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L’eredità e i suoi vincoli 4


di geniodirazza
14.08.2024    |    691    |    0 9.3
"La stendo sul letto e mi abbasso fra le gambe; lecco appassionatamente l’interno cosce dalle ginocchia fino alla vulva; ho qualche esitazione, all’idea di..."
Sto poco ad accorgermi che ‘per sempre’, nel nostro caso, è solo un’espressione verbale senza nesso con la realtà; ogni volta che Ludovico, il responsabile a Perugia, mi trattiene al telefono per conversazioni chilometriche di resoconto, oppure viene a Milano per concordare linee industriali ed iniziative, il centro del discorso diventa la bravura che la mia ex moglie sta rivelando e le difficoltà che incontra a sistemarsi in città; una volta passa la mattinata ad affrontare il problema.
Mi chiede se può assegnarle l‘appartamento riservato a me nel progetto dell’architetto; gli faccio presente che siamo solo separati, non ancora divorziati; quindi, giuridicamente, lei è ancora mia moglie ed ha facoltà di usare la casa; sarà problema mio decidere, nel caso andassi in visita, dove e come alloggiare; mi fa osservare che Maria era a un tiro dalla laurea in economia; assunta come operaia, non può essere elevata a dirigente; ma avrebbe la competenza per guidare l’ufficio amministrativo.
Non capisco; mi precisa che, recuperando gli esami universitari, visto che ancora lo può, in pochi mesi potrebbe avere il titolo giuridico per essere promossa; chiedo, con gli occhi prima che a parole, cosa posso fare; accenna ai soldi; c’è da pagare tasse arretrate; gli ricordo che un fondo personale del proprietario consente di fare quel che si vuole; gli do carta bianca; mi assicura che, nel giro di un anno, Maria sarà la migliore dirigente amministrativa sul mercato; lo guardo con ironia; sta zitto e se ne va.
Il tempo scorre quasi lento nella mia attività; vivo serenamente il rapporto con Anna che porta avanti la gravidanza tra piccole e grandi sofferenze, continuamente e attentamente seguita dalla sua ginecologa e dal mio amore a lei e al nascituro, che si è scoperto essere un maschio; il giorno che partorisce è per me di una tensione mai provata in nessun momento della vita; mi sento legato a lei indissolubilmente, anche se so con certezza che è continuamente in contatto col marito.
Decidiamo di fare battezzare Tancredi qualche mese dopo la nascita, per aspettare una temperatura più mite; organizzo una cerimonia addirittura fastosa per dire a tutti gli amici che è nato il mio erede; addirittura vengono da diverse località rappresentanze delle fabbriche che fanno capo alla mia Azienda; tra quelli ad altre persone, brilla naturalmente l’invito rivolto personalmente da Anna alla mia ex moglie, che intanto si è laureata ed è stata promossa dirigente dell’ufficio amministrativo.
L’incontro mi emoziona non poco; di fronte mi trovo una donna ancora meravigliosa, anzi più serena e matura, bella come sempre, elegante in maniera raffinatissima, determinata, sicura di sé; non esita ad abbracciarmi e a baciarmi sonoramente sulle guance; sussurrando, mi ringrazia per l’aiuto che le ho offerto per completare il corso di laurea; mi schernisco e ribatto che è lei che ha scoperto il meglio di sé; le chiedo se ha trovato un nuovo amore.
“Ho amato una sola volta nella vita; per il resto ho avuto solo squallido sesso; di quello, ho deciso di fare a meno; per l’amore, ho tutte le intenzioni di aspettare che avvenga il miracolo che qualcuno ha pronosticato per me.”
“E fai benissimo; il tuo amato avrà bisogno di tanto amore, forse; e tu sei l’unica persona che potrà assicurarglielo quando avrà bisogno di dedicarsi a questa gioia meravigliosa.”
E’ stata Anna ad intervenire; le da in braccio il bambino e Maria lo accoglie con la dolcezza di una madre che mi ricorda opere famose del Rinascimento; scherzando, le dico che i dipinti rinascimentali dell’Umbria l’hanno condizionata.
“Forse è solo l’amore per questo bambino, per sua madre e per suo padre che ne ha avuto tanto per me … Se fosse vero quello che profetizza Anna, il fratellino glielo daremo io e il mio amore.“
“Sarebbe meglio una sorellina … “
Commenta scherzosamente la madre di mio figlio; tra le due, non riesco a stabilire chi picchi più duro su un mio nervo sensibile; la cerimonia scivola via senza intoppi e, alla fine, ciascuno ritorna alla sua vita abituale; chiedo ad Anna se non preferisca trasferirsi col bambino nella casa che fu mia e di mia moglie, visto che lei occupa il mio appartamento a Perugia; non è contraria, ma non intende lasciare il nido d’amore che ancora ospita i nostri incontri meravigliosi.
Dopo il parto, infatti, Anna si è rivelata, se possibile, ancora più calda ed appassionata; facendo salti mortali tra poppate e pappine del bimbo, tra cambi di pannolini e passeggiate salutari al parco, riesce comunque ad accogliermi a sera con un amore indefettibile, con passione invariata e con sedute di sesso che spesso mi lasciano sfiancato.
Il seno che per l’allattamento si è gonfiato ed ha guadagnato qualche misura, è ancora più appetibile e godibile del passato; scherzando su un luogo comune, mi avverte che ha due poppanti a cui badare ed uno è più vorace dell’altro; e non è il piccolo, ma suo padre; ed infatti non mi sazierei mai di leccare, succhiare, mordicchiare, accarezzare palpare le mammelle ricche ed i capezzoli che l’idrovora di suo figlio, come ama scherzare, le ha prodotto.
Ogni amplesso è un esercizio di grande amore dove i muscoli vaginali la fanno da padrone e le consentono di ‘mungere’ letteralmente il sesso quasi senza darmi campo per montarla; ama farsi possedere analmente e con grande desiderio, al punto di sentire talvolta male quando mi incita a spingere sempre più a fondo; le sue fellazioni delicate e aggressive, dolci e violente, strapazzano il mio uccello finché non si fa esplodere lo sperma sul palato e lo ingoia con aria felice.
Al primo compleanno di Tancredi, organizziamo una festa per alcuni amici; Maria è tra gli invitati; per tutta la sera noto un fitto parlottare tra lei ed Anna che mi meraviglia; ma sono ormai certo che si tengono in contatto con tutti i mezzi disponibili, dal telefono ai messaggini, dalle e mail a skype; e non riesco a capire, né mi sforzo di farlo, cosa possano avere in comune due donne apparentemente così distanti tra loro; ma la loro affettuosità mi fa immensamente piacere.
La richiesta di Anna mi sorprende; per più di un anno, da quando ha avviato l’attività, non mi sono occupato della fabbrica di Perugia, affidata ad un fidatissimo collaboratore; da quando poi Maria e diventata Caposervizio amministrativo, le mie sicurezze sono aumentate perché quella donna ha rivelato grandi doti operative, dopo che per quasi due anni si era crogiolata nel ruolo della moglie spendacciona e parassita; di colpo, Anna mi chiede di passare un fine settimana in Umbria e fare un rapido controllo.
Ho qualche sospetto che tra le due donne amate, mia moglie e la madre di mio figlio, si sia stabilito una sorta di fil rouge che le rende complici di non so quali trame alle mie spalle; ma non c’è niente che avalli i sospetti; decido di fidarmi ancora e la seguo docilmente; carica una valigia sulla sua city car, consente a me di portare solo una ventiquattrore con l’indispensabile e ci avviamo, io, lei e nostro figlio, verso Perugia; lungo il percorso telefona spesso a mia moglie.
All’arrivo, lei ci aspetta nella casa che le è stata destinata; mentre si danno da fare in casa per organizzarci, mi spedisce dal responsabile per la verifica; passo negli uffici tutta la giornata; solo dopo il tramonto riesco a liberarmi, vado a casa e trovo Maria che sfaccenda in cucina; Tancredi è sul tappeto che gioca; cerco inutilmente tracce di Anna che non si vede; anche la sua macchina non è al parcheggio; chiedo a mia moglie dove sia la madre di mio figlio.
“Se tutto è andato liscio, a momenti dovrebbe chiamarmi per dire che è con Salvo, suo marito; sul tavolo c’è la lettera che ha lasciato per te; mentre pranziamo, ti spiego.”
Non è una botta facile da assorbire, anche se ero stato avvertito, e con largo anticipo, che quella ipotesi era da tenere in conto; la mia ex moglie evidentemente era al corrente; ce ne stiamo in silenzio durante tutta la cena; al momento di bere un bicchierino insieme, si viene a sedere sulla mia stessa poltrona e affettuosamente mi invita a non pesare le cose con la bilancia dell’orgoglio o della vendetta; una madre soffre molto a separarsi da un figlio; quello è un regalo enorme che mi fa Anna.
Sapeva che il marito stava per essere liberato ma non aveva voluto farmi vivere giorno per giorno il dolore della separazione; un solo strappo, senza avvertimento, ha fatto male a tutti e tre ma si rimedierà; il futuro dirà cosa è stato giusto; mentre lo dice, mi si accosta oltre ogni limite del possibile; capisco che nella previsione delle due era anche incluso il ritorno di Maria al suo ruolo di moglie e di madre putativa di mio figlio; decido di arrendermi al loro buonsenso.
Un messaggio sul telefonino di mia moglie avverte che Anna ha ritrovato l’amore di suo marito, che non è pentita e che sparirà per sempre; ci raccomanda suo figlio e mi chiede perdono; ho il cuore gonfio e tanta voglia di piangere, forse per il crollo di un sogno; Maria se ne accorge, mi abbraccia e mi sussurra.
“Carlo, passi il resto della vita e rimpiangere un amore che sapevi impossibile o ce la fai a ricominciare da qualche parte?”
“Ce la fai ad aiutarmi, una volta tanto?”
“Sono qui per questo; ti basta la spalla asciutta?
“No, voglio mia moglie, quella che amo e che c’è, dentro di te.”
“Andiamo a letto; poi ti lascio anche dormire.”
Il bacio che ci scambiamo non è da separati o divorziandi, ma da persone innamorate che vogliono trovarsi e stare insieme; le mie mani scorrono sul suo corpo come se scoprissero un mondo nuovo mentre percorrono curve e forme ben radicate non solo nella memoria del cervello ma soprattutto in quella del sesso che ritrova emozioni, desideri e libidine; i fianchi morbidi e cedevoli ricordano le prese violente a pecorina che mi hanno fatto diventare aggressivo quando la prendevo da dietro.
Il seno ricco riporta alla mia bocca il sapore della sua carne quando lo mordevo, lo palpavo, me ne impossessavo come qualcosa di mio; i capezzoli sono sempre grossi, rossi come fragoloni, reattivi e pronti a trasmettermi libidine quando li strofino, li mordicchio, li succhio come un poppante; mi perdo con la bocca in quel mare di piacere e il fratellino tra le cosce si rizza fino a sentire doloroso il freno dello slip; la vulva afferrata a piena mano mi rimanda calore e umori di orgasmo già avuto.
Mi sembra di impazzire, mentre passo le mani su tutta lei; sento che mi sposta un poco e si impossessa del sesso, cavando via insieme pantaloni e slip; la mazza, finalmente libera si erge superba contro il ventre, fino all’ombelico; Maria se la tiene stretta tra le palme quasi a farsi trasmettere dalla pelle la libidine che scatena; non mi masturba, ma mi sento andare in paradiso solo a sentirmi tenuto in mano, così, solo per il piacere di riassaporarne le linee, la possanza, il calore.
Mi sfilo gli abiti e lei mi guida, tenendomi per il pene, fino alla camera, siede sul bordo del letto e fa sparire in bocca la verga, ad onta della sua grossezza che la mette in difficoltà.
“Sei molto brava, con la bocca … “
“RIESCI A STARE ZITTO, MALEDETTO? TI AMO, QUESTO E’ AMORE, STUPIDO!”
“Non è un’offesa dirti che sei brava a fare l’amore; e tu mi stai amando, questo almeno lo riesco a vedere; se stai barando, sei brava; ma sono convinto che mi stai amando e che io ti sto amando, non come ex moglie, ma come la ragazza che avrei voluto incontrare qualche anno fa.”
“Adesso impari a stare zitto; l’amore non ha bisogno di parole; se aggiungi una sola sillaba, ti strappo i testicoli a morsi … “
Le prendo il viso tra le mani, stringo le guance con affetto e spingo a copulare in bocca; succhia e lecca con amore infinito; quando sento che l’orgasmo di avvicina, la fermo, sfilo il sesso, la faccio alzare e completo la spoliazione; è meravigliosa, mia moglie, la mia donna, il mio amore nuovo e giovane; perché questo siamo, adesso; due persone che si amano per la prima volta.
La stendo sul letto e mi abbasso fra le gambe; lecco appassionatamente l’interno cosce dalle ginocchia fino alla vulva; ho qualche esitazione, all’idea di trovare un baratro; ma le grandi labbra sono delicate e sensibili, come intatte, hanno ripreso la loro normalità e mi si offrono eccitate e vogliose; passo alle piccole labbra e trovo il fiore chiuso che immaginavo, lo apro con la punta della lingua e conquisto il clitoride; grida di piacere quando le stimolo l’orgasmo; è ancora mia, è la nostra prima volta.
Dopo il secondo orgasmo, mi sposto scivolando sul corpo, le pianto la mazza fra le cosce, a contatto con le grandi labbra, e le bacio il viso; è inondato di lacrime che ancora le scorrono sulle gote; mi fermo sorpreso, ma è lei a catturare la bocca in un bacio lussurioso, mentre si muove col bacino a mimare una copula fra le cosce; mi sussurra in un orecchio.
“Non ci fare caso; è la gioia di ritrovarmi e di ritrovarti, amami come sai fare tu; fammi sentire che siamo ancora insieme.”
Prende la verga con una mano e dirige la punta alla vagina; mi sposto su di lei fino a far penetrare l’asta in fondo all’utero; la abbraccio e me ne sto fermo mentre il sesso si gonfia nel canale vaginale; sento che i muscoli tutti si attivano, quelli vaginali a stringere il corpo del fallo e quelli dell’utero a succhiare dentro la cappella.
“Come mai non mi cavalchi e mi sento tanto posseduta?”
“Perché non sono io a possederti; sei tu che catturi il mio sesso e lo usi per il tuo piacere … “
“Non avevo mai pensato a qualcosa così; posso amarti a modo mio?”
“Se io sono il tuo amore, è chiaro che sono tutto tuo; fai quello che senti!”
Avverto che mi munge il sesso stringendo i muscoli della vagina; mi abbraccia fino a farci male, i seni sono schiacciati contro il torace; struscia la pelle del ventre, delle cosce, perfino dei piedi sulla parte corrispondente del mio corpo; ho la sensazione di un amore totale, di epidermide, di libidine, di sesso violento; continua a piangere quasi quanto cola dalla vagina; sposto un poco il viso al suo per sussurrarle che l’amo; singhiozza con forza mentre mi urla che mi ama tanto, tantissimo.
Per larga parte della notte non faccio che scoprire il grande calore amoroso di mia moglie; non mi meraviglio, visto che il desiderio sessuale è stato alla base del suo comportamento per lo meno assurdo per un paio di anni; ma godo molto perché mi rendo conto che non è mestiere quello che mette nella copula, ma partecipazione e passione; probabilmente anche tanto amore, anche se su quel versante continuo a nutrire qualche dubbio non giustificato.
Sono quasi le quattro quando finalmente prendiamo sonno; io mi sveglio verso le nove, perché avevo proprio bisogno di riposare; ma Maria è già in piedi che briga in cucina; mi confessa che è stato doloroso svegliarsi alle sette per cambiare il pannolino a Tancredi e dargli la prima pappa; la abbraccio, rendendomi conto, per la prima volta forse, del peso reale che rappresenta un bambino nella vita dei genitori; ma soprattutto di avere sempre ignorato quel problema di cui si occupava Anna.
Prendiamo l’abitudine di vivere tutti e tre nell’appartamento; ormai Maria è tornata ad essere mia moglie a tutti gli effetti, anche se in tribunale ancora giacciono la sentenza di separazione e l’istanza di divorzio; l’unico dissapore, se così si può dire, è il filo diretto che lei mantiene con Anna, della quale so solo che sta bene, che ha trovato l’intesa che cercava con il marito, che stenta a dimenticare suo figlio ma si farebbe ammazzare piuttosto che rivelare quella verità a suo marito, alquanto geloso di lei e del lontano passato trascorso.
La vita in campagna fa anche bene, specialmente a persone come noi non molto abituate alla vita sociale; ma gli ostacoli sono molti e non lievi, a cominciare dal mio ruolo di padrone che dalla periferia si esercita maluccio e dovrebbe essere svolto dall’ufficio centrale della direzione a Milano; un altro problema, più in divenire, però, è la scuola per Tancredi ed il livello di cultura che si può raggiungere in periferia; in sostanza, tutto consiglia di tornare a stare a Milano.
Maria conserva qualche perplessità sui danni di immagine che la sua vicenda personale ha provocato e che potrebbero riverberarsi adesso su di me se ritirassimo la domanda di separazione; ma io ho necessità di tornare al mio ‘posto di comando’; non accetto neppure come lontana ipotesi l’idea di lasciare Tancredi a quella che giuridicamente non ha nessun rapporto con lui anche se se ne sente moralmente madre e responsabile; inevitabile, quindi, trasferirci tutti e tre.
In realtà, le cose vanno assai meglio del previsto; il posto di Maria viene assegnato al suo corrispondente che, da Milano, chiedeva da tempo di trasferirsi a Perugia; lei quindi torna a Milano come capo dell’Ufficio Ragioneria; il ruolo stesso è sufficiente a garantirle immunità da qualunque pettegolezzo anche tra i pochi che ancora avessero una qualche memoria del passato di cui era preoccupata; riprendiamo possesso della nostra vecchia casa.
Benché il terremoto di eventi che ha attraversato la nostra vita faccia sembrare che sia passata un’eternità, alla fine ci troviamo a non avere che qualche anno oltre i trenta, per me quasi quaranta, e tanta voglia ancora di amore di vita, si spericolatezza, in fondo; mi trovo a rifletterci sin da quando mi trovo a casa nostra, dopo la ‘buriana’, a parlare con mia moglie, stavolta senza coltello fra i denti, mentre prepariamo il lettino di Tancredi che si avvia a festeggiare il secondo compleanno.
In quasi un anno trascorso a Perugia in concordia ed amore, siamo diventati una vera coppia giusta, io e Maria; ormai sembra anche arrivato il momento di pensare ad un figlio nostro, ‘vista la tua velocità di invecchiamento’ mi prende in giro mia moglie; in realtà, Tancredi non riempie tutta la sua vita, perché non è dal suo utero che è nato; mi chiede apertamente se mi sta bene che rinunci alla pillola e ci stiamo attenti per qualche settimana, prima di pensare a mettere in cantiere un figlio.
Per tutta risposta, diamo vita alla più calorosa seduta di sesso che abbiamo vissuto in quell’anno di amore totale; dopo quella volta, per oltre un mese siamo costretti a non eiaculare in vagina, perché, mi spiega mia moglie, un figlio concepito dopo un’assunzione prolungata della pillola, può essere esposto a varie e non lievi problematiche; saltando un ciclo, può provare a rimanere incinta.
Scherzosamente le chiedo quanto le costi l’astinenza e se riuscirà a resistere; il tema è ancora doloroso e non la prende bene; rivelando però che davvero ha superato la fase del capriccio pericoloso, mi prega serenamente di dimenticare il passato, se non voglio inutili nubi sulla nostra vita, specialmente in un momento in cui è in gioco il nostro essere famiglia e il suo essere donna; le chiedo scusa per la battuta grossolana e ci perdoniamo facendo l’amore; dopo qualche settimana, annuncia che è incinta.
Ormai sono pronto a giurare che la nostra vita ha trovato un assetto imperturbabile, con un figlio che va verso i due anni, uno in arrivo, il lavoro che scivola meravigliosamente e noi due che viviamo una fase di innamoramento che avrei invidiato a qualunque coppia di giovani; ma con Maria non è consentito adagiarsi sugli allori e una sorpresa può sempre spuntare da un angolo imprevisto; quella che mi tocca supera ogni immaginazione.
“Carlo, permettimi di chiederti una promessa, ma molto, molto seria e impegnativa.”
“Maria, stiamo per divorziare?”
“Non scherzare e non cercare di indovinare; promettimi solo che, se succederà qualcosa che ti turbi al di là della tua immaginazione, conterai fino a venti, poi mi telefonerai e solo dopo che avremo parlato darai una risposta … “
“Ma di che gioco infantile parli? Io devo lavorare!”
“Ti prego di credere che non è un gioco infantile, ma qualcosa di troppo serio per prenderlo sottogamba; prometti o no?”
“Senti, i tuoi giochetti mi hanno dato sempre e solo dolore; non me la sento proprio di fare promesse … va bene … prometto che non perdo le staffe e ti chiamo prima di dare in escandescenze.”
“Mi basta questo; avvertimi se ti trovi di fronte a qualcosa di imprevedibile … “
“ … che tu non solo hai largamente previsto, ma che addirittura già conosci benissimo … “
“Amore, è così; però, ti scongiuro, in ginocchio, promettimi che non deciderai d’istinto e parlerai con me … “
“Cristo, te l’ho promesso .. adesso posso andare a lavorare?”
“Si; perdonami; non l’ho fato per offenderti; poi capirai anche tu … “
Non è difficile capire; e mi sento anche moto stupido, perché era facile arrivarci; intorno alle undici vengono annunciati in visita di lavoro i responsabili di una piccola fabbrica che può entrare opportunamente nell’indotto di quelle collegate a noi; quando entrano, per poco non mi prende un colpo; lei è Anna; lui non può essere che suo marito; si presentano.
Chiamo immediatamente Maria e le accenno alla sorpresa; mi chiede di non fare parola e di aspettare che arrivi; chiedo se gradiscono un caffè, tanto per riempire i tempi morti, e parliamo vagamente di lavoro e di imprenditoria; finalmente, fa il suo ingresso trionfale mia moglie con in braccio nostro figlio; probabilmente ho una faccia che incute terrore.
“MARIA, SE UNA VOLTA ANCORA TI ORGANIZZI CON UNA TUA AMICA PER TRAMARE QUALCOSA ALLE MIE SPALLE, GIURO SULLA TESTA DI MIO FIGLIO CHE TE LE FACCIO PAGARE TUTTE IN UNA VOLTA!”
“Amore, perdonami; se vuoi distruggimi pure; ma ci sono cose che devo fare senza avvertirti, se non voglio che tu me le faccia abortire prima di pensarle. Se ne hai desiderio, cacciami pure; io vado con la mia amica, con suo marito e col nostro bambino; poi sarò pronta ad accettare di pagare il conto delle mie malefatte. Cosa decidi? Te ne vai e mi lasci sola o stai qui ed ascolti quello che hanno da proporti?”
“Maria, mi dispiace per la reazione sconvolgente di tuo marito; non pensavo che arrivasse a perdere le staffe; è vostro figlio, questo? Come si chiama?”
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