Racconti Erotici > tradimenti > Cene con orgia 2
tradimenti

Cene con orgia 2


di geniodirazza
04.01.2025    |    745    |    1 9.2
"Io mi ero scatenata a prendere il suo cazzo in bocca fino a soffocarmi, passandomelo per tutta la bocca, su tutto il viso, su tutto il corpo; lo sentivo..."
Come prevedevo, appena arrivato Ettore entrò subito in camera nudo, direttamente dalla doccia; mi finsi addormentata, mi si stese a fianco e mi abbracciò.
“Non vorrai saltare anche questo sabato!?”
“A cena non hai scopato abbastanza?”
“Ho scopato meravigliosamente; ma non è mai abbastanza … “
Scoprì il lenzuolo e mi guardò tutta intera; osservò il mio pigiama; mi chiese se mi ero armata per combattere per il ruolo di individuo alfa; gli obiettai che da quarant’anni il capobranco era lui; la mia corazza era ben poca cosa.
“Maria, ho capito quasi tutto dall’inizio; prima una domanda; chi dei due è il mio sostituto?”
“Tu non vieni da un’agenzia e mi sei costato assai di più, economicamente … “
“Quindi hai preso due bull e mi hai obbligato a fare il cuckold?”
“Quando l’hai capito?”
“Credi davvero che si possa dimenticare una figa come quella che ho svezzato io e che amo da sempre? Credo che al mondo non ci sia niente che possa paragonarsi al tuo culo; una volta leccato e scopato non si dimentica più. Mi hai voluto far pagare la mia stronzaggine; ammetto la sconfitta. Cosa succederà ora?”
“Mi ami?”
“Come il primo giorno, troppi anni fa … “
“Perché mi hai fatto quel gran palco di corna?”
“Non lo so; me lo chiedo ogni giorno e non trovo una risposta … Ma tu mi ami ancora, dopo quello che ho fatto?”
“Ci penso spesso e non ho un’idea precisa; forse tu hai cambiato registro nei miei confronti quando hai saputo della mia sterilità, perché non potevi sperare di essere padre e me ne incolpavi; ma era anche colpa tua; fu quella la prima volta che mi tradisti ed io stupida tacqui; anche per questo, forse sono colpevole come te; se avessi urlato, ti avessi offeso, minacciato, picchiato, il bubbone sarebbe esploso; ma tacqui per bonomia, per generosità; e tu continuasti.
Ma neanche tu hai avuto il coraggio di scegliere, perché sei rimasto a fare il marito che mi fa l’elemosina della scopata al sabato; non hai avuto il coraggio di lasciarmi e di fare un figlio con un’altra; forse potevamo pensare a un’adozione, insomma fare chiarezza; ti sei nascosto sotto il velo del parassita che sfrutta la moglie ricca e le fa le corna con le amiche sapendo che avrei potuto farti ancora più male e distruggerti; ti sei fermato in mezzo al guado per venti anni.
Io mi sentii morire quando scoprii che ero una femmina buona da scopare senza possibilità di procreare; le due cene hanno detto anche che sono molto bella e brava a letto; mi inebetii e ti lasciai andare; so che ho la mia colpa; trovai un rimedio nel lavoro; sono diventata ricca ma ho perso te e l’amore che ci legava, che mi dava la felicità; ora mi sono svegliata, mi trovo anch’io in mezzo al guado con il terrore di dovere dare un taglio netto, o ad una storia passata o a te.
Io ho amato, amo e amerò sempre un ragazzo di vent’anni che mi diede tutto e si prese tutto; sono stata felice, totalmente felice con lui, per venti anni; poi tu hai gettato su quel ragazzo una montagna di fango e l’hai fatto scomparire; ma io continuo ad amare quel ragazzo, anche sotto una montagna di fango; se riuscissi a portarlo fuori, a ripulirlo e ridargli quella dolcezza che aveva, ti potrei anche amare tutto intero.
Tu non lo puoi sapere, ma almeno in tre occasioni, le due alla cena e quella volta nel mio ufficio, ho scopato con mazze anonime, due prese addirittura in affitto, mentre davo l’amore a quel ragazzino che è sommerso dentro di te; ma se non riesci a fare a meno di sguazzare nel fango e sporcare tutto il bello tra di noi, non so se varrà più la pena di offenderti e umiliarti senza trovare un momento di amore.
Ora so che l’hai capito, questo, se sei riuscito a ritrovare anche tu, nella mente ma spero nel cuore, il piacere che mi dava, inculandomi, quel ragazzo amatissimo; fino a questa sera ero decisa a farti pagare a carissimo prezzo il male che mi hai fatto; avevo deciso di spezzarti, di umiliarti, di mortificarti come hai fatto con me in questi anni; potrei anche cacciarti dalla mia vita e non ti resterebbe niente, perché è tutto mio e posso farti a pezzi in tribunale.
Ma non voglio restare sola; per questo, dopo averti umiliato a leccare la sborra, ti ho offerto l’unica via per ritrovare il ‘nostro ragazzo’, il nostro amore adolescente; non sai quanto ho pregato che te ne accorgessi; ma ancora non mi riesce di perdonarti tutto il male che mi hai fatto e che mi porto addosso; cosa penso di fare? Non voglio buttare al vento i miei primi 56 anni; non è mai tardi per ricominciare, lo so.
E so anche che, tagliando il cordone col passato, cancellando tutto, troverei un compagno disposto a seguirmi senza atteggiarsi a dominatore; ma sarebbe un surrogato e, dentro, non potrei cercare una ragazza di sedici anni ed un ragazzo di venti; pensi che sia possibile frenare la rabbia e cercare di ricominciare, ma con te, con la larva di quello che era il mio amore? Tu pensi di valerne la pena?”
“Perché continui ad andare avanti guardando indietro? Trovi così difficile preparare una nicchia nel cuore, nella memoria e conservarci un ragazzo e una ragazza che oggi possono essere solo un pericoloso impedimento alla crescita? Trovi così difficile scavare una fossa e buttarci l’incomprensione e la divaricazione per una sterilità di cui ci sentiamo tutti e due colpevoli, con risposte opposte e similmente assurde?
Io ti ho ritrovato quando tu mi hai massacrato; guarda che le mazzate che mi hai tirato valgono assai più di banali corna, anche ventennali; se volevi dimostrare che sei assai più creativa nelle trappole, chapeau, sei immensa; vuoi che ti dica che sei stata di una raffinatezza ineguagliabile? E’ vero; farmi leccare sperma, farti scopare con quei piccoli movimenti che solo io e te potevamo conoscere … siamo ancora sintonici, assai in armonia, se questo volevi indagare, sei grande.
Io vorrei andare avanti, con te se tu ci stai, perché anche io ho una teca sacra che conserva quel ragazzo e quella ragazza; la masturbazione in ufficio non te l’ha dimostrato? Ma, se non ci stai perché la tua sete di vendetta deve durare vent’anni, mi dispiace per te; temo che me ne andrò, prima che tu mi cacci; posso anticipare la pensione, con la liquidazione comprare una casetta nell’Appennino e andarci a invecchiare; non sono un parassita; credevo di essere in sintonia.”
“Cosa potremmo fare per andare avanti insieme?”
“Ragazza, la scoperta della sterilità è stata il punto di rottura; ho accettato che tu non potessi darmi un figlio ma ti amavo e ti amo; mi sono dedicato al sesso, visto che solo quello potevi fare per tenere insieme il nostro amore; ho esagerato ma aspettavo sempre che ti convincessi; tu sei rimasta ancorata ad un desiderio di maternità che ti ha fatto deviare verso il lavoro; non sono riuscito a dissuaderti e mi sono arreso, ma sapevo e so che puoi riprendere la funzionalità del tuo corpo e sfruttarla per fare sesso a go go per dare l’amore al tuo ragazzo nel cuore; si può amare profondamente anche mentre si fa sesso. Non mi dire che non te ne sei accorta perché coi bull sei stata perfetta! A loro davi sesso a al tuo ragazzo tanto amore.”
“Vorresti dire che dovremmo scopare ogni giorno con un bull tra noi? E l’amore?”
“Onestamente, mentre ti scopavano amavi solo il ragazzo della tua memoria o anche me?”
“Ti amavo, ti ho amato e ti amo sempre; e l’ho capito meglio quando avevo in figa un cazzo estraneo, assai meno importante di uno zucchino o di un vibratore.”
“Ti sei risposta da sola; se approfondisci, scopri che esistono per esempio gli scambi di coppia; ti lasci scopare da uno ed io mi scopo la lei dell’altra coppia; una sola stretta di mano tra noi e sapremo che è il nostro amore che si cementa … se l’amore c’è, se hai voglia di fare sesso perché la tua figa a quello è predisposta, se hai voglia di dimostrare amore.”
“Mi ci lasci pensare?”
“Vuoi fare l’amore?”
“Lo sai che il culo mi duole; il mio amore è tornato finalmente a sfondarmi … “
“Te lo curo con la dolcezza e te lo medico coi baci e con la lingua, se mi lasci fare; ma in figa ti scopo, con violenza e alla grande.”
“No, alla grande e con tutta la dolcezza che il mio amore mi sa dare.”
Capivo che aveva ragione, che mi ero anchilosata sul desiderio di maternità e non avevo mai pensato all’amore e al sesso , ma neppure ad una possibile adozione; lui, colpito dalla stessa mazzata, aveva cercato di dirottare sul sesso la passione; si aspettava che lo seguissi e che diventassimo la coppia di amanti implacabile consumatrice di sesso e viva di un amore cementato dalla complicità e dal ricordo di quello che eravamo stati per anni; c’era anche tanta ottusità mia, nello sfacelo.
Decisi di ricominciare da lì dove ci eravamo allontanati e lo amai, quella sera, come non avevo mai fatto in tutta la nostra storia; il culo non glielo potevo dare perché solo poche ore prima lui stesso me lo aveva martoriato scopandolo con tutto l’amore di cui era capace, ed era tanto; solo adesso riflettevo che aveva leccato dal culo la sborra del bull da cui mi ero fatta sbattere poco prima; ora sapevo anche che era perfettamente cosciente di quello che faceva.
Era stata una grande prova di amore e di accettazione della mia ‘devianza’, perché ‘sentiva’ che c’era amore nel sesso che gli davo; dovevo solo partire da quel dato e cominciare un nuovo percorso, di complicità stavolta, e di lealtà, che ci portasse a vivere l’amore insieme alla passione, il sesso con il sentimento; sentivo di averne desiderio e sapevo che lui era determinato; non aveva cercato una donna che gli desse un figlio, era tornato a me nonostante le amanti; voleva me ed io lui.
Mi ricordai che una mia cliente ed amica, Lorena, mi aveva accennato spesso a ‘seratine’ che col marito organizzava per altre coppie, al termine delle quali finivano a letto in quattro, scambiandosi partner; aveva detto che il loro amore ne usciva rafforzato e io, scettica, avevo pensato, sorridendo nauseata, che era solo libidine mascherata; ora sapevo che era vero e capivo anche che, avendomene parlato più volte, era chiaro l’intento di una serata a quattro con noi.
Poiché non riuscivo ancora a distinguere se fosse lei a puntare a mio marito o suo marito a puntare a me, ne parlai con Ettore che mi prese un poco in giro; mi disse scherzando che non aveva nessuna intenzione di innamorarsi dell’altra e che mi avrebbe uccisa se avessi perso la testa per suo marito; il problema era solo di compatibilità ‘a pelle’; se ci fossimo resi conto che una certa ‘chimica’ c’era, tra i quattro, noi ci saremmo amati anche con i cazzi alternati, lui in figa a lei e l’altro in figa a me.
Riuscivo finalmente a guardare con occhio diverso quello che avevo vissuto indirettamente, favorendo gli adulteri delle amiche nei camerini, ascoltando le confessioni di donne con amanti che riempivano vuoti lasciati dai coniugi, ascoltando racconti di serate allegre tra coppie che, lo sapevo per certo, si amavano anche scopando indifferentemente; mi chiedevo perché non avevo voluto seguire mio marito su quella strada; gli chiesi se ci si conosceva prima o se si accettava a scatola chiusa.
Mi sorrise con amore, mi assicurò che non mi avrebbe mai fatto un regalo se non fosse stato certo che fosse di mio gradimento; a conferma, chiese a Lorena se potevamo incontrarci per un caffè un pomeriggio, vista l’amicizia tra me e lei e la cordialità tra i nostri mariti; Lorena dovette cogliere qualcosa che mi sfuggiva e con gioia decise per quella stessa sera, un aperitivo prima di cena, in un bar elegante e discreto del centro.
Alla chiusura del negozio, Ettore era ad aspettarmi, mi abbracciò e mi baciò, per la prima volta dopo tanto tempo, con un amore che lessi immediato e coinvolgente; scusandosi se appariva troppo pedante, mi suggerì di comportarmi con la massima naturalezza ma di non meravigliarmi di niente; solo nel caso che qualcosa mi avesse turbato, potevo accusare un’emicrania e saremmo subito andati via; intrecciò la dita delle nostre mani; mi suggerì quel gesto come segnale che tutto andava bene.
L’ambiente era molto elegante; fummo dirottati ad un separé d’angolo, assai ben protetto, con un tavolino tondo ricoperto da una tovaglia che scendeva fino a terra; sedetti fra i due maschi con di fronte Lorena; dopo alcune banalità di prammatica, avvertii che la mano di Romolo, marito di Lorena, mi sfiorava il ginocchio; guardai Ettore; lui intrecciò le dita alle mie, sul tavolo; seppi che era l’avvio della conoscenza, mi rilassai e spostai il corpo verso Romolo.
Da alcuni movimenti, capii che anche tra Ettore e Lorena qualcosa stava accadendo e, in particolare, che lei aveva spostato una mano verso la patta di mio marito; mi fu chiaro che si valutavano le dimensioni in rapporto al proprio desiderio; presi la mano di mio marito, stavolta al riparo della tovaglia; allungai l’altra mano verso il cazzo dell’amico e mi trovai a massaggiare una massa notevole che indicava una stazza interessante, non credevo superiore a quella di Ettore ma decisamente grossa.
Essermi fatta scopare, anche violentemente, da due bull in un hotel anonimo mi era parso un peccato veniale, un capriccio da cancellare subito; assaggiare un cazzo da sopra a pantalone e boxer, di nascosto, coperta da una tovaglia, al tavolino di un bar, era la prima azione da adultera che sentivo di commettere; strinsi con forza la mano di mio marito e lo guardai con occhi da cane bagnato, come mi diceva quando avevo quello stato d’animo di colpa.
Spostò l’altra mano e mi carezzò il volto; sentii immediato l’odore del sesso di Lorena; stava già masturbandola, mentre Romolo ancora mi carezzava la coscia e scivolava appena verso l’interno; era chiaramente il punto di svolta; o decidevo di smettere e tornavo alle mie rivendicazioni, o aprivo un nuovo percorso; baciai mio marito sulla bocca e portai la mano di Romolo sulla figa, sopra il vestito; ci mise un niente a scivolare sotto la gonna e raggiungerla viva; Ettore ruppe l’incanto.
“Mi pare che la tua amica Lorena, fuori dai ruoli, sia molto più che amica!”
Gli fece eco Romolo.
“E Maria è assai più che una stilista, quando esce dalla boutique … “
Dopo due minuti stavamo organizzando la cena; rifiutai l’idea del ristorantino in campagna o dell’hotel in pedemontana, ambedue evidentemente con camere; dissi che mi sarebbe piaciuta l’intimità di una casa, la nostra o la loro; Ettore ci mise un niente a smontare tutte le obiezioni; io non potevo preparare una cena per quattro ma la trattoria sotto casa poteva mandarla già pronta e dovevamo solo apparecchiare.
Le nostre case non distavano molto; alla fine, se non si fermavano a dormire da noi, potevano tornare anche a piedi; avremmo organizzato per un sabato sera per avere un giorno libero davanti; tutti i discorsi vertevano su una cena tra amici, ma la mia mano era già entrata nel pantalone di Romolo e stringeva il suo cazzo duro e grosso come me l‘ero immaginato, mentre due dita mi titillavano il clitoride e mi costrinsero a manovre per soffocare gli orgasmi.
Le dita dell’altra mia mano erano intrecciate a quelle di Ettore e sentivo passare un’energia amorosa che sembrava partire dalla mia figa al cazzo di Romolo; da lui, alla figa di Lorena titillata da Ettore e al cazzo di quest’ultimo che lei masturbava; il percorso si concludeva nelle dita intrecciate tra noi; mi sentivo stordita e meravigliata di una verità tanto semplice che per anni avevo ignorato; avrei voluto dirlo a voce alta a mio marito; dovetti aspettare che ci salutassimo.
A casa, rinviai la cena perché avevo bisogno di sesso; lo spinsi sul letto, gli dissi con le labbra sulle labbra tutto quello che mi era passato per la testa e gli chiesi di scoparmi, con foga, con passione, e di metterci dentro solo quel poco d’amore che le dita intrecciate potevano significare; mi zittì con un bacio che mi soffocò e mi inondò la bocca con la lingua, con cui giocò a lungo, facendomi versare fiumi di orgasmo arretrato.
Poi mi montò addosso e mi scopò, ancora vestiti tutti e due, sussurrandomi che era solo l’anticipo sull’amore che pretendeva di avere e di dare a me quella sera; sentivo il suo cazzo assai più duro e voglioso di come mai fosse stato; la mia figa si dilatò da sola, non solo lo accolse con una pioggia di umori, ma se lo tenne stretto dentro come cosa sua e incedibile; era il mio cazzo, l’avrei dato in prestito, per amore, ma restava mio finché ne avessimo avuto la forza; sborrammo insieme, forse troppo presto.
La serata si annunciò splendida; avevamo fatto l’amore, la sera prima, ed Ettore era stato delizioso; era durato molto a lungo e si era risparmiato, sborrando un sola volta, in gola, perché glielo avevo chiesto; in compenso, mi aveva preso in tutti i modi, aveva tenuto il cazzo in figa per lunghe ore e mi aveva inculato alla grande, da tutte le posizioni; aveva goduto tra le mie tette e mi aveva fatto andare ai pazzi leccandomi senza stancarsi, figa e culo, capezzoli e viso.
Io mi ero scatenata a prendere il suo cazzo in bocca fino a soffocarmi, passandomelo per tutta la bocca, su tutto il viso, su tutto il corpo; lo sentivo come una protesi che tornava a sollazzare i punti erogeni con grande amore, prima che con grande abilità; lo amavo mentre lo scopavo a cavallerizza, gli sparavo addosso amore ad ogni squirt che mi provocavano i suoi titillamenti, le sue carezze, le sue scopate in ogni dove; mi fermò alle due, perché avevamo una lunga serata, in previsione.
Passai la giornata a far provare modelli, a suggerire e modificare, con la testa alla grande scopata che mi attendeva e all’amore che avrei cementato con Ettore, libera finalmente dall’oppressione di uno stupido desiderio di vendetta; il più grande assillo, alla fine, fu come vestirmi per la cena; optai per un abito di mia creazione, che si richiamava alla vestaglia da camera, da sfilare solo sciogliendo una cintura, senza intimo, da stordire chiunque avesse aperto il nodo; Ettore mi guardò estasiato.
Lui, dopo la mattinata passata per obbligo in ufficio, aveva impiegato il pomeriggio a concordare col trattore la cena a base di crostacei e frutti di mare, particolarmente afrodisiaci secondo l’opinione corrente; aveva scelto con cura i vini, il dolce, la frutta e tutto quello che poteva rendere la cena indimenticabile; fu una vera sorpresa per me, vedermi consegnare le ceste con tutto pronto; dovetti solo scegliere le tovaglie più belle, le posate più pregiate e i piatti di ceramica da tempo disusati.
Aggiunsi qualche candela, per fare atmosfera e guardai orgogliosa il risultato; baciai Ettore che aveva ideato la soluzione; mi invitò a calmarmi perché, se lo avessi eccitato, non ci sarebbe stata cena; ironizzai sui suoi anni e gli chiesi se volesse aggiungere alla tavola qualche pastiglia blu; mi afferrò per i fianchi e mi fece sentire sulla figa la sua mazza durissima.
“Non vuoi lasciare niente per Lorena?”
“Sarà lei che lascerà tanto che ti sventrerò, quando andranno via! … se dico che ti amo, mi perdoni?”
“Te lo impongo! E ti dico che amo te, non solo i due ragazzi che abbiamo dentro!”
Per fortuna, gli ospiti erano arrivati; lei aveva indossato una tunichetta, anche quella di mia creazione, fermata da una spilla su una spalla e sandali leggeri, facili da sfilare; ero certa che sotto fosse nuda ed ero curiosa di vederla al naturale; lui indossava pantalone di lino e maglietta, con mocassini; eravamo davvero un bel vedere; ci baciammo; Romolo mi strinse forte e mi titillò la figa col cazzo durissimo, stretto in uno slip per evitare deformazioni evidenti; Lorena mi baciò sulla bocca ed infilò la lingua.
La cena si svolse all’insegna del garbo e dell’eleganza; ma non mancarono gli accenni erotici, quando Ettore sganciò la spilla dell’abito di Lorena e mise in mostra il suo seno prosperoso, su cui si piegò deferente e coprì di baci, per arrivare infine a prendere in bocca il capezzolo; Romolo giocò più di fino, prese tra le labbra un’ostrica e si sporse verso di me; mi piegai verso di lui e catturai l’ostrica tra le labbra; mentre la ingoiavo, lui allungò la lingua e limonammo a lungo.
Le sue mani erano scivolate verso il vestito e sciolsero il nodo; la vestaglia si aprì e fui nuda; mi sfilò l’abito dalle spalle, lo adagiò sulla spalliera della sedia e non ebbi più nulla da nascondere; aprii il pantalone e lo spinsi in giù; si sollevò dalla sedia e fece cadere l’indumento, insieme allo slip; vidi il cazzo emergere maestoso dalla peluria e lo afferrai a due mani, una sui coglioni e l’altra sull’asta che masturbai un poco per sentirla crescere al tocco delle mie mani; una mano di Ettore mi carezzò la testa.
Mi girai a guardarlo e gli comunicai amore con lo sguardo; Lorena era china su di lui e gli succhiava il cazzo; mi alzai in piedi e guardai Romolo che in un lampo si spogliò nudo e mi venne vicino; mi sedetti sul divano, me lo tirai davanti e presi in bocca la mazza che si ergeva; vidi Lorena venire a sedersi accanto a me, nuda, guidando Ettore che teneva per il cazzo; riprese il suo pompino, mentre mio marito mi carezzava testa e spalle e Romolo mi titillava un capezzolo.
I due maschi, quasi d’intesa, si inginocchiarono davanti a noi, divaricarono le gambe e si piegarono a succhiarci le fighe; mi emozionai a sentire la lingua di Romolo, sottile ed aguzza, percorrere il perineo e infilarsi in figa; i denti afferrarono il clitoride; mentre lanciavo il mio urlo di orgasmo, Lorena mi prese la testa, mi girò verso di lei e mi baciò sulla bocca; la lingua sottile e lunga mi percorse tutta la bocca e mi eccitò più di quella del marito che mi leccava la figa.
Ettore fece alzare Lorena, la fece girare ed appoggiare alla spalliera del divano; le andò dietro e le infilò di colpo il cazzo fino ai coglioni; lei emise un lungo gemito e mi artigliò un seno; mi stringeva tra due dita i capezzoli ed io trasmettevo il piacere alla bocca di Romolo; lui mi fece alzare, si sedette al mio posto e mi invitò a sedermi sul suo cazzo; mi afferrò, da dietro, un seno con una mano e la figa con l’altra; infilai una mano fra le cosce e guidai il cazzo alla figa; Lorena non mollava il capezzolo.
Quando Ettore si piegò a baciarmi la bocca, mi sentii ad un tratto presa da tutti e tre gli altri e amata in maniera diversa da ciascuno; mio marito mi comunicava il suo godimento attraverso la lingua che combatteva con la mia nella bocca e mi procurava libidine e dolcezza; la mano della mia amica sul seno mi iniziava ad una forma nuova e particolare di amore che mai avrei ammesso possibile; il cazzo di Romolo nella figa mi scavava nel ventre e mi scatenava libidine infinita.
Quando Romolo spostò con una mano la cappella dalla vagina all’ano, ebbi un momento di preoccupazione per la mancanza di lubrificazione; ma fu questione di un attimo ed il cazzo era scivolato nel ventre con naturalezza; vidi Ettore lasciare Lorena ed abbassarsi a leccarmi la figa rimasta momentaneamente vuota; Lorena ne approfittò per prendere in bocca il suo cazzo e succhiarlo quasi con l’intento di farlo sborrare.
Decisi che un’aggressione da tre parti era nociva per il mio piacere, perché mi impediva di concentrarmi; mi sfilai dal cazzo e mi stesi sul tappeto ai piedi del divano; attesi che Romolo venisse sopra di me e mi penetrasse alla missionaria; con le gambe strette intorno ai lombi, mi gustai la mazza fino ad urlare per il piacere quando lo sfregamento del clitoride e le spinte sull’utero mi portarono all’orgasmo; immediatamente dopo, sentii la sborra spruzzarmi in figa con grande mio piacere.
Quando mi fui rilassata, mi trovai a fianco Ettore col cazzo duro rivolto al cielo; mi fece rotolare sopra di lui e mi fece infilzare sulla sua mazza; mentre lo cavalcavo, Lorena gli andò sul volto e si sedette su lui per farsi succhiare la figa; alle mie spalle, avvertii la presenza di Romolo che, senza preamboli, infilò il cazzo nel culo facendomi fare la mia prima esperienza di doppia penetrazione; il piacere mi bruciò il cervello e partii per un mondo sognato e mai visto; mi svegliai piena di sborra.
Avevano goduto, contemporaneamente a me, tutti due, nel culo e in figa; io avevo spruzzato umori di ogni specie sull’inguine di mio marito; per le due ore successive non so più quante volte mi chiavarono in figa e nel culo, quante varianti della doppia penetrazione misero in atto con me; soprattutto, mi trovai più volte a sessantanove con Lorena mentre i due ci penetravano, in figa o in culo, lasciandoci lesbicare.
So che ad un certo punto crollai per il languore, per la stanchezza, per la soddisfazione di tutti i desideri che potevo avere avuto; Ettore mi lasciò adagiata sul letto dopo avermi fatto fare l’ultimo pompino che non concluse come desideravo; dal mondo di pace in cui ero immersa, sentii che i due si rivestivano, mi baciavano con affetto, salutavano Ettore e andavano via; rimanemmo soli io e mio marito, con una bottiglia di cognac e con due bicchieri, per bere in pace; intrecciai le dita e fu amore.
“Ciao, bella principessa quasi addormentata, come stai?”
“Aspetta che esca dal sogno e te lo dico; forse sono un poco acciaccata, perché il pavimento è duro, alla nostra età, ma sono ancora in cielo e non vorrei tornare a terra; lo sai che ti amo infinitamente?”
“Davvero!? E pensare che credevo di avere il privilegio di essere l’unico innamorato; non è per caso che ti sei innamorata di Romolo e trasferisci a me perché sono qui?”
“Le corna di tuo nonno, pace a lui; mi hai sconvolto la vita; hai fatto spesso questo gioco di scambiare la tua compagna con la moglie di un altro?”
“Tecnicamente, mi è capitato di andare a una festa con una compagna e di trovarmi a scopare con molte altre; la cosa peggiore è che la mia dama non vedeva tra noi il fantasma della donna che amo da sempre e che ricorreva nel mio pensiero … “
“Vuoi dire che tutte le corna che mi hai fatto erano un omaggio a me?”
“Dico solo che spero che tu, mentre ti prendevi il cazzo dell’altro, avessi me nella testa … “
“Ti avevo in testa, nel cuore, nel sangue, nel desiderio, nella decisione di scoparmi l’altro; lo avevo deciso con te, lo facevo con te, lo avevamo preparato insieme; sai bene che sei rimasto sempre il mio unico amore; stasera ho sperimentato quello che per anni ho respinto senza accorgermene; c’ero io mentre chiavavi con Lorena; era me che sfondavi appena potevi; mi hai insegnato a scoparvi in due contemporaneamente e perfino a fare l’amore con una donna.
Non so quanto questa serata inciderà sui nostri rapporti, ma è certo che ho imparato ad essere in sintonia, ad essere complici, leali e chiari; se questo ci offre gli spunti per far sesso con tantissima gioia ed amarci come non ci siamo mai amati; se era una ipotesi di contratto per la convivenza, ci sto; se ci intendiamo che siamo liberi di fare sesso amandoci, allora io sono pronta a cambiare rotta.”
“Maria, non sempre tutto è così lineare; non tutte le coppie sono così ben armonizzate ed eleganti; dobbiamo elaborare strategie che ci consentano di cogliere dalla vita il meglio senza fastidi; dovremo essere di nuovo come quei due ragazzi che scoprivano il sesso; dobbiamo imparare a conoscere un altro aspetto del sesso, quello della lussuria, dell’estetismo, della bellezza dell’accoppiamento; non è un percorso facile … “
“Sei riuscito a insegnare a me sedicenne le vie per un sesso tutto d’amore; non puoi educarmi ad un sesso tutto libidine e gioia di vivere? Sto tirando via dalla tua teca sacra i due ragazzi che si amavano e voglio che ricominciamo da zero, con lo stesso impeto e con lo stesso entusiasmo; mi sono affidata a te da ragazzina; vuoi guidarmi ora che siamo adulti?”
“Sei troppo stanca o hai ancora spazio per un assalto? E’ molto tempo che non facciamo sesso con tanto amore!”
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 9.2
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per Cene con orgia 2:

Altri Racconti Erotici in tradimenti:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni