai gemiti; le suggerii di infilarsi una mano tra le cosce e di masturbarsi; mi inginocchiai dietro di lei, le alzai il sedere al massimo e mi piegai col viso affondandolo nello spacco; la lingua guizzò quasi da sola a stimolare l’ano grinzoso; le piaceva e lo provava il rilassamento delle pieghe anali che facevano largo alla lingua; la spostai un poco più avanti e penetrai nella vagina; incontrai il dito di lei che martirizzava il clitoride.
Spingendola opportunamente con le mani, la feci sollevare in ginocchio e mi infilai sotto di lei finché la vulva fu sulla mia bocca; manovrai un poco per averla tutta a mia disposizione e lei trovò i movimenti per mettermi sulla bocca la vulva grondante mentre il didietro si impalava sul mio naso; leccavo e succhiavo come un’idrovora; urlò, gemette e si contorse ma non si muoveva di un centimetro dalla posizione conquistata.
Percorsi con la lingua a spatola dal pube all’osso sacro, giocando su tutto il percorso ed infilandola in vulva e nell’ano; usai le mani per accarezzarle sedere, inguine e vagina; mi dava un piacere spasmodico accarezzare la pienezza delle natiche e impastarle lussuriosamente; afferrai le anche e tiravo su di me tutto il sesso quando succhiavo la vulva con entusiasmo; accompagnava le mie manovre con gemiti e frasi monche che mi incitavano a possederla.
“Ti voglio nel sedere, prendimi a pecorina!”
Il suo era un grido di preghiera, quasi; staccai la bocca per avvertirla che non era una cosa facile; penetrarla a freddo sarebbe stato farle certamente male e rischiare che rifiutasse per sempre la pratica; mi chiese se sapevo come provvedere a rendere l’anale una copula diversa ma altrettanto meravigliosa; le ricordai ancora di non lasciarsi andare alla libidine; in bagno ci dovevano essere dei lubrificanti, per lo meno della vaselina; se avessimo fatto le cose con pazienza, sarebbe stato solo piacere.
La abbandonai per un attimo, per andare in bagno a recuperare la vaselina; tornando, la trovai languidamente distesa supina che mi aspettava ansiosa; mi fermai a guardarla ammirato di tanta bellezza; le mostrai la boccetta; si girò carponi e mi offrì il sedere meraviglioso; mi fiondai a leccare tutto e per un po’ svariai tra vulva e ano, spatolando con la lingua dal monte di venere al coccige; accarezzai le natiche, percorsi il vallo e le infilai un dito umettato con gli umori della vulva.
Dopo un attimo di resistenza, cedette alla pressione e si lasciò penetrare dal medio; lo ruotai più volte nel canale rettale strappandole gemiti di piacere, cominciava già ad assaporare le gioie del fallo nel retto; feci cadere qualche goccia del liquido lubrificante sulle dita della stessa mano e, disinvoltamente, due penetrarono nel foro, il medio e l’indice; con l‘altra mano catturai il clitoride e la masturbavo, mentre abituavo l’ano alla violazione.
Quando mi resi conto che ormai lo sfintere si era abituato allo stupro che inesorabilmente stavo praticando, tirai fuori le dita, spinsi uno dell’altra mano in vulva per accentuare il piacere e di nuovo forzai il retto, stavolta con tre dita a cuneo; la vaselina fece egregiamente il suo dovere e capii che Carmen era tanto concentrata sul piacere in vagina da non accorgersi, quasi, che il sedere veniva violato da una massa vicina a quella del fallo che stava per sfondarla.
Sempre accarezzandole le natiche e stimolandole il clitoride, passai il lubrificante sul medio e lo distribuii abbondantemente nel canale rettale e sull’ano; ne versai un poco e lubrificai il fallo che, nella tensione dell’esperienza, era diventato una trave d’acciaio vogliosa di sfondare il retto alla mia donna; appoggiai la cappella all’ano, la presi per le anche e spinsi con dolcezza e lentamente; scivolò dentro e si bloccò all’altezza dello sfintere; lei gemette un ‘fermo!’ sussurrato e mi bloccai senza arretrare.
Sentii che la presa dell’ano si allentava e ripresi a spingere con determinata dolcezza; lei avvertiva ogni piccolo avanzamento della mazza nel canale rettale e sentivo che cercava di respirare regolarmente per superare il fastidio della forzatura; non doveva essere indolore, la penetrazione; ma assorbiva il fallo come si riappropriasse di qualcosa di suo; le mani dietro le natiche carezzavano la mazza che entrava, quasi a misurare quanto ancora mancasse.
Diede lei la spinta decisiva, picchiando col sedere sul ventre e assorbendo nel retto il fallo fino ai testicoli; quando li sentì picchiare sulla vulva, fu certa che l’avevo penetrata fino in fondo; si fermò ansante, riprese il respiro regolare e con i muscoli rettali strinse più volte il fallo; cominciò il più epico anale che avessi mai realizzato, forse perché vissuto con l’amore che ci univa; io pompavo nella maniera più classica, aiutandomi con le anche e con i seni che tiravo a me quando spingevo l’asta dentro.
Lei, invece, ogni volta che il fallo era profondamente immerso nell’intestino, mi bloccava e manovrava coi muscoli interni per mungerlo con infiniti brividi di piacere strabilianti, per me che cercavo di allontanare l’eiaculazione.
“Me l’hai fatto notare tu, che è il mio corpo a imprigionare la tua mascolinità; ora che ce l’ho dentro il ventre non ti lascio dominare; lo succhio io, per il tuo e per il mio piacere; vorrei che non finisse mai questo momento di dedizione e di possesso totale; ma voglio anche sentire il tuo sperma scoppiarmi nel corpo per darmi orgasmi violenti; avvertimi quando stai per venire; spero di farlo insieme a te.”
Cominciai la cavalcata più saporita che potessi immaginare; il fallo che scivolava nel sedere sempre più libero, sempre più bene accetto, le natiche che mi battevano sul ventre mettendo a subbuglio la mia libidine totale, le mani artigliate sulle anche fino a farle male o aggrappate ai seni tirati con dolorosa determinazione; tutto concorreva a rendere quell’anale un momento di piacere e di amore infinito; l‘orgasmo arrivò con spasmi continui alla prostata; l’avvertii che stavo per esplodere; godemmo insieme.
Mi abbattei sulla sua schiena, quasi svuotato dall’eiaculazione, leggermente intontito dal piacere; lei si adagiò bocconi sul letto, trascinando con il suo corpo il mio che le stava attaccato; non azzardavo a sfilare il fallo, ancora bello duro, perché sapevo che l’uscita era più dolorosa dell’entrata; respiravamo sempre più regolarmente; sentivo che il piacere si dissolveva, la mazza diventava barzotta poi sempre più floscia; la sfilai con un leggero ‘flop’ e mi rovesciai supino accanto a lei.
Quando si riprese, mi scivolò sul corpo e venne a baciarmi; ricambiai con passione; non c’era bisogno di parole; era stato davvero un momento di grande entusiasmo sessuale, di lussuria infinita e di libidine da incorniciare.
“Questo era proprio giusto che lo facessimo; non ho mai goduto tanto in vita mia; scommetto che c’è tanto da imparare sull’anale; nei prossimi step conoscerò ed applicherò le conoscenze. Sei tanto stanco, amore? O puoi ancora aprirmi la mente su qualcosa?”
“Carmen, bada che non esistono manuali sul fare sesso o sul fare l’amore; tutto nasce dalla testa, dal cuore e dall’inguine; quello che ti dettano, fai; al massimo si può suggerire qualcosa; per esempio, il tuo seno meraviglioso può essere utile a una copula che si chiama ‘spagnola’, non so perché, e si pratica col fallo fra i seni … “
“Mi fai provare?”
La feci sdraiare supina, le montai addosso e mi sedetti sullo stomaco; sistemai il fallo nel solco tra le mammelle e presi i globi tra le mani per portarli intorno all’asta; mi sostituì e strinse amorosamente l’asta tra i seni; io la feci scivolare, grazie anche ai residui di vaselina, portandola fino ad urtare il mento, visto che aveva abbassato la testa per ammirare; socchiuse la bocca e ricevette tra le labbra, a fine corsa, il fallo che leccava per rimandarlo poi indietro.
Giocammo per un poco tra i seni e lei espresse una gioia fanciullesca per una tecnica che sapeva di gioco più che di copula; mi avvertì che lo avremmo fatto spesso perché le piaceva un botto, masturbare con il seno il mio fallo; le sorrisi e la baciai, con acrobatici movimenti.
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