tradimenti
Amore in prova 3

06.04.2025 |
432 |
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"Ogni scelta sembrava una tessera di un puzzle che non riusciva a completare..."
Si alzarono passeggiando un po’.Mentre camminavano lungo un sentiero ombreggiato nel parco, Iole si fermò accanto a una fontana, osservando l'acqua che danzava sotto i raggi del sole.
Sembrò riflettere, poi si voltò verso Lino.
— Devo dirti
Iniziò, lasciando che le parole scorressero naturalmente:
—Che mi hanno chiesto di andare in una città vicina per una missione. Partirò domani e sarò assente qualche giorno.
Lino annuì, osservandola con attenzione:
— Dove starai? Hai già un posto dove alloggiare?
Domandò con quella premura che lo caratterizzava.
— Sì, alloggerò all'Hotel Aurora, è vicino al centro città:
Rispose Iole con un pizzico di nervosismo:
— Non sarà niente di lungo o complicato, ma... mi sembrava giusto avvertirti.
Lino fece un passo verso di lei, avvicinandosi appena:
— Fai attenzione,
Disse con semplicità, ma il tono delle sue parole trasmetteva un mondo intero di preoccupazione e affetto:
— E se hai bisogno di qualcosa, sai che sono qui
Il tempo sembrò fermarsi mentre chiacchieravano.
Lino ascoltava con attenzione le descrizioni di Iole sul nuovo appartamento, e lei, per la prima volta, si sentiva di condividere quel traguardo senza paura né esitazione.
Il parco, con il suo silenzio interrotto solo dai suoni della natura, diventò il luogo perfetto per un momento di connessione autentica.
Lino aveva pianificato tutto con cura.
La stanza all'Hotel Aurora era perfetta: luminosa, accogliente, con una vista sulla città che sembrava progettata per momenti indimenticabili.
Aveva passato la mattina a scegliere un mazzo di fiori, pensando a come avrebbero illuminato il viso di Iole.
Ogni dettaglio era pensato per dirle, senza parole, quanto lei contasse per lui.
Mentre la sera calava, Lino si era posizionato nella hall dell’hotel, cercando con lo sguardo l’entrata.
Avrebbe voluto sorprenderla prima che arrivasse alla reception, magari lasciarle intuire il suo gesto solo con un sorriso.
Ma il sorriso gli si congelò sulle labbra non appena la vide.
Iole stava entrando nell'hotel, il cappotto aperto sulle spalle, i capelli mossi dal vento ma non era sola.
Il suo braccio era intrecciato a quello di un uomo, l'autista,ed i due si cingevano reciprocamente per la vita.
Ridevano, il tono delle loro voci era basso ma intimo, e lei sembrava così... a suo agio.
Era chiaramente lontana anni luce dalla Iole che avrebbe potuto apprezzare la sorpresa che le aveva preparato.
Lino rimase fermo, il cuore che batteva come un tamburo.
Per un momento, pensò di andarsene, di lasciare tutto e risparmiarsi l'umiliazione.
Ma una parte di lui non poteva accettare di voltare pagina senza affrontarla.
Si nascose dietro un giornale presente sul tavolino ed attese.
Un quarto d’ora più tardi sali alle camere.
Bussò discretamente alla porta.
—Chi è?
Domandò una voce maschile
—Fattorino del piano signore, La direzione mi ha incaricato di recarvi una bottiglia di champagne omaggio.
—Attenda solo un istante per favore …. Ecco sono presentabile entri pure.
Lino aprì la porta e la scena che gli si presentò gli si impresse indelebilmente nella mente: un uomo in mutande era eretto ai piedi di un letto dove Iole, seduta, si copriva le sue nudità con un lenzuolo.
—Avevo fiducia in te, Iole
Iole rimase immobile, il lenzuolo stretto tra le mani, incapace di rispondere subito. Lino avanzò di un passo, il viso segnato da un misto di rabbia e dolore.
— Non è come sembra, — iniziò lei, la voce tremante.
— Non è come sembra? — ripeté Lino, il tono tagliente. — E cosa dovrebbe sembrare, allora? Perché a me sembra che tu abbia tradito ogni briciolo di fiducia che avevo in te.
Lino si tolse l’orologio dal polsi gettandolo a terra:
Il nostro temo è finito e si voltò andandosene dall’albergo,
L'autista, visibilmente a disagio comprese la situazione e, si affrettò a raccogliere i suoi vestiti ed uscire dalla stanza senza dire una parola.
Iole si alzò dal letto, il lenzuolo ancora stretto a protezione del seno.
Si guardò intorno, cercando i suoi vestiti sparsi sul pavimento.
Con movimenti lenti e meccanici, iniziò a rivestirsi, ogni gesto accompagnato da un nodo in gola che sembrava stringersi sempre di più.
Per ultimo raccolse l’orologio stringendoselo al cuore.
Una volta pronta, si diresse verso la reception.
Il corridoio sembrava interminabile, ogni passo un peso che la trascinava indietro.
Arrivata al banco, cercò di mantenere un tono neutro, ma la voce tradiva un leggero tremore.
— Vorrei cambiare stanza,
Richiese evitando lo sguardo dell'addetto.
L'addetto consultò il registro con calma:
— Si è appena liberata una stanza, ma dovrebbe essere pulita e disinfettata. Era occupata dal signor Lino.
Iole esitò per un istante, poi rispose con fermezza:
— Va bene così. È il mio fidanzato
Dopo aver ottenuto la chiave della stanza, Iole salì lentamente le scale.
Ogni passo sembrava pesare quanto le sue emozioni, un misto di colpa, vuoto e quella pungente sensazione di perdita che non riusciva a ignorare.
Aprì la porta e si fermò sulla soglia.
La stanza era ancora carica della presenza di Lino, come se le mura avessero trattenuto il suo profumo ed il ricordo della sua figura.
Entrò e si sedette sul bordo del letto, fissando l'orologio che Lino aveva lasciato cadere sul pavimento, un simbolo eloquente del loro legame infranto. Il metallo freddo contro il calore delle sue dita: lo , strinse al seno come se potesse restituirle un frammento della sua presenza.
Guardandolo, Iole avvertì il simbolismo di quel piccolo oggetto.
L’orologio non era solo un segno del tempo passato e delle possibilità perse, ma anche di ciò che ancora poteva essere recuperato
Le lacrime iniziarono a ruscellare senza controllo, un fiume di emozioni che finalmente trovava sfogo.
Quella notte nella ex-stanza di Lino, il silenzio sembrava assordante. Iole fissava l'oscurità, stringendosi l'orologio dal petto.
Ogni battito del cuore sembrava scandire una domanda che non riusciva a ignorare:
—Chi voglio essere?
La domanda si faceva strada tra i suoi pensieri, insidiosa e persistente.
Iole si rendeva conto di non avere mai davvero riflettuto su cosa desiderasse nella vita.
Iole si sentiva persa, intrappolata in un vortice di emozioni.
I ricordi iniziarono a emergere, frammentati e pungenti.
Lampi della sua vita precedente la tormentavano: le risate condivise con Lino in momenti felici, i gesti d'amore che ora sembravano lontani anni luce, e le decisioni che l'avevano portata a quel punto.
Nel buio della stanza, Iole sentiva il peso delle sue contraddizioni. Ma un altro pensiero iniziò a farsi spazio tra la confusione: Posso davvero cambiare? La domanda non aveva una risposta immediata, ma per la prima volta, Iole sentiva di volersi confrontare con sé stessa e con i suoi errori.
Una mattina successiva a una notte insonne, Iole si alzò dal letto con un groppo in gola che non riusciva a sciogliere.
Aveva sempre lasciato che fossero gli eventi a trascinarla, invece di prenderne il controllo.
—Perché mi sono comportata così?
Si domandò.
Ogni scelta sembrava una tessera di un puzzle che non riusciva a completare.
Iole iniziò a ricordare episodi che avevano plasmato il suo carattere, dalle insicurezze che l'avevano portata a cercare conferme fuori dal rapporto con Lino, alla sua lotta per trovare un'identità che fosse davvero sua.
Era una domanda a cui non trovava risposta.
Ogni scelta sbagliata sembrava una pietra su cui inciampare, un peso che ora la teneva inchiodata al letto, incapace di dormire.
Ricordava i momenti felici con Lino, ma anche quelli in cui aveva scelto di cercare altrove qualcosa che non riusciva a definire.
—Posso davvero cambiare?
Questo pensiero la tormentava più di tutti.
Il desiderio di diventare una persona migliore si mescolava alla paura di non esserne capace.
L'orologio, stretto tra le sue mani, sembrava scandire un tempo che non poteva essere recuperato.
Da allora ogni notte divenne un confronto con sé stessa, un viaggio tra colpa, rimpianti e speranze.
Ma, poco a poco, Iole sentiva che queste domande non la stavano annientando: la stavano trasformando.
Iole si trasferì nell’appartamento che aveva acquistato ma le cose non migliorarono.
Sin dal primo risveglio questo fu pesante.
Iole si sentiva oppressa dal silenzio e dalle ombre del passato che la avvolgevano.
Le emozioni della notte tornavano a tormentarla: la colpa, la perdita, ma anche un fragile senso di scelta che sembrava emergere dal dolore.
Guardò nuovamente l'orologio posato sul comodino, quel simbolo del tempo condiviso e delle opportunità perse.
—Chi voglio veramente essere?
Un misto di paura e speranza la opprimevano.
Era una domanda che non poteva più ignorare.
Per troppo tempo si era lasciata trascinare dagli eventi, senza mai prendere davvero il controllo della sua vita.
Ora, in quella stanza capì che doveva iniziare a costruire qualcosa di nuovo.
Iole si alzò dal letto con un senso di inquietudine che sembrava gravarle sulle spalle.
L'orologio di Lino sul comodino era un richiamo costante al tempo che avevano perso, ma anche un simbolo di ciò che poteva ancora tentare di ricostruire.
Stringendolo al seno, decise che non poteva più rimanere intrappolata nel dolore.
Doveva agire.
Uscì di casa senza una meta precisa.
Le strade del quartiere la accolsero con la loro consueta vivacità, ma per Iole tutto sembrava distante, quasi ovattato.
Passò davanti a una libreria e si fermò, attratta da una copertina che sembrava richiamarla.
Il titolo del libro, “Ritrova te stessa”, la colpì.
Entrò e lo acquistò, sperando che quelle pagine potevano offrirle un punto di partenza, una guida per guardare dentro se stessa.
Con il libro stretto tra le mani, continuò a camminare fino a raggiungere un centro comunitario che cercava volontari.
Era stato un gesto impulsivo, ma quando varcò la soglia, fu accolta da un sorriso caloroso.
Si propose per aiutare con attività per bambini, e il primo pomeriggio che trascorse con loro fu una rivelazione.
Vedere quegli occhi pieni di curiosità e gratitudine le diede un senso di scopo che non provava da tempo.
Iniziò a tornare ogni settimana, trovando in quel luogo una piccola ancora di serenità.
A casa, Iole decise di prendersi cura di sé in modi semplici ma significativi.
Ogni mattina usciva per una passeggiata, lasciando che l'aria fresca la aiutasse a schiarire i pensieri.
Preparava colazioni nutrienti invece di saltarle e si dedicava a piccoli gesti di attenzione verso sé stessa che iniziavano a farla sentire meglio, più radicata.
Ogni giorno era una battaglia contro il vuoto, ma Iole sentiva che ogni passo la stava portando verso una versione migliore di sé.
L'orologio di Lino, sempre presente sul comodino, continuava a ricordarle il tempo che aveva perso, ma anche il tempo che poteva ancora costruire, giorno dopo giorno.
Nel frattempo, Lino cercava di proseguire la sua vita, ma il dolore e la delusione restanova.
Si sentiva ferito e confuso?
Ma la verità era che quel dolore lo seguiva ovunque andasse.
Ogni strada che percorreva, ogni angolo della città, sembrava parlargli di Iole, di ciò che avevano condiviso e di ciò che lui sentiva di aver perso.
I primi giorni furono i più difficili.
La rabbia iniziale si era trasformata in un senso di vuoto che Lino non riusciva a colmare.
La sua routine, una volta solida e confortevole, ora sembrava priva di significato.
Tornare nel suo appartamento gli dava la sensazione di essere intrappolato in un luogo troppo grande e troppo silenzioso.
Decise di immergersi nel lavoro, sperando che la frenesia delle giornate potesse distrarlo.
Ma anche tra le persone, oppure durante le riunioni, avvertiva un’assenza profonda.
Le sue mani si posavano spesso sul polso, dove un tempo portava un certo orologio, e ogni volta il ricordo di quella sera tornava prepotente a tormentarlo.
Una sera, in un momento di debolezza, Lino si sedette al tavolo della cucina, con una bottiglia di vino e il telefono davanti a sé.
Aveva iniziato a scrivere un messaggio per Iole, ma le parole sembravano vuote o troppo pesanti.
Alla fine, lasciò il telefono sul tavolo, frustrato, e si concentrò su una decisione: doveva procedere oltre non per dimenticare Iole, ma per ritrovare sé stesso.
Cominciò con piccoli gesti.
Tornò alla palestra che frequentava una volta, riprese a correre al parco al mattino presto, lasciando che l'aria fresca e la fatica fisica gli schiarissero la mente.
Accettò di partecipare a una cena con alcuni amici, qualcosa che aveva evitato per settimane, e per la prima volta si concesse di ridere, anche se solo per pochi istanti.
Ma il pensiero di Iole non lo lasciava mai completamente.
Ogni tanto, mentre correva o mentre lavorava, si chiedeva come stesse, se sentisse la sua mancanza, se il loro tempo insieme fosse stato davvero tutto perso.
Proprio queste domande, sospese tra il rimpianto e la speranza, continuavano a nutrire una tensione che cresceva silenziosamente dentro di lui.
Era questo contrasto tra dolore e rinnovamento, tra rabbia e nostalgia, che stava forgiandosi un nuovo Lino.
Anche se non lo sapeva ancora, stava costruendo le fondamenta per un confronto che non avrebbe potuto evitare, ma che, forse, lo avrebbe aiutato a trovare una vera chiarezza.
Un anno era passato, ma per Iole quel tempo sembrava un intervallo indistinto, un susseguirsi di giorni privi di direzione.
La solitudine aveva scavato un vuoto profondo, ma in quel vuoto cominciava a nascere qualcosa di diverso.
Non era solo il dolore a tormentarla, ma una consapevolezza che non riusciva più a ignorare.
Una sera, seduta al piccolo tavolo della sua nuova stanza, Iole si ritrovò a fissare il bordo della tazza di tè ormai fredda.
I suoi pensieri correvano in tutte le direzioni, ma si fermavano sempre nello stesso punto: le scelte che l'avevano portata lì.
Non era solo la rottura con Lino a tormentarla, ma il modo in cui aveva vissuto fino a quel momento.
“Ho vissuto seguendo schemi che non erano miei”, si disse, avvertendo il peso di quella verità.
Non era una rivelazione improvvisa; era qualcosa che cresceva dentro di lei da mesi.
Concedersi il tempo per ascoltare quella voce interiore era stato il primo vero passo.
Quella sera, mentre il silenzio della stanza la avvolgeva, Iole decise di non ignorare più quei pensieri.
Doveva interrompere il ciclo delle sue vecchie abitudini, trovare un modo per costruire una vita che fosse davvero sua.
Il giorno dopo, con un misto di esitazione e determinazione, uscì dalla stanza e percorse le strade del quartiere.
Entrò in una libreria e scelse un libro che sembrava chiamarla dal titolo: “L'arte di cambiare!.
Non aveva mai letto nulla del genere, ma quella sera si immerse nelle pagine, trovando conforto e ispirazione nelle parole che sembravano parlare direttamente alla sua anima.
Nei giorni seguenti, Iole cominciò a fare piccoli gesti che rompevano la monotonia.
Decise di iscriversi a un corso di disegno, qualcosa che aveva sempre desiderato fare ma che non aveva mai avuto il coraggio di intraprendere.
Quei momenti di creatività le regalavano un senso di scoperta, un primo assaggio della libertà di essere sé stessa.
Ogni azione, per quanto piccola, portava con sé una forza simbolica.
Il rimorso per il passato non la abbandonava, ma Iole cominciava a vedere quel rimorso come uno sprone, non un ostacolo.
Era un cammino lento e incerto, ma con ogni passo sentiva che qualcosa dentro di lei stava mutando.
Lino aveva trascorso un anno cercando di rimettere insieme i pezzi della sua vita.
Lasciare Iole era stata una scelta obbligata, ma non indolore.
La delusione continuava a insinuarsi nei suoi pensieri, come un’ombra persistente che non riusciva a dissipare.
Anche se il tempo aveva in parte lenito il dolore, alcune notti lo trovavano ancora sveglio, a fissare il soffitto, chiedendosi se ci fosse stato qualcosa che avrebbe dovuto fare diversamente.
Dopo la separazione, Lino si era immerso nel lavoro, sperando che le scadenze e i progetti lo tenessero occupato ma anche tra riunioni affollate e corse frenetiche, non riusciva a liberarsi del senso di perdita.
Ogni tanto, qualcosa di apparentemente insignificante: un profumo familiare o una canzone ascoltata per caso, riportava alla superficie i ricordi di Iole, facendolo vacillare.
Nel tentativo di ritrovare un equilibrio, Lino si era imposto una nuova routine.
Ogni mattina, poco dopo l’alba, usciva a correre.
Il ritmo costante dei suoi passi sul marciapiedi era diventato una sorta di meditazione, un momento in cui lasciava che la fatica fisica lo liberasse almeno temporaneamente dai pensieri.
Tornò a frequentare vecchi amici, persone che aveva trascurato nel tempo in cui la sua vita ruotava intorno a Iole.
Quelle serate con loro, tra risate e discussioni animate, gli davano un senso di normalità, anche se sapeva che dentro di sé c’era ancora una parte che non si sentiva completa.
Ma la confusione non lo abbandonava mai del tutto.
Lino si chiedeva spesso se il distacco fosse stato giusto.
Aveva cercato di dimenticare Iole, di costruire una vita diversa, ma la sua mente tornava inevitabilmente a lei.
Non si trattava solo di nostalgia; c’era anche una riflessione più profonda su cosa avesse davvero significato quella relazione e su ciò che desiderava per il suo futuro.
Nonostante i suoi sforzi, il contrasto tra ciò che cercava di costruire ed i suoi sentimenti lo manteneva in uno stato di tensione continua.
La determinazione di andare avanti si scontrava con i ricordi e le emozioni irrisolte, rendendo ogni passo verso il futuro un po’ più difficile.
Ma in quel contrasto, Lino iniziava a intravedere un frammento di chiarezza: forse non si trattava solo di dimenticare, ma di accettare e, un giorno, perdonare.
Segue ....
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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