tradimenti
Amore e tranquillità

31.03.2025 |
1.795 |
7
"Quando nacque Gisella, la nostra vita cambiò per sempre..."
Come tutte la mie storie pure questa è frutto esclusivo della mia fantasia per cui ogni riferimento a persone o cose realmente esistenti è puramente casuale. Sara
Ero seduta accanto alla grande finestra della biblioteca, con una pila di libri davanti a me.
La luce del pomeriggio filtrava morbida, quasi a rassicurarmi, mentre il silenzio veniva interrotto dal fruscio delle pagine e dal rumore attutito di passi distanti.
Stavo cercando di concentrarmi, ma la mia attenzione si spostò verso il banco della biblioteca.
Marco era lì.
Alto, con quell’aria tranquilla che sembrava non abbandonarlo mai, parlava con il bibliotecario.
Lo conoscevo, era impossibile non conoscerlo: un anno avanti a me, sempre impeccabile agli esami, eppure mai arrogante.
Non l’avevo mai osservato così da vicino, e per qualche ragione mi chiesi che cosa lo rendesse tanto sicuro di sé.
Non so perché mi colpì.
Marco aveva un’aria tranquilla, quasi magnetica.
Parlava con il bibliotecario con quella disinvoltura che sembrava parte di lui.
Non era uno di quei ragazzi che si mettono in mostra, e forse proprio per questo attrasse la mia attenzione.
Alzai lo sguardo dai libri e lo osservai per un momento, cercando di non farmi notare.
Mi domandavo cosa potesse renderlo così sicuro di sé, così sereno, mentre io mi sentivo sopraffatta dai miei studi.
Era come se ci fosse un equilibrio, qualcosa che lo faceva muovere nel mondo con naturalezza.
Non l’avevo mai incontrato di persona, ma avevo sentito parlare di lui, un anno più avanti a me, cogli esami.
Non sembrava preoccupato, e il suo sorriso trasmetteva un senso di calma che in quel momento mi mancava completamente.
Mentre abbassavo di nuovo lo sguardo sui libri, qualcosa mi spinse a sbirciare ancora.
Marco stava tornando verso i tavoli con un libro sottobraccio e un’aria rilassata.
Si guardò intorno per un attimo, e il suo sguardo incrociò il mio.
Fu solo un istante, ma mi sembrò di essere stata colta in flagrante.
Tornai velocemente ai miei appunti, sperando che non avesse notato la mia curiosità.
Sentivo però una lieve agitazione, come se quel brevissimo contatto visivo avesse lasciato un piccolo segno, un'impronta nei miei pensieri.
Marco si avvicinò a uno dei tavoli e si sedette poco distante da me.
Non era così vicino da poterlo considerare una conversazione imminente, ma abbastanza da poterlo osservare meglio, senza risultare troppo evidente.
Posò il libro davanti a sé, e in quel momento, per qualche motivo, la mia mente cominciò a fare ipotesi. "Che cosa starà studiando? È per il mio stesso esame?"
Mi domandai, ma la risposta sembrava meno importante dell’idea stessa che qualcun altro stesse vivendo una giornata di studio in quel momento.
Mi rassicurava, in qualche strano modo.
Forse non ero così sola, dopotutto.
Fu allora che mi parlò per la prima volta.
Dopo aver picchiettato la biro sul foglio con un ritmo irregolare che aveva già attirato la mia attenzione. si fermò, alzò lo sguardo e disse a voce molto bassa:
—Scusi signorina, non avrebbe una biro da prestarmi? La mia si è inceppata.
Mi trovai spiazzata, quasi come se la sua voce avesse interrotto un filo invisibile di pensieri:
—"Ah, sì, certo
Risposi, cercando una penna nel mio piccolo astuccio. Gliela porsi, notando il modo cortese e quasi timido con cui mi ringraziò.
Non era invadente, anzi, il gesto sembrava quasi un pretesto, un modo per infrangere la barriera del silenzio.
Mentre tornavo al mio studio, non potevo fare a meno di ripensare a quella breve interazione.
Marco aveva già ripreso a scrivere, utilizzando la mia biro con una naturalezza che sembrava rendere insignificante l'interruzione di poco prima.
Eppure, per me, quel piccolo scambio era diventato un pensiero ricorrente: "Perché mi ha chiesto proprio a me?" mi domandavo anche se la risposta era probabilmente ovvia.
Ero lì, seduta di fronte a lui in un locale semideserto.
Ma la sua voce gentile e la sua richiesta semplice continuavano a risuonare nella mia mente.
Era come se quell’istante avesse rotto il ritmo monotono della giornata, aggiungendo una sfumatura inattesa.
Terminai le mie consultazioni quasi contemporaneamente a Marco, e ci alzammo nello stesso momento.
Restituendomi la penna, mi rivolse un sorriso cordiale e mi invitò:
—Grazie ancora, signorina. Posso offrirle un caffè?
Accettai, e davanti a una tazzina della bevanda iniziammo a parlare.
Ci presentammo e, tra una chiacchiera e l'altra, ci scambiammo i numeri di telefono.
Un’amicizia era nata.
Da allora siamo diventati amici.
Marco, più avanti di me negli studi, mi ha aiutato a preparare i miei ultimi esami; io, da parte mia, sono stata al suo fianco il giorno del suo ultimo esame, sostenendolo e condividendo la tensione di quel momento importante.
Inoltre, l’ho aiutato a preparare la sua tesi di laurea, un lavoro che richiedeva impegno e precisione.
Questo continuo scambio di aiuto ha consolidato un’amicizia che si è rivelata sempre più forte e preziosa.
Marco aveva trovato subito lavoro presso una piccola azienda manifatturiera.
Nonostante fosse alla sua prima esperienza, si era dimostrato da subito molto capace.
Era attento, propositivo e deciso a fare la differenza.
Non tardò a guadagnarsi la fiducia dei suoi superiori.
Grazie alla sua dedizione, riuscì a implementare alcune migliorie nei processi produttivi, dimostrando un talento naturale per l'ottimizzazione delle risorse.
Le sue idee, spesso innovative, iniziarono a farsi notare, e presto gli venne affidato un piccolo team da coordinare.
Nel frattempo, io completavo i miei studi.
Mentre lui si immergeva nel mondo del lavoro, trovava comunque il tempo per restare un amico presente e disponibile.
Ci sentivamo spesso: lui mi incoraggiava durante le settimane intense di preparazione agli esami e mi raccontava con entusiasmo dei suoi primi successi e delle sfide che stava affrontando.
La sua esperienza mi ispirava, e a modo suo mi trasmetteva quella sicurezza che mi serviva per continuare a credere nei miei obiettivi.
Quando finalmente terminai i miei studi, Marco fu il primo a congratularsi con me:
—Adesso tocca a te.
Affermò con un sorriso.
La nostra amicizia non solo era rimasta intatta, ma si era rafforzata ancora di più grazie a quei momenti condivisi.
"Mi hai stracciato! 30 e lode, mentre io mi sono dovuto fermare a 29," scherzò Marco, ridendo mentre mi guardava.
Non seppi cosa rispondere. Abbassai lo sguardo, un po’ imbarazzata ma divertita dal suo tono. Lui, però, senza dire altro, mi rialzò delicatamente il mento con la mano e, senza esitazione, mi baciò. Fu un momento unico, semplice e spontaneo, ma cambiò tutto. Da quel giorno divenimmo fidanzati, e cominciammo a immaginare e programmare un futuro assieme.
Anche a me capitò un’occasione favolosa!.
Venni assunta da una multinazionale chiamata TechVision Partners, una società di consulenza strategica per aziende tecnologiche.
Il mio ruolo era quello di impiegata di prima categoria, con la prospettiva concreta di un avanzamento alla dirigenza in tempi relativamente brevi.
Era il lavoro che avevo sempre sognato, e sentivo che ogni passo mi avvicinava di più a un futuro radioso, sia professionale che, personale accanto a Marco.
La mia professionalità e il mio talento mi valsero presto il rispetto e l’apprezzamento dei colleghi.
Lavoravo con passione e intraprendenza, affrontando ogni sfida con energia e spirito d’iniziativa.
Sentivo che ogni giorno contribuivo in modo significativo al successo del mio team, e questa consapevolezza alimentava la mia grinta e voglia di migliorare.
La mia carriera prese slancio all'interno di TechVision Partners.
Grazie alla mia capacità di risolvere problemi e alla mia dedizione instancabile, divenni rapidamente un punto di riferimento per colleghi e superiori.
Le mie idee erano innovative, la mia forza contagiosa, e in breve tempo fui considerata una figura chiave per la crescita di progetti strategici.
Ogni nuova sfida rappresentava per me un'opportunità per dimostrare il mio valore e lasciare il segno.
Marco, nel frattempo, guardava con orgoglio i miei successi.
Era felicissimo per me, ma si rese conto che la mia carriera sempre più impegnativa portava con sé sfide che limitavano il tempo che potevamo trascorrere insieme.
Nonostante qualche lamentela occasionale per le lunghe serate di lavoro, Marco decise di fare un passo importante per il nostro futuro.
Una sera, mentre sorseggiavamo del vino dopo cena, prese la mia mano, mi guardò negli occhi e domando:
—Voglio che questo futuro pieno di impegni lo costruiamo insieme, affrontando ogni sfida. Sara, vuoi sposarmi?
Rimasi senza parole per un momento, poi risposi con un sorriso che non avrebbe potuto essere più felice:
—Sì, Marco, lo voglio.
Da quel giorno, cominciammo a pianificare la nostra vita insieme, profondamente legati e pronti ad affrontare ciò che ci aspettava.
Il nostro matrimonio fu un evento semplice, ma carico di significato.
Circondati da amici intimi e familiari, la cerimonia divenne il simbolo del nostro amore profondo e del sostegno che eravamo sempre stati capaci di offrirci l’un l’altro.
Ogni dettaglio, dalla musica discreta alle parole scambiate, parlava di una complicità autentica e di un futuro pieno di promesse.
Con la convivenza, il nostro rapporto si consolidò ulteriormente.
I piccoli rituali quotidiani, come condividere un caffè al mattino o discutere dei progetti serali, diventarono la base su cui costruivamo il nostro legame.
La nostra unione sembrava crescere ogni giorno, plasmata dalla pazienza, dalla comprensione e da un senso di avventura condiviso.
Infine, un giorno speciale, la notizia che aspettavamo un bambino riempì le nostre vite di una gioia che non avevamo mai provato prima.
L'idea di accogliere una nuova vita nel nostro mondo era travolgente.
Ci ritrovammo a immaginare un futuro fatto di risate di bambino, giochi e sogni da realizzare insieme.
Quando nacque Gisella, la nostra vita cambiò per sempre.
Marco se ne innamorò perdutamente al primo sguardo.
Il suo affetto per la piccola era totale, un amore palpabile che riempiva ogni angolo delle nostre giornate.
Anche io avvertivo un legame profondo e naturale con lei; ogni gesto, ogni sorriso era la testimonianza di un amore incondizionato che non avevo mai provato prima.
La nostra famiglia cresceva, e con essa, il nostro amore.
Con il passare del tempo, sia io che Marco raggiungemmo grandi traguardi nelle nostre carriere.
Marco fu promosso a dirigente responsabile,
La piccola ditta, sotto la sua guida, era giunta a di 1500 operai: una solida realtà locale.
La sua capacità di gestire il team, unita al suo impegno verso il benessere di ciascun lavoratore, lo resero una figura di riferimento e di rispetto.
Era un ruolo impegnativo, ma il suo senso di responsabilità lo guidava ogni giorno.
Io, nel frattempo, continuavo a scalare rapidamente la gerarchia aziendale nella multinazionale per cui lavoravo.
Diventai un punto di riferimento nel settore, conosciuta per la mia visione innovativa e la mia dedizione.
Ogni traguardo rappresentava una nuova tappa di un viaggio che mi sfidava a crescere costantemente.
Nonostante le nostre carriere ci tenessero occupati, il tempo con nostra figlia rimaneva sacro.
Ogni momento con lei era un ricordo prezioso, un riflesso del nostro amore e delle nostre speranze per il futuro.
La mia dedizione e il mio talento mi hanno portato a un momento di svolta nella mia carriera.
Mi venne offerto un ruolo prestigioso presso la sede centrale dell’azienda a Delft, nei Paesi Bassi.
Avvertii un misto di entusiasmo orgoglio e timore. Era un’opportunità straordinaria, la realizzazione di anni di impegno e sacrifici.
Tuttavia, sapevo che una decisione così importante avrebbe potuto avere conseguenze per la nostra famiglia.
Marco ed io ci prendemmo il tempo necessario per discutere a fondo di questa possibilità.
Lui, inizialmente, mostrò qualche esitazione.
L’idea di vivere separati, almeno temporaneamente, sollevava dubbi sulla stabilità del nostro equilibrio familiare.
Ma nonostante le sue preoccupazioni, Marco mi sorprese con il suo sostegno incondizionato.
Mi guardò negli occhi, con quella sincerità che amo, e mi disse:
—Sara, questa è la tua occasione. Meriti tutto questo, e io sono con te.
Quelle parole mi diedero la forza di accettare con il cuore più leggero e la consapevolezza di non essere sola in questa nuova avventura.
Inizialmente proposi a Marco di trasferirci tutti a Delft.
Pensavo che potesse essere una soluzione per rimanere uniti come famiglia.
Marco, però, obiettò immediatamente.
—Sara, non posso farlo. La mia coscienza me lo impedisce. Ho una responsabilità verso i miei 1500 operai e verso l’azienda. Non posso abbandonarli.
Lo ascoltai attentamente e capii che, per quanto desiderassi che ci trasferissimo insieme, la sua posizione era ragionevole.
Era evidente che entrambi avevamo ragioni validissime e che trovare una soluzione avrebbe richiesto compromessi.
Fu lui a proporre l’alternativa:
—Potresti prendere un appartamento a Delft e tornare qui ogni weekend. Non sarà facile, ma possiamo farcela.
Mi propose amorevolmente.
Accettai la sua proposta, grata per il suo sostegno nelle difficoltà.
L’idea di un appartamento prese forma.
Ci rivolgemmo ad un’agenzia immobiliare e questa, in breve ci propose un appartamento al pianterreno di una incantevole palazzina a tre piani.
Io e Marco ci recammo sul posto a visionarla direttamente e, al nostro ritorno in Italia eravamo padroni di quell’appartamento.
Un mese dopo, tutto era pronto: l’appartamento arredato con cura, ogni dettaglio scelto per rendere l’ambiente confortevole e accogliente, un rifugio perfetto per i momenti di pausa.
La nuova fase della mia vita era davanti a me, un’avventura stimolante al vertice della multinazionale che tanto avevo sognato e per cui avevo lavorato duramente.
Era un mix di emozione e determinazione; sentivo che ogni passo fatto fino a quel momento mi aveva preparata a questa sfida.
La cosa più importante?
Gisela restava affidate alle cure di Marco ed io, ogni fine settimana, avrei potuto ricongiungermi con la mia famiglia.
Nonostante la distanza, il legame con Marco e Gisella rimaneva saldo e forte, un pilastro cui aggrapparsi fiduciosi a base di ogni successo.
--------------------
La mia nuova avventura cominciò sotto i migliori auspici.
La sera cucinavo per me stessa e mangiavo mentre telefonavo a Marco sentendomi in questo modo molto vicina alla mia famiglia.
Solo una cosa mi pesava veramente: la lontananza fisica da Marco durante la notte.
Andavo a letto, in quel lettone solitario, allungavo una mano per fargli una carezza ma lui non c’era.
Unicamente il freddo del lenzuolo o del cuscino rispondeva al mio tocco.
La cosa mi costava moltissimo: la mia femminilità richiedeva soddisfazione e non le bastava la maratona erotica cui costringevo Marco durante i fini settimana,
Il mio stipendio era fortemente lievitato, naturalmente, ma cominciavo a considerare la possibilità di rinunciarvi.
Una sera, mentre stavo cucinando la mia triste cena, suonò il campanello della porta.
Era il mio vicino immediatamente sovrastante a me.
Aprii la porta.
—Buona sera signora: sono Luca, il suo vicino . Stavo cucinando quando mi sono accorto di aver completamente esaurito il sale. Potrebbe darmene una tazzina da caffè?
—Piacere di conoscerla: io sono Sara. Prego si accomodi, vado immediatamente a prendere quanto le serve-
Mi allontanai un istante e subito fui di ritorno con quanto richiestomi.
—Mmmmh che profumino! Sta cucinando anche lei?
—Si sig. Luca, sto facendo una cosetta semplice: della pasta e dei saltimbocca-
—Lei deve essere proprio una brava cuoca, al contrario di me. La invidio. Grazie per il sale. Arrivederci,
—Attenda sig. Luca, come mai sta cucinando lei? È forse solo? Sua moglie non c’è?
—Oh no signora, io non sono sposato! Cerco di essere autonomo ma una donna è quello che mi manca in casa … e non sto parlando della ragazzina che viene al mattino per tenermi la casa in ordine.
—Perché allora non uniamo le nostre solitudini? Aggiungere un pugno di pasta non sarà certo un problema per me e chiacchierando la serata passerà più facilmente.
Quella fu una serata interessante: mentre cenavamo ci scambiavamo informazioni reciproche e, per la prima volta, scordai di telefonare a Marco durante la cena.
Appresi un po’ tutto di lui, che era italiano in trasferta in Olanda per conto della sua ditta che era la vera proprietaria dell’appartamento, che sarebbe restato ancora per diciotto mesi e che amava svaghi che si intonavano coi miei mentre lui da me seppe che ero sposata, che avevo una figlia e che mio marito mi mancava tanto da essere l’unica cosa imperfetta della mia situazione attuale.
Terminata la cena ci accomiatammo ma mi era tanto piaciuta quella serata che non seppi trattenermi:
—Luca perché non vieni anche domani sera?
—Ci sarò Sara, contaci.
Solo allora mi ricordai di Marco ed immediatamente lo chiamai.
Giustificai il ritardo con una scusa lavorativa e tutto fu tranquillamente risolto.
La sera successiva Luca si presentò recando con se una bottiglia di ottimo vino.
—Questa sera voglio contribuire anch’io.
—Vino? Sarò perfetto per il risotto allora! Vieni accomodati in soggiorno e leggi il giornale mentre preparo le vivande,
—Mi vizi! Vuoi forse farmi interpretare la parte del marito che legge il giornale mente la moglie cucina?
—Sciocco, ieri sera non ho chiamato mio marito; stasera anticiperò ed in tal modo sarò libera per la cena.
Così feci.
Marco si sorprese un po’ per quella chiamata anticipata ma tutto filò nel migliore dei modi.
Al termine della chiamata potevo servire il risotto in tavola.
Bella quella cena: giocosa,allegra spensierata.
Il vino fece la sua parte rendendo entrambi alquanto ebbri ed al mattino ebbi la sorpresa di svegliarmi nuda abbracciata a Luca.
Immediatamente il rimorso mi attanagliò … ma notai che la fame che avvertivo al basso ventre era scomparsa.
Il mio corpo voleva certo dirmi qualche cosa e questa constatazione annullò ogni possibile rimorso.
Raggiunsi tra me e me un compromesso: Luca mi sarebbe servito da panacea valido solo per il sesso lontano da casa mentre Marco sarebbe restato l’unico amore della mia vita.
Ora il pensiero delle dimissioni si allontanava ma avevo compreso che Luca avrebbe potuto essere fonte di problemi: dovevo trovare il modo di evitare di farlo innamorare di me.
La soluzione si presentò spontanea dopo una quindicina di giorni.
Intento ad aprire il portoncino della palazzina c’era Nico, l’abitante del terzo appartamento.
Ebbi una ispirazione:
—Venga anche lei a cena da me, se è solo e giusto che noi italiani ci teniamo compagnia.
Era solo e, benché fosse in Olanda da più tempo di me, non era ancora riuscito a crearsi un gruppo di amici da frequentare.
La mia proposta, per lui, era tanta acqua per un assetato ne deserto.
Anche di donne era in astinenza e lo potevo capire dalle occhiate che mi lanciava, dalle sue parole , da quel comportamento impacciato con cui non sapeva dove nascondere le mani,
Sorrisi: questa sera gli avrei tolto anche quell’appetito.
A cena presentai tra loro i due uomini ma feci capire a Luca che per lui non ci sarei stata.
Ebbe un piccolo moto di gelosia: oramai ero la sua amante e non avrebbe voluto dividermi con altri; persino Marco avrebbe potuto costituire un problema per lui.
Gli spiegai, in un momento in cui Nico si assentò, la mia posizione; io ero sempre innamorata di mio marito ma il mio corpo reclamava le sue esigenze, A me serviva quindi qualche amico con beneficio che mi soddisfacesse e, proprio per evitare sentimentalismi, avevo deciso di alternare lui e Nico.
Prendere o lasciare; non avrei tollerato gelosie o possessività.
Naturalmente prese.
Da allora non ho più toccato il mio letto.
Alternativamente dormo da uno o dall’altro e Marco, non sospettando di nulla, è tranquillo,
Anche la mia sessualità, con lui è tornata normale e le cose vanno per il meglio.
Oh Dio! Un piccolo inconveniente si è presentato.
Mi sono scoperta incinta ma ignoro chi sia il padre tra Marco, Luca e Nico.
Ne ho parlato con i due uomini e tutti assieme abbiamo convenuto che è meglio lasciar credere a Marco di essere il padre.
Potremo in questo modo continuare la nostra relazione a tre sino al momento del parto quando mi prenderò tre mesi di aspettativa che naturalmente passerò in Italia a fianco di mio marito, poi tornerò a Delft dove loro, che avevano accettato di far parte del mio harem personale, avrebbero potuto tranquillamente tornare a soddisfare la mia indole femminile con rapporti naturalmente non protetti.
Fine
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore.
Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Commenti per Amore e tranquillità:
