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Pena correttiva


di geniodirazza
02.12.2024    |    4.646    |    1 7.2
"Ora che so che tu sai, posso anche amarti liberamente, senza il senso oppressivo delle bugie che per quattro, no forse cinque volte, ti ho dovuto..."
La festa si va animando, verso mezzanotte, ed io comincio a divertirmi, visto che l’euforia, l’alcool e la voglia di divertimento stimolano tutti ad andare ‘fuori dalle righe’ e Nicola si sbilancia a corteggiare la moglie del suo migliore amico, Crescenzo, mio marito, quasi al di là dei limiti della decenza; l’unico che non si fa travolgere dall’atmosfera di gioia che contagia l’ambiente è proprio mio marito, ormai musone a tutti gli effetti, che è preso da un’importante causa che deve discutere domani in tribunale e non intende andare oltre certi limiti; vorrebbe che ce ne andassimo subito, ma stavolta mi ci incavolo davvero; gli dico di andare, perché mi farò accompagnare quando sarò stanca, non quando lui decide che devo tornare a casa.
E’ andata così, con mio marito; finché era un giovane ambizioso, con tanta buona volontà, tanto impegno e tanta lotta dura per affermarsi, eravamo una coppia collaudata, forte e determinata, io ero il suo riferimento, il suo grande amore; ma questo succedeva venticinque anni fa, quando io non avevo vent’anni e lui era fresco di laurea e di professione; poi venne il matrimonio e i figli che sono cresciuti, al punto che Antonio si è già laureato e segue le orme paterne e Francesca è a un tiro di schioppo dalla laurea, anche lei in legge, ed io sono diventata progressivamente la massaia che si occupa della casa ed ha poca o nessuna capacità di interloquire nei loro dibattiti troppo ‘alti’ per una povera ragazza che non ha completato gli studi ed è rimasta in cucina a fare l’angelo del focolare.
Purtroppo, la crescita rapidissima di Crescenzo nella professione, il successo, meritatissimo, per carità, e il conseguente sempre più alto benessere economico lo hanno allontanato anche dall’affetto e dalla devozione; per la verità, non è né distratto né assente, ma ormai tutto è ordinaria amministrazione, tutto è scontato e la moglie deve fare solo la moglie; la cosa peggiore è che non trovo neppure le parole per farglielo capire e devo solo sperare, spesso inutilmente, che sia lui a prendere coscienza di come questo atteggiamento lo allontani da me e mi metta quasi nella necessità di tentare di svegliarlo in qualche modo.
Stasera l’occasione è proprio giusta, per fargli capire che non può disporre di me come di un suo oggetto personale ed usarmi o lasciarmi da parte come gli risulti più comodo; io mi sto divertendo, una volta tanto, e lui, preso dal lavoro, dalla carriera, dai guadagni, vuole impedirmelo e trascinarmi a casa prima che la brigata degli amici si sciolga; decido allora che stavolta non l’avrà vinta e che mi fermerò da sola alla festa, dopo che se ne sarà andato, e mi organizzerò con Nicola, il suo amico scapolone d’oro che ancora vive in casa coi genitori, ed ha ben più che cinquant’anni, come noi d’altronde, e ancora corre la cavallina corteggiando tutte le femmine che entrino nel suo quadro visivo; poiché di Nicola si fida, mi affida a lui prima di andarsene e lasciarmi anche a piedi, visto che la macchina la prende lui.
Nicola non perde tempo, anche per effetto dell’alcool che sta ingurgitando abbondantemente; appena mio marito è uscito, mi abbranca per la vita e mi trascina a ballare un lento; in realtà, quella del ballo è solo una stupida scusa per simulare con me una vera e propria copula sotto gli occhi di tutti; movimenti flessuosi e sapienti gli consentono rapidamente di farmi sentire sotto la vulva la mazza di cui molte hanno cantato lodi ed io mi accorgo immediatamente che le lodi sono esagerate ma che la mia vulva sta reagendo in maniera imprevista, scatenandosi in un orgasmo sempre più forte che mi porta in breve ad allagare il perizoma che indosso sotto il vestitino; all’inizio lo respingo debolmente ricordandogli che stiamo offendendo mio marito e il suo migliore amico; lui mi obietta che se uno per insensibilità costringe la moglie a fargli le corna, se l’è meritato; a mano a mano le mie resistenze si affievoliscono finché mi faccio trascinare a godere fino all’orgasmo, in piedi, vestita, con una gioia che non ricordavo dall’infanzia, forse; alle due decide che possiamo andare e mi accompagna alla sua macchina; mentre viaggia verso casa mia, noto che la direzione non è giusta; gli appoggio una mano sul braccio per chiedergli, senza parlare, che sta facendo.
“Andiamo al mio studio. Ti va?”
Non sono in grado neppure di rispondere; so che sto camminando sul bordo di un pericoloso burrone; stiamo per fare le corna a mio marito, io, e al suo amico più caro, lui; è una cosa che si paga assai caro, in qualsiasi ambiente; ma una copula a tradimento è l’umiliazione che ci vuole per colpire un maschio alfa troppo pieno di se; non dico una parola e lo lascio fare; arrivati al condominio in cui ha lo studio, non mi ci vuole molto a rendermi conto che sarà una cosa molto provvisoria, al limite di quelle che facevamo da ragazzini in tutta fretta eludendo la sorveglianza dei parenti; d’altronde, la condizione di Nicola, che ancora vive coi genitori, è proprio di quel tipo; non ha avuto il tempo di organizzarsi per un motel; inoltre, non abbiamo molto tempo perché non posso tirare fino all’alba e sono già le due e mezza.
Ci precipitiamo nel suo ufficio, dove l’unico posto utile è un divano lungo una parete e Nicola sostanzialmente copula in piedi; mi abbraccia con un fervore a cui non sono più abituata e mi bacia con una pressione e con una passione che mi disorientano, allungo la mano ad afferrare il sesso e mi accorgo che non ha niente a che vedere con quello di Crescenzo, che va ben oltre i venti centimetri; anche da quel punto di vista, un grosso senso di colpa mi affonda letteralmente, perché capisco che neanche per la sessualità merita quell’umiliazione; ma la mia rabbia ormai è esplosa e non mi fermo; pensavo che mi preparasse a lungo, come fa sempre mio marito che passa intere ore a succhiarmi i capezzoli, a titillarmi la vulva, a penetrarmi con le dita in vagina e nel retto, insomma a prepararmi in maniera tale che alla fine la copula diventa l’apoteosi di un rapporto lungo, articolato e vario; forse per la precarietà del momento, Nicola mi sbatte decisamente sul divano, mi solleva la gonna fino in vita, sposta il perizoma e mi infila la mazza in vagina; eccitata come sono, allagata totalmente, aperta e abituata a prendere il randello di Crescenzo, quasi non avverto il suo fallo che entra, sfiora la cervice dell’utero ed esplode in un orgasmo enorme, imprevedibile; lo guardo stranita.
“Scusami, la situazione, il momento, la voglia … forse ho concluso troppo in fretta.”
Lo guardo con aria di compassione e mi masturbo con foga davanti ai suoi occhi, scatenandomi l’orgasmo che desideravo, quello che lui non ha saputo e non ha potuto darmi; lo guardo inferocita.
“Adesso, portami a casa, non rendiamo tragica una situazione ridicola!”
Prima di farmi scendere davanti al portone di casa, riesce a strapparmi la promessa che gli darò l’opportunità per riscattarsi della figuraccia; gli dico chiaro e tondo che ho paura perché l’errore può costarmi caro; cinquant’anni, nessun lavoro, nessun reddito, due figli ormai maggiorenni, se Crescenzo mi sbatte fuori, non sarà Nicola a potermi dare un rifugio; mi assicura che nessuno saprà niente e che vuole solo dimostrare che il suo amore è vero e l’incidente è stato solo una defaillance occasionale; gli dico che ci penserò e gli farò sapere; rientro in casa, vado in doccia a lavarmi e mi infilo nel letto, senza che mio marito dia il benché minimo segno di avere avuto sentore che sono tornata; ma, conoscendolo ed apprezzandone le qualità professionali, so che mi sta osservando in silenzio; la mattina, a colazione, è Antonio a sparare la bordata.
“Mamma, a che ora sei tornata?”
“Saranno state le due; tuo padre è voluto venire via prima e mi ha accompagnato Nicola.”
“Non la conti giusta e, di fronte a tre avvocati, la tua dichiarazione fa acqua; siamo tornati alle tre, io e Francesca, dalla discoteca; papà dormiva o faceva finta di dormire, tu non c’eri e non eri tornata fino alle tre e mezza, quando mi sono addormentato; hai fatto l’alba! Con chi?”
“Antonio, non tartassare tua madre. Lasciala libera di sbagliare e andiamo in tribunale; sarà dura, oggi.”
Francesca esce con loro; prima di andare, mi accarezza il viso, quasi a consolarmi e non riesce a dire parola; il loro atteggiamento mi fa ancora più rabbia; ho cercato di rivendicare una mia autonomia e mi son trovata a commettere un inutile imbecille adulterio nemmeno concluso per bene; devo sopportare le indagini di mio figlio che mi accusa e la compassione di mia figlia che mi umilia anche di più dell’indifferenza di mio marito che non si cura affatto di me; a coronamento, arriva la telefonata di Nicola che non la smette di scusarsi e mi propone di rimediare all’errore commesso; gli chiedo come e dove; mi fa presente che marito e figli sono impegnati in tribunale almeno fino all’ora di pranzo; che, volendo, potremmo rifugiarci in un alberghetto che lui conosce e lì recuperare la notte fallimentare; accetto senza riflettere e mezz’ora dopo sono in macchina con lui diretti al motel.
La camera è squallida, tipica degli alberghi ad ore; non mi riconosco, in quell’ambiente ignobile così lontano dalla mia vita; devo affidarmi alla mia rabbia, al mio desiderio di vendetta, alla mia voglia di umiliare mio marito; stavolta Nicola ci sa fare un poco di più e comincia baciandomi con una foga giovanile che mi prende e mi travolge, poi mi abbassa il vestito dalle spalle, scopre il seno e si mette a succhiare i capezzoli provocandomi fitte di piacere che mi sconvolgono il ventre e mi provocano tsunami di umori dalla vagina che vanno a scaricarsi addirittura sul pavimento; quando abbassa il vestito fino alle caviglie, mi trovo narcisisticamente a godere di fare ammirare le mie forme all’unico uomo, dopo mio marito, che mi ha visto nuda; mi spinge supina sul letto e scende a leccarmi la vulva; scopro così i motivi che hanno reso appetibili le sue copule, quando mi succhia l’anima dalla vagina e se la fa passare voluttuosamente per la bocca e per la gola per ingoiarla insieme agli umori che mi strappa, compreso qualche spruzzo di orina che prende ad assaporare con gusto; quando mi viene sopra e lo sento penetrare in vagina, mi scopro a godermi la penetrazione non per come lui la esegue ma per come io la prendo, succhiandomi con i muscoli vaginali la mazza fino alla radice.
Mi monta per due ore, prendendomi in tutti i buchi, facendosi succhiare l’asta con la mia abilità di fellatrice che Crescenzo esalta sempre, infilandomi la mazza nel retto e facendomi godere da matti; alla fine della mattinata, non c’è stato passaggio di una buona copula che non abbiamo provato, con enorme soddisfazione di tutti e due; l’unica nota stonata è l’epiteto di ‘cornuto’ che Nicola rivolge troppo spesso a mio marito; dal suo migliore amico, è l’offesa peggiore che si possa ricevere e ne soffro persino io; ma se l’è voluta; riusciamo a rientrare per l’ora di pranzo e i miei che tornano mi trovano indaffarata come si aspettano ai fornelli; i ragazzi sono troppo impegnati a commentare la grandezza del padre che, nella seduta del mattino, ha dimostrato di essere il migliore; neppure si accorgono che la cosa mi dà fastidio fino a turbarmi; Crescenzo è una tomba; quando mi accosto a lui, dopo pranzo, mi lascia sul letto e se ne va in salotto, dove si ‘arrangia’ sul divano.
La storia va avanti per un paio di mesi nel corso dei quali altre tre volte riesco a ritagliarmi un pomeriggio in cui Nicola mi porta al ‘solito’ motel e mi fa passare alcune ore di sesso puro e passionale; arriva la serata della festa degli amici, la stessa di quando è cominciata la mia storia con Nicola; stavolta mio marito resta fino alla fine e osserva annoiato come mi faccio corteggiare e strisciare addosso i suoi amici, colleghi e collaboratori, a cominciare dal solito Nicola che non esita ad accennare alle corna nella sua direzione, ed io me ne accorgo; ma non posso farci niente; a notte fonda, usciamo in un gruppetto di cinque amici, noi due un’altra coppia e Nicola; al parcheggio ci sorprendono all’improvviso tre individui incappucciati, armati e minacciosi; ci costringono a sederci per terra, poi, mentre uno ci tiene sotto tiro, gli altri due si lanciano addosso a Nicola e cominciano a picchiarlo ferocemente, con metodo; credo che gli rompano parecchie ossa, dal rumore che si sente dal suo corpo martoriato; alla fine, gli tirano fuori l’uccello, lo legano con un cordino e cominciano a tirare allo spasimo; il poveretto urla con quanto fiato ha in gola, ma siamo lontani da tutto e non servono a niente neanche le urla di paura che io e l’altra donna lanciamo atterrite da quello spettacolo.
Quasi stanchi delle violenze inferte al poveraccio, i tre all’improvviso spariscono nel nulla come erano apparsi; ci precipitiamo a chiamare l’ospedale e la polizia e passiamo la notte a rilasciare dichiarazioni ai poliziotti senza poter dare nessuna indicazione utile, naturalmente; mi sento feroce soprattutto con mio marito, perché ha subito tutto senza battere ciglio, cosa che non gli ho mai visto fare; l’altro amico mi fa presente che neanche lui si è mosso perché davanti alle pistole si deve essere pazzi a fare qualcosa; ma lo spettacolo di Nicola massacrato mi faceva rivoltare lo stomaco; senza dire più una sola parola, monto in macchina con mio marito e torniamo a casa; naturalmente i ragazzi sono svegli e aspettano seduti al tavolo della cucina; ci sediamo anche noi e cerchiamo di raccontare quello che è successo; non riesco a sottrarmi alla voglia di raccontare la codardia di Crescenzo; Antonio accetta la posizione di suo padre e chiede perché mai avrebbe dovuto esporre la sua vita per l’amico.
“Perché l’uomo che io conoscevo, quello che amavo, quello che amava me e gli amici, non avrebbe esitato a farlo; se qualcosa ha distrutto quell’uomo è stato il senso della logica, della giustizia e delle leggi, le uniche cose che per lui contano; tutto il resto è ormai orpello; gloria fama e denaro, nessuna fantasia nessuno scarto; è questo che sta uccidendo tuo padre e gli affetti intorno a lui. Che dici, avvocato, non è così?”
“Un ca…volo, mammina cara; di affetto, di stima e di amicizia ne ha mio padre; non so il tuo amore dove sia finito ed è la prima volta che ne parli, il che è già sospetto; tutto quello che si nasconde dietro queste frasi mi è sospetto.”
“Antonio, ti è arrivato un messaggio. Fammi il favore di prenderne visione qui, davanti a noi.”
“Cristo, mamma; questa sei tu e questo è Nicola; questo è il motel delle coppie clandestine che conoscono anche i polli. Papà, sapevi già che nostra madre voleva che ti sacrificassi per il suo amante?”
“No, poteva farlo per l’amico caro … ”
“ … che si sbatteva allegramente sua moglie … Sei grande, mamma; tu hai detto che l’arrivismo sta uccidendo papà; a te cosa ti uccide? L’essere una troia?”
“Sì, hai centrato il tema, adesso io ho solo una prospettiva, … il suicidio!”
“Perché?”
“Avvocato, stai diventando peggio di tuo padre; solo logica, giustizia e leggi; e l’umanità? Tuo padre domani chiederà il divorzio e l’otterrà, perché è un ottimo avvocato, ha prove concrete del mio adulterio che offende soprattutto le leggi dell’onestà, della lealtà, dell’amicizia, anche se le vostre leggi non contemplano questi valori. Io non ho lavoro, non ho casa, non ho risparmi, non ho un amante in grado di ospitarmi; la vergogna mi coprirà. Quando queste foto diverranno di dominio pubblico, mi resterà solo una strada, quella che porta al fiume, al ponte e da lì al salto.”
“Ma questo lo sapevi quando hai scelto l’adulterio?”
“Sì, sapevo di camminare sul bordo di un burrone e che prima o poi ci sarei caduta; ma non avevo più voglia di fare la bella statuina a casa che prepara il pranzo per i grandi avvocati, di oggi e di domani, senza che abbiano il minimo cenno di umanità … “
“Stai dicendo che il mio comportamento con te è disumano?”
“Quand’è stata l’ultima volta che mi hai detto che mi vuoi bene? Quando è stata l’ultima volta che hai cercato di toccarmi il sedere perché ti arrapo? Quando è stata l’ultima volta che hai fatto a cazzotti coi tuoi compagni perché avevano detto che avrebbero volentieri copulato con una bella tardona? Quand’è stata l’ultima volta che sei stato umano con me e non il giudice che ora sta analizzando i miei tradimenti? Io vi ho amato, vi amo e vi amerò sempre, qualunque cosa accada; ma io sono la stupida emozionale che non si controlla, dicevi così amore mio bello?, io sono quella che vuole stare a letto ore intere a giocare a sentire la passione, a coccolarsi l’amore; adesso ti da persino fastidio, vero caro? Comunque, bando alle ciance come dicono quelli che sanno; domani presentate la domanda di divorzio; appena arriverà la disposizione che devo lasciare questa casa che secondo la legge non è mia anche se in ogni piastrella c’è il mio sangue, il mio sudore, il mio amore, la mia dedizione; quando sarò costretta ad andarmene, visto che non ho un amante da cui rifugiarmi, che non ho lavoro né possibilità di vita, andrò a fare il salto nel fiume e voi risulterete accusa giuria e boia. Contenti?”
“Scusa, mamma; se sei colpevole di adulterio, come fai a non avere un amante?”
“Cara Francesca, ti stai facendo travolgere da tuo padre; per la logica e per le leggi, se c’è adulterio ci deve essere un amante; per l’idea che io e tanta gente abbiamo dell’amore e della convivenza, ci sono l’amore, la rabbia e il sesso. Io non amo solo tuo padre, io l’adoro, l’ho sempre adorato e mi sono fatta tappetino per aiutarlo a crescere, ad avere stima in se stesso, a diventare grande; l’ho fatto sempre e solo per amore; io ho sempre adorato tuo padre perché mi faceva, anzi mi fa, copulare da dio; ho conosciuto solo un altro maschio oltre a lui; dicono che sia molto bravo; io inviterei tutte quelle che lo dicono, a provare solo una volta Crescenzo, comunque vogliano; sono certa che cambierebbero idea, perché l’amore che fa lui non può sapere farlo nessuno; quindi tuo padre è l’amore ideale e l’amante perfetto; ma c’è la rabbia di vederti messa all’angolo senza colpa che a un certo punto ti fotte e ti fa vedere nero; allora umiliare il signore e padrone diventa un dovere non un diritto; e se lo fai con un imbecille che è il suo più caro amico, se lo offendi più sanguinosamente, allora diventa anche più giusto, non della giustizia che perseguite in tribunale ma di quella più umana che presiede alla nostra quotidianità.”
“Mamma, ho bisogno di sapere ben altre cose; chi è stato e chi è mio padre come maschio, non come uomo o come professionista ma come maschio da piacere, da copula, da letto, da matrimonio?”
“E’ un essere superiore, come in tutte le cose che fa; è un mito, è un dio. E’ l’uomo al quale godevo a succhiare l’uccello mentre guidava in autostrada a 120 all’ora; e non se ne fregava del rischio che la legge lo colpisse; è l’innamorato, no l’amante, che sulla spiaggia, davanti a tutti, stendeva sulla gambe una copertina e ci masturbavamo, alla grande, urlando anche all’orgasmo, in mezzo alla gente; è il marito che ha trascorso la settimana del viaggio di nozze in una camera d’albergo obbligandomi a ricorrere ad impacchi e lavaggi per arginare l’arrossamento dell’inguine, dalla vulva all’ano perché era rimasto col sesso perennemente piantato dentro, davanti o dietro, sopra o sotto. Ha rallentato il ritmo con gli anni, ma fino alla settimana scorsa copulava come un mandrillo e mi costringeva a maratone difficili per una vicina alla menopausa come me; prima che tu mi chieda come ho fatto a lasciarmi andare ad uno che valeva molto meno, sia per amore che per sesso, ti ribadisco che la voglia di ferirlo, di farlo sanguinare, di spezzare quella sua presunzione mi avrebbe fatto fare qualunque bassezza. Mi è andata male e temo che stia per arrivare il conto finale.”
“Mamma, ma allora tu ami ancora tuo marito?”
“Antonio, come te lo devo ripetere? L’ho amato, lo amo e lo amerò; quando mi butterò, lo farò urlando il mio amore per lui; io l’ho sempre dimostrato e non mi sono vergognata delle sue carezze, come lui ha fatto da un certo momento in poi, perché ‘non era dignitoso’; me ne frego della dignità; lo amo, vi amo e non devo renderne conto a nessuno; il mio amore è l’unica cosa che posseggo veramente. Come te lo devo dire? Non sono in discussione l’amore o la passione. In discussione è qualcosa che sfugge alle tue leggi. Vedi tuo padre? Quando aveva la tua età, appena sono comparse quelle immagini, mi sarebbe arrivata una sberla da farmi girare gli occhi dietro la testa … “
“… Ma così potresti denunciarlo per maltrattamenti … “
“Questo per l’uomo che conosci oggi; l’uomo di cui mi innamorai io avrebbe pensato solo ‘sei mia e guai a te se lo dimentichi’ ed io me lo sarei ricordato per tutta la vita, specie se mi avesse fatto ruotare il viso con un ceffone. Tu rappresenti proprio la sua mentalità ora; è contro la legge; fermati. No, amore, vado avanti e aspetto che mi massacri. Non ti funziona?”
“Mamma, non può funzionare, l’illegalità … “
“… quindi non hai una fidanzata perché le leggi ne verrebbero turbate? Devi chiedere il permesso a tuo padre, ai genitori di lei, all’ordine degli avvocati? Mi dispiace per te, io l’amai gli dissi che volevo stare con lui e ci mettemmo insieme; venticinque anni di felicità … “
“ … e un mese di imbecillità … “
“Ah, ma allora sei vivo e ci stai ascoltando? Sai, amore; è di te che sto parlando coi nostri figli; forse avrei dovuto farlo di più ed anche prima.”
“Ti avrebbe aiutato a non sbagliare?”
“Non lo so, Crescenzo; non me lo chiedo neppure; sei tu che riporti tutto alla logica, al buonsenso; io mi accontento delle mie emozioni; vedi, ora che tutto è chiaro, ti amo ancora di più, anche se sento pesante la possibilità di dovermi ammazzare per uscire da questo cul de sac in cui mi sono cacciata. Ora che so che tu sai, posso anche amarti liberamente, senza il senso oppressivo delle bugie che per quattro, no forse cinque volte, ti ho dovuto raccontare per coprire una stupida marachella da bambina che ti aveva fatto un dispetto e tu neanche lo sapevi; ora che lo sai, mi sento meglio e non importa se già mi hai condannata a morte.”
Antonio sta parlando al telefono con qualcuno; si interrompe.
“Papà, ho al telefono Francesco, l’architetto, per quell’appartamento che ho comprato; gli ho chiesto di giocare sugli spazi e di ricavarmi uno studio per il pubblico; se presenti la domanda di divorzio, io mi licenzio dal tuo studio e apro il mio personale; ti dispiace se lo faccio?”
“No, se te la senti di avviare un’attività autonoma, sono convinto che ce la puoi fare e te lo consiglio; quello che non capisco è perché proprio in coincidenza con la richiesta di divorzio.”
“Hai sentito mamma con che chiarezza ha prospettato le cose; siamo maggiorenni e non le devi assegni di nessun genere; non ha reddito, non può neppure prostituirsi in primo luogo perché ti ama troppo e non ne è capace, in secondo luogo perché non ha più l’età per farlo. Se riesco ad avviare un lavoro mio, spero di poterla mantenere col mio lavoro, viene a stare a casa mia e tu potrai lavare lo sperma di cinque copule per vendicare l’orgoglio offeso; detto tra noi, ragionando con mamma che ha più buonsenso di me, non escluderei che l’offesa è stata già lavata forse dai Castello, tuoi ottimi clienti, secondo le leggi della loro famiglia. Ma non mi permetto di azzardarla come ipotesi perché non voglio finire in tribunale massacrato da te. Quindi ti avverto che se chiedi il divorzio, io decido ipso facto che mamma viene a stare con me, a fare la fame con me; chissà che non mi porti la fortuna che ha portato ad un altro giovane avvocato; certo starà con me e saprò amarla come dovevo e come non ho saputo. Anche noi siamo responsabili della rabbia che l’ha portata a ferirti cosciente che fosse l’ultimo suo gesto di libertà; e il minimo che posso fare è di metterle a disposizione la mia vita, visto che la sua l’ha data a noi tre.”
Intanto continua a parlare col suo amico architetto che gli chiede se ha parlato con suo padre; Antonio gli dice che ha altri problemi per la testa e l’altro accenna a sua madre.
“Si; che ne sai?”
“Quello che si sa tra intimi; io sono molto amico di tuo padre e di tua madre, da sempre; so che lui era incazzato nero perché lei aveva avuto uno scivolone con Nicola e non sapeva come affrontare la cosa. Ma vedrai che si risolve; stanno insieme da venticinque anni e queste cose che durano solo qualche settimana, come dice il detto popolare, si lavano, si asciugano e non sono mai avvenute; io sono certo che torneranno pacificati e che il più tardi possibile erediterai uno studio di grande fama, non dovrai arrangiarti col tuo studiolo.”
“Ma tu c’eri, quando papà si arrabattava con lo studio da quattro soldi?”
“Cavoli se c’ero; e ricordo bene le lotte che ha dovuto sostenere; meno male che c’era tua madre; senza di lei, sarebbe crollato, ma lei è un pilastro, anche a me e ad altri amici è valsa molto la sua presenza nel gruppo; era un’ancora sicura.”
“Quindi, lui non può fare a meno di lei, anche adesso che è ricco e famoso?”
“Lui non può fare a meno di lei esattamente come lei non riesce a fare a meno di lui; per separarli, bisogna ammazzarne almeno uno.”
“E credi che qualcuno pensi di ammazzarli?”
“Senti, sei stato tu a chiedere lo studio separato e l’appartamento per due; per me, tua madre deve restare dove ognuno di noi, prima o poi, è andato a piangerle sulla spalla per essere consolato, di un esame cannato, di un concorso non vinto, di un amore naufragato; stai certo che tutto si appiana.”
“Grazie, Francesco, ti saluta anche mamma che ti manda bacetti. Ciao.”
“Ma se voi ve ne andate nel tuo nuovo appartamento, io resto sola con papà. Mamma, che succede se mi viene voglia di sperimentare quello che hai detto?”
“Cioè?”
“Quanto tuo marito è bravo a letto.”
“Vuoi fare sesso con tuo padre?”
“L’idea è quella; piuttosto che tanti stupidotti che girano intorno, almeno una volta, approfittare che lui ti caccia per infilarmi nel suo letto; ti sembro folle?”
“No, forse appassionata; anche io adoravo mio padre e, prima di incontrare Crescenzo, sognavo quasi ogni notte di fare l’amore con lui; poi mio marito mi sverginò e la fantasia passò. Se davvero ti vuoi impossessare di tuo padre, il percorso più semplice è prendersi il suo fallo e trarne fuori tutta la goduria che sa dare. Ricordati che queste cose hanno una finestra temporale piccola; se non la sfrutti al meglio, passa e non la rivedi più.”
“Papà, considerati concupito appena avrò l’occasione.”
“Mi state dicendo che dovevo arrivare ad oggi per scoprire che gabbia di matti è la mia famiglia; mia moglie che copula col mio migliore amico e mi chiede, in cambio, di imparare ad amarla meglio; mio figlio che confessa che per sua madre è pronto a fare la carriera che sto sognando per lui dal liceo; mia figlia che non mi chiede di portarla al concerto di Vasco Rossi ma di portarmela a letto come la più affascinante delle amanti. Alla fine, al manicomio ci vado io.”
“Quindi sapevi dal primo momento?”
“Si; ma che potevo fare? A chi avevi raccontato perché mi facevi tanto male? Come potevo sapere che mi odiavi tanto, dopo avermi amato tanto?”
“No, mio caro, non ‘dopo’, ‘mentre’; io provavo i due sentimenti contrapposti contemporaneamente; ho sbagliato moltissimo, ma non consento a nessuno di pensare che il mio amore abbia avuto la benché minima flessione in qualsiasi momento del mio stupido sbandamento. L’hai sentito Francesco; non parlava per sentito dire; lui c’era, quando mi ronzavano intorno giovani ambiziosi, spauriti, bisognosi di coccole, innamorati persi di me; nessuno ha mai potuto sospettare che io avessi una flessione nel mio amore immenso per te, perché non c’era niente che mi allontanasse dall’uomo più entusiasta, dal sesso più passionale, dal giovane più determinato, dalla persona più amata al mondo; ho sentito Francesco dire che tutti si sentivano legati a me e grati per quello che facevo; e mi vergogno non sai quanto per essere venuta meno a quel rigore e aver ceduto al più imbecille di quel gruppo, forse perché sono passati più di vent’anni e siamo tutti invecchiati. Ma non consento neppure a te di mettere in dubbio il mio amore adamantino per te; se sei l’uomo che ho conosciuto, saprai anche che alla mia coscienza ripugna anche l’affermazione che tutto possa passare con una lavata; nella mia coscienza ciascuna di quelle defaillance peserà per tutta la vita, anche se so che non c’era, come direste voi avvocati, intenzione di dolo ma solo una reazione rabbiosa istintiva. Antonio, non puoi capire quanto ho amato il tuo gesto meraviglioso; spero che anche tu trovi una donna che sappia essere per te musa ispiratrice a fare meglio di tuo padre; se mi offri il salvagente, non vado al ponte; poi mi impegno a trovare il modo per essere autonoma da te e lasciarti la tua libertà; anche ricevere un poco di fiducia è un’iniezione che può aiutare a guarire.”
“Avete finito? Avete detto tutto? Possiamo arrivare ad una determinazione?”
“Mah, dipende tutto da te. Chiederai il divorzio? Quando? Come? Che condizioni detterai?”
“Antonio, ritieni di dovermi qualcosa per la tua attività?”
“Tutto, papà; non c’è motivo per nascondere che tutta la mia carriera è dipesa da te.”
“Domani hai una arringa importante? … Se ti chiedessi, per amor mio di venire con me a mangiare la pizza, cosa faresti?”
“Che domande?!?! Vengo a mangiare la pizza e chiedo il rinvio dell’arringa.”
“Amore, in questi anni di disperazione, quante volte mi hai chiesto di rinunciare ad un’arringa per andare a cena insieme?”
“Non l’avrei fatto mai! Il tuo lavoro era troppo importante per far prevalere una cena!”
“E io da cosa dovevo dedurre, che stavo dando più peso alle arringhe che al rapporto con te?”
“Non potevi; è vero; anche io vedevo la tua carriera al di sopra della nostra quotidianità; anche io ho sbagliato le valutazioni e te ne ho dato tutta la colpa; hai ragione se mi mandi al massacro.”
“Amore mio, amatissima moglie; non c’è nessuna ironia nella definizione, non c’è sarcasmo; chiedo ancora alla donna che più di tutti ha deciso la mia vita, quella che amo come nessun altro potrà mai amare nessuna; veramente credi che io abbia voluto vendicarmi di un’offesa? Veramente sei convinta che io voglia cancellare un tuo errore con una condanna capitale? Non concedi a un avvocato di valore come me la capacità di cogliere che condannarti al divorzio sarebbe una condanna al suicidio? Non voglio affermare anche io, come Francesco, che una doccia abbia cancellato tutto; ma dovresti ricordare che mi hai obbligato tu, a seguire noiosi corsi per dimostrare che la pena correttiva è più efficace della condanna senza appello. Quindi, caro Antonio, io non ho e non ho mai avuto assolutamente nessun rapporto con i Castello altro che per i loro processi; non ti permetto di insinuare nemmeno il minimo dubbio che io abbia voluto o potuto ordinare il massacro di Nicola; lui mi ha offeso più gravemente di mia moglie; lei forse aveva motivi veri anche se non molto chiari, per avercela con me; lui ha inteso offendermi e umiliarmi senza nessun motivo, tranne forse la rabbia dell’impotente che non ce l’ha fatta, odia chi ha vinto e ruba quello di più prezioso che desiderava e che non aveva nemmeno sfiorato, la mia meravigliosa moglie. Ma non ho mai pensato neppure per errore a una vendetta; cercavo di recuperare mia moglie, piuttosto, e non trovavo la strada. Amore mio, non ti voglio né morta né separata da me; non so se riuscirò a dimenticare, se avrò bisogno di tempo o quanto ne potrà servire, ma io so quanto te cosa e quanto c’è di te in questa casa che è tua quanto è mia; se non mi riuscisse più di accoglierti come sposa, come amante, come copula occasionale, comunque tu vivrai questa casa alla pari di ciascuno di noi; nella peggiore delle ipotesi, mi porterò a letto delle amanti nuove e tu ti ridurrai nella camera degli ospiti. Francesca, amo te, anche fisicamente, con la stessa passione con cui amavo tua madre quando eravamo due ragazzini assolutamente ignoranti di tutto; per lei, ribaltai il mondo finché riuscii ad avere la sua verginità; tu la verginità l’hai già dissipata largamente; ma neanche mi farò trascinare a desiderare il tuo corpo; ti amo, ti vorrei, ma mi sono imposto di essere sempre e solo tuo padre. Infine, hai detto che quando caccerò mia moglie dalla mia vita tu entrerai nel mio letto; ti avverto che tua madre non uscirà da questa casa, se non in una bara; forse non le concederò il posto che le spetta nel mio letto, per paura dei fantasmi; ma finché sarà viva non entrerai in quel letto se non per giocare, tu e tuo fratello come facevate da bambini, a cuscinate con mamma e papà. D’accordo?”
“Prima che una qualsiasi donna entri in quel letto al posto di mia madre, tu farai i conti con me; solo a lei mi inchino, solo lei merita quel posto; lo dici tu, l’hanno detto i testimoni della vostra vita; lo dice la tragicità di questo evento; stiamo parlando di un pilastro, di una boa, di un faro per tutti voi; tu non lo abbatti con un colpo, non lo spegni con l’interruttore; tu accetti la logica che una lavata, un’asciugata e non è stata neanche usata; tu ora porti con te questa donna nel vostro letto e le fai fare tutto l’amore che fin qui ci avete raccontato; perché, se non te ne sei accorto, avete raccontato la storia di una coppia di innamorati che ha cambiato la vita di tante persone, che è scivolata su una buccia di banana, che ora si rimette in sella e copula, alla grande, alla faccia del mondo, con tutto l’amore di cui siete capaci … e che deve essere proprio tanto.”
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