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Amore in prova 4


di iltiralatte
06.04.2025    |    488    |    0 9.2
"Ogni gesto era una possibilità per infrangere la barriera tra di loro..."
Lino spingeva lentamente il carrello lungo le corsie del supermercato, lasciando vagare lo sguardo tra gli scaffali.
La lista della spesa che teneva in mano era solo un pretesto per riempire il vuoto della serata.
Non c’era fretta, non c’era entusiasmo.
Era solo un altro giorno.
Curvando l'angolo di una corsia, il suo carrello urtò quello di un'altra cliente.
L'impatto leggero lo fece sussultare:
— Mi scusi,
Disse rapidamente, facendo due passi indietro per lasciare spazio.
Sollevò lo sguardo per incontrare quello della persona davanti a lui, e si fermò.
Era lei.
Iole da parte sua si irrigidì.
Per un attimo, sembrò che tutto intorno a lei si dissolvesse.
Nessuna corsia, nessuno scaffale.
Solo lui:
— Lino…
Sussurrò, sorpresa ed impreparata.
Lino rimase immobile, il carrello abbandonato accanto a sé.
Ogni emozione che aveva cercato di tenere a bada negli ultimi mesi tornò a galla in un istante.
— Non mi aspettavo di vederti qui,
Affermò infine, con voce misurata e quasi distante.
Il silenzio che seguì sembrava estendersi all’intero supermercato.
Iole cercò di trovare qualcosa da dire, ma ogni parola le moriva in gola.
Guardò Lino, i suoi gesti controllati, il tono freddo, e sentì una fitta al petto:
— Nemmeno io,
Riuscì a rispondere, abbassando lo sguardo.
Lino annuì, come per chiudere il momento:
— Buona serata, Iole,
Augurò,ri prendendo il carrello e allontanandosi lentamente.
Non si girò.
Lei rimase lì, immobile, osservandolo scomparire tra gli scaffali.

Durò solo un attimo. Iole lo vide scomparire tra le corsie del supermercato, il carrello davanti a sé, il passo lento e misurato.
Ma non poteva lasciarlo andare così.
Non questa volta.
Stringendo le mani in un gesto di decisione, allungò il passo per raggiungerlo.
La distanza tra loro si colmò in pochi istanti:
— Lino,
Lo chiamò, la voce carica di emozione:
— Noi due dobbiamo parlare.
Lino si fermò, ma non si girò subito.
Le parole di Iole sembravano avere un peso che lui non era certo di voler sostenere.
Alla fine, si voltò lentamente, lo sguardo freddo e distante:
— Cosa c’è da dire?
Domandò in tono calmo e controllato.
Iole sentì il fiato corto, ma non si lasciò scoraggiare.
Aveva passato troppo tempo a riflettere sulle sue azioni, sulle sue scelte, su ciò che voleva davvero.
Ora era pronta a dimostrarlo, nonostante il muro che lui aveva eretto:
— Non voglio sprecare questa occasione,
Sostenne, cercando il suo sguardo:
— Non sono più la persona che ero e voglio che tu lo sappia.
Lino la osservò in silenzio, cercando di decifrare il significato di quelle parole.
I suoi occhi, che un tempo riteneva di conosceva così bene ma che non gli avevano evitato di essere tradito, ora sembravano nascondere qualcosa di nuovo e lui non sapeva se poteva fidarsi ad accettare.
— E cosa vuoi che io faccia?
Domando infine, in tono aspro:
— Io ho cercato di dimenticare. Ho cercato di andare avanti. È stato difficile, ma quasi ci sono riuscito.
Iole strinse i pugni, non per rabbia, ma per contenere il tumulto di emozioni che minacciava di travolgerla:
— Non ti chiedo di perdonarmi ora. Non ti chiedo di dimenticare il dolore che ti ho causato. Voglio solo che tu mi ascolti, almeno una volta. Voglio mostrarti chi sono diventata.
Ogni parola che pronunciava era un riflesso della sua volontà, del cambiamento che aveva vissuto durante quell’anno di solitudine.
Le scelte che aveva fatto, i passi che aveva intrapreso, tutto l’aveva portata a quel momento.
Non era solo rimorso; era una intenzione sincera di rimediare ai suoi errori e di essere finalmente autentica.
Lino la fissò per un lungo istante, combattuto tra la rabbia e la curiosità.
Il suo istinto gli diceva di andarsene, di non guardarsi indietro ma qualcosa in lei, qualcosa che non riusciva a ignorare, lo trattenne:
— Non prometto niente,
Accondiscese infine, con voce più morbida:
— Sono qui. Parla.
Iole sentì il respiro finalmente farsi più calmo.
Era solo l’inizio, ma era un passo e, per la prima volta, sperò che il cambiamento che aveva cercato dentro di sé potesse davvero trovare un posto anche fuori da lei.
—Vorrei parlare ma si tratta di noi, Veramente vuoi che affrontiamo i nostri problemi in mezzo ad un supermercato?
Lino si fermò col carrello accanto a sé.
Esitò un momento, il conflitto era evidente nei suoi occhi;
— Non so se sia il momento giusto, — rispose, cercando di mantenere un tono distaccato.
— Non ci sarà mai un momento giusto,
Ribatté Iole, facendo un passo avanti:
— Ma non posso lasciarti andare senza dirti quello che sento dentro di me.
Lino la guardò, il silenzio tra loro carico di tensione.
Alla fine, annuì lentamente e sospirò:
— Va bene, C’è un ristorante qui vicino. Andiamoci.
Abbandonarono i carrelli e uscirono dal supermercato, camminando fianco a fianco senza parlare. Il piccolo ristorante era tranquillo, con luci soffuse e pochi clienti. Si sedettero a un tavolo appartato, e per un momento il silenzio sembrò insostenibile.

Il ristorante era avvolto in un'atmosfera intima, con luci calde che proiettavano ombre morbide sui muri e il rumore soffuso delle stoviglie che accompagnava i mormorii degli altri clienti.
Era un luogo che invitava alla conversazione, ma tra Iole e Lino, al loro tavolo appartato, regnava un silenzio carico di tensione.
Iole si umettò le labbra, guardando il bicchiere d'acqua davanti a sé come se contenesse il coraggio che le mancava:
— Grazie per essere qui.
Iniziò, la voce appena un filo sopra al sussurro.
Aveva scelto le parole con attenzione, ma ora che le stava pronunciando, sembravano troppo deboli per quello che provava.
Lino sollevò lo sguardo dal tovagliolo che aveva piegato distrattamente tra le mani.
Il suo volto era una maschera di controllo, ma gli occhi rivelavano qualcosa di più profondo: un misto di fatica e irritazione:
— Non avevo molte alternative.
Affermò in tono neutro, ma il sottotesto era evidente. “Tu mi hai spinto qui.”
Per un momento, Iole esitò.
Avvertiva la distanza tra loro come una barriera invisibile, resa più tangibile da quel tavolo che li separava.
Ma aveva deciso: non sarebbe fuggita questa volta:
— So che hai tutte le ragioni per non volermi ascoltare.
Continuò, cercando il suo sguardo:
— Ma dovevo dirti quello che ho dentro. Non posso più lasciarlo in sospeso.
Lino alzò un sopracciglio, un gesto appena percettibile, ma che bastava per farla vacillare:
— E cosa pensi che cambierà?
Domandò con voce tagliente:
— Io sono andato avanti, Iole. O almeno ci ho provato.
Le sue parole caddero come un maglio sul cuore di Iole, ma lei non si lasciò scoraggiare.
La tensione tra loro sembrava crescere ad ogni istante, alimentata da tutto ciò che era stato taciuto in quell'anno di distanza.
Le luci soffuse e l'ambiente raccolto sembravano amplificare ogni emozione, trasformando quel confronto in qualcosa di inevitabile e urgente.
— Magari non cambierà nulla,
Rispose Iole, il tono più fermo:
— Ma devo provarci. Per me, per te e per quello che c'è stato tra noi.
Iole si sporse leggermente in avanti, cercando di colmare la distanza tra loro, non solo fisicamente ma anche emotivamente.
Le sue mani erano intrecciate sul tavolo, un gesto di nervosismo che cercava di contenere:
— So di averti ferito,
Iniziò, la sua voce calma ma piena di decisione:
— E so che non c’è nulla che io possa dire o fare per cambiare il passato.
Lino incrociò le braccia, appoggiandosi contro lo schienale della sedia, uno sguardo freddo e imperscrutabile stampato sul volto:
— Bene, almeno una cosa giusta la dici,
Ribatté, il sarcasmo tagliente come una lama;
— Ti rendi conto di quanto sia inutile tutto questo?
Quelle parole colpirono Iole come un colpo al petto, ma non si lasciò abbattere.
Prese un respiro profondo, lasciando che il silenzio tra loro si distendesse per un momento, come per dargli peso:
— Non sono qui per giustificarmi o per chiederti compassione. Sono qui perché ho capito cosa conta davvero per me. E tu sei una di quelle cose, Lino.
Lui inclinò la testa leggermente, come per studiarla, ma la rigidità nella sua postura non si attenuò.:
— Una di quelle cose, eh? Mi sento proprio speciale,
Il sarcasmo era ancora presente, ma la sua voce era più bassa, quasi riflessiva.
Iole sentì il nodo alla gola stringersi, ma sapeva che non poteva permettersi di cedere.
Ogni parola contava.
Ogni gesto era una possibilità per infrangere la barriera tra di loro.
— So di averti fatto sentire come se tu non fossi abbastanza per me.
—Ero così persa nella mia confusione che non riuscivo a vedere quanto mi stessi dando.
—Ho fatto degli errori orribili,
Continuò con la voce che si incrinava leggermente:
— Ma non significa che non ti abbia amato. Io ti amo, Lino: sempre.
Lino abbassò lo sguardo, per la prima volta lasciando che un lampo di vulnerabilità attraversasse il suo volto.
Il sarcasmo si dissolse, sostituito da un silenzio pesante.
Quando finalmente parlò, la sua voce era più morbida, quasi spezzata:
— Come potrei fidarmi ancora di te, Iole? Dopo tutto quanto?
Iole si sporse ancora più vicino, le mani tese leggermente verso di lui, come per afferrare un frammento della sua resistenza:
— Non posso pretendere la tua fiducia,
Replicò con un sussurro:
— Posso solo dimostrarti che sono cambiata. Ma devi darmi l’opportunità di farlo.
Le parole rimasero sospese nell’aria, mentre i loro occhi si incontravano, un confronto silenzioso in cui ogni emozione, ogni dubbio e speranza si facevano strada.
Per un istante, entrambi lasciarono cadere le loro difese, permettendo a una debolezza cruda e disarmante di emergere.
L'aria nel ristorante sembrava farsi più densa, quasi irrespirabile.
Iole strinse il bordo del tovagliolo, il tessuto ruvido un piccolo ancoraggio mentre il tumulto dentro di lei cresceva.
Sapeva che ogni parola era un rischio, ma non poteva più portare quel peso da sola.
Doveva affrontarlo e doveva affrontarlo lui.
— Ho bisogno di dirti la verità,
Mormorò infine, la voce che tremava leggermente.
Una parte di lei temeva di spezzarsi, ma un'altra, più forte, la spingeva avanti:
— Io non posso continuare così.
Lino non rispose, le braccia ancora incrociate davanti a sé.
I suoi occhi erano fissi su di lei, penetranti, ma non ostili.
Era un silenzio che parlava più di mille parole.
C’era curiosità lì, nascosta sotto la superficie, e forse anche qualcosa di simile al dolore.
Iole abbassò lo sguardo per un attimo, raccogliendo il coraggio di continuare:
— Quando ci siamo conosciuti... non ero la persona che volevo essere.
—Non ero onesta, né con te né con me stessa.
La sua voce si incrinò leggermente, ma non si fermò:
— Marco... io ero la sua amante. Anche quando tu ed io abbiamo iniziato a frequentarci continuavo ad andare a letto con lui.
Il silenzio che seguì era assordante.
Lino non si mosse, ma il suo sguardo cambiò, diventando più duro, più freddo.
Iole sentì il cuore accelerare, ma continuò, perché fermarsi ora sarebbe stato un tradimento verso sé stessa:
— E non solo lui. Durante le trasferte... ci sono state altre storie. Non era amore, non era desiderio. Era...
Si interruppe, cercando le parole giuste:
— era disistima di me stessa: non credevo di meritarmi di meglio.
La sua voce si abbassò ancora: quasi un sussurro, ma ogni parola era come un colpo:
— Poi sei arrivato tu. E per la prima volta, ho visto una via d'uscita. Ma io... io ho rovinato tutto.
Si passò una mano sui capelli, il gesto nervoso di chi si sente esposta, vulnerabile.
Lino si sporse leggermente in avanti, finalmente rompendo il silenzio:
— Perché me lo dici ora?
Domandò con voce piatta ma con un'ombra di emozione che non riusciva a nascondere del tutto:
— Dopo tutto questo tempo, cosa pensi che cambi?
Iole alzò lo sguardo verso di lui, e nei suoi occhi brillava una forza che superava la paura:
— Perché sono cambiata. Perché non voglio più nascondermi. Ho lasciato Marco. Ho lasciato il suo lavoro. E sto costruendo qualcosa di mio, qualcosa che non dipenda più dagli altri.
Fece una pausa, cercando di leggere la reazione di Lino, ma lui rimase immobile, combattuto:
— Ti sto chiedendo di darmi una possibilità,
Continuò Iole:
. — Non di perdonarmi subito, ma di lasciarmi dimostrare che sono diversa. E che ti amo. Con tutto ciò che sono.
Le sue ultime parole rimasero sospese nell’aria, mentre Lino abbassava lo sguardo, la sua espressione impossibile da decifrare.
La tensione tra di loro era palpabile.
In mezzo a quella tempesta, il respiro di Iole era irregolare, un ritmo spezzato che tradiva il tumulto interiore che cercava di contenere.
Le sue mani tremavano leggermente mentre stringevano il bordo del tovagliolo.
Questo era il suo unico ancoraggio, un piccolo gesto che sembrava impedirle di crollare sotto il peso delle parole che stava per pronunciare.
Quando finalmente parlò, la sua voce si fece ancora più debole, ma non si spezzò. — Marco...
Iniziò, il nome che sembrava pesare come un macigno:
Sono diventata la sua amante il giorno della mia assunzione: Erano appena morti i miei genitori e non avevo un soldo ne una casa. Lui mi ha assunto offrendomi anche un tetto, solo alla sera scoprii che il rifugio che mi aveva offerto era il suo letto ma ero giovane ingenua e sola, Solo dopo molto, il fatto che tu mi abbia lasciata, mi ha dato la forza di liberarmi,
— Capisci: mi trattava da prostituta e tale mi ritenevo pure io: come potevo avere stima di me stessa?.
Iole abbassò lo sguardo, non riuscendo a sostenere quello di Lino mentre continuava.
Le mani cercavano un punto fermo sul tavolo senza trovarlo:
— E non solo lui,
Continuò, quasi in un sussurro:
— Durante le trasferte... ci sono state altre storie; era quasi una tradizione obbligatoria che dovessi soddisfare sessualmente il mio accompagnatore.
Dall'altra parte del tavolo Lino era immobile, ma il suo volto raccontava una storia diversa.
Le sue labbra serrate e gli occhi fissi su di lei tradivano una lotta interna.
Sembrava combattuto tra il desiderio di ascoltarla ed il dolore che ogni sua parola gli infliggeva.
Quando Iole fece una pausa, lui abbassò lo sguardo per un istante, poi tornò a fissarla, ma stavolta con un'espressione più delicata, quasi impercettibile.
— Non era amore,
Continuò Iole, cercando di dare un senso al passato:
— Era un modo per riempire il vuoto che sentivo dentro di me sperando in tal modo di ottenere l’approvazione di Marco.
—Comprendi? Per ma tutte quella avventure non avevano significato, solo quando ti ho visto nella camera gettare l’orologio, ho compreso che viceversa per te ne aveva e molto.
—Ho cercato di raggiungerti per spiegarti ma non ho fatto in tempo a fermarti.
—Tu... tu mi hai dato qualcosa di diverso.
—Hai fatto nascere in me il desiderio di essere migliore e monogama.
—Ed ora... ora sto cercando di dimostrartelo.
Lino piegò lievemente il capo, un gesto quasi involontario, come se stesse cercando di comprendere davvero le sue parole.
I muscoli del volto si distesero leggermente, ma il conflitto rimaneva.
Era un contrasto di emozioni che si rifletteva nei suoi occhi, un miscuglio di rabbia, curiosità, pietà e forse, da qualche parte, speranza.
Quando Iole alzò finalmente lo sguardo per incontrare il suo, il silenzio tra loro diventò quasi insostenibile.
Era un momento carico di tensione, in cui ogni respiro e ogni gesto parlavano più delle parole.
E in quel silenzio, entrambi si trovarono faccia a faccia con ciò che avevano perso, ma anche con ciò che, forse, potevano ancora ritrovare.
Il silenzio che seguì le parole di Iole sembrava eterno.
Lino si appoggiò allo schienale della sedia, incrociando le braccia come per proteggersi dal caos che Iole aveva scatenato dentro di lui.
Le sue emozioni erano un turbinio: dolore, rabbia,indignazione, compassione ma anche una strana e persistente speranza che non riusciva a ignorare.
Gli occhi si abbassarono per un momento, fissandosi sul bordo del tavolo come se contenesse una risposta che non era in grado di trovare da solo.
— Non è così semplice,
Affermò infine con la voce più bassa, quasi un sussurro.
C'era una nota di stanchezza in quelle parole, ma anche il peso di una lotta interiore che durava ormai da troppo tempo.:
— Ti rendi conto di quello che mi stai chiedendo?
Iole annuì, e anche se il suo volto era pallido, la determinazione nei suoi occhi era intatta;
— Lo so, Lino,
Rispose, con un tono che mescolava dolcezza e fermezza:
— E non posso chiederti di perdonarmi subito. Ma non posso nemmeno rinunciare a te senza provare ad ottenere il tuo perdono.
Lino sospirò profondamente, passandosi una mano tra i capelli.
Era una decisione che sentiva di non poter prendere a cuor leggero.
Aveva costruito un muro attorno a sé, ma si rendeva conto che anche quel muro non lo aveva protetto del tutto.
I ricordi di Iole, di ciò che erano stati insieme, continuavano a trovarlo, a penetrarlo.
Ora, seduto lì davanti a lei, non poteva ignorare la sincerità che leggeva nei suoi occhi.
— Ascolta,
Concluse con una voce tornata più salda:
— Non posso dimenticare tutto ciò che è successo.
— Non posso fingere che non mi abbia fatto male. Ma...
Fece una pausa, come se stesse pesando ogni parola.:
— Sono però disposto a darti una possibilità. In prova.
Le parole caddero con un peso che entrambi avvertirono.
Per Lino, questo non era solo un compromesso.
Era un passo verso qualcosa che non era sicuro di poter affrontare, ma che al tempo stesso non voleva perdere per sempre.
Per Iole, era la luce che non pensava di poter vedere dopo tanta oscurità.
— Significa molto per me,
Rispose Iole, con un sorriso timido ma genuino;
— E ti prometto che non lo darò mai per scontato.
Lino annuì, ma non sorrise.
Le sue emozioni erano ancora un miscuglio di dubbi e speranze.
— Vedremo,.
Rispose semplicemente.
Era una promessa cauta, ma anche una dichiarazione che, per quanto fragile, lasciava spazio a un futuro.
Mentre si alzavano dal tavolo, Lino avvertì una sorta di leggerezza che non provava da tempo.
Era lontano dall'essere pronto a fidarsi completamente, ma in fondo al cuore sapeva che questa decisione non riguardava solo Iole.
Riguardava anche lui, la sua capacità di guardare avanti e costruire qualcosa di nuovo, qualcosa di autentico nonché la sua capacitò di distinguere i diamanti anche se venivano celati sotto scorze più vili.
Lino si fermò un attimo, fissandola con intensità.
La rabbia verso Marco gli esplose dentro come una tempesta, e la sua voce tradì quel sentimento.
— Quel porco...
Iniziò, stringendo i pugni:
— Ti ha trattata come nessuno merita di essere trattato. Mi viene voglia di prenderlo a...
Fece un gesto con la mano, lasciando le parole in sospeso.
Poi si interruppe, lasciando libero il respiro e scuotendo la testa.
Gli occhi di Iole erano bassi, pieni di tristezza e paura, e fu in quel momento che Lino comprese.
Marco aveva spezzato qualcosa dentro di lei, ma ciò che vedeva ora era una donna che cercava di ricostruirsi, di ritrovare la sua forza.
Senza dire altro, fece un passo verso di lei e le posò una mano sulla spalla, prima di stringerla in un abbraccio forte e sincero:
— Sai che ti dico? Non mi interessa più di lui. Non mi interessa del passato. Adesso voglio solo guardare avanti, voglio domare il futuro assieme a te.
Iole sentì il calore delle sue braccia avvolgerla e lasciò andare un piccolo singhiozzo.
Il suo corpo sembrava rilassarsi, e con un gesto istintivo si rifugiò contro il suo petto:
— Grazie, Lino,
Disse a malapena, la voce soffocata dalle emozioni.
Lino la strinse ancora di più, come per proteggerla da tutto ciò che aveva vissuto, come per dirle senza parole che non l'avrebbe mai più lasciata sola.
In quel momento, tra le loro braccia, il peso del passato sembrò dissolversi, lasciando spazio solo alla promessa di un futuro radioso.

FINE
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