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Lui & Lei

Lo stupro


di iltiralatte
16.10.2024    |    5.551    |    6 7.2
"Tuttavia, la pressione era enorme e iniziò a sentirsi sopraffatto: non era un mafioso e non sapeva proprio comportarsi come tale..."
N.d.A. Questo NON È UN RACCONTO EROTICO tuttavia dato il tema trattato, mi sembrava giusto trovargli un posticino tra i miei racconti.
Se cercate parole tipo cazzo, culo e figa germatevi pure qui, avete appena letto l’ultima di esse.
Se invece vi accontentate di una semplice buona letteratura vi invito a leggerlo: quale autore sono orgoglioso di averlo scritto-
BUONA LETTURA-

Come tutte la mie storie pure questa è frutto esclusivo della mia fantasia. Qualsiasi riferimento a persone o cose realmente accadute è puramente casuale.

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Antefatto: Rosaria, Totò e Carmelo sono cresciuti assieme sin a bambini in un paesino della Sicilia interna, diciamo in provincia di Enna,
Assieme sono diventati adulti è qui il fattaccio: i due ragazzi, prede di una errata educazione e soprattutto dei loro ormoni, un giorno hanno violentato Rosaria abbandonandola poi piangente in un campo.

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Rosaria
Totò e Carmelo mi abbandonarono ridendo e scherzando tra loro, mentre io, con il cuore spezzato, mi sedetti sotto una pianta.
Grossi lacrimoni ruscellavano senza sosta dai miei occhi mentre la mia mente tornava ai giorni felici, in cui eravamo inseparabili.
Come avevano potuto arrivare a questo punto?
Piansi e piansi ancora. Solo alla fine mi resi conto che rimanere seduta sotto quella pianta non avrebbe cambiato di una virgola la mia situazione,
mi asciugai gli occhi e sorsai col naso.
Ancora una sfregatina agli occhi e fui pronta a mettermi in viaggio,
Mentre camminavo mi rassettavo il vestito con le mani, togliendo una fogliolina qui ed una pagliuzza li.
Il mio senso di vergogna era altissimo.
Sapevo di non avere colpe specifiche eppure la responsabilità mi pesava sulle spalle come se essa fosse interamente mia,
Finalmente la mia casa.
Aprii la porta: papà non c’era!
-Finalmente ti si vede! Dove sei stata fin’ora? Sei una donna oramai Rosaria e le donne in casa devono restare!
-Si mamma, sempre le stesse cose dici tu. Ma ora l’800 è terminato, le donne devono essere più libere!
Sbattendo nervosamente la porta corsi in camera mia per piangere quelle lacrime che avevo dimenticate.
Sapevo che evitare mio padre per due giorni sarebbe stato impossibile.
Ogni volta che avvertivo i suoi passi avvicinarsi, il cuore mi batteva più forte.
Non potevo confessare a nessuno quello che era successo; la mentalità della mia famiglia era troppo rigida.
Se avessi parlato, il rischio di essere cacciata di casa diveniva una certezza.
Ogni volta che incrociavo lo sguardo di mio padre, abbassavo gli occhi, sperando che non notasse il mio turbamento.
La mia tensione era palpabile.
Mi sentivo come se camminassi su un filo sottile cercando di non cadere.
Una sera, mentre stavo per sedermi a tavola, mio padre mi guardò con sospetto.
-Rosaria, c’è qualcosa che non va?
Domandò con voce ferma.
Sentii un nodo in gola.
-No, papà, nulla, tutto bene. Cose da donne!
Risposi, cercando di mantenere la calma e benedicendo degli inesistenti mestrui che mi fornivano, almeno momentaneamente, una scusa plausibile.
Tuttavia, dentro di me, sapevo che non potevo continuare così per molto.
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Il giorno dopo, mia madre mi fermò in cucina.
-Rosaria, sembri così distante ultimamente. Cosa ti succede?
La sua voce era veramente preoccupata.
-Non è niente, mamma,- risposi, cercando di evitare il suo sguardo. -Solo un po’ di stanchezza.
-Non mentirmi, Rosaria.
insistette, ma io non riuscivo a trovare le parole. La paura di essere giudicata e punita era troppo grande.
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La sera, mio padre tornò a casa più tardi del solito.
- Rosaria, hai parlato con tua madre oggi
Domandò mentre si spogliava.
-Sì, papà,- risposi, cercando di sembrare naturale. -Abbiamo parlato un po’.
-Mi sembra che ci sia qualcosa che non vada -affermò guardandomi con occhi indagatori. -Se c’è qualcosa che devi dire, è meglio che lo faccia ora.”
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Ogni interazione con i miei genitori era un campo minato.
Con mia madre, cercavo di evitare discussioni, rispondendo nervosamente alle sue domande, con mio padre, cercavo di mantenere la calma, ma la paura di essere scoperta mi paralizzava. ________________________________________
Dopo giorni di tensione insopportabile, decisi che dovevo fare qualcosa.
Non potevo continuare a vivere con quel peso sul cuore: dovevo trovare il coraggio di affrontare la situazione.
Una mattina presi finalmente una decisione.
Mi vestii in fretta e uscii di casa, dirigendomi verso la stazione dei carabinieri.
Ogni passo era un misto di paura e determinazione.
Quando arrivai, il maresciallo mi accolse con uno sguardo gentile.
-Buongiorno, signorina. Come posso aiutarla?
Mi sentii tremare, ma sapevo che dovevo parlare:
-Buongiorno, maresciallo. Ho bisogno di denunciare qualcosa di molto serio.
Il maresciallo, vedendomi emozionata ed un po’ alterata, mi fece accomodare in una stanza tranquilla.
-Si calmi e mi racconti ogni cosa.
Mi disse, offrendomi un bicchiere d’acqua.
Presi un respiro profondo e iniziai a parlare:
-Sono stata vittima di uno stupro. Totò e Carmelo, due ragazzi che considero amici, anzi fratelli, sono gli autori di questo crimine. Lo hanno commesso e mi hanno abbandonata. Temo le conseguenze se la mia famiglia dovesse scoprirlo.
Il maresciallo ascoltava attentamente, prendendo appunti.
Poi, con un tono scettico, replicò: - Rosaria, capisco che questa situazione sia difficile per te, ma hai detto che conosci questi ragazzi da vent’anni. Come posso essere sicuro che non stai cercando di farmi perdere tempo? Sei certa che tutto non sia un semplice litigio tra ragazzi?
Mi sentii gelare.
-Sto dicendo la verità,- risposi con voce tremante. -Non sto inventando nulla.
Il maresciallo alzò un sopracciglio:
Li hai definiti fratelli ed ora li accusi di stupro? È una evidente contraddizione Rosaria. Sei certa di voler procedere con questa denuncia? Ricorda che saresti passibile di gravi sanzioni ove si scoprisse xhe stai mentendo. ________________________________________
Dovetti rinunciare alla denuncia: con lo sguardo al suolo trascinai la mia vergogna fuori dalla caserma e qui Don Nicola, lo zio di Carmelo, mi fermò
-Rosaria, fermati un po’
Era uno dei maggiorenti del paese, non potevo non ubbidire.
-Dite Don Nicola!
-Cos’è questa storia della denuncia che vuoi fare a mio nipote Carmelo? Ti credevo una ragazza saggia.
Capii al volo: da noi la Mafia non esiste, ma esistono gli amici e gli amici degli amici tutte persone al di sopra della legge,
-No Don Nicola, avete compreso male. Carmelo è sempre stato un fratello per me, mai oserei fargli un torto.
-Volevo ben dire, brava ragazza, continua così, camperai cent’anni. ________________________________________
Tornai a casa disperata. Il mio tentativo di ottener giustizia era abortito sul nascere ed addirittura si era ritorto contro di me,
Non solo non era stata creduta, ma ero stata anche minacciata.
La rabbia e l’odio per Totò e Carmelo sorsero spontaneamente ed immediatamente.
Non potevo sopportare l’idea di vivere con quel peso sul cuore.
-Non posso continuare così,- pensai -Se la giustizia non mi ascolta, farò in modo che almeno loro vivano con il rimorso per il resto della loro vita.
Decisa ai farla finita, volevo che Totò e Carmelo sapessero quanto dolore mi avevano causato.
Volevo che sapessero che loro erano il motivo del mio estremo gesto e che il rimorso li tormentasse per sempre.
Con determinazione, mi misi in cammino per rintracciarli e rinfacciare loro la mia intenzione di suicidarmi. ________________________________________
Totò
Stavamo parlando di donne io e Carmelo, ridendo e scherzando come al solito, quando vidi arrivare una Rosaria infuriata.
-Eccone una
Indicai senza immaginare cosa stesse per accadere.
Rosaria si avvicinò a grandi passi, il viso rosso di rabbia e gli occhi pieni di lacrime.
-Come avete potuto farmi questo?- gridò, la voce tremante. -Mi avete distrutta!
Carmelo ed io ci guardammo, confusi e spaventati. -Rosaria, di cosa stai parlando?
Domandò Carmelo, cercando di mantenere la calma.
-Non fate finta di non sapere!- urlò lei. -Mi avete violentata e abbandonata. Non posso continuare a vivere così. Non posso confidarmi in famiglia. Mi avete tolto le persone che amavo ed ammiravo di più, addirittura mi avete fatto minacciare dal capo mafia locale! Capo mafia, si! Ora non ho più paura non può farmi più nulla peggiore di quanto mi avete combinato voi. Ho decisi! Mi getto sotto il treno e la colpa sarà solamente ed unicamente vostra! Vi odio! Vi odio!!
Le sue parole ci colpirono come un pugno nello stomaco.
Scambiai un veloce sguardo con Carmelo ed in quell’istante una vita passò davanti ai miei occhi.
Mi rividi bambino di 5 anni con la mia prima bicicletta. Naturalmente ero corso a mostrarla agli amici incurante delle rotelle stabilizzatrici ad essa appllcate. Spinto dalla foga feci un’evoluzione di troppo e una rotella si impigliò in un paletto , col risultato che riuscii nell’impresa di cadere al suolo nonostante la protezione, Nulla di grave naturalmente, solo una piccola scalfittura, ma un bimbo di quell’età non è in grado di valutare una ferita. Lui avverte del dolore vede rosso e scoppia in lacrime e Rosaria, con una ingenuità altrettanto infantile, che mi baciava la ferita per far cessare il dolore.
La rividi quando, ammalato per l’influenza stagionale si era rifiutata di lasciare il mio capezzale per starmi vicina ed alla fine io ero guarito e lei aveva rimediato un bel raffreddore, e ancora più avanti negli anni mentre studiavamo assieme ed io sfruttavo le sue conoscenze per terminare i miei compiti scolastici.
In un istante compresi tutto quello che avevamo combinato e mi vergognai di me stesso.
Analogamente credo sia capitato a Carmelo.
-Rosaria, ti prego, non fare nulla di avventato,- pregai cercando di mantenere la calma. -Non avevo capito quanto ti avessimo ferita. Siamo stati due veri vermi.
Carmelo, accanto a me, pallido come un lenzuolo confermò:
-.Rosaria, ti prego, ascoltaci, non volevamo farti del male. Eravamo due imbecilli che non sapevamo quello che facevano. Dacci una possibilità di rimediare.
Rosaria ci guardò con disprezzo:
- Una possibilità? Dopo quello che mi avete fatto? Dovrei darvi una possibilità?

Rosaria ci guardò con disprezzo, lasciando che il silenzio pesasse su di noi. Ogni secondo sembrava un’eternità. Sentivo il cuore battere forte nel petto, mentre cercavo disperatamente di trovare le parole giuste.
-Una possibilità?- ripeté, la voce carica di amarezza.
- Dopo quello che mi avete fatto? Dovrei darvi una possibilità?
Carmelo ed io ci guardammo, incapaci di rispondere.
La vergogna e il rimorso ci attanagliavano.
Finalmente, Rosaria parlò di nuovo fissandoci con occhi duri e con un tono più freddo e distaccato.
-Vi concedo una settimana. Una settimana per dimostrarmi che siete sinceri. Ma sappiate che non dimenticherò mai!
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Io e Carmelo ci mettemmo subito di buzzo buono nel tentativo di riconquistare la fiducia di Rosaria.
Neppure per scherzo avremmo accettato di fallire nell’impresa.
Ogni giorno ciascuno si presentava a casa sua con piccoli gesti di gentilezza: fiori freschi, dolci, lettere piene di scuse e promesse di cambiamento.
Carmelo, in particolare, cercava di dimostrare il suo pentimento con azioni concrete.
Un giorno, la aiutò a riparare il tetto della casa, un altro la accompagnò al mercato, portando per lei le pesanti borse.
Io, dal canto mio, cercavo di farle avvertire il mio sostegno emotivo, ascoltandola e offrendole comunque aiuto in ogni modo possibile.
Rosaria osservava i nostri sforzi con un misto di scetticismo e speranza.
Voleva credere che fossero sinceri, ma il dolore era ancora troppo fresco.
Tuttavia, col passare dei giorni, iniziai a vedere piccoli segni di cambiamento nel suo comportamento.
Mi accorso che Carmelo era in netto vantaggio su di me.
Io, dal canto mio, mi trovai innamorato perso di quella fanciulla cui tanto avevo fatto male.
Una volta l’avevo voluta per divertirmi mentre ora la desideravo per la vita. Avevo compreso che lei era la mia compagna, l’altra parte di me stesso che gli dei dispettosi avevano separato da me disperdendola per il mondo.
La nostra cultura imponeva una soluzione sola: una tremenda soluzione.
Approfittando di un momento in cui Rosaria era ben lontana dalla vista di entrambi invitai Carmelo a seguirmi.
Lo condussi in un viottolo appartato che portaba ad un prato abbandonato circondato da una folta diepe di cespugli: un luogo in cui, qualsiasi cosa avessimo fatto, nessuno avrebbe potuto intervenire o fermarci.
Estrassi il mio coltello-
Entrambi fin dalla più tenera età eravamo strati abituati a portarlo con noi: un uomo deve potersi difendere, che diamine!
-Carmelo, siamo stati e siamo amici –mentre gli mostravo la lama – ma ora le circostanze ci pongono l’uno di fronte all’altro. Io voglio Rosaria per me, tu vuoi la stessa persona per te. Una sola soluzione è possibile, lo abbiamo appreso sin da piccoli, è con la morte nel cuore che debbo dirti: difenditi.
Carmelo, con calma, estrasse il suo coltello, sguainò la lama e, inaspettatamente si sedette piantando il coltello profondamente nel terreno.
-Totò, assieme abbiamo già fatto una cavolata enorme. Non facciamone un’altra ancora peggiore.
-Mi spiace Carmelo ma devo combatterti. Ho visto che Rosalia non ti è indifferente, ed io la voglio per me.
-La soluzione del tuo desiderio tu la vedi nell’uccidermi? Va bene Totò. Io non mi difenderò. Colpiscimi pure poi mettimi in mano il coltello e dichiara che hai dovuto difenderti. A quel punto io non sarò certo in grado di smentirti.
Fu il mio coltello, questa volta, a cadere spontaneamente al suolo.
A mia volta mi lascia cadere vicino a lui.
-Cosa stiamo combinando Carmelo? Cosa stiamo diventando? Non rispettiamo più gli amici, maschi o femmine che siano, entriamo nell’orsine di idee di commettere omicidi e certo pensiamo alla possibilità di vivere da perfetti delinquenti in latitanza il resto della nostra esistenza. Quanto ci hanno insegnato da bambini è sbagliato, profondamente sbagliato. Se rispettando la tradizione avessimo combattuto Rosalia si sarebbe trovata con uno spasimante morto e con l’altro in fuga dalla legge, che vita avremmo mai potuto offrirle?
-Vedo che mi hai compreso Totò! Io vedo una sola soluzione possibile: competiamo lealmente e giuriamoci di accettare senza riserve il verdetto, qualunque esso sia-
Forti di questa risoluzione tornammo al paese e qui ci venne incontro Tore, uno dei picciotti di Don Nicola.
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-Don Carmelo, bacio le mani!
-Che dici Tore? A me non spetta il titolo di Don.
-No Don Nicola. Vostro zio ha avuto un infarto ed è morto lasciando voi erede universale e capo di tutti i suoi affari
Carmelo rimase senza parole.
La notizia lo colpì come un fulmine a ciel sereno.
Da quel momento, la sua vita cambiò radicalmente.
Si trovò a dover gestire tutte le attività criminali dello zio, un compito che non aveva mai desiderato.
Nei giorni successivi, Carmelo si immerse completamente nei nuovi doveri, cercando di mantenere un equilibrio tra la sua nuova responsabilità e il desiderio di conquistare Rosaria rendendosi però conto della difficoltà insita nella eventuale sua introduzione in quel nuovo mondo.
Tuttavia, la pressione era enorme e iniziò a sentirsi sopraffatto: non era un mafioso e non sapeva proprio comportarsi come tale.
Una sera, mentre rifletteva sulla sua situazione, prese una decisione drastica.
Ruppe la lama del suo coltello, fece recapitare a Totò i frammenti con un messaggio:
-Non posso più competere. La mia vita ha preso una piega che non posso controllare. Prenditi tu cura di Rosaria e, qualche volta, ricordatevi di me.
Non si seppe più nulla di lui per qualche giorno quando, in paese si diffuse la notizia della sua morte per cause assolutamente misteriose.
Totò comprese in pieno il sacrificio cje l’amico aveva compiuto. Chi viene preso nel meccanismo della Mafia ne esce stritolato. Anche se è al suo livello più alto è ne diviene comunque schiavo perdendo alla fine la sua libertà e la vita stessa.
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Rosaria
La morte di Carmelo ha risolto in modo drastico la competizione tra i due ragazzi.
Mi piaceva quel ragazzo, forse avrei potuto scegliere proprio lui ma Qualcuno, a livello superiore ha deciso per tutti noi.
Non che Totò sia stato una seconda scelta: anzi!
Quando ad un certo punto mi domandò di sposarlo l’odio ed il rancore nei suoi confronti si sciolsero completamente e gli risposi di si con tutto il cuore,
Oggi è il giorno del battesimo del nostro primo bambino.
Il sacerdote ci attende per imporgli il nome di Carmelo.
Mai io e mio marito ci siamo trovati più d’accordo nel voler commemorare in questo modo, il nostro amico che è sempre comunque rimasto nei nostri cuori.

FINE
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