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Beate corna 1


di geniodirazza
18.02.2025    |    3.899    |    1 9.8
"” “Lei ha bisogno di te, ma non lo vuole ammettere..."
Il momento era particolarmente delicato, per me; da un lato, la banca che mi chiedeva di scegliere uno staff e di andare in Sudamerica ad organizzare il lavoro di espansione in diversi Paesi di quel Continente; dall’altro, i miei familiari che mi assillavano con le loro richieste per la prossima vacanza, da celebrarsi, come tutti gli anni, in un villaggio turistico in Calabria che mia moglie e i miei figli trovavano estremamente affascinante e che io trovavo addirittura penoso.
Ma in casa la mia voce contava assai poco.
A scombinare le carte, intervenne un incidente assai casuale.
Dovevo parlare con Carla, mia figlia, per raccomandarle alcune cosette sulle spese da fare; ma, appena formai il numero, mi trovai nel mezzo di una conversazione tra lei e una sua fidata amica.
Per un guizzo di curiosità non solo ascoltai in silenzio ma feci scattare il pulsante di registrazione della telefonata.
“Allora, anche quest’anno, stessa spiaggia stesso mare …”
“ Già … e aggiungici … stessi membri ….”
“Perché?”
“Sono anni ormai che mamma se la fa con Roberto, uno dei gestori del villaggio turistico. Quando mio padre non c’è, lei non dorme mai nel nostro bungalow ma va sempre in quello di Roberto; quando c’è papà, sapessi che salti mortali per coprirla e farla copulare in pace!”
“Cavolo, e a tuo padre neanche ci pensi?”
“Se uno è cornuto, vuol dire che se l’è meritato. Lui basta che porta i soldi, delle corna chi se ne frega, anche qui mamma ha decine di occasioni per riempirlo di corna e lo sanno tutti, tranne lui, naturalmente. …”
“Sei spietata. E tu?”
“Sono ancora la regina dell’ingoio, ormai inossidabile, in tutte le discoteche della Calabria e della Lombardia …”
“Cavolo … e tuo fratello?”
“Sempre con quella banda di svitati, piccoli delinquenti che prima o poi in galera ci vanno …”
Ne sapevo abbastanza.
La prima cosa che feci, fu trasferire tutti i miei beni in una banca svizzera, approfittando del mio ruolo di potere nella mia banca; provvidi poi a bloccare tutte le carte di credito intestate ai miei familiari e caricate sul mio conto; parlai con la Direzione Generale e accettai di organizzare uno staff per il Sudamerica e di partire entro le ventiquattro ore.
Furono felicissimi e mi garantirono promozione e aumento.
Infine, telefonai al mio avvocato, gli ricordai che tempo prima aveva avviato una causa di separazione legale tra me e Marina, mia moglie, allora pensata per aggirare il fisco e che era stata congelata per qualche anno; mi confermò che la pratica era viva e, a lume di logica, potevo già chiedere il divorzio, visto che la separazione era stata consensuale.
Gli chiesi di procedere con il divorzio e gli feci presente che non sarei stato reperibile non sapevo per quanto tempo, spedito in missione per la Banca; ci saremmo tenuti in contatto telefonico.
Chiamai un giovane assistente e gli dissi di preparare il gruppo che avevamo ipotizzato per la trasferta, tutto di giovani impiegati, senza nessun anziano.
Arrivato a casa, preparai la mia valigia e la poggiai sul letto in attesa di sbrigare le ultime cose prima di partire.
Mentre mi preparavo un caffè, entrò Marina con la faccia più feroce che le avessi mai visto.
“Che diavolo hai combinato? Perché non accettano la mia carta di credito?”
“Non so, devo verificare in Banca!”
“Hai già pronta la valigia per il mare?”
“No, sono in partenza per un lavoro per la banca e non so quanto può durare, forse anche mesi.”
“E noi?”
“Arrangiatevi; siete tutti adulti; cercate la vostra strada!”
Presi la mia valigia e mi avviai alla porta; Carla cercò di fermarmi.
”Aspetta, ragioniamo!”
“Col sesso in bocca o dopo che hai ingoiato?”
Divenne verde, capì che qualcosa non andava e stette zitta.
Squillò il telefono fisso e risposi io; era un mio collega d’ufficio che si lamentava di essere stato escluso dal progetto per il Sudamerica.
“Sei uno di quelli che l’hanno fatto o semplicemente sapevi e non hai mai parlato?”
Balbettò qualcosa fingendo di non capire.
“Smettila, ipocrita! Ci sei stato anche tu?”
“No, ti giuro, io no, ma tanti altri si.”
“E tu sapevi?”
“Si, come tutti.”
“Bene e come tutti restate a Milano mentre io vado ad organizzare le sedi in Sudamerica. Buon lavoro e ciao.”
Marina non capiva ma trovò la forza di parlare.
“Allora parti per il Sudamerica? E la nostra vacanza?”
“Quest’anno non pago io né la vostra vacanza né i vostri sollazzi!”
Carla ci va dura.
“E chi paga?”
“Scegli tra la vagina di tua madre tanto disponibile, la tua bocca meravigliosa ed esperta come tu stessa dichiari, o, se preferisci, aspetta che tuo fratello organizzi una rapina e risolvete i problemi. Cari, state attenti perché le sorprese non sono finite; sentite me, trovatevi un lavoro; il bancomat di papà chiude definitivamente. Se volete approfondire, da qualche parte c’è una chiavetta USB con la registrazione di una telefonata. Vi chiarirà tutto. By by.”
Il clacson dei ragazzi mi richiamò al viaggio.
Presi la valigia e uscii senza voltarmi.
Mi comunicarono che avevamo circa sei ore prima del volo; mi feci accompagnare a casa di mia madre, le dissi che partivo per una lunga trasferta e che ci sarebbero stati molti e gravi cambiamenti in famiglia, di non credere a mia moglie e di tenere a bada i miei figli, serpenti pericolosi tutti e tre; le diedi le indicazioni per tenerci in contatto con skipe e le chiesi per favore di interpellarmi ogni volta che si fosse trovata di fronte a richieste o scelte particolari.
Mamma era decisamente spaventata e cercai di rincuorarla dicendole che il mio matrimonio era finito; mi accorsi che sembrava sollevata; anche lei evidentemente sapeva.
Riuscii a salutarla e partii.
Tre mesi a Bahia mi rigenerarono completamente e passarono in allegria nonostante le bordate che dall’Italia venivano in continuazione, tramite mia madre alla quale con la massima perfidia mia moglie aveva chiesto più volte di intercedere per lei presso di me, mentre i ragazzi fingevano il massimo amore per la nonna nella speranza di recuperare una parte del benessere di cui si erano pasciuti.
Anche l’avvocato fu costretto più volte a interpellarmi per le pretese che Marina avanzava contro il divorzio; gli imposi di essere irremovibile e spietato e, nel caso si intenerisse, si ricordasse la carrettata di corna che mia moglie mi aveva caricato per anni sulla fronte.
Seppi che la mia ex moglie ebbe modo di piangere più volte apertamente, soprattutto in tribunale, di fronte alle sentenze di rigetto di tutti i suoi ricorsi.
Io in tre mesi ebbi almeno una decina di amanti, tutte giovanissime, nessuna dello staff venuto con me da Milano.
Non volli intrecciare nessun rapporto impegnativo e mi limitai ad ammirare le bellezze intorno col massimo gusto, quasi mi liberassi all’improvviso di enormi legacci e potessi finalmente sfogare, tra le altre cose, anche la libidine per anni sacrificata nel ruolo di marito e padre affettuoso.
Un solo assillo mi tormentava; ogni volta che una ragazza tra i diciotto e i venti anni entrava nel mio letto e cominciava a praticare una fellatio; tutte lo facevano, quasi per abitudine; inevitabilmente mi veniva in mente la telefonata e mi sembrava di vedere Carla, la mia bambina, che mi succhiava golosamente il pene e, quando mi faceva eiaculare, prendeva tutto in bocca, spalancava le labbra per farmi ammirare il mio sperma nella cavità sotto la lingua e, da perfetta ‘regina dell’ingoio’ mandava tutto giù; poi spalancava la bocca e mi dimostrava che aveva bevuto tutto.
La scena, che mi avrebbe dovuto infastidire, mi eccitava enormemente e non era raro il caso che, operando un preciso trasnfert, attribuissi alla ragazza di turno le fattezze di Carla.
Capii anche, dall’intensità con cui si applicavano tutte a succhiare, che evidentemente c’era tra quelle giovanissime una sorta di gara a chi faceva meglio per avere diritto al titolo di ‘regina dell’ingoio’.
La tappa successiva, nel programma della banca, era Rosario, in Argentina; e sin dal trasferimento mi resi conto di essere nel cuore del bengodi, per la enorme disponibilità di denaro che avevo, rispetto all’economia locale, per l’influenza che la banca esercitava sull’economia del Paese; insomma, quel che volevo mi veniva servito prima di chiederlo.
E il mio letto non fu mai freddo, scaldato ogni sera da una nuova giovinetta, più o meno a pagamento, in gara con tutte le altre ad essere la più brava di mano, di bocca, di vagina o di ano.
Dopo tre mesi in Argentina, si pose il dilemma tra l’italianità che induceva ad approfittare della settimana di ferie per passare il Natale con mamma e il cosmopolitismo che suggeriva di divertirsi in un Paese caldo piuttosto che affrontare la nebbia e la neve di Milano.
La nostalgia ebbe il sopravvento e decisi di passare le ferie in Italia, mentre i ragazzi dello staff restavano a Rosario dove si erano ambientati benissimo.
In pochissimo tempo, la segretaria mi organizzò il viaggio nei particolari, dal volo ai pernottamenti fino alla macchina a noleggio in Italia.
A me non restò che preparare una valigia piuttosto previdente, passavo dall’estate piena all’inverno rigido, e partire per andare a trovare mia madre.
A Linate trovai l’auto noleggiata da Rosario e andai difilato a casa di mia madre.
Mi accolse con l’enorme affetto che ci aveva sempre legato e mi fece un‘infinità di domande su me, sul mio lavoro, sulla mia vita.
Io le chiesi se aveva avuto problemi a fare le cose che le avevo chiesto; mi rispose che tutto era filato liscio come l’olio e che forse qualche buona sorpresa l’avrei trovata, se ero disposto a pazientare un poco e a fidarmi di lei.
Le assicurai che mi fidavo e lei fece una telefonata; dopo dieci minuti, bussarono, lei aprì e mi trovai faccia a faccia con Carla; mi gettò le braccia al collo e l’abbracciai, profondamente felice di rivederla.
“Ciao, come va?”
“Va male, lo sai anche tu.”
“Perché?”
“Mamma è ormai fuori con la testa, non sa a che santo votarsi, non è capace di adeguarsi alla realtà e rischia anche di perdere il lavoro, tanto è distratta.”
“La battuta è fin troppo facile. Forse non prende abbastanza sesso!”
“Dai, non fare lo stupido. E’ senz’altro una troia, forse è una ninfomane senza rendersene conto; ma è anche una poveretta che ha perso in un colpo tutte le certezze che aveva, a cominciare da quelle economiche.”
“Vuoi propormi di garantirle il benessere?”
“No, voglio chiederti di parlarle, di farle scaricare un peso terribile dalla coscienza; poi spero che lei possa ricominciare su altre basi.”
“Tu hai ricominciato?”
“Io so di avere cambiato registro; non mi interessa se non mi credi; so che mi sono resa conto delle stupidaggini fatte e che sto cercando di uscire dal tunnel.”
“Questo lo so. Così come so che stai impegnandoti davvero nello studio ed anche nel lavoro. Miracolo! Mia figlia Carla ha imparato il piacere di guadagnarsi la paghetta e di spenderla oculatamente; con tutto il cuore, da uno che lavora da anni con giovani bravi e volenterosi come quelli del mio staff attuale; se riesci a reggere questo ritmo sono certo che ce la farai e andrai lontano.”
“Perché non sei rimasto qui a dirmele, queste cose?“
“Perché se fossi rimasto qui a riempirti la mangiatoia, ti saresti limitata ad abbassare la testa e mangiare fino a gonfiarti. Ti stai impegnando perché la mia scomparsa ti ha obbligato a prenderti cura di te.”
“Ma per fortuna c’è la nonna … “
“Ah, già, con la sua pensione miracolosa che si moltiplica per garantire lo stipendio ai nipoti … “
“Sono soldi tuoi?”
“Ma va’ …. “
“Allora non ci hai abbandonati?”
“L’unica persona che deve rispondere delle corna che mi ha fatto senza ragione è tua madre. Io non abbandono nessuno, se ha veramente bisogno di me e me lo dice apertamente. Finché lei dichiara di non aver bisogno di me, io ho il dovere di farmi gli affari miei.”
“Lei ha bisogno di te, ma non lo vuole ammettere.”
“Peggio per lei. Vuoi che parliamo di noi o devo troncare un dialogo pesante e inutile?”
“Tu parli di una EX moglie; io parlo di MIA madre. Tu hai il dovere di dimenticare e il diritto di ignorare; io ho il dovere di amare e il diritto di difendere.”
“E se ti trovi di fronte a un scelta?”
“Lei è mia madre; io sono una donna e sono sua figlia.”
“Carla, fermiamoci qui se non vogliamo arrivare a cancellarci l’uno dalla vita dell’altro; ti prego, non mi chiedere di fare alcunché per la donna che mi ha massacrato!”
“La donna che ti ha massacrato è anche quella che mi ha generato!”
“Dal momento che è stata chiaramente infedele, quali dati hai per dimostrare che sei mia figlia anche biologicamente?”
Carla chiese alla nonna di usare skipe e chiamò sua madre.
In sei mesi era molto cambiata; più magra, più vissuta, meno brillante sembrava appannata rispetto a quel che ricordavo.
“Mamma, sono con papà e lui mi ha chiesto un test del DNA per accertare la sua paternità. Devo affrontarlo o ci possono essere problemi imprevisti?”
“Ma che vuole questo rompiscatole? Adesso mette anche in dubbio che i figli sono suoi?”
Intervenni incavolato.
“Anche la vagina credevo fosse solo mia ed era patrimonio collettivo!”
“Hai avuto quello che meritavi; cornuto sin dall’altare, sin dalla prima notte di nozze; imbecille tu, che non te ne sei mai accorto!”
“Mamma, ma quindi non è certo che sia mio padre?”
“E’ certo che non lo è, né per te né per tuo fratello, è un povero cornuto che mi ha pagato la vita comoda finché una stupida non ha fatto una telefonata sbagliata!!!!”
Carla crollò sulla sedia senza forze.
“Dio mio … dio mio …. Che sta succedendo? Ero venuta ad aspettarti, quando la nonna mi ha avvisato, con tutto l’amore del mondo!!!!! E invece …”
Mia madre cercava di consolarla, la prese tra le braccia e la cullava come una bambina.
“Piccola mia, stai calma, ti passerà, vedrai. Hai ancora una vita davanti, cerca di superare questo scoglio, ce la puoi fare!”
“Ma adesso che so che non sei mio padre, dopo che ti ho bistrattato e considerato un povero imbecille, come devo comportarmi con te?”
“Io continuerò a chiamarti Carla e ti guarderò sempre come mia figlia non come una delle tante ragazze che a Rosario passano per il mio letto.”
Mia madre era scandalizzata, ma anche Carla era sorpresa.
“Vuoi dire che dormi con ragazzine di venti anni?”
“Anche diciotto; e ti dirò; da loro ho capito il titolo che avevi qualche mese fa; ognuna cerca di superare le altre nel fare certi lavoretti. E’ evidente che la globalizzazione in questo senso è arrivata!”
“Quindi potresti perdermi come figlia e acquistarmi come amante!”
“Non dire stupidaggini. Tutta la migliore letteratura afferma che padre non è chi ti iscrive all’anagrafe ma chi ti alleva; io sono tuo padre perché ti ho seguito per tutto il tuo sviluppo … Forse non tutto, perché non conoscevo la regina della fellazione che sei diventata. Comunque, a parte che per vent’anni sei stata mia figlia; a parte che non me la sento di pensarti a letto come amante; a parte tutto, non voglio neanche credere che Marina ti abbia concepita con un altro mentre era tanto innamorata di me.
Potrebbe anche essere vero ma non ci crederei comunque. Ti confesso che qualche volta, quando una ragazzina mi faceva quel lavoretto in cui, nella famigerata telefonata, ti sei proclamata specialista, beh non ti nego che qualche volta ho operato un transfert e pensato a mia figlia che lo faceva a me. Perversioni da vecchio!”
“Ma se non sono più tua figlia, io posso anche desiderare, come sempre ho fatto, come tutte le bambine fanno, di fare l’amore col mio papà!”
“Calmati e non bestemmiare; una cosa è confessare pensieri incestuosi come abbiamo fatto io te, tutta un’altra sarebbe arrivare al concreto!”
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