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L’eredità e i suoi vincoli 2


di geniodirazza
14.08.2024    |    1.789    |    0 8.3
"E’ una donna di qualità, Anna, e sa vivere la vita con un’eleganza ed un tono da invidiare; leale e semplice mi dichiara il suo slancio senza riserve;..."
L’armistizio tra me e Maria dura solo poche settimane; c’è da dire che non sono affatto ‘leggere’ né noiose; lei è decisamente molto calda, ha un bisogno di fare sesso che è quasi patologico e tende sempre a spostare l’asticella più in alto; evidentemente, è dominata da una smania di primeggiare che la porta a strafare specialmente quando si tratta di imporre la sua femminilità come strumento di dominio; per sua disgrazia, sono ‘vaccinato’ contro quel genere di atteggiamento.
Ogni nostro incontro è per me un’occasione per cercare di incontrarci sul terreno di una comprensione che possa produrre, se le cose andassero per il giusto verso, quel figlio che è il complemento indispensabile, non solo per ottenere pienamente l’eredità che mi spetta, ma soprattutto per costituire la famiglia che sogno di avere per completare la mia vita, decidere di fermarmi e trovare un posto dove consumare l’esistenza.
A questo obiettivo è rivolta anche la mia passione che si alimenta di coccole e manovre preliminari per arrivare a rendere l’accoppiamento un momento di comunicazione di affetti che costruiscano l’amore, una fase di conoscenza che ci renda il più possibile interdipendenti; per questo, consumo la maggior parte dell’attività sessuale in lunghissime fellazioni e cunnilingui spesso lunghissimi, quasi esasperanti; sento che gode molto ma che si aspetta violente aggressioni.
Infatti, la parte centrale degli amplessi per lei è quella in cui la sbatto con violenza in tutti i fori, le forzo brutalmente la bocca quando copulo oralmente, le sfondo il retto quando mi dedico alla penetrazione anale; farla urlare, a metà tra il dolore e il piacere, è il meglio che possa offrirle degli amplessi; e tutti i miei discorsi per convincerla a lasciarsi andare al sentimento ed all’amore scatenano puntualmente il suo sorriso sarcastico se non aperte risate.
Mi rendo conto che si è trovata almeno un’alternativa, quando comincia a tornare dal lavoro a sera o perfino a notte tarda cercando di barare con la scusa di improbabili straordinari; ci metto poco ad appurare che ha una relazione con un collega e che consuma i rapporti nella sua auto, che ne reca evidenti tutti i segni possibili; una sera che la seguo non visto, verifico che non solo si accoppia con lui nella macchina ma, subito dopo, esce all’aperto assai discinta.
La sensazione è che sia insoddisfatta anche di copulare con l’amante nella maniera violenta che preferisce, ma che desideri alzare ancora l’asticella provocando maschi sconosciuti che si aggirano con aria sospetta in quello che chiamano per ovvi motivi ‘il bosco delle prostitute’; assisto nauseato alle copule violente che realizza contemporaneamente con più soggetti che, mentre la prendono insieme, con violenza, in tutti i buchi, la offendono platealmente con espressioni da trivio.
Decido di mollare tutto e di andarmene per un lungo periodo; proprio in quella fase vengo chiamato per un nuovo importante lavoro in Centro America; come era facile prevedere, si rifiuta di seguirmi e parto da solo.
“So che agirai esattamente come hai fatto finora fin qui, ad eccezione di poche settimane passate da moglie vera; quando tornerò, rifletterò bene sul da fare e non credo che sopporterò più i tuoi comportamenti assurdi.”
Non mi degna neppure di un saluto; credo che ancora viva nella convinzione di essere la più forte e non ho nessuna voglia di ingaggiare un’inutile lotta con una stupida ragazzina esasperata da chissà quale frustrazione infantile che crede, facendosi sbattere in giro, di essere superiore alla media delle persone ‘qualunque’ e di emergere per questo come trasgressiva e protagonista; non ci scambiamo una lettera né una e mail né un messaggino; la considero quasi morta per me.
Nei sei mesi che trascorro tra le diverse repubbliche del centro America, più volte sono tentato di avviare una storia decente con una delle infinite donne che popolano le mie notti fin troppo calde; ma, in realtà, mi rendo conto che è assai difficile trovare una piattaforma di interesse con una donna che mi convinca a fare il gran passo; una troia ce l’ho già e l’ho sposata, anche se per una sporca speculazione; preferisco tenermi quella situazione, in attesa che qualcosa cambi.
Quando il lavoro finisce e torno a casa, trovo una troia implacabile che per sei mesi ha fatto tutto il comodo suo, incurante del fatto che è strettamente sorvegliata e che sono stato immediatamente informato; quando la affronto per cercare di fare chiarezze, mi sento proporre con la massima disinvoltura che, se voglio stare con lei, devo abbassare la cresta, smetterla di fare il padrone e subire che lei viva la sua vita.
In buona sostanza, mi chiede di essere il suo cornuto contento, il cuckold che non solo la lascia libera di copulare con chi voglia, ma che glielo lasci fare nella mia casa, nel nostro letto, limitandomi a stare a guardare e ad accontentarmi di qualche prestazione marginale che si degnerà di concedermi; il massimo, sarebbe che usassi le mani e la bocca per preparare i suoi amanti e che pulissi i falli e la sua vagina dallo sperma che vi versano i suoi stalloni.
La avverto che è semplicemente folle, che so tutto e che prima o poi pagherà caro e amaro tutto quello che mi ha fatto e mi farà; parto l’indomani all’alba e per tre mesi me ne sto in Germania dove ho avviato nuovi progetti; mi viene affidata, come segretaria personale, una nuova assunta, Anna di origini italiane, che nel volgere di un paio di settimane occupa totalmente il mio cuore; andare a cena con lei è un momento di dolcezza che non ho mai vissuto fino a quel momento.
Al momento di uscire dal ristorante, mi chiede apertamente se ho intenzione di avviare con lei una storia o se desidero solo fare sesso per una sera; la avverto che in Italia ho una situazione difficile con una moglie di cui non posso ignorare l’esistenza, che desidero avere un figlio per realizzare una mia famiglia e per rispettare un obbligo ereditario; mi fa osservare che ciascuno ha i suoi problemi e che ogni viaggio comincia col primo passo; il nostro, se vogliamo, comincia da casa mia.
E’ una donna di qualità, Anna, e sa vivere la vita con un’eleganza ed un tono da invidiare; leale e semplice mi dichiara il suo slancio senza riserve; desidera fare l’amore con me, FARE L’AMORE mi ribadisce non farsi sbattere a letto; non intende cautelarsi e, se un figlio deve nascere, non esclude di essere la madre; mi chiede solo di ricordare bene che, in ogni caso, lei è e resta la madre di suo figlio, sempre, al di là di adozioni o affidamenti; non capisco bene ma mi chiede di accettare senza capire.
Quando entriamo nel mio appartamento, so già che sono stato catturato nella sua freschezza; non è una bambina ed ha vissuto la sua vita; non ha cercato relazioni significative forse per difendere la sua libertà, ma non si è mai lasciata andare a trasgressioni; sa di provare un forte slancio nei miei confronti e non esclude di diventare la madre di mio figlio; per il resto,si affida al destino e a quello che deciderà per noi.
Le confesso lealmente che i suoi discorsi mi spiazzano perché esprimono il mio stesso punto di vista; comincio ad accarezzarla nell’ascensore, la bacio con passione quando siamo oltre la porta di casa e la accompagno in camera spogliandola lungo il percorso; la sdraio nuda sul letto e mi fiondo a succhiare la vulva che ho sognato per tutta la sera; grufolo nella peluria che ha lasciato crescere, cosa rara ormai, e con la lingua sollecito il clitoride; l’orgasmo esplode violento.
Mi rovescia sul letto, mi sfila pantaloni e boxer e si impossessa del fallo che tratta con una dolcezza ed una delicatezza che mettono a rischio le mie famose difese per cui resisto anche ore ad una fellazione; c’è amore nel modo in cui carezza con la lingua l’asta e sembra coglierne forme, odori, umori e sapori; quando cerco di spostarci a 69, mi fa capire che è meglio se facciamo una cosa per volta, la lascio soffocarsi con la cappella fino all’esofago, prima di leccarla io.
Andiamo avanti per ore con mille toccamenti, sollecitazioni, masturbazioni; mi fa scoppiare tre orgasmi, due in vagina ed uno in bocca; sono convinto che stia mirando a farsi inseminare; non mi dispiace l’idea di avere un figlio da una donna così dolce e limpida, così determinata ed appassionata; quando ci svegliamo, in mattinata tarda, dopo una notte di amore vero, respiriamo con sollievo all’idea che sia sabato e non abbiamo impegni.
Passo con lei i tre mesi previsti per i lavori; poi sono costretto a tornare a casa; Anna decide, per il momento, di restare a Monaco per lasciarmi fare chiarezza.

Mentre lui è in America Centrale per i suoi maledetti affari, non perdo nessuna occasione per fare sesso dovunque, comunque e con chiunque; l’unico limite, è che non posso usare casa nostra, in effetti solo mia, perché abbiamo fatto installare un sistema di sicurezza anti intrusione, di cui sono molto poco esperta; so solo isolare l’allarme quando entro, ma non so se un qualche diabolico apparecchio registri quello che avviene in casa e non voglio rischiare inutilmente.
Il posto preferito resta il ‘bosco delle prostitute’ dove posso scatenarmi in tutte le performance che preferisco; alcune sere mi diverto nella fellazione continua di tutti i sessi che riesco ad avere nel tempo che ci tratteniamo; ho sperimentato doppie e triple penetrazioni in tutti i fori, con mazze sempre tra le più grosse disponibili; il mio retto e il mio utero sono trafori dai quali passerebbe qualunque cosa; anche il mio collega stenta a starmi dietro.
Ormai lo uso solo come alibi per farmi accompagnare sul posto; qui gli concedo talvolta una copula veloce in macchina; poi esco e mi scateno nel mio sport preferito, la caccia alla mazza più affascinante; qualche volta mi sono capitati dei soggetti neri come l’ebano che mi hanno dato immenso piacere sventrandomi davanti o dietro, secondo quello che sceglievo; ho sempre evitato soluzioni estreme perché quando ho tentato la penetrazione contemporanea in ano e in vagina ho avuto male.
Quando Carlo torna dal viaggio, ho già deciso che sarò definitiva; continuo ad uscire apertamente la sera col mio collega e a tornare a casa coperta di sperma dai capelli ai piedi; quando cerca di affrontare l’argomento con me e mi chiede cosa decido di fare, gli rispondo che l’unica possibilità per lui è lasciarmi in pace; se vuole, può essere il mio cuckold, lasciarmi copulare con chi voglio anche in casa, stare a guardare e al massimo, preparare gli stalloni e pulire tutto alla fine.
Mi propone la separazione legale consensuale senza pretese; gli rido in faccia; se vuole liberarsi di me, deve trovare percorsi più convincenti; non ha niente in mano per pretendere che mi faccia da parte; le corna che ha sulla fonte non valgono come motivo di divorzio; non l’ho visto mai così teso e inferocito; per un attimo ho paura che possa farmi del male, ma so che odia la violenza e gli dico di andare al diavolo.
La risposta è l’ennesima partenza, stavolta per la Germania, da dove è appena rientrato; un minimo di buonsenso avrebbe dovuto suggerirmi che a Monaco è successo qualcosa di cui preoccuparmi; ma sono talmente presa dalla vertigine da quella che ritengo una vittoria clamorosa che non ci faccio nemmeno caso; gli auguro di crepare e, ironicamente, aggiungo che così erediterei anche la sua fortuna, come moglie legittima; so che incontra il suo avvocato prima di partire.

Stavolta la mia pazienza non esiste più; Maria è stata non solo trasgressiva, volgare, moralmente tarata, ma soprattutto presuntuosa, offensiva, incapace di qualunque forma di umanità; l’unica cosa che ha capito è che può ricattarmi e ha caricato fortemente i toni; propormi di farle da cuckold è veramente il colmo; avrei cercato di evitare la vendetta, se avesse dimostrato almeno un minimo di volontà di ragionare; per come si erano messe le cose, essere spietato era doveroso.
In pratica, vado via dalla casa che ufficialmente è nostra; e non desidero tornarci con lei; la voglio vedere distrutta, a questo punto, chiedere alla legge che la cacci via e mi liberi di lei ad ogni costo; prima di partire per la Germania, faccio appuntamento al bar con il mio amico Cosimo, mio avvocato, e gli presento la questione in tutte le sue valenze, senza nascondere i particolari; gli chiedo di far intervenire qualcuno per darle una brutta lezione.
Conosce l’uomo giusto, che è suo cliente, accusato e mai condannato per decine di delitti anche gravi; lui provvederà ma io non devo sapere niente; non devo tornare in Italia se non vengo convocato dalla magistratura; non devo tenere assolutamente nessun contatto con nessuno; non voglio neppure sapere che cosa abbia in mente e cosa decideranno di fare; mi basta sapere che alla fine sarò libero dall’arpia che mia moglie si è rivelata.
Vado direttamente a casa di Anna e le chiedo di sistemarci lì per tutto il mio soggiorno, forse di qualche mese; è felicissima ed innamorata più di quanto mi aspettassi; la prima cosa che facciamo, quando mi apre la porta, è fiondarci sul letto e fare l’amore; l’ho lasciata da poco più di una settimana, ma la desidero come se non la vedessi da anni; e trovo in lei una passione altrettanto violenta e infuocata; mi avvolge in un abbraccio che mi pare tentacolare, ricoprendomi di baci.
Non riusciamo neanche a spogliarci; lei vuole sentirmi dentro di sé; io voglio prenderla e sentire che è qualcosa di mio separato dal mio corpo; una volta tanto, non mi perdo nei preziosi preliminari che sono la struttura della mia maniera di dare e ricevere amore; lei mi attende a braccia aperte sdraiata supina a gambe spalancate; io mi fiondo voglioso su di lei, copro interamente il suo corpo e la penetro alla missionaria, solo spostando il perizoma, senza togliermi i pantaloni.
Non ho neppure bisogno di muovermi molto; la voglia repressa è tanta che avverto quasi subito lo stimolo dell’orgasmo in arrivo; cerco di arretrare col corpo per non godere nell’utero; mi blocca coi piedi sulla schiena e mi sussurra ‘vai fino in fondo’; la mia non può definirsi eiaculazione; è un’alluvione che inonda utero e vagina; lo sperma trasborda dalla vulva e si deposita sul lenzuolo; le chiedo con lo sguardo perché non mi ha fatto uscire.
“Non era necessario; sono incinta … “
“ … di me?????”
Borbotto al colmo della meraviglia.
“Carlo, non sono una ragazzina ed ho alle spalle una storia più complessa di quella che credi; da quando sono venuta a letto con te, quella sera, non ho fatto né sesso né amore con nessuno; non intendo farlo finché questo figlio non sarà abbastanza autonomo; ti amo e voglio esserti fedele almeno finché mi sarà possibile; quando nascerà, sarà facile documentare la paternità con un esame del DNA; io so che è tuo figlio.”
“Anna, io adesso ho il dovere di divorziare da mia moglie; voglio che tu venga a vivere con me, in Germania, in Italia o dove deciderai; vorrei che stessimo insieme per sempre, io tu e nostro figlio; dopo il divorzio ti sposo … “
“Carlo, non è così semplice come dirlo; io vengo a stare con te, in Italia, in Germania o dovunque vuoi; il figlio è tuo e resterà tuo finché lo vorrai; se sparirai, sarà il bastone della mia vecchiaia; di una sola cosa ti prego e vorrei che fosse certificata ufficialmente; per qualunque motivo io me ne dovessi andare, perché perdo la testa per un altro, perché muoio, perché mi mandano in galera, per qualunque motivo, tu ti prendi l’affidamento del nostro bimbo e gli assicuri anche una figura materna che lo preservi da possibili traumi infantili. Me lo prometti?”
“Non riesco proprio a capirti, ma te lo prometto; mi lasci libero di fare alcune scelte che ci riguardano?”
“Per esempio?”
“Io voglio che il bambino nasca in Italia e sia innanzitutto italiano; la tua piccola parte di tedesca non deve incidere più di tanto, anche anagraficamente; vorrei che tu avessi un riferimento solido in Italia; per esempio, una casa ed un lavoro; parla con un’agenzia e compra a Milano un miniappartamento dove rifugiarti con nostro figlio quando sei in Italia; io posso assicurarmi che una qualche industria ti assuma in qualsiasi momento, anche se te ne vai con un altro. Mi consenti di fare questo?”
“Un giorno, se e quando sarò costretta a parlarti di certe cose, capirai che questi sono elementi marginali; l’unica cosa che conta è che nostro figlio possa fare affidamento su di te, suo padre, e su una madre che potrei anche non essere più io; la casa e il lavoro vengono dopo; se fosse possibile vivere con te tutta la vita, sarei disposta anche a fare la massaia parassita di un amante ricco.”
“Certi discorsi mi spaventano; ma so rispettare la privacy; appena andremo in Italia, cercheremo di fare un po’ più di luce sui miei timori e sulle tue esigenze; per ora, sei la madre di un figlio di cui sono già orgoglioso e ti amo come la cosa più preziosa del mondo, al di sopra di tutto nella vita.”
“Adesso, però, questo amore me lo fai sentire, delicato e dolce come sai fare tu?”
“Posso dire di no alla madre di mio figlio?”
Ci vestiamo ed usciamo solo per arrivare in trattoria e mangiare qualcosa a mezzogiorno e per cenare la sera; il resto della giornata lo passiamo a letto a festeggiare continuamente e in forme sempre diverse la gioia della futura paternità; Anna si fa accarezzare, titillare, succhiare, leccare, mordicchiare per ore senza stancarsi, godendo di piccoli orgasmi continui intervallati ogni tanto da qualche esplosione più vivace o da autentiche bombe d’orgasmo che la fanno squirtare.
La possiedo in vagina e nell’ano, in bocca e fra i seni; mi masturba, mi accarezza, mi porta in paradiso e urla ogni volta che le strappo un godimento nuovo, costruito metodicamente o stimolato all’improvviso; lei mi succhia l’anima dall’asta ogni volta che si applica a succhiarla facendola penetrare fino in fondo alla gola e leccandola come un dolce sorbetto; il gioco di titillare con le floride mammelle il sesso ritto e ferreo per l’eccitazione è da ricordare per sempre.
Passiamo così mezza settimana, fino al lunedì mattina, quando decidiamo di presentarci in ufficio per prendere atto dei lavori in svolgimento; ma la nostra testa è tutta a quell’embrione che sarà nostro figlio ed all’amore che lo ha reso possibile; mi attivo perché un’agenzia d’affari organizzi a Milano l’acquisto per Anna del miniappartamento che battezziamo, da lontano, nostro ‘nido d’amore’ per quando saremo in Italia dove nostro figlio nascerà.
La nuvola rosa dell’amore che acceca ci accompagna lungo i tre mesi successivi che trascorro a Monaco, tra il mio ufficio e la casa di Anna, prevalentemente a letto come fossimo due giovanissimi sposi in perenne luna di miele e non due persone ormai adulte, con problematiche storie alle spalle e un figlio in arrivo; come Cosimo mi aveva preannunciato, è la polizia tedesca a svegliarmi dall’incanto, consegnandomi una convocazione in Tribunale a Milano.
L’accusa, mossami da mia moglie, è di essere il mandante occulto di un’aggressione subita da lei e dal suo amante in località ‘bosco delle prostitute’ in cui hanno subito gravissime lesione; della cosa, so meno che niente; ma si sta poco a capire che è la vendetta promessami da Cosimo e realizzata, per mio conto, dal malavitoso suo amico; chiedo ad Anna di essere con me, stavolta; partiamo per Milano e ci rifugiamo nel nido d’amore.

La partenza di Carlo per la Germania mi ha lasciato campo libero per le mie perversioni; ormai la mia auto, dalle sette di sera a notte fonda, fa parte integrante del paesaggio del ‘bosco delle prostitute’; il mio collega ha finalmente capito che la sua mazza deve solo aprire le danze e, se ce la fa, chiuderle a serata conclusa; usciamo dall’ufficio e, con la mia macchina, andiamo direttamente al bosco dove ormai siamo di casa; tutti i frequentatori abituali ci conoscono e ci aspettano.
Quelli che capitano per la prima volta sono i benaccetti e godono del privilegio della mia prima scelta; normalmente, appena arrivati mi lascio montare dal collega che non riduce la sua prestazione ad una sveltina ma mi cavalca volentieri, a volte anche in successione in bocca, in vagina e nel retto; quando esplode la sua eiaculazione, io esco dalla macchina, semivestita come mi ha ridotto lui, e mi dedico agli estranei; se vi sono degli sconosciuti mi rivolgo a loro per primi.
Seleziono le mazze, in genere; scelgo quelle che mi appaiono più degne di interesse e le aggredisco con tutta la foga della mia ninfomania; soprattutto le primissime volte, inizio dalla fellazione che è la mia specialità; la gara è durare quanto più è possibile resistendo agli attacchi delle mie labbra a ventosa, della mia lingua morbida come un piuma e del risucchio da aspiratore che spinge la cappella fin nel più profondo della gola dove viene stritolata dal piacere ed esplode.
Il momento più bello per me è sempre quello in cui lo spruzzo dello sperma colpisce in fondo alla gola; ma sono abilissima anche a farlo esplodere contro il palato, raccogliere con la lingua lo sperma e tenerlo in bocca per qualche momento prima di ingoiarlo con gioia; se il soggetto regge, subito dopo lo tiro su con una sapiente masturbazione, mi stendo sul sedile posteriore con le gambe fuori dall’abitacolo e mi faccio montare da sopra fino a che esplode.
Quando non ci sono personaggi nuovi che mi stuzzichino, mi dedico agli habitué scegliendoli sulla base di felici esperienze precedenti; in quel caso, la copula è lunga ed articolata; è possibile, in certe occasioni, che un’intera serata sia dedicata ad un solo fallo che ha specifiche abilità ed una capacità di durata adeguata alle mie esigenze; solo alla fine della performance, offro al mio collega la possibilità di concludere con una fellazione, se già ha copulato, o con una penetrazione dove vuole.
Ormai la sosta al bosco è diventata parte integrante del mio quotidiano e me la godo per un paio di mesi senza nessuna preoccupazione per il futuro; mio marito sicuramente chiederà il divorzio, ma mi sono intesa con un avvocato per dargli il massimo tormento e strappargli quante concessioni sia possibile; è ricco abbastanza da soddisfare qualunque mia richiesta, pur di vedermi abbandonare il campo; l’alternativa resta sempre essere il mio cuckold, anche controvoglia.
Stasera, stranamente, il bosco è vuoto; ci fermiamo al solito posto e ci lanciamo in una copula ricca e soddisfacente; lui resiste bene ed è in grado di possedermi ogni sera con lo stesso impeto; mentre siamo all’apice della monta e siamo perduti nella libidine che ci ha preso, le portiere si aprono di colpo ed un tizio mascherato, armato di pistola, mi impone di uscire dalla macchina; sono terrorizzata; non era mai avvenuto niente di simile e la zona è deserta, rispetto al solito.
Esco dall’abitacolo e si materializzano quattro neri molto alti, molto muscolosi, che esibiscono dei falli mai visti prima, almeno venticinque centimetri di lunghezza e lo spessore di una lattina; la parte più troia di me gioisce alla vista e dimentica perfino la pistola dell’uomo mascherato; c’è un telo steso per terra; uno dei quattro si stende; un altro mi solleva per le ascelle e mi porta ad impalarmi di vagina su quell’asta straordinaria.
La penetrazione è brusca e violenta, quindi dolorosissima; sento i tessuti del canale vaginale sollecitati fino a rompersi; urlo con quanto fiato ho in gola; una mano si alza a colpirmi in volto; alzo le mani e taccio di colpo; mi risparmia il ceffone; spinge la mazza e sento l’utero cedere, stringo i denti e lascio scorrere le lacrime; mi solleva per le anche e imprime un ritmo da copula; nonostante il dolore, comincio ad avvertire un intenso piacere.
Ma è solo questione di un momento; vengo brutalmente schiacciata sul corpo di quello sotto di me e qualcosa di grosso e duro mi preme contro l’ano; faccio appena in tempo a realizzare che l’altro mi sta penetrando, quando una fitta insopportabile mi avverte che l’ano è squarciato e l’altro fallo sta entrando direttamente nell’intestino; non ho mai prediletto le doppie penetrazioni; ma questo è un autentico sventramento davanti e dietro; sento il sangue fiottare fuori.
Cerco di urlare ma il solito ceffone minacciato mi fa tacere; intanto una terza sberla di sesso mi forza la bocca e mi spinge ad un’apertura deforme delle mascelle; ho dolore anche nella bocca, costretta a spalancarsi disumanamente; cerco di guardare il mio compagno di avventura sperando di riceverne aiuto; lo vedo carponi non lontano da me con l’altro nero che gli sta infilando nell’ano la sua mazza; lui era vergine, prima di questa esperienza; non oso neppure immaginare il dolore.
Non hanno usato nessuna preoccupazione, nessuna delicatezza; mi massacrano ventre, retto e mandibole con l’evidente intenzione di farmi male, senza nessun piacere possibile, in quelle condizioni; per aggiungere dolore a dolore, qualcuno, non riesco neppure a chiedermi chi, mi sta strizzando i capezzoli e li sta tirando fino a farmi sentire la pelle cedere; posso solo piangere sena emettere suono perché la mazza che mi riempie la bocca mi ha forse deformato la mascella.
Riesco a malapena a pensare che Carlo si sta vendicando con i miei stessi strumenti; mi sta facendo uccidere di sesso da killer spietati, raccolti chissà dove, che usano i loro falli mostruosi per danneggiarmi irreparabilmente non solo il sesso ma la vita stessa; temo di non uscire viva dall’esperienza; il terrore mi aggredisce e mi viene di rilassare la vescica orinandomi addosso ma non riesco a far niente perché il canale vaginale è ingombro di un bastone enorme che si scontra con l’altro che sfonda il retto.
La paura è l’unico sentimento che riesco a provare; il dolore è così forte che perdo i sensi più di una volta; quando mi risveglio dall’ennesimo svenimento, avverto sensazioni stranissime come di un’aria fresca che mi penetri nel corpo dalla vagina aperta e dal retto squarciato; passo una mano e la ritiro sporca di sangue; muovo a stento le labbra e non ho la forza di urlare; poco distante da me, il mio collega giace a terra; nell’ano è piantata, dalla parte grossa, una mazza da baseball.
Come in un incubo infernale, sento una macchina che si ferma; qualcuno si avvicina; temo che siano i nostri aguzzini tornati a completare l’opera; ma sono solo frequentatori abituali e ritardatari; vedo che uno fa una telefonata; rientrano in macchina e filano via spaventati; dopo qualche tempo, un fascio di luce mi colpisce; dietro, distinguo una divisa da poliziotto; forse sono ancora viva e salva; finalmente riesco a singhiozzare convulsamente.
In ospedale mi dicono che siamo stati vittime di una selvaggia aggressione ad opera di sconosciuti; l’area era stata resa deserta da minacce fatte ai frequentatori; ci avevano aspettato apposta e ci avevano massacrati; sono costretta ad ammettere tutte le mie malefatte in quel posto fin troppo noto per pratiche di meretricio; faccio verbalizzare che il mandante secondo me è mio marito al quale mi sono sempre negata e che avevo sempre umiliato, mortificato e maltrattato.
L’ufficiale al quale parlo mi avverte che è un discorso pericoloso, perché, se non fossi in grado di dimostrare nei fatti le mie affermazioni, rischio una denuncia per diffamazione oltre alla richiesta immediata di divorzio per prostituzione; urlo con quanto fiato ho in gola che sono una troia ma che non mi sono mai prostituita; mi ribatte che la denominazione del luogo dove è avvenuta l’aggressione depone a mio svantaggio e che mi sono accompagnata a troppi maschi per parlare di semplice adulterio.
Ancora una volta scatta in me la testarda che la vuole vinta ad ogni costo e sottoscrivo il verbale e la denuncia conseguente; neanche l’avvocato, che ho fatto intervenire, riesce a dissuadermi; mio marito mi ha fatto massacrare e deve pagare cara e amara la sua vendetta stupida e anche inutile perché le corna se le tiene; quando mi chiedono dove sia mio marito, non so dare una risposta e questo acuisce i sospetti della polizia; do il recapito del suo avvocato e lo convocano.
Risulta un altro enorme errore, perché Cosimo arriva molto agguerrito, armato di documenti, testimonianze e prove, dimostra concretamente che Carlo da mesi è in Germania dove vive con un’altra donna perché è di fatto separato da me; che non ha mai avuto e non ha nessun tipo di rapporto con nessuno che bazzichi quelle periferie di depravazione e che io invece sin dalla festa di addio al nubilato ho dato chiare prove di tendenze alla ninfomania più vergognosa.
Ha anche, non so come, la registrazione dei dialoghi in cui proponevo a mio marito di fare il cuckold e sporge a sua volta un numero infinito di denunce che vanno dall’oltraggio alla famiglia ed alla dignità umana alla diffamazione, dall’oltraggio alla violazione di domicilio, perché mi sono accompagnata ai miei amanti anche a casa di mio marito; urlo più volte che quella casa è anche mia e che non ho mai portato nessuno in casa.
Mi prendo una minaccia per offese all’autorità per il linguaggio tenuto davanti al giudice; nonché la dimostrazione che sono con Carlo in regime di separazione dei beni, per cui sulla casa non ho diritti e tutto quello che ho pagato con le sue carte di credito può essere considerato appropriazione indebita; comunque, in mancanza della controparte, il giudice non può agire; affida alla polizia il compito di rintracciare mio marito e fissa un’udienza per un mese dopo.
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