tradimenti
Forse ho sbagliato tutto ...

02.04.2025 |
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"Forse fu proprio quell’occasione a determinare definitivamente la mia spietatezza; ormai non avevo più remore e mi divertivo a provocarlo, a fare rifermento..."
Ero distesa al centro del letto, le gambe divaricate e le ginocchia in su; la mia figa era oscenamente aperta e aspettavo che Ulderico si lanciasse nella specialità da me preferita, la leccata di figa che era capace di mandarmi ai pazzi, l’unica cosa che lo mettesse un pochino all’altezza di mio marito Paolo, grande specialista in tutto ed anche nel cunnilinguo; solo in questo era in gara intensa con il mio amante che mi leccava da paura; ero riuscita ad imporgli che, prima di ogni scopata, lo facesse a lungo come da sempre faceva mio marito.La camera d’albergo era decisamente di lusso, con servizi impeccabili, mobili pregiati e soprattutto un grande letto dove scopare alla grande; erano ormai tre anni che giravo per ambienti del genere col mio amante, che era anche il mio principale; quando costrinsi mio marito a farmi assumere, per chiamata diretta, come segretaria personale, da Ulderico, direttore della fabbrica di cui era proprietaria la sua ricchissima moglie, neanche pensavo di arrivare a tanto.
Fu subito dopo i trentacinque che si affacciarono i primi dubbi e, senza rendermene conto, scivolai lentamente verso l’adulterio predeterminato; a quattro anni di distanza, ero lì, puttana dichiarata, che aspettavo di farmi sbattere da un individuo che valeva assai meno di mio marito, che aveva un cazzo decisamente meno grosso, ma al quale chiedevo solo di sbattermi per umiliare il mio personale tiranno; il quale, inoltre, in quel lungo periodo, non aveva cessato di scoparmi, puntualmente il sabato, e non si era reso conto, né io glielo avevo mai fatto notare, che era diventata un’esigenza tra le altre, senza la passione che mi aveva insegnato proprio lui.
All’inizio della relazione, avevo trentasei anni ed ero al culmine della maturità; da sempre, però, il mio orizzonte sessuale si era limitato a mio marito Paolo, che avevo incontrato a sedici anni, sposato a venti e vissuto con entusiasmo ed amore per sedici anni senza che nessuna ombra si affacciasse nel nostro cielo limpido
Mio marito mi aveva erudito in tutto, da quando, poco più che adolescente, mi mise in mano per la prima volta un signor cazzo; fino a quel momento, mi ero trastullata coi piselli, al massimo cazzetti, dei compagni, con qualche sega e con qualche pompino nei cessi della scuola; Paolo mi guidò attraverso l’abc della scopata fino a rompermi culo e figa con mia somma libidine e con grande gioia; il matrimonio era stato il culmine di una vita predestinata.
Di famiglia medio borghese benestante, ero da sempre abituata a fare di testa mia; non c’era capriccio, per quanto bizzarro, che mio padre non fosse pronto a soddisfare a qualunque costo; Paolo gli subentrò quasi naturalmente e continuò a farmi sentire regina e dea, venerata e adorata, accontentata ogni volta che esprimevo una qualsiasi voglia; ero cresciuta, praticamente, nella convinzione che il mondo fosse ai miei piedi e che mio marito fosse lì per accontentarmi ogni volta.
Vivevo nel lusso e nella bambagia, spendendo e spandendo senza chiedermi da dove arrivassero i soldi necessari per farmi comportare da perfetta parassita; le mie uniche preoccupazioni erano i nuovi abiti, le nuove acconciature, le feste eleganti e tutto quello che servisse a fare vita da Bengodi; non sapevo cosa facesse Paolo per farmi fare tanto lusso e, a dire la verità, non me ne fregavo assolutamente.
In realtà, dietro la mia vita disinvolta, c’era uno scontro feroce tra mio padre e mio marito di cui avrei preso coscienza troppo tardi; accusando Paolo di mirare alla mia dote, mio padre lo aveva obbligato a firmare un accordo per la separazione dei beni, dopo il matrimonio; lui s’era offeso a morte e, per natura solerte e attivissimo nel lavoro, aveva esasperato al massimo il suo impegno; col tempo, gli obblighi lo avevano sommerso e usava l’intera giornata per soddisfare accordi.
Quando, per l’appunto, cominciai ad avvertire in mio marito una certa disattenzione per la la mia bellezza, per la mia esultanza ad ogni nuova acconciatura o abito, gli sparai in faccia le accuse più terribili di crudeltà mentale, affermando che la sua incuria per le mie esigenze mi rendeva impossibile godermi le gioie della vita; la risposta feroce di Paolo, che mi sbatté in faccia il mio parassitismo, mi inferocì e gli ordinai perentoriamente di trovarmi un lavoro.
Non ero in grado di cogliere l’assurdo del mio atteggiamento; mentre lo accusavo di crudeltà mentale, pretendevo che fosse lui a trovarmi il lavoro che, nella mia ottusa fanciullaggine, avrebbe dovuto pareggiare il suo impegno per la famiglia; per abitudine portato a soddisfare i miei capricci, convinto che in poco tempo avrei preso coscienza della stupidità di ore di lavoro per pochi soldi utili a soddisfare solo piccole mie esigenze, usò il suo ascendente sui produttori locali per farmi assumere da Ulderico.
Purtroppo per lui, la mia insoddisfazione cercava altre strade per sfogarsi; inoltre, mi sentivo trascurata da lui al punto che mi sorse il desiderio di punirlo con qualcosa che lo ferisse e che lo obbligasse a piegarsi a me pentito e implorante di tornare ad avere con lui quei rapporti, che, anche a letto, avevano l’entusiasmo di circa venti anni di frequentazione; fui carina con Ulderico, il capo di cui ero segretaria, per vezzo ma anche per polemica a Paolo.
Lui mi aveva accettata perché, forte di una fama di tombeur de femme, aveva ipotizzato immediatamente di portarsi a letto la bellissima moglie del suo amico, ma anche odiatissimo manipolatore di capitali dai quali succhiava potere e soldi; scoparsi segretamente sua moglie poteva essere un modo di pareggiare i conti, specialmente se si fosse risaputo e il maledetto fosse stato marchiato come cornuto.
La perfetta coincidenza degli intenti aveva favorito l’incontro al chiuso dell’ufficio e, la prima volta, un succoso pompino concluse uno step di un’avventura che sarebbe andata avanti a lungo, fino a quel momento in cui, svestita sul letto dell’hotel di lusso, aspettavo che Ulderico uscisse dal bagno per prendermi la solita razione di cazzo; non aveva niente di affascinante la sua scopata, assai meno di quella che Paolo ancora mi concedeva settimanalmente; ma era trasgressiva e offendeva il cornuto.
Forte degli insegnamenti di cui mio marito era stato largo e convincente, sin da quel primo fatidico pompino mi ero resa conto che potevo usare il cazzo di Ulderico, peraltro non grossissimo, per soddisfare il mio desiderio di sesso, la mia libidine ma, soprattutto, la voglia irrefrenabile di fare le corna a Paolo, che assolutamente non si accorgeva di niente e neppure coglieva le voci che, successivamente, sarebbero girate negli ambienti dei nostri amici, della mia relazione col capo.
Eppure, si era ben meravigliato quando si era reso conto che, stranamente, andavo volentieri al lavoro, che avevo con Ulderico una frequentazione particolare, che spesso andavo fuori per giorni per improbabili viaggi di verifica che servivano invece solo a passare giorni e notti di puro sesso col mio amante; dopo aver provato a fargli capire qualcosa, di fronte alla sua eccessiva fiducia, avevo cominciato a provare gusto nel picchiare duro per offenderlo e mandarlo al diavolo.
Quando avanzai al mio amante l’ipotesi di divorziare da Paolo, mi fece una lunga analisi sulla mia dipendenza da mio marito; lasciarlo significava perdere tutti i privilegi, ridurmi a vivere del solo misero stipendio di segretaria, incarico che neppure potevo considerare garantito perché non assicurato da un concorso ma dovuto ad una chiamata diretta; l’ipotesi poi che anche lui divorziasse era pura fantasia perché lui amministrava i beni di sua moglie; in caso di separazione rimaneva disoccupato.
Fu quello l’unico momento di resipiscenza, per me che ancora navigavo tra le nuvole della mia fanciullaggine; mi sentii improvvisamente sporca, indegna anche di chiamarmi umana, Giuda, ingrata e volgare puttana, in definitiva; quella sera, poiché mio marito mi si era accostato per la scopata del sabato, sentii di poterlo recuperare e riprendere da dove avevo spezzato il fil rouge dell’amore; senza rendersi conto delle conseguenze, commentò una mia spesa inutile e tornai feroce contro di lui.
Forse fu proprio quell’occasione a determinare definitivamente la mia spietatezza; ormai non avevo più remore e mi divertivo a provocarlo, a fare rifermento alle corna che gli facevo, ad umiliarlo in presenza di personaggi pubblici; non riuscivo a spiegarmi la sua sottomissione alle mie angherie; addirittura, diventavano più evidenti i gesti ed i commenti delle persone intorno, per le quali ormai ero solo una puttana che odiava il marito che sfruttava.
Come spiegare che era solo il mio amore deluso a rendermi cinica, crudele, rabbiosa e chi più ne ha più ne metta? Il dato di fatto era una relazione adulterina a perenne rischio di scandalosa esplosione; quello che contava era mortificare il ‘padrone e tiranno’; peccato che lui non ne sapesse niente; se avesse saputo, avrei goduto all’infinito … o sarei finita male.
Intanto mi godevo un altro fine settimana in albergo di lusso con un amante ottuso e grande scopatore; mentre i pensieri si affollavano in testa e mi davano il tormento, la sua lingua scivolava dal piede alla gamba, su verso la coscia e, lasciando una bava umida di saliva, aggrediva le grandi labbra che reagirono come si doveva; i brividi di piacere cominciarono a farsi sentire dalla figa all’utero, al cuore, al cervello; sentii scoppiarmi qualcosa nella testa e fu orgasmo stellare quando, aperte delicatamente le piccole labbra, mi afferrò tra le labbra il clitoride.
Il piacere che mi dava essere leccata non avrebbe mai avuto fine; gli orgasmi che mi provocava la lingua che passava a spatola tra figa e culo erano indescrivibili; la punta che si insinuava nell’ano e in vagina era un giocattolo sessuale con cui avrei preso tutte le gioie possibili; se poi mi dilatava la vagina o l’ano con le dita inserite a forza, mentre mi succhiava il clitoride, era puro paradiso.
Ulderico mi stava dando tutto questo; mi girò pecoroni per avere più facile accesso a figa e culo; finalmente mi salì a cavalcioni e cominciammo un 69 da invidia; aggredii il cazzo con la mia indiscussa abilità di pompinara; leccavo scroto e testicoli, svariavo sulla mazza fino alla cappella e mi facevo infilare in gola fino a rischiare il soffocamento, pompavo come un’idrovora e mi fermavo sapientemente un attimo prima dalla sborrata.
Dopo il mio lungo trattamento orale, decise di sfondarmi la figa e mi penetrò da dietro, a pecorina; sentivo la mazza spingere contro l’utero, con una mano mi titillavo un capezzolo tra pollice e indice, con l’altra mi tormentavo il clitoride facendolo scivolare tra le identiche due dita; l’orgasmo arrivò cercato, perseguito, desiderato; esplosi con un urlo disumano; quasi per conseguenza, mi riversò in vagina un orgasmo interminabile che mi deliziò viscere e testa.
Ero abituata alle scopate lunghissime con Ulderico che forse proprio nella durata aveva il punto forte del fascino; ero incerta se stimolarlo a continuare a scopare, dopo una sborrata così intensa, o se fermarci e riflettere che avevamo ancora davanti almeno due giorni pieni, prima di tornare a casa; avevamo tempo e modo di scopare quanto volevamo; andai in bagno, mi lavai e mi rivestii; invitai lui a fare lo stesso, visto che eravamo appena arrivati; scendemmo in strada.
Davanti all’ingresso dell’hotel, non so per quale raptus imprevisto, mi venne voglia di esprimere la mia gioia di essere insieme ancora una volta per una nuova avventura; lo abbracciai, lo baciai con appassionato trasporto e sentii immediatamente il cazzo che si rizzava contro la figa, all’interno dei vestiti; qualche movimento a fingere la scopata diede chiaro il senso che, insieme, stavamo da dio; notai una ragazza che, sul marciapiede di fronte, puntava su me il telefonino.
“Ulde, non ti pare che quella ragazza somigli alla seconda segretaria di Paolo?”
“Franci, a malapena conosco Paolo; tu mi chiedi di riconoscere la sua seconda segretaria … “
il soggiorno in quell’hotel si rivelò molto ricco di fascino; scopammo come scimmie, in quei giorni; quasi mi veniva da piangere, quando dovemmo prendere la strada del ritorno; ma ci ripromettevamo di trovare ancora tante situazioni simili; il silenzio con cui mi accolse la casa quasi mi spaventò, non sapevo perché; ma era naturale che mio marito fosse al lavoro e la casa vuota; non ritenni di avvertirlo del mio ritorno; aspettai che rientrasse per andare a cena fuori, senza sbattermi in cucina.
Non rientrò e cercai di chiamarlo al telefonino; non dava segni di vita; telefonai all’assistenza tecnica; il numero chiamato aveva attivato il blocco al mio numero; mio marito si rifiutava di connettersi con me; lo odiai con tutte le mie forze; come e perché si permetteva di tagliarmi fuori dal suo mondo? Gliela avrei fatta pagare cara e amara, quell’offesa; come minimo, non gli avrei consentito di scoparmi per un anno; avrebbe imparato il rispetto.
Masticando cibo e bestemmie, andai alla nostra solita trattoria e cenai; al momento di pagare, la macchinetta rifiutò tutte le mie carte di credito; sbiancai e desiderai sprofondare, perché non avevo soldi con me e le uniche carte erano quelle che facevano aggio sui conti di mio marito; in un attimo mi esplosero in testa mille pensieri neri; di mio, avevo solo il misero stipendio che Ulderico mi passava a che da sempre usavo per piccole spese voluttuarie.
Se Paolo aveva deciso di lasciarmi, ero nella merda; persino col ristoratore non ero in grado di saldare il conto della cena; era un grande amico di mio marito e mi esortò a non preoccuparmi; avrebbe provveduto ‘il dottore’ alla prima occasione; vergognandomi come una ladra e, per la prima volta, piangendo sulla disgrazia che mi ero costruita, tornai a casa; dovetti ricorrere a quasi mezza boccetta di tranquillante, prima di riuscire a prendere sonno nella ridda di pensieri.
Il giorno dopo, al lavoro, il mio amante si limitò a commentare ‘problemi tuoi’, quando gli dissi che Paolo non era rientrato; come io avevo usato il suo cazzo per fare la mia vendetta, lui aveva usato la mia figa per il suo sollazzo; già mi aveva detto che non aveva nessuna intenzione di divorziare; a quel punto, temetti non solo per la nostra relazione, di cui mi fotteva poco, in fondo, ma anche per il posto di lavoro legato a una sua scelta; sperai di parlare con Paolo e di trovare una via d’uscita, ma dubitavo molto.
Un fulmine da tempesta monsonica squarciò il buio nero della situazione.
Mi arrivò inaspettato, da un numero sconosciuto, un breve video; non mi ero sbagliata; la ragazza che avevo intravisto era la seconda segretaria di Paolo che aveva ripreso l’abbraccio con pomiciata annessa, davanti all’hotel riconoscibilissimo per la sua notorietà; la didascalia indicava solo di rivolgersi a Giovanni, l’amico avvocato di Paolo, per qualsiasi informazione; provai a chiamarlo al cellulare ma mi chiuse in faccia la chiamata; mi rivolsi al centralino e furono scortesi.
Dapprima gentili come al solito, quando mi qualificai, si fecero scorbutici e seccamente mi dissero che per incontrare l’avvocato dovevo richiedere un appuntamento; per farlo, dovevo andare alla reception, riempire un apposito modulo, indicare le motivazioni e aspettare che l’incontro mi fosse fissato nei tempi possibili; improvvisamente sentivo il peso del potere di mio marito, ma anche il rancore aperto e feroce che avevo scatenato; e la vendetta, inevitabile e sanguinosa.
Sperai che fosse solo un momento di rabbia; io non avevo inteso offenderlo e gli avrei chiesto, se riuscivo a parlargli, di ripensare i suoi atteggiamenti nei miei confronti; sapevo che, vilmente, stavo cominciando a vergognarmi di me e a piangere dentro di me la morte dell’amore e del matrimonio; il dialogo con Giovanni poteva aiutare a risalire, se fosse stato più disponibile e diplomatico, insomma come lo conoscevo.
Dimenticavo che mi aveva chiuso in faccia la telefonata che avevo provato a fargli; per questo, mi sorprese la durezza estrema con cui mi accolse e, solo dopo aver riflettuto bene, mi ricordai finalmente che lui era fraterno con Paolo; ogni corno fatto a mio marito era vissuto da lui come personale oltraggio e certamente mi sarei comportata peggio di lui, con chi avesse umiliato una persona cara come avevo fatto io; abbassai la cresta e chiesi informazioni, senza sparare accuse come avevo pensato.
Non disse molte cose; mi sciorinò davanti le ricevute di alberghi per una camera doppia per me e per il mio amante; a fianco, una pila enorme di ricevute per spese assurde in tutti i centri di bellezza, le palestre e quanto si potesse immaginare da una spendacciona scriteriata; gli feci notare che le notti in albergo ed anche le scopate non contavano ai fini del divorzio.
“Franci, per l’ultima volta ti parlo da amico; Paolo, se viene esasperato, ti fa molto male; non per le scopate, anche se il giudizio morale ormai te lo assegna la società tutta; ma ti denuncerà e io farò in modo da farti avere il massimo della pena per aver sperperato i soldi di un povero mulo da fatica per tentare inutilmente di coprire i normali acciacchi del tempo sul corpo di una vecchia!”
Strinsi i denti e i pugni con rabbia; vedeva chiaramente le reazioni e sembrava goderne; offendermi apertamente senza che potessi reagire perché le parole erano ambigue, era il massimo del tormento; le lacrime restavano dentro a malapena; sembrava divertirsi ad infierire e mi disse spietatamente che, con la separazione, restavo senza marito, senza amore, senza amante e senza lavoro perché Romina, la ex moglie di Ulderico e grande amica di mio marito, aveva licenziato me e lui.
Ero sul lastrico e neanche potevo sperare di prostituirmi con successo perché la mia età mi collocava fuori dal gioco dei protettori, ad uno dei quali avrei dovuto piegarmi se avessi voluto sopravvivere; non vedevo alternative in un ambiente dove il lavoro era una preziosa conquista e mio marito aveva enorme potere su tutti, per il suo ruolo di ‘ragioniere tuttofare’; potei solo chiedergli se mio marito intendesse parlare direttamente con me e cosa proponevano.
“Tuo marito mi ha detto di riferirti testualmente che con le fogne non vuole averci a che fare; ha fatto preparare due istanze di separazione; una è consensuale senza pretese, perché tuo padre aveva imposto il regime dei beni separati; l’altra è per colpa, se tu ti opponi alla consensualità.”
“Giovanni, vorrei parlare con serenità, almeno con te, finché è possibile; mi sono informata un poco sul ‘ragioniere tuttofare’ e so che mio marito è un professionista di grande valore ma che non si nega a manovre al limite della correttezza; non cerco di ribaltare accuse; dico solo che non può parlare tanto superficialmente di fogna; Giuda, sleale, adultera, infedele, tutto quello che vuole, per quattro interminabili anni; ha tutto il diritto di lasciarmi sulla strada; ma non sono né una fogna né una puttana.
Ho scopato con un solo individuo, peraltro squallido e senza valore; l’ho fatto cinicamente, per oltraggiarlo, perché mi ero sentita trascurata; ma ho amato e amo solo mio marito; non un briciolo d’amore ho sprecato in una relazione squallida di cui posso solo vergognarmi; ma non posso accettare dal ‘ragioniere tuttofare’ l’epiteto di fogna; adesso lui mi vorrebbe in mezzo a una strada, da sola e senza mezzi.
Non è da persone civili; almeno un poco di civiltà deve dimostrarla; già non volermi parlare guardandomi negli occhi è segno di vigliaccheria, non degna dell’uomo che conosco; sono pronta ad assumere tutte le colpe e le responsabilità che vuole attribuirmi, perché ho commesso un gravissimo errore trasformando un capriccio infantile in una relazione di adulterio che è andata avanti per molti anni; ma non dovrebbe dimenticare che avevo sedici anni quando l’ho conosciuto e amato.
Non può dimenticare che l’amo ancora; e se ne accorge quando ancora facciamo l’amore; bada che non scopiamo; ci scambiamo amore vero non ginnastica da camera da letto; vorrei che almeno di questo parlassimo; poi prenderà le decisioni che crede e farà il male che vuole; io, il mio, l’ho fatto e di più non posso farne; se vuole distruggermi, sai anche tu che avrebbe molti percorsi, comprese certe amicizie, quelle sì veramente discutibili; vorrei solo che me lo dicesse lui; poi firmerò quello che chiedi.”
“Franci, c’è del vero in quello che dici ed anche Paolo sa che il lassismo suo e quello di tuo padre non ti hanno consentito di crescere; ma tu hai riempito qualunque misura; quattro anni di corna peserebbero a chiunque … Dammi un po’ di tempo e organizziamo l’incontro; ma ora, come fai a sopravvivere?”
“Vendo qualche gioiello, chiedo aiuto ai miei genitori, cerco un posto di lavapiatti, farò qualunque cosa per sopravvivere, crescere e imparare; chiederò l’aiuto di amici che non si sentano offesi da qualche scopata fuori dal matrimonio, mentre lui mi scopava solo il fine settimana; cercherò di lavorare nella pulizia degli uffici, andrò alla Caritas; posso restare a casa nostra finché non siamo separati?”
“Hai tutto il diritto di restare nella vostra casa finché non sarà pronunciata la sentenza; prima di vendere oggetti di casa, fammelo sapere; Paolo potrebbe non essere d’accordo; al limite, potrebbe comprare lui stesso … “
“Non toccherò niente di quel che rappresenta i nostri giorni belli; quelli non li ho cancellati; ho semplicemente scopato fuori dal matrimonio; la sborra è andata via sotto la doccia, il mio corpo è ancora quello che lui amava; non mi sono spanata con cazzi fuori misura; ho avuto uno stronzo di amante che non ce l’ha grosso come mio marito e non scopa meglio di lui; anche questo forse potrebbe turbarlo; meglio quindi essere puntigliosi; non mi sento né fogna né sporca, solo stupida, immatura e presuntuosa; volevo obbligarlo a dedicarsi di più a me; non ha capito; ho sbroccato ed ho esagerato, ma lo amo.”
“Ti garantisco che gli riferirò tutto, anche queste considerazioni; adesso vai a casa; prova col vecchio notaio Rossi, so che sta rinnovando l’archivio; guadagnare qualcosa ti potrebbe fare comodo. Se Paolo propone di incontrarvi in pubblico, ci stai?”
“Giovanni, a questo punto non ho da nascondere niente; anche una pubblica confessione mi va bene, se serve a fare chiarezza; voglio solo parlare con l’uomo che amo, per dirgli addio guardandolo negli occhi; mi resta solo questo, di un amore immenso che dopo vent’anni ho calpestato ma non ho né ucciso né distrutto.”
L’occasione si verificò quando l’Associazione degli industriali organizzò la sua annuale festa di celebrazione dell’attività; Paolo era ospite imprescindibile; fece pervenire un invito anche a me che lo rigirai fa le mani un poco perplessa; mi arrivò a puntino la telefonata dell’avvocato, per avvertirmi che al centro estetico che un tempo frequentavo assiduamente avevano l’incarico di fare quel che mi necessitasse per essere in forma; il conto sarebbe stato mandato a lui; sorrisi.
Speravo proprio che mio marito preferisse vedermi bella come mi ricordava piuttosto che provata come ero, da una vita troppo modesta per le mie abitudini; promisi a me stessa che non avrei cercato di affascinarlo con le mossettine e gli ammiccamenti; se tentativo di ricostruire qualcosa ci poteva essere, che fosse sulla base degli sguardi e delle parole, non dell’abbigliamento; io sapevo che lo amavo e mi ero già molto pentita degli equivoci che avevo creato e alimentato; sognavo che lui ancora esitasse a cacciarmi definitivamente.
Lo vidi subito; il cuore reagì prima degli occhi; era con il suo amico avvocato e con alcune signore; una era Romina, ormai ex moglie di Ulderico e padrona dell’azienda in cui avevo lavorato per qualche anno; non ci conoscevamo molto ed anche lei fu sorpresa di vedermi lì, bella come ero sempre stata; fu Giovanni a venirmi incontro e ad accogliermi con affetto; l’atteggiamento amichevole e il largo sorriso mi inducevano a credere che forse ancora non fosse tutto perduto; almeno così volevo illudermi.
Dopo le ipocrisie delle presentazioni, Romina partì decisa e sparò.
“Che quell’essere inutile del mio ex avesse buon gusto, lo sapevo; non a caso, mi aveva sposato quando ero considerata la più bella della regione; ma come abbia fatto una donna splendida come te a preferirlo a una persona eccezionale come Paolo, non lo capirò mai.”
“Mi serviva un maschio qualsiasi, meglio se rozzo, caprone e stupido, perché avevo la presunzione di voler piegare mio marito a cui rimproveravo scarsa attenzione alla mia bellezza; Paolo, perdonami; ho fatto uno dei soliti capricci, tu stavolta non mi hai accontentata e sono scivolata in un abisso di errori e di imbecillità … “
“Scusami, Franci; questo interessa anche me; è stata un storia d’amore?”
“Sei matta? Ulderico non è capace di amore; volevo sesso e me ne dava; l’amore lo davo e lo prendevo a casa, dall’uomo che da sempre amo; peccato che me ne dava col contagocce, al sabato sera; poi era solo lavoro … “
“D’accordo; cosa volevi dirmi?”
“L’ho detto chiaro a Giovanni; addio; volevo solo dirti addio, non con la firma su un foglio, né attraverso il tuo avvocato o in un’aula di tribunale; volevo dirtelo e sentirtelo dire guardandoci negli occhi come abbiamo fatto per venticinque anni … “
“Venticinque anni?! Sei sicura di non sbagliare i conti?”
“Paolo, amore mio, perdonami se lo dico per l’ultima volta, ricordi quella festa a casa di amici, la camera da letto vuota? E’ successo allora; poi ci siamo guardati negli occhi; avevo sedici anni, ne ho quarantuno; il conto è semplice … “
“Conti anche gli ultimi tre anni?”
“Quand’è che abbiamo fatto l’amore l’ultima volta, attento, ci siamo dati amore, tanto; ricordi quand’è stato?”
“Un paio di mesi fa … “
“Tre mesi, esattamente; guarda la data dell’istanza di separazione e saprai quando hai deciso di cacciarmi dalla tua vita … “
“Non sei stata tu a cacciarmi, quando ti sei fatta l’amante?”
“Paolo, adesso sono io che non ti consento di continuare a provocarla; Francesca è tutta la sera che ripete, e tutti ce ne siamo convinti, che ha preso un abbaglio e dato sesso ad un caprone indegno; se tu hai dato e ricevuto amore, sei tu che la cacci, perché non hai la forza morale di passare su qualche scopata senza significato e salvaguardare un amore vero; sei tu che non infliggi una punizione ma passi col bulldozer su venticinque anni di amore … “
“Romina, tu cosa faresti?”
“Io mi prenderei un po’ di tempo per verificare … se c’è qualcosa che vuoi verificare. Franci, dove andrai e cosa farai uscendo dalla vostra casa?”
“Non lo so; non ho un centesimo, non ho un lavoro, non ho niente; non avrò neppure una casa, adesso.”
“Avvocato, ma sei uscito di senno? Quale giudice speri che conceda la separazione, sapendo che una donna, dopo venticinque anni di vita comune, finisce su una strada senza tutele? Vi mando in galera io, tutti e due, se osate fare un cosa simile!!!!”
“Romina, ma non sei stata tu a licenziarla?”
“Paolo, se cerchi briga, te ne do a iosa; Francesca lavorava per quattro soldi e per un cazzo che le serviva; il suo contratto era a chiamata diretta; se quelli assunti a chiamata diretta fossero intoccabili, sai quanti ne chiamerei direttamente per lasciarli a tempo indeterminato? Il suo posto era vincolato ad Ulderico; sei stato tu a sollecitarlo, non lo dimenticare, tu che cerchi di fare diventare reati tutti gli errori e nascondi le tue colpe, dal lassismo con la ragazza capricciosa alla scelta degli amici che ti avrebbero tradito.
Io mi sono separata da mio marito perché ormai non lo amavo più da tempo; il nuovo direttore ha scelto le sue segretarie e non c’è posto per tua moglie, perché adesso non la tutela nessuno; io non l’ho licenziata; fra te e Ulderico non so chi l’abbia straziata di più.”
“Paolo, a parte le esagerazioni per punzecchiarvi, sapevi che il problema esiste; dobbiamo risolverlo, non solo affrontarlo.”
“Giovanni, visto che sono all’elemosina, posso dire anch’io qualcosa? … Grazie! Sto avendo grosse difficoltà con le persone; da quando è noto che ho tradito Paolo, non c’è maschio che non si creda in diritto di fare allusioni oscene … “
“Perché non li denunci alla polizia?”
“Bravo Paolo; vado in commissariato e dico che il tuo potente amico, notoriamente ritenuto irreprensibile, mi ha proposto, con una strizzatina d’occhio, di portarmi a cena da qualche parte; denuncio che il bavoso potente ottantenne, tuo adulatore e complice in affari, ha detto a mezza voce che vorrebbe vedere dal vivo il mio meraviglioso seno. Cosa commenterebbero? Che una puttana getta fango su uomini onesti, non è così?
Scusami, Giovanni, volevo dire che, perso l’amore, distrutta una vita, esposta a rischi, credo che la cosa migliore per me sarebbe cambiare vita, lavoro, città; il tuo ineffabile amico ‘ragioniere tuttofare’ è in grado di individuare, tra le sue amicizie in regione, ma anche fuori regione, un imprenditore in grado di assicurarmi un posto di lavoro dignitoso? Va bene qualunque cosa, commessa, segretaria, impiegata, operaia; a quarant’anni, non è facile, ma il tuo amico è uomo di miracoli … “
“Paolo, mi pare che Francesca non chieda nessuna elemosina ma che ti indichi la strada per risolvere il problema di non lasciarla sul lastrico alle prese con tutti i mali; puoi fare qualcosa?”
Paolo sembrava molto perplesso; fece cenno a Romina, si allontanò con lei e parlottarono a lungo.
“Giovanni, c’è qualcosa tra Paolo e Romina?”
“Franci, da quando gli è scoppiata in faccia la verità, tuo marito è irriconoscibile; in meno di cento giorni è andato a letto con una trentina di amiche, conoscenti, figlie, impiegate; sembra impazzito; forse sta cercando e non trova quell’amore che tu gli sbatti in faccia; ha sofferto molto e non accenna a rassegnarsi; credo che non voglia perderti … “
“IO non voglio perderlo; farei qualunque cosa per restare vicino a lui; ho ancora amore da dare e da prendere; vorrei darlo e prenderlo a lui; non ci sono clausole che, giuridicamente, ci consentano di riflettere ancora un poco, prima di decidere la separazione?”
“Ce ne sono, e anche molte; credo che stia facendo lo stesso discorso con Romina; te la senti di accettare le sue scelte?”
“Ho sbagliato e devo pagare; per restare vicino a lui, non come moglie ma anche solo come amica innamorata, accetterei qualunque cosa … “
“Vediamo che conclusioni porta …; ti suggerisco di non disperare … “
“Grazie, amico carissimo … “
I due erano tornati vicino a noi.
“Franci, accetteresti di lavorare al mio studio come terza segretaria?”
“SI’, senza nessuna esitazione, senza dubbio alcuno, starti vicino per otto o dieci ore al giorno è un sogno, non è una scelta … “
“Giovanni, se continuiamo a vivere da separati in casa, senza rapporti intimi, da coabitanti e neppure conviventi, con spazi diversificati, la separazione è considerata attiva?”
“Paolo, i modi di vivere la separazione li decidete voi; la legge interviene solo su denuncia e per volontà di uno dei due; se lo concordate, potete anche dormire nello stesso letto; la sentenza non si modifica … “
“Franci, stasera torniamo a casa insieme; dovrai accettare che molto spesso non dormirò con te; non potrai mai accennare a seduzione, anche se fossi ubriaco; non potrai portarti amanti nella nostra casa, anche se ne avrai; te la senti?”
“Mi chiedi se mi va di passare con te in ufficio tutto il giorno, tornare a casa con te, cenare insieme e parlare, come non ho mai fatto, del tuo lavoro, di te, di noi forse; ti pare il caso di domandare? Mi permetti di essere innamorata e di lasciartelo capire, diciamo tre volte a settimana?”
“Io non posso e non voglio impedirti di manifestarlo, di dirlo, di urlarlo, se credi; in quanto al capire, mi riservo di ignorarti, di fare orecchie da mercante … “
“Giovanni, c’è qualcosa da firmare, per questo accordo?”
“No, Franci, c’è bisogno solo che vi lasciate andare e aspettiate che il tempo guarisca la ferite … Con l’amore che sprizzate da ogni poro, vi ci vorrà poco per fare chiarezza, perdonarvi e tornare ad essere quello che siete stati sempre, persone innamorate e legate da un destino immutabile, lasciatevelo dire da uno che vi conosce e che vi vuole bene.”
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