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incesto

Affari di famiglia 1


di geniodirazza
02.11.2024    |    15.454    |    3 6.8
"Claudio, con una mazza forse della stessa lunghezza ma di uno spessore decisamente maggiore, non aveva perso tempo ed Elettra si era trovata piegata in..."
Elettra, 60 anni, era da tempo figura eminente nel tribunale della sua città; Claudio, 61 anni, collega ed amico di famiglia, era da anni il suo amante e coglievano tutte le occasioni per inventarsi missioni che coprivano settimane di scopate senza limiti; di fatto, lei era la moglie di Carlo, 62 anni, imprenditore di successo che aveva sposato quando aveva venti anni e col quale aveva vissuto una stagione felice di pochi anni, forse i primi sette, quando lei era già una figura eminente tra i giovani avvocati rampanti, con una clientela scelta, e lui invece un piccolo imprenditore che si arrabattava tra piccole commesse; il predominio economico e sociale l’aveva posta nella condizione di dominare il marito e ridurlo a suo paggetto.
La ruota aveva girato per il verso giusto e lui, con un paio di iniziative ardite ma di successo, aveva visto crescere la sua impresa fino ad assumere un ruolo internazionale; la situazione si era ribaltata ed Elettra aveva cominciato a sentirsi indicare come la ‘moglie di lui’, specialmente in quei circoli importanti dove aveva brillato per qualche anno; il rancore contro il suo denaro e il suo successo non esplose mai, ma logorò da dentro i rapporti.
Quando se ne rese conto, Carlo cominciò a tacere alla moglie gran parte della sua attività e della sua vita; costituì fondi privati di cui lei rimaneva all’oscuro; gli ci volle poco per rendersi conto che lei si era completamente allontanata, al punto da non avere più rapporti a letto; riuscì a organizzare una tiepida sorveglianza, temendo che la moglie commettesse qualche sciocchezza; seppe con certezza che aveva accettato le avances del suo amico Claudio, avvocato anche lui, che li portarono presto a finire a letto.
Con Claudio aveva avuto un momento di scontro violento, quando lui aveva cercato di violentare Maria, una nipote della moglie Nicla, insegnante nel locale liceo; la ragazza, appena ventenne, urlò con tutte le forze, quando lo zio cercò di portarsela in uno sgabuzzino per approfittarne; Carlo, che per caso era in cucina, udì le urla, sorprese l’amico e lo colpì con un violento pugno; la ragazza gli si rifugiò tra le braccia e da quel momento divennero inseparabili.
Non ne parlò con nessuno e la cosa passò sotto silenzio; quando però ebbe la certezza che i due, l’amico e la moglie, avevano intrecciato una relazione, parlò con Nicla e si consultò con lei sulle mosse da fare; la donna fu chiara e decisa; aveva da tempo una relazione con Ettore, un collega di insegnamento più o meno coetaneo; lasciò che il marito, violento e aggressivo a letto, si sfogasse con l’amica e si organizzò una vita parallela con l’amante.
La reazione di Carlo fu analoga; accettò più volentieri le affettuosità che Maria gli dedicava; ma, al tempo stesso, le espresse con chiarezza i suoi dubbi sulla situazione, non volendo aprire un brutto contenzioso con la moglie avvocato, per un divorzio; la risposta della ragazza lo colpì molto; gli chiarì che non chiedeva un matrimonio o una vita a due; le bastava sapersi amata; acquistò per lei un appartamento in città, le assegnò un vitalizio da un fondo segreto e creò anche lui una vita parallela.
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La prima copula l’aveva decisa Elettra e l’avevano consumata negli stessi locali del tribunale dove lavoravano; lo scopo era mortificare suo marito che, ai suoi occhi, cresceva troppo e la surclassava; quando aveva messo la mano nei pantaloni di Claudio, in un’aula vuota e chiusa da dentro, era rimasta impressionata dalla dimensione del fallo dell’amico di Carlo, che non aveva una brutta dotazione, e soprattutto amava forse troppo i preliminari vezzosi.
Claudio, con una mazza forse della stessa lunghezza ma di uno spessore decisamente maggiore, non aveva perso tempo ed Elettra si era trovata piegata in ginocchio a tentare di farsi entrare in gola un mostro mai visto, nelle brevi esperienze fanciullesche e nei dieci anni di matrimonio; aveva goduto molto a forzare la gola e a farsi spruzzare direttamente una lava di sperma; non avevano deciso subito di dare un seguito alla vicenda; ma avevano copulato più volte, in quelle aule.
Carlo aveva reagito ritirandosi di colpo quando, una sera, aveva tentato di possederla in vagina e si era accorto di una slabbratura sorprendente; poiché conosceva i retroscena, si era girato dall’altra parte e aveva dato il via ad una separazione di fatto che sarebbe durata trent’anni; il rancore di lei si acuì per il gesto di rifiuto e lo rinnegò, scegliendo la settimana della copula dura contro l’atteggiamento di un marito debole e forse destinato ad essere cornuto.
Sapeva benissimo che Claudio non si risparmiava e che aveva copulato con tutte le segretarie del tribunale e tutte le impiegate disponibili ad un fallo così nerboruto e capace di stimolare le voglie represse più porche; aveva anche avuto notizia, da Nicla, che aveva tentato di violentare la nipotina dell’amica, Maria, una ragazza di vent’anni molto bella e affascinante; pare che Carlo fosse intervenuto anche brutalmente; ma tutto era stato soffocato per evitare lo scandalo.
La realtà era che Elettra ormai dipendeva da quel fallo e non avrebbe rinunciato mai al sesso violento; Claudio non aspettava altro che chiudere la porta della camera d’albergo dove si installavano; le sue mani volavano sul corpo di lei a palpare, stringere, strizzare seni, sedere e vulva; la montava quasi immediatamente infilandole di prepotenza la mazza fino alla radice e picchiando con colpi durissimi di cui lei avrebbe conservato i segni almeno per una settimana.
I lividi che lei riportava da ogni incontro avrebbero insospettito chiunque; ma Elettra si era ormai abituata a tenere lontano il marito, se mai l’avesse cercata, almeno finché i lividi non fossero scoloriti; ben presto, non ebbe bisogno di preoccuparsi, perché erano diventati due estranei sotto lo stesso tetto, anzi nemmeno quello perché Carlo passava moltissime notti fuori casa, per lavoro o chissà che altro; l’unico punto era evitare lo scandalo.
Elettra e Claudio erano convinti di tradire i rispettivi coniugi perché a scadenza mensile si inventavano un impegno professionale per coprire una settimana di sesso sfrenato in una località elegante, mai la stessa; non si rendevano conto che, quotidianamente, i coniugi presunti cornuti vivevano un’altra vita; Nicla incontrava il collega Ettore la mattina ufficialmente a scuola e, nel pomeriggio, si recava clandestinamente a casa di lui dove si amavano perdutamente.
Carlo invece ormai non stava più in casa; quando non era in un cantiere o in ufficio, andava dalla sua amata e passava con lei ore meravigliose; ogni volta che davvero doveva partecipare ad una manifestazione fuori città, Maria era la sua accompagnatrice ufficiale, anche se non aveva nessun ruolo in azienda; per loro, era solo l’occasione per un turismo amoroso che vivevano con empito sempre quasi fanciullesco; lui non sentiva nessun senso di colpa perché lei lo amava così, senza certificati inutili.
Teneva sua moglie ormai alla stregua di un mobile poco usato; non avrebbe saputo neppure dire come fosse fatta sotto i vestiti, tanto poco la vedeva e la frequentava; gli anni trascorsi in questa totale sinecura avrebbero dovuto logorare qualunque rapporto; ma la tigna di Elettra cresceva a dismisura e si rinfocolava ogni volta che si rendeva conto di aver perso ogni contatto col marito; attribuiva la colpa al lavoro, per lui più importante, e forse ad un’amante segreta di cui non si curava.
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La sua passione era ormai solo per le grandi copule che andava a fare con l’amante ogni volta che era possibile; non aveva limiti né termini, Claudio; neppure si preoccupava delle garanzie, nelle loro copule; quando lei interruppe la pillola per un mese, si rassegnò a fare sesso con il preservativo, avevano trent’anni circa, dieci dal matrimonio, quando lei si accorse che il preservativo usato si era rotto.
Le salì l’ansia che fosse rimasta incinta perché quella volta, come sempre, ci avevano dato dentro di brutto; con l’illusione di rimediare, la sera cercò di farsi possedere dal marito che la cacciò in malo modo; nacque un figlio che inutilmente tentarono di affibbiare a Carlo, che si astenne da qualunque contatto; giuridicamente, però, come marito legittimo, dovette accettare la paternità attribuita, anche se aveva test inequivocabili di non avere relazioni col bambino che non amò mai.
Anzi, Carlo intuendo che Elettra doveva avere fatto qualche sciocchezza e che cercava di coprire la cosa per attribuirgli il bastardo, fu costretto a riflettere che non aveva un erede e che, addirittura, il bastardo rischiava di diventare il suo successore nel piccolo impero che aveva costruito; quella sera stessa si fermò da Maria anche per la notte e le chiese di fare un figlio; lei ne fu felice e, per tutto il mese, copularono a pelle sperando che rimanesse incinta.
Il fatto surreale fu che ambedue le donne rimasero incinte, Elettra di Claudio e Maria di Carlo; quando gli comunicarono la notizia, lui ebbe reazioni opposte; con Maria, brindarono al nascituro che lui dichiarò immediatamente che sarebbe stato suo figlio legittimo a tutti gli effetti; avvertì invece Elettra che, appena nato, avrebbero fatto il test del DNA e sarebbe risultato chiaro che era nato fuori del matrimonio.
Una volta ancora, lei dovette umiliarsi a chiedergli di tenere segreto il test; di usarlo solo per evitare eventuali problemi per la successione nell’eredità, ma di non creare scandalo con la nascita irregolare; non garantì ma accettò di lasciare correre; ancora più surrealmente, la nascita dei due ragazzi fu contemporanea, in ospedali diversi e distanti, da due madri lontane fra loro; Carlo si inventò una urgenza per essere vicino a Maria e a suo figlio; Elettra ebbe accanto l’amante.
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La situazione si incancrenì in un gioco ipocrita tra persone che vivevano insieme ma non si scambiavano neppure il saluto; Nicla era sulla carta la moglie di Claudio, ma sapeva perfettamente che il marito rincorreva tutte le donne tranne lei; a compensazione, si era creata una coppia parallela e stabile con Ettore; alla fine dei conti, le faceva anche comodo essere ignorata dal marito e libera di passare intere giornate e qualche notte con l’alternativa.
Passarono trent’anni nella più incredibile ambiguità; Carlo, col gioco delle due famiglie, riuscì ad essere vicino al figlio Arturo e a seguirne tutto lo sviluppo umano, sociale e culturale; trascurò assolutamente Francesco, figlio di sua moglie, suo per l’anagrafe ma in realtà di Claudio; quasi inevitabilmente, Arturo seguì studi di economia di suo padre; Francesco fu avviato alla professione di avvocato, quella del padre naturale e della madre, che adottò come riferimento.
Carlo aveva costruito la sua vita vera in parallelo a quella con la moglie Elettra; Maria gli aveva dato un figlio che, crescendo, si era stabilito negli stati Uniti e dirigeva un autentico impero commerciale; avevano un rapporto molto affettuoso e si sentivano quotidianamente in videochiamata; il cruccio di Arturo era che i genitori non decidessero di mollare tutto in Italia e di trasferirsi negli Usa; suo padre era troppo attivo per andare in pensione, ma qualche mese se lo sarebbe potuto concedere, di vacanza.
Elettra e Claudio, che avevano innescato la slavina su due famiglie, continuavano a cullarsi nel piacere di una settimana al mese di copula libera; lui, per soddisfare il suo eterno bisogno di vagina; lei, perché il desiderio di fare del male al marito e piegarlo ai suoi voleri si era trasformato in mero gusto di tenerlo sadicamente legato al matrimonio, con un figlio avuto da Claudio, ed impedirgli di costruirsi una vita alternativa, visto che quella con lei era da tempo prosciugata e arida.
Giocare sulle ambiguità, tradire metodicamente e ignorare il disinteresse dell’odiato marito divenne per Elettra l’arma per tenerlo sotto scacco; le supposizioni più varie le girarono per la testa, fino a pensare che fosse diventato gay ed avesse una storia con un uomo; l’unica verità, che aveva un’altra famiglia, un’altra donna amata ed un figlio quasi gemello di Francesco, non la sfiorava, perché, nella sua presunzione di superiorità, credeva che Carlo non potesse permettersi di pensarlo nemmeno.
Qualcosa, quando ragionava a mente fredda, le suggeriva che era paradossale la situazione che li vedeva separati in casa mentre lei si andava a prendere la sua brava dose di sesso in una qualsiasi località interessante; ma la tigna le impediva di fare anche il passo più piccolo per ricucire; meno difficile era, per Claudio, restare a fare il pascià in casa, anche se ormai la moglie era per lui meno di una collaboratrice domestica; non accettava nemmeno di pensare che lei avesse un’altra vita, un’altra storia.
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Con questo spirito si erano trovati in località di mezza Italia, per una ennesima seduta di sesso; la motivazione ufficiale, a cui nessuno credeva e di cui nessuno si curava, era il convegno di magistrati a cui non potevano sottrarsi; la realtà invece era che avevano prenotato in un hotel di alta categoria, con Spa annessa, per avere per sette giorni vita bella, sesso e panorami incantati che Elettra si godeva mentre lo sperma le scorreva giù dalla vagina continuamente riempita da lui.
L’albergo offriva una visione fantastica, perso tra le montagne; non c’era neve, perché era primavera avanzata, quasi estate, e la bassa stagione favoriva vacanze e incontri; la scusa ufficiale era come sempre un convegno di studi tra avvocati; in un incontro al Sestriere, davanti al paesaggio dei monti su cui il sole tramontava, Elettra ebbe un momento di commozione, soffocato dall’assalto di Claudio che le fece sentire la mazza tra le natiche.
Le strinse il seno, da dietro, fino a farlo dolere ed afferrò i capezzoli, che sapeva assai sensibili, provocandole spasmi intensi di libidine; lei rispose allungando la mano dietro fino a sentire la consistenza rassicurante del fallo sempre valido, anche se avevano ormai sessant’anni e più.
Seguendo quasi un rituale abituale, sganciò il vestito scelto appositamente perché fosse facilmente apribile e gli si presentò in lingerie; la fece girare, si appropriò con forza della bocca e limonarono a lungo, succhiandosi a vicenda le lingue, mentre lui le palpava e stringeva, quasi con rabbia, le natiche ancora compatte e saporose e faceva strusciare il sesso tra le cosce contro lo slip e la vagina rorida già di umori.
La spinse seduta sul letto, si sfilò i vestiti e le piantò il batacchio sul viso; lei lo prese devotamente tra le mani e baciò la punta, succhiando dal meato la goccia di precum già apparsa; lui spinse il bacino e copulò in bocca; lei frenava lo slancio tenendo in mano, fuori dalla bocca, il grosso della mazza e dedicandosi alla cappella tra lingua e palato; deviò qualche spinta verso le guance, poi si fece penetrare in gola con l’irruenza che conosceva.
Non si impegnò molto a leccarla, Claudio; il suo interesse primario e forse unico era metterle il sesso in vagina o nell’ano e sbatterla con violenza; era il suo modo di esprimere la sua mascolinità e dominare una donna che sapeva di gran carattere, capace di tener testa ed umiliare un uomo forte come il suo amico Carlo che non aveva esitato a prenderlo a sberle quando lui ci aveva provato con la nipote di sua moglie.
In un angolo della sua coscienza, Elettra si vergognava quando si vedeva nello specchio sottomessa ad un caprone maschilista e oppressivo; per molto meno, aveva distrutto la sintonia con suo marito; ma di fronte a quella mazza che le sconvolgeva vagina, ano e mente non riusciva a controllarsi nemmeno dopo trent’anni di copule, con un figlio diventato avvocato come lei e come il padre naturale, che continuava a farle fare sesso, con il disfacimento totale di due famiglie.
Un gesto per scacciare i pensieri tristi; si rovesciò sul letto e lo sentì che la assaliva senza esitazioni, senza preliminari; sapeva che i colpi che infieriva sul pube avrebbero lasciato, al solito, lividi ormai quasi indelebili; ma la tigna era diventata un habitus a cui non poteva più sottrarsi; quindi, si godeva le sollecitazioni libidinose che provocava in lei la mazza che la violentava ed aspettava gli sviluppi previsti e immutabili.
La scopava con rabbia a lungo, facendole più volte cambiare posizione; la prendeva da sopra, da dietro, di lato, facendole sollevare una gamba quando erano stesi a trenino e la mazza sbatteva in vagina mentre lei masturbava il clitoride; quando la metteva carponi era chiaro che l’avrebbe posseduta, a lungo e dolorosamente, in vagina per un tempo lunghissimo di piacere; poi spostava la cappella all’ano e la penetrava senza lubrificazione; più volte l’aveva fatta sanguinare.
Anche quella sera copularono come al solito; era l’ultima prima del ritorno; il suo treno partiva in mattinata e avrebbe impiegato un’eternità ad arrivare a casa; lui sarebbe rientrato in macchina, perché avevano scelto di evitare di andare insieme, per non insospettire e creare i presupposti di un possibile scandalo che ad Elettra sarebbe risultato fatale per i rapporti di ipocrita cortesia che teneva con i ‘salotti buoni’ della città dove ormai Carlo era primadonna e lei solo una comparsa.
Claudio, cosciente che era l’ultima ‘botta’ almeno per quella tornata, si gettò come un falco su di lei e spinse il sesso più profondamente che poteva, picchiò a lungo sul pube con una violenza inusitata; la fece girare, la montò a pecorina; lei si limitava ad urlare il suo piacere anche davanti ai colpi più duri; quando passò al lato B e la penetrò analmente senza avvertirla, la fece urlare di dolore; l’imperturbabile avvocato difensore delle libertà si fece sbattere come un zerbino e godé più volte.
Non sembravano arrendersi di fronte a niente; lei aveva il basso ventre tutto arrossato, che si sarebbe poi illividito, lui sentiva che gli bruciavano fallo e testicoli tanto l’aveva posseduta; sembravano temere l’ultima eiaculazione, quella che avrebbe chiuso la vacanza, mentre l’orologio incalzava perché il treno non aspettava e lei doveva essere a casa in serata per andare in tribunale la mattina seguente; si scatenarono in un’ultima violenta aggressione e godettero, alla fine.
Elettra si precipitò in bagno, si risciacquò sotto la doccia; chiuse a chiave per impedire che Claudio tornasse all’assalto per un’altra copula che le avrebbe fatto perdere il treno; riuscì a vestirsi e lo spedì in anticipo nella hall per frenare ulteriori passioni; finalmente uscirono, montarono in macchina e lui filò diritto alla stazione; lei uscì di corsa dall’auto e raggiunse il treno che quasi si avviava; lui prese l’autostrada.
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Arrivata come dio volle in città, stanca di un viaggio massacrante con vari cambi sul percorso, trovò la casa vuota; accese il telefonino che aveva dimenticato spento e lesse con terrore il messaggio di Carlo che l’avvertita che erano all’ospedale dove Claudio era in fin di vita per un incidente in autostrada; piangeva a dirotto, mentre prendeva un tassì che la portò all’ospedale; al letto del moribondo, c’erano, severa ma con gli occhi asciutti, Nicla, la moglie sofferente, e suo figlio Francesco.
Piangeva come una fontana ma nessuno si curava delle sue lacrime, solo suo figlio andò ad abbracciarla per le spalle consolandola; le chiese come mai fosse così accorata, mentre la moglie e l’amico erano rassegnati; fu Carlo a parlare.
“Ragazzo, è tutto regolare; le uniche persone che devono piangere il moribondo sono il suo orfano e la vedova in pectore; sappi che il moribondo è il tuo padre naturale; io sono solo stato raggirato per riconoscerti legittimo; tua madre ti ha concepito con l’uomo che da sempre è il suo amante; lo sapevo io e lo sapeva la moglie, per questo non piangiamo un falso amico e un pessimo marito; solo tua madre ha perso l’amore della sua vita; per questo lo piange con tanta accoratezza.”
Elettra scattò come punta da un serpente.
“Non è l’amore della mia vita; ti ho fatto le corna con lui per trent’anni perché te le sei volute; ho avuto un figlio per un preservativo bucato; l’uomo che amavo, prima che diventasse un tiranno, eri tu e ti avrei amato sempre, se non fossi diventato troppo ricco, troppo potente, troppo importante … “
“Che diavolo vai dicendo? Dove sarebbe la tirannia di cui blateri da perfetta cretina?”
“Mamma, io non ho un rapporto buono con mio … scusa … con tuo marito; ma sei stata tu a inculcarmi il rancore contro di lui, sei stata tu a suggerirmi di appoggiarmi a ‘zio Claudio’, zio un corno; era solo il tuo amante; sei stata tu ad imporre la tua dominazione … “
“Certo; e doveva essere sempre così; mio marito, questo povero individuo che non aveva quattro soldi quando mi sposò a vent’anni, sapeva benissimo che da sempre ho voluto essere prima in ogni cosa; era giusto e gli stava bene fare il paggetto quando io imperavo nei salotti della città; poi ha cominciato a fare quattro soldi, ad essere l’imprenditore di successo e mi ha messo in ombra, ha dominato tutte le scene ed ho dovuto abbandonare tutti i circoli per non essere solo la moglie dell’eroe.”
“Mamma, questa è patologia, è mania d’onnipotenza; che hai fatto allora? Hai fatto un figlio con un altro?”
“Tu sei stato un incidente di percorso, te l’ho detto; a lui volevo imporre che si umiliasse, che si inginocchiasse a me come aveva fatto per dieci anni, quando era nessuno; per insegnarglielo, ho copulato col suo migliore amico, per rendere più pesanti le corna; questo farabutto se ne è stato impassibile a prendersi le corna; ora sono anche felice perché lui sapeva; bene gli sta; per lo meno un poco gli ho spezzato la cresta … “
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