tradimenti
L’intesa 3
di geniodirazza
06.12.2024 |
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"Mentre il treno ci riportava a casa, mi arrovellavo nella necessità di essere leale e di parlare subito con mio marito; quando arrivammo, avevo deciso di..."
Mentre il treno ci riportava a casa, mi arrovellavo nella necessità di essere leale e di parlare subito con mio marito; quando arrivammo, avevo deciso di farlo immediatamente; anziché in banca, mi diressi al suo studio; entrai senza problemi, perché la segretaria non c’era; cautamente, aprii la porta del suo ufficio; mi bloccai dopo avere aperto solo uno spicchio perché mi balzò in faccia l’immagine di lui, di spalle, che stava montando, in piedi, a pecora, una donna.Uno specchio indiscreto posto tra due poltrone mi rimandò il viso di lui stravolto nella copula selvaggia e quello di lei, la rispettabilissima signora Terranova, moglie di un giudice, altrettanto stravolta ed eccitata, che lo incitava a sfondarle il retto con tutta la sua violenza; in un attimo scelsi di tacere, di tenere ancora nascosto il mio nuovo amore e di lasciare per sempre mio marito; era chiaro che non aveva smesso le sue abitudini e che l’unico finale possibile era la separazione.
Uscii alla chetichella, come ero entrata; un poco più sollevata, per un verso, ma ferocemente adirata per altro verso, andai alla banca e relazionai sul lavoro che diligentemente avevo svolto, nonostante il meraviglioso intermezzo con un uomo che mi aveva sconvolta; quasi a confermarmelo, lo chiamai solo per dirgli ‘ti amo’ e lo sentii sorridere mentre mi ricambiava la frase d’amore, aggiungendovi solo che stava già preparando la tournée prevista, compresa la mia settimana con lui.
Ero decisamente su di giri, quando a sera Manlio fece ritorno a casa; da brava moglie attenta, avevo preparato la cena e lui credette di potere perfino fare qualche avance; quando tentò di abbracciarmi glielo vietai e gli annunciai che sarebbe stato così per sempre; riservasse le sue effusioni alle clienti o alle mogli dei colleghi che si dimostravano tanto disponibili e desiderose di farsi sfondare da lui perfino in ufficio.
“Hai sentito qualche pettegolezzo?”
“Ho visto la Terranova; la segretaria non c’era e sono passata liberamene … “
“Vuoi che ci separiamo?”
“Chiaro che sì; domani stesso presentiamo istanza per la separazione consensuale; se non firmi farai i conti con qualche tuo collega divorzista … “
“Hai trovato l’amore che cercavi?”
“Non è un problema che ti riguarda; tutto quello che sa di amore è agli antipodi rispetto a te … “
“Dobbiamo avviare le pratiche per divorziare?”
“Io non ti amo più e non ti considero più né marito né compagno di vita; quando vorrai, firmeremo la richiesta di divorzio.”
Il discorso si arenò lì e, da quel momento, dopo alcuni episodi in cui respinsi con forza le sue avances a letto, dormimmo castamente come fratello e sorella; lui non mi cercò ed io non dovetti respingerlo; in cambio, mi costruii un modus vivendi per cui passavo tutte le ore possibili con Loris, che progressivamente occupava la mia vita, i miei pensieri, i miei affetti; fortunatamente, il suo alloggio in una villetta isolata nel verde ci consentiva di incontrarci lontano da sguardi indiscreti.
Per qualche mese, quello diventò il nostro rifugio d’amore; con Manlio ci si incontrava per caso, talvolta; e a letto eravamo due estranei che per necessità dormivano sullo stesso materasso, badando bene a non sfiorarsi nemmeno per distrazione; dai pettegolezzi dei circoli cittadini sapevo che manteneva intensi e frequenti rapporti con altre donne tutte più o meno note ai soliti bene informati; non riusciva però a trovarne una disposta ad accettare il suo modo di vita e a fare coppia fissa.
Di me, si sapeva niente o pochissimo; nessuno avrebbe mai sospettato una tresca fra la solerte dirigente di banca ed il geniale compositore orgoglio della cultura cittadina; mio marito imparò a non chiedere conto delle mie assenze in casa fino a notte fonda e, talora, per l’intera notte; sapeva che avevo un amore segreto, ma non gli riuscì in nessun modo di acclarare che il mio ‘amante’, come gli piaceva definirlo, era il direttore musicale del teatro civico.
Invece noi ci incontravamo quasi quotidianamente, quando uscivo dall’ufficio; avevamo imparato a rotolarci nel suo letto in tutte le più acrobatiche movenze dell’amore; l’aspetto meraviglioso dei nostri amplessi era la coreografia da balletto che di volta in volta Loris si inventava per rendere ogni copula un evento nuovo ed irripetibile; superate le remore iniziali, nella nuova dimensione del sesso, mi abbandonavo ormai alle più ardite figure che la lussuria proponeva.
Rinunciammo al ‘rituale fisso’, di una fellazione seguita da un cunnilinguo, preliminari entrambi ad una copula in vagina vis a vis o a pecorina; quando entravo in casa sua, era probabile che Loris mi ricevesse con un copula in piedi, dietro la porta appena chiusa, facendomi toccare vertici mai raggiunti di piacere e di libidine; in altre occasioni, si fiondava sul seno e lo sottoponeva ad un delicato lavoro di sollecitazione della lingua, delle labbra e dei denti da cui uscivo quasi svuotata.
Era quasi un rito arrivare alla camera che già ci eravamo spogliati per strada, scambiandoci infiniti baci sensualissimi, carezze e stimolazioni da orgasmo duro; se mi spingeva supina sul letto, sapevo che mi avrebbe penetrato con forza, mentre mi colmava di coccole e delizie che mi facevano perdere il senso dell’amplesso per proiettarmi in un’armonia di piacere che mi esaltava; quando mi spingeva gattoni, era chiaro che mi avrebbe preso a pecorina, facendomi sentire la mazza fin nello stomaco.
Non mi stancavo mai di sentirlo dentro di me, fino al dolore, e di tenerlo stretto, per sentimene padrona e dominatrice; avevo imparato a masturbarlo in ogni maniera, con le sole dita o a mano piena, strusciandolo fra i seni, sfregandolo tra le natiche o fra le cosce, rasente la vagina; una volta fatto amicizia con la bocca, la fellazione diventò il punto di forza della mia copula; ero capace di passare ora a tenere in bocca la sua verga e a farla scivolare fino all’ugola.
La leccavo tutta con molta passione e la mia lussuria si scatenava quando riuscivo a farlo godere accarezzando con la lingua l’asta mentre mi perlustrava la bocca tutta quanta; la prima eiaculazione in bocca, preannunciata e attesa, mi scosse per un momento; da quella volta la richiedevo spesso; mi sentivo sempre più padrona di quel sesso e delle enormi emozioni che mi riusciva a dare; talvolta mi vergognavo quasi di quanto lo desiderassi.
Quello da cui non riuscii a farlo deflettere fu la decisione di rinviare la violazione del mio retto fino a quando non si fosse sentito certo dell’inalterabilità della nostra storia; finché rimanevo sposata a Manlio, non accettava di sverginarmi analmente, simbolo del nostro anomalo ‘matrimonio’; annetteva al gesto un’importanza che neanche io ero mai riuscita a dargli; pochi mesi di frequentazione non potevano essere garanzia di profondità, se non di eternità; rinviò tutto al momento giusto.
A metà giugno era stato fissato l’inizio della sua tournée di un mese nei teatri dell’Italia Centrale; la notizia mi addolorava, per un verso, perché saremmo stati lontani; ma mi esalava anche, perché, nella settimana che era prevista di sosta a Macerata, avevamo già organizzato che mi sarei liberata dal lavoro, con un congedo a cui avevo largamente diritto, e avrei passato quei giorni con lui; durante le prove diurne, prevedevo già di sbracarmi al mare, in una delle cittadine della vicina costa adriatica; ci ripromettevamo, però, notti infuocate.
Rimanemmo in contatto, per i primi quindici giorni, attraverso estenuanti telefonate e videochiamate; ogni giorno mi raccontava del lavoro che svolgeva, degli ambienti che trovava, della gioia che provava perché le cose filavano bene; dai notiziari, ricavavo i commenti esaltanti dei successi che mieteva e di cui ero decisamente orgogliosa; decisi di fare totale chiarezza con mio marito e, qualche giorno prima della partenza, provocai il confronto.
Gli dissi fuori dai denti che avevo incontrato l’uomo della mia vita; che da qualche mese facevo l’amore con lui come a me piaceva e come lui sapeva farmelo fare in maniera sublime; che a fine settimana sarei partita per raggiungerlo in una località non precisata dove lui era in missione e che, al mio ritorno, lui doveva aver trovato un altro alloggio, forse da una delle tante amanti di cui si circondava, e che non avrei voluto più né vederlo né sentirlo.
Mi guardò allucinato e mi domandò se stavo lasciandolo.
“No, Manlio; tu non hai voluto capire, ma ti ho lasciato quella volta che ti ho sorpreso con la signora in ufficio; allora scattò il disamore che è stato largamente compensato dal nuovo amore che riempie la mia vita; adesso ho bisogno della mia libertà per rendere quest’amore splendente alla luce del sole; ne abbiamo parlato spesso e sapevi che, quando fosse comparso il ‘principe azzurro’ su cui ti piace tanto ironizzare, io non avrei usato le due staffe che ti sono care.
Sono una donna sincera, leale e innamorata; non ti amo più; invece amo con tutta me stessa, anche con quelle parti del corpo che non hai saputo conquistare, il mio compagno attuale; voglio andare a vivere con lui; presenta l’istanza di separazione consensuale e al ritorno sarò la tua ex, libera di viversi il nuovo rapporto; quando la legge lo consentirà, divorzieremo; posso solo augurarti di trovare, prima o poi, una donna che corrisponda ai tuoi desideri; io l’uomo dei sogni l’ho incontrato e voglio viverlo.”
“Sapevamo che sarebbe successo; avevo anche avuto sentore che avevi scelto e non a mio favore; posso solo alzarmi dal tavolo e lasciare il gioco a voi; spero che tu non stia commettendo un errore grossolano; anni di convivenza creano un’amicizia che non potrai mai negare e sono sincero se ti dico che vorrei la tua felicità; mentre sarai via, farò il trasloco delle mie cose e, al ritorno, avrai pieno possesso del tuo appartamento; se ti risposi, risparmiami l’invito; mi farebbe comunque male.”
Fu sufficiente un solo incontro nello studio di un avvocato divorzista, che mio marito aveva scelto, per decidere la separazione; nel giro di due giorni la sentenza era pronunciata e potei cominciare la vacanza già da donna libera; avvertii immediatamente Loris e gli comunicai che sarei partita il venerdì dopo pranzo per essere da lui nel tardo pomeriggio; gli chiesi scherzosamente se potevo presentarmi ufficialmente come la sua compagna; ‘futura moglie’ precisò lui; ne gioii.
Alla chiusura degli uffici a mezzogiorno, fui in un lampo nell’auto; mangiai al volo, in un’area di servizio, un panino, e nel tardo pomeriggio volavo tra le braccia del mio amore, in un intervallo che aveva fissato per le prove del concerto allo Sferisterio; fu una serata di incanto puro; andammo a cena in un ristorante del posto e bevemmo un po’ di stupendo verdicchio, quel che ci serviva per andare in albergo caricati al massimo di passione d’amore.
La mia voglia era di farmi sverginare analmente in quell’anomala luna di miele; avevo apposta comprato un lubrificante che il farmacista mi aveva indicato come ‘miracoloso’; ma Loris garbatamente mi rispose che quella cerimonia lui la prevedeva nella casa che avremmo abitato da coppia di fatto; aggiunse che, se ero d’accordo, pensava anche all’ipotesi di un figlio, che forse non era molto consigliabile per la mia età, ormai oltre i quaranta.
Ma lui non escludeva di sostituire un inutile certificato di matrimonio con una famiglia canonica, padre madre e figlio, che fosse cementata dall’amore e dalla volontà di vivere insieme tutta la vita, possibilmente; rimasi interdetta, poi dovetti appoggiarmi perché il cuore rischiava di scoppiarmi; non avevo mai pensato a quella possibilità ed ora che mi veniva prospettata ne sentivo l’enorme valore, assai più di un sacramento che una sentenza aveva ridotto a cartaccia.
Quella notte facemmo l’amore come se avessimo di nuovo diciotto anni, con la carica di ormoni delle passioni giovani ed esplosive; mi concessi a lui totalmente, ma lo desiderai anche, tutto, senza remore e senza limiti; ero quasi rammaricata che ancora una volta avesse voluto rinunciare alla ‘deflorazione’ lasciando intatto l’ano; voleva prendersi quella verginità la prima volta che avessimo fatto l’amore in una casa ‘nostra’, in un letto ‘nostro’.
Per tutta la settimana fu un susseguirsi violento di fuochi d’artificio che cominciavano a notte, dopo lo spettacolo e la cena, e si concludevano nella tarda mattinata, quando doveva correre alle prove, mentre io mi andavo a rilassare al mare, a qualche chilometro di distanza, godendomi dolcemente i primi caldi estivi; mi sentivo in pace con me stessa e lasciavo correre le emozioni senza ragionare; il buonsenso di cui aveva parlato Ettore lasciava il posto all’entusiasmo della ragazzina che si godeva l’amore.
La sorpresa straordinaria fu la lettura del programma della serata inaugurale del concerto, titolato ‘Per Rossella’; chiesi conto a Loris del titolo; mi preannunciò che la sonata centrale era quella composta per me la sera che ci eravamo incontrati; tutto il resto, prima e dopo, era semplicemente il racconto musicale di un amore nato da un colpo di fulmine e cresciuto in una conoscenza reciproca entusiasmante; mi sentivo languidamente sciogliere dalla gioia; potetti solo carezzargli la mano.
La serata fu trionfale; la musica di Loris scosse molte sensibilità e fu accolta come una ventata di bellezza che attraversava la platea; mi resi conto che le cronache precedenti avevano dato solo un’idea della grandezza dell’esecuzione; piangevo di gioia quando lui, ricevuti gli applausi, mi venne vicino e mi abbracciò; ‘ti amo’ fu l’unica cosa che riuscii a dirgli; mi strinse a se e sentii tutta la gioia che lo pervadeva, per il successo e per l’amore che gli esplodeva dentro.
Quando riuscimmo a tornare in albergo, dopo le congratulazioni e gli osannanti complimenti che ricevette anche a cena, finalmente riuscii a baciarlo come avevo desiderato per tutta la lunga serata; ritrovai, quasi scoprendolo, l’uomo che mi amava, che esprimeva la sua forza quando era sul palcoscenico e accarezzava il violino proprio come faceva con me quando facevamo l’amore; gli chiesi scherzando se fosse la stessa cosa; mi disse che io ero al di sopra di qualunque esecuzione.
“Ogni volta che andrai in tournée sarà così?”
“Lo spero; ma bada che non potrai essere sempre con me, quando andrò in tournée, spero anche all’estero e in paesi lontani.”
“Per questo, è bene che mettiamo in cantiere un figlio; ti sento profondamente mio, te e la tua musica; ma so che sarebbe criminale fermarti e impedirti di portare la tua arte dovunque; un figlio ci terrebbe uniti per sempre; se tornerai ogni volta, almeno per essere un padre presente, io ti avrò con me nonostante gli impegni; se troverai un’altra a cui dedicare un concerto, nostro figlio ti sostituirà e sarà il pilastro della mia vita.”
“Rossella, non sono un grande artista ma solo un buon violinista; anche i grandi artisti, nella loro vita, forse una sola volta hanno dedicato un concerto; non ce n’è più per altre, dopo il ‘tuo’ concerto, anche se tu dovessi lasciarmi perché un altro principe azzurro avesse preso il mio posto; io non lo farò mai, per te, per noi, per nostro figlio che sarà l’approdo non solo per te, ma per noi; convincitene.”
“Ti amo, Loris; voglio vivere con te il più a lungo possibile; una serata come questa voglio raccontarla ai nostri nipoti; voglio un figlio da te, dovessi rimetterci le penne; voglio esserti vicino sempre, quando vinci e quando non ce la fai per stanchezza, per difficoltà, per vecchiaia; ricordati che non abbiamo consumato la nostra prima notte; sono ancora vergine; domani pomeriggio devo ripartire perché la mia vacanza è finita e tu ne hai ancora per almeno una settimana.
In questi giorni, cambierò tutto nella mia casa e, quando arriverai, sarà la ‘nostra’ casa, quella in cui ti darò la verginità che ti spetta e ti aspetta; lì faremo crescere nostro figlio e ti aspetteremo quando andrai in giro a raccogliere i trionfi che meriti; ci passeremo il nostro tempo e invecchieremo insieme; perché so per certo che sei l’uomo della mia vita, che voglio lunga, con te e con il figlio che ci unirà; adesso facciamo l’amore e celebriamo insieme il ‘nostro’ concerto.”
Facemmo l’amore alla grande, quella sera, proprio come una coppia innamorata che per un periodo breve si deve separare e non vorrebbe; ci spogliammo con furia, quasi strappandoci di dosso i preziosi abiti indossati per l’occasione; non eravamo completamente nudi che me lo tirai addosso sul letto, mi penetrai con foga, quasi con la violenza che tanto avevo maledetto in mio marito; ma questa era passione, paura della separazione, voglia di fonderci in uno.
Quando lo sentii tutto dentro di me, lo bloccai con le gambe sulla schiena e quasi lo costrinsi a restare dentro; ma Loris era impegnato a fondo a baciarmi tutta, a coccolare di dolcezze il viso tutto, centimetro per centimetro; ed io sentivo la libidine salirmi su dalla vagina ed espandersi in tutto il corpo; non frenai gli orgasmi che si rincorrevano in serie; lui invece si frenò più volte, per non perdere un attimo del piacere di sentirsi posseduto e di possedermi.
Il primo orgasmo, per lui, arrivò all’improvviso, contemporaneamente ad una mia esplosione che gli inondò il ventre; si adagiò su di me che intanto mi ricomponevo dopo le sconvolgenti contorsioni del corpo eccitato; cominciò la fase delle delicate carezze, della lussuriosa perlustrazione di tutto il corpo, quasi a riconoscerlo tattilmente; a mia volta, lo esplorai dalla testa ai capezzoli duri e infine al sesso barzotto; lo presi delicatamente in mano e mi abbassai col corpo a lambirlo con la lingua.
Raccoglievo le scorie della nostra passione, sperma ed umori vaginali insieme, gustandomi i sapori strani e meravigliosi; per un attimo, mi sorpresi a pensare al giudizio che avrebbe dato di me Manlio; gli risposi mentalmente che quello era l’amore che raccoglieva la linfa dell’amore, non una bocca che leccava un sesso; sentivo l’asta gonfiarsi di voglia mentre io giocavo a sentirla crescere, in mano e tra le labbra.
Non era una fellatio quella che gli praticavo; era un modo per dirgli che amavo tutto di lui; era ricambiargli la devozione che la dedica del concerto aveva manifestato a me; era sentire il sapore della sua virilità mescolarsi alla mia femminilità espressa nella bocca; era amore nella sua essenza più pura; non c’era né possesso né violenza, ma dolcezza, partecipazione, complicità, fusione di anime; mi abbandonavo estasiata al piacere che quell’uomo riusciva a tirare fuori da me e a darmi in abbondanza.
Mi stesi tra le sue gambe e catturai il sesso tra i seni; lo masturbai a lungo con le mammelle carnose e abbondanti; l’asta scivolava fino a toccare il mento; mi mossi perché mi finisse in bocca la cappella e riuscii a farmi prendere alla spagnola e a succhiarlo, insieme; il piacere mi avvolse completamente, dai seni alla bocca fino alla vagina che non smetteva di piangere umori di orgasmo; sognai di non prendere la pillola e di essere fertile, per rimanere incinta; ma dovevo aspettare i tempi utili.
Loris mi obbligò a mettermi carponi sul letto, venne dietro di me e leccò a lungo, appassionatamente, il sesso tutto, dal coccige al pube, penetrando più volte con la lingua nell’ano; sperai quasi che decidesse di prendersi quella verginità che volevo fosse sua immediatamente; ma si sollevò in ginocchio e lo sentii sulla vagina; mi penetrò di colpo e urlai di gioia, d’amore, di felicità, quando la punta spinse con forza la cervice dell’utero; sentivo di appartenergli e ne ero felice.
Non ricordo più quante volte facemmo l’amore, quella notte, sull’eccitazione del concerto che era un momento di apoteosi del nostro rapporto; riuscimmo a stento a dormire qualche ora e ci svegliammo in tempo per andare a pranzo; per fortuna era domenica e il concerto iniziava in serata; io invece, nel primo pomeriggio, dovetti montare in macchina e partire, ricacciando le lacrime che facevano groppo; dovevo pure prepararmi a lunghe separazioni ma anche a un amore indefettibile.
Trovai la casa vuota, anche di molti mobili che l’avevano arredata; la mattina seguente, incaricai una ditta specializzata di portare via quanto rimaneva, per cancellare il passato; feci ritinteggiare, con colori pastello dolci e ariosi; feci arredare tutto con mobili nuovi, per avere, soprattutto, un letto nuovo e intonso dove volevo essere sverginata dal mio uomo; attesi per una lunghissima settimana che lui completasse il giro e tornasse a casa.
Venne direttamente in ufficio e, scandalizzando tutti, mi avvolse nel bacio più dolce e lussurioso che mi avesse mai dato; cominciava in quel momento la nostra vita di coppia di fatto; gli consegnai la copia delle chiavi che avevo fatto fare per lui e gli chiesi di aspettarmi nella ‘nostra’ casa, dopo avere sbrigato le faccende più urgenti; mi precipitai, appena gli uffici chiusero, a casa e lo trovai che mi attendeva in cucina impegnato in qualcosa ai fornelli.
Gli saltai addosso e lo baciai come non avevo mai fatto in vita mia; mi spostò un poco e mi propose di dedicarci alla cena.
“Tu adesso, prima di ogni altra cosa, mi svergini, mi sposi e diventi mio marito a tutti gli effetti, ti è chiaro che non voglio un amante clandestino nella nostra casa, ma l’uomo della mia vita, quello a cui voglio dedicarmi con tutta me stessa? Diventerò una brava massaia e mi occuperò con amore della nostra cena, ma solo dopo che mi avrai sverginato; mi hai fatto attendere troppo tempo questo momento, perché io possa ancora consentirti di rinviare; fremo come tutte le spose, sai?”
Mi prese in braccio e mi portò di peso in camera, mi adagiò sul letto e sollevò semplicemente la gonna fino alla vita; il perizoma si perdeva tra le grandi labbra e le carnose natiche che disegnavano il mio sedere perfetto; allungò una mano a prendere il gel che avevo messo là da giorni, in attesa di quel momento; sistemò due cuscini sotto le reni e mi titillò a lungo vagina e ano, infilando due dita bagnate prima nei miei umori.
Quando si rese conto che ruotavano facilmente nello sfintere, versò il gel nel canale rettale e sull’ano, se ne unse l’asta e appoggiò la cappella; mi guardava direttamente negli occhi ed io ricambiavo l’amore che così mi comunicava; sentivo il batacchio che mi sfondava le viscere, ma non provavo repulsione, solo un affetto infinito per l’uomo che mi possedeva; glielo sussurrai mentre trattenevo le lacrime per il dolore che mi provocò la spinta contro lo sfintere.
Gemetti, ad un certo punto e lui, preoccupato, si fermò; ‘no!’ gli urlai protendendomi verso di lui; la mazza scivolò nel mio corpo e lo baciai sulla bocca; ‘ti amo, Loris, sono felice che tu abbia preso questa mia verginità’, glielo dissi con piena convinzione, con tutta l’anima; mi crollò quasi addosso e mi montò con dolcezza; a mano a mano, il mio corpo riceveva sempre più volentieri quella massa enorme nel retto, finché il piacere cancellò il dolore e godetti a lungo, fino alla sua eiaculazione.
Quando sentii il fallo esplodermi dentro uno tsunami di sperma ed afflosciarsi lentamente, lo baciai intensamente su tutto il viso, mormorandogli che ero felice di sentirmi fusa con lui, di essere sua e di sentirlo mio; ‘ti amo, Rossella’ mi disse con profondo affetto e sentii che sarebbe stato sempre così tra noi, due corpi che si concedevano reciprocamente e che in nome di quell’armonia erano pronti a suonare le musiche che l’amore suggeriva, con tutte le parti del corpo; si staccò ed io scherzai.
“Non avrei mai immaginato che un parte così spregevole del corpo potesse dare tanta gioia, tanto amore.”
“Amore, bada che la vagina, se vista in quella luce, non ha funzioni più nobili; né le ha il fallo; è come nella musica, dove i rumori di uno strumento diventano armonia, se organizzati con amore e con cura.”
Da quel momento i nostri amplessi diventarono ancora più intensi ed arditi; imparai ad amarlo con tutta me stessa; e sentivo ogni volta che mi dava tutto in quella dolce armonia che solo lui sapeva costruire facendo risuonare i precordi di sensibilità rare quando facevamo sesso; era davvero l’amore fatto con arte e con passione; era la conferma della differenza tra il sesso bruto e la passione che trasporta amore.
Diventammo presto l’oggetto del gossip cittadino e della curiosità; molte persone ci fermavano per strada, nei locali, dappertutto, per avere l’autografo del genio locale e per congratularsi della nostra bellissima coppia; il successo della tournée in Centro Italia aveva alzato le sue quotazioni; gli fu assegnato per un triennio, rinnovabile, l’incarico di direttore artistico del teatro cittadino ed altre città vicine reclamarono il concerto ‘Per Rossella’ oltre ad offrirgli ponti d’oro se avesse risolto il contratto.
Quando mi accertai di essere incinta, saltai di gioia, nonostante i legittimi timori legati alla mia età; Loris mi fu vicino rassicurante ed amorevole; quando il ‘nostro’ concerto fu proposto in città, io ero in prima fila, col pancione ben evidente; nel foyer incontrai Ettore con Bianca; lui si congratulò per il principe azzurro incontrato, io per la sua dolce crocerossina; vidi anche, in un angolo, il mio ex marito con una sua nuova fiamma.
Lo sguardo feroce che lanciò al mio pancione bastò da solo a raccontare quanto si sentisse imbecille; forse un figlio avrebbe cambiato la nostra storia; ma preferivo di gran lunga portarmi dentro il corpo, con tutto l’amore del mondo, quello del mio dolcissimo compagno; anche Marika apparve per un attimo, ma poi scomparve; forse andò via immediatamente, anche lei travolta dalla mia felicità e da quella del suo ex marito.
Loris mi annunciò subito dopo che gli avevano offerto un concerto a Salisburgo, ma che intendeva rifiutare per non lasciarmi sola in quello stato; lo minacciai di castrarlo, se avesse respinto un’offerta così ghiotta; avremmo imparato presto, io e suo figlio, ad aspettare pazienti che raccogliesse i meritati frutti del suo lavoro; il nostro affetto lo avrebbe seguito sempre e saremmo rimasti nella nostra casa ad attenderlo per prendermi l’amore che mi sapeva dare senza riserve e senza pretese.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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