tradimenti
Sorpresa

11.08.2024 |
5.877 |
2
"Dopo un anno di quel ritmo di vita, persi più volte l‘occasione di stare coi miei figli; quando incontrai Samuele, un proprietario terriero dalle parti di..."
Passai dal bar ma neppure scesi dall’auto; un colpo di clacson e il mio ragazzo fu lesto ad affacciarsi al finestrino dell’auto; lo feci salire e mi sbrigai a partire per il solito motel; erano ormai sei mesi e più che uscivo con questo ragazzo di venti anni; impiegai circa una mezz’oretta per raggiungere il motel sulla statale in cui consumavo i miei ‘riti’ adulterini.Andai alla reception e chiesi la solita camera, ormai quasi mia per diritto; segnai il mio nome e quello del mio stallone, senza pensare a conseguenze; espletai le solite pratiche e feci spedire, come sempre, la ricevuta alla società di mio marito; presi per i fianchi il ragazzo e mi diressi al primo piano, conoscendo perfettamente il percorso; anche quel corpo era mio personale possesso e sapevo come baciarlo per sentire immediatamente il cazzo picchiarmi sulla figa, da sopra i vestiti, per cominciare ad eccitarmi.
Ormai i gesti seguivano un rito finanche monotono; sfilai il vestito, che si reggeva solo su due spalline, e lo lasciai scivolare a terra; restai in slip, avendo evitato altri indumenti; alle mutandine avevo deciso di non rinunciare mai perché, l’unica volta che ero venuta nuda sotto l’abito, al ritorno, dalla figa era debordata la sborrata che, per abitudine, lui mi scaricava dentro poco prima di lasciare la camera; il vestito e il sedile dell’auto ne risentirono e decisi di usare sempre lo slip per contenere la fuoruscita.
Lui era stato altrettanto rapido a spogliarsi del jeans, della maglietta e delle scarpe ed ora mi stava davanti, splendido nella sua bellezza apollinea col corpo giovane segnato da una muscolatura tonica, da un cazzo che, barzotto, valeva quanto quello di mio marito duro, da una bellezza quasi angelica per i riccioli biondi a circondare un viso regolare, gli occhi intensi e la bocca carnosa; lo abbracciai e lo avvolsi in un bacio lussurioso.
Ricambiò l‘abbraccio con la foga della giovane età e sentii la lingua invadermi la bocca, riempirla e perlustrarla tutta provocandomi intensa lussuria ed eccitazione notevole, testimoniata dai capezzoli che si erano fatti duri come chiodi; non avevo scopato molto, quella settimana, e la voglia era sicuramente tanta; accostai il pube al suo e appoggiai con una mano il cazzo alla figa facendolo strusciare sul clitoride che reagì da par suo provocandomi un leggero orgasmo.
Per un lungo tempo mi abbandonai al piacere di sentirmi manipolare da lui che mi divorava letteralmente la bocca e la lingua, succhiandola come un piccolo cazzo, mentre le mani artigliavano i glutei e strapazzavano le natiche; un dito scivolò verso l’ano e sentii la prima piccola penetrazione della serata; continuai a baciarlo abbandonandomi al languore che il piacere mi suggeriva; mi spinse seduta sul bordo del letto e mi intimò.
“Succhiamelo!”
Mi piaceva sentirlo autoritario e impositivo, specialmente se, dentro di me, lo confrontavo con la sdolcinata arrendevolezza di mio marito Mario, che si perdeva in lunghissime ed estenuanti sedute di preliminari leccando, carezzando, titillando ogni punto erogeno fino a farmi sentire esausta e svuotata di ogni forza, prima di decidersi a mettermi nel corpo la sua mazza che restava, imperterrita, dura come cemento anche per ore.
Presi in mano il cazzo che mi inteneriva per come appariva, al tempo stesso, fragile e delicato per rivelarsi poi duro e spietato quando sfondava; lungo almeno una ventina di centimetri, roseo del colore di un neonato, al centro leggermente incurvato verso l’alto, scappellato offriva un glande a fungo di impressionante spessore che amavo moltissimo sentirmi penetrare in bocca e forzarmi la gola fino al vomito.
Quando lo infilava in figa, dovevo prima lubrificarmi molto coi miei orgasmi, per non avvertire dolorosamente quella cappella violare il canale vaginale e penetrare fino in fondo, fino a colpire la cervice dell’utero; quando poi decideva di incularmi, la preparazione era assolutamente indispensabile perché, anche se avevo preso nel culo delle belle mazze, la sua mi premeva sempre forzando lo sfintere ed io amavo sentire piacere senza dolore, come per anni mi aveva abituato Mario.
Accolsi molto volentieri la mazza dura e la presi a due mani, una per reggere i coglioni grossi e gonfi, di sborra e di voglia; l’altra per masturbare l’asta tenendola ritta sul ventre; le smorfie di piacere che leggevo sul viso deformato dalla libidine mi suggerivano i movimenti per farlo godere al massimo; appoggiai la lingua sul meato ed avvertii il sapore noto del precum che urgeva; strinsi le labbra e spinsi per farmi stuprare la bocca come una figa vergine.
Con la lingua lo feci scivolare sulle gote e, strusciando la cappella sul palato, spinsi verso l’ugola per ingoiarne al massimo; mi scopò per qualche momento nella bocca e dovetti frenare la mazza fuori dalle labbra per impedirgli di spingere fino a soffocarmi; mi dilettai per un tempo lunghissimo a scoparmi in gola col movimento della testa e, soprattutto, con un lavoro di lingua che ricoprì la mazza di saliva e la fece scivolare in fondo, finché riuscii un paio di volte a toccare con le labbra la peluria del pube.
Lui mi penetrò con violenza in gola, facendomi salivare fino a gocciolare fuori dalla bocca e spingendomi il cazzo fino a darmi conati di vomito e sensazioni di soffocamento; per un tempo infinito mi scopò in bocca e lo succhiai con passione; poi decise di fermarsi, sfilò il cazzo, mi sollevò per i piedi e si inginocchiò accanto al letto con la bocca impiantata direttamente sulla figa; cominciò un cunnilinguo che per esperienza sapevo lungo e dolcissimo.
Come ormai era quasi rituale, cominciò a leccarmi il ventre tutto, soffermandosi sull’ombelico con cui giocava volentieri, per passare lentamente sul monte di venere e aggredire la figa; prima leccò amorosamente le grandi labbra, poi le aprì con le dita e passò alle piccole labbra; le titillò con la punta della lingua e affrontò il clitoride che si era rizzato per effetto della stimolazione; catturatolo con il pollice e con l’indice, lo strofinò a lungo finché urlai per la sborrata.
Poi appoggiò le labbra e lo succhiò a lungo, beandosi degli umori di orgasmo che sgorgavano dalla vagina; con l’abilità che conoscevo e che gli avevo suggerito, forte dell’insegnamento di Mario in queste cose autentico maestro, lo prese delicatamente fra i denti e cominciò un’altra stimolazione, un poco più aggressiva, che mi inondò di piacere, scaricato in un nuovo orgasmo che bevve come un assetato.
Fui io a quel punto che lo spinsi supino sul letto, gli montai sopra a sessantanove e lo ‘obbligai’ a continuare a leccarmi mentre io prendevo in bocca il cazzo; poiché avevamo già praticato quella soluzione, lo fermavo stringendogli la testa tra le cosce, quando preferivo essere io a lavorarmi il cazzo dai coglioni alla cappella e scoparmi in bocca con tutta la mazza, fino ai peli; lo lasciavo fare quando preferivo che fosse lui a leccarmi culo e figa, che gli si aprivano davanti come paesaggi di paradiso.
Mi bloccò autorevolmente quando si rese conto che rischiava una sborrata precoce; si sfilò da sotto a me e mi lasciò carponi sul letto; si sistemò alle mie spalle e cominciò a succhiare e leccare, stavolta da dietro, tutto l’apparato sessuale offerto, anzi spalancato, davanti al suo sguardo e alla sua bocca; a spatolate larghe, percorse infinite volte il perineo, dalla figa al culo e viceversa, strappandomi orgasmi quando si intratteneva in uno dei buchi.
La dolcezza della lingua che accarezzava la pelle mi fece abbandonare languida al piacere immenso che la pratica mi dava; sentivo intanto che, per dare forza alla scopata, mi stringeva i capezzoli e scosse di piacere si aggiungevano ai brividi che venivano dalla bocca che tormentava il sesso; conoscendo i ritmi del mio amante provvisorio, avvertii quasi in anticipo il movimento del corpo che si appoggiava al culo e la mazza che penetrava in figa, a pecorina.
Nel silenzio generale si udiva solo lo sciaff tipico del ventre che sbatteva contro il culo e mi sentii profondamente riempita perché il ragazzo spingeva come se dovesse far entrare in figa anche i coglioni; aiutava le spinte afferrandomi i lombi o i seni che pendevano, per gravità; piacere si aggiungeva a piacere; andò avanti a lungo; sapevo per esperienza che, quando si impegnava, aveva una gran bella resistenza; e quella sera si impegnava davvero allo spasimo.
Mi scopò da quella posizione, poi mi rovesciò su un fianco e continuò a pompare in figa; sentivo l’utero maltrattato dalle spinte della cappella contro la cervice, tutto il pacco intestinale spostato quasi verso lo stomaco; ma le sensazioni erano di piacere intenso, di orgasmo continuo e di sborrate che punteggiavano l’assalto; sembrava irrefrenabile, il ragazzo, ed io mi perdevo appassionatamente nella scopata più bella e lunga che ricordassi.
Quando ritenne di avermi smantellato abbastanza le reni con la lunghissima monta in figa, sentii con dolore che si sfilava, si allungava verso il comodino e prelevava il tubetto di gel che avevo appoggiato; secondo copione, quasi, adesso era il momento della più saporita e lunga inculata che potessi desiderare; con la punta del cazzo raccolse dalla figa abbondanti umori e li trasferì al buco del culo; ripeté l’operazione con un dito e lo infilò profondamente nel retto che lo accolse quasi deridendolo per la pochezza.
Le dita diventarono due e si aprirono a ventaglio ruotando; lo sfintere cedette immediatamente la sua elasticità; per infilare tre dita e poi quattro, a cuneo, e farle ruotare, versò un poco di gel e mi sentii aprire il culo fino al dolore; poi avvertii la cappella che passava l’ano e si spingeva in fondo nell’intestino; il ritmo classico dell’inculata da dietro mi prese e spinsi in direzione contraria per sentire il ventre fin sull’ano, tra le chiappe spalancate.
Mi montò così per un poco e godevamo entrambi mentre la mazza entrava in profondità, finché i coglioni picchiavano sulla figa, poi si ritirava fin quasi ad uscire completamente e, con un colpo secco o con una lenta progressione, rientrava dentro portando libidine e piacere; eravamo entrambi presi dalla passione del culo e godevamo infinitamente; amavamo molti, entrambi, l’inculata e il ragazzo mi fece percorrere tutta la gamma delle ipotesi.
Prima fu la volta della penetrazione da dietro classica, io carponi e lui inginocchiato; poi mi fece crollare su un fianco, mi sollevò in alto la gamba libera e continuò imperterrito a pompare nel culo; intanto, una mano passava davanti e raggiungeva la figa che masturbava sapientemente; la seconda cavalcata in culo mi deliziò moltissimo; mi fece rotolare sull’altro fianco e riprese la spinta dalla nuova posizione; mi abbandonai e godevo da matti.
Fu una pratica lunga, quella nel culo; dopo forse un’ora il cazzo scivolava liberamente e indifferentemente in figa o nel culo, che si era assuefatto alla mazza ed ora la desiderava sempre più a fondo; mi chiese in un soffio di voce se poteva sborrare dentro; gli dissi senz’altro di sì e finalmente gli spruzzi di una sborrata lunga e sapida mi colpirono con sferzate all’interno del ventre; ad ogni spruzzo corrispose un mio orgasmo e mi sentii vuota, alla fine, mentre crollavo sul letto inchiodata col cazzo nel culo.
Quando l’asta si svuotò e si ridusse di volume, delicatamente la lasciò scivolare fuori e sentii la sua sborra che scorreva dal culo sulle lenzuola; ci accarezzammo con dolcezza e restammo per qualche minuto immobili a riprendere vigore; appoggiai la testa sullo stomaco e titillavo con la lingua, delicatamente, il cazzo barzotto, in attesa che riprendesse energia e mi sfondasse ancora; nella calma del momento, mi riprese il rancore contro mio marito.
Tornai a dedicarmi al giovane stallone che ormai aveva recuperato le energie ed era pronto a dare vita ad una nuova fase di quella grande scopata; mi stesi supina al centro del letto e lo invitai a sedere sullo stomaco, col cazzo piantato tra i seni; abituato ormai ai capricci della ‘signora’, il caprone non ebbe bisogno di ulteriori indicazioni e si preparò alla ‘spagnola con pompino’ che già aveva avuto modo di sperimentare con gusto.
Appoggiò tra i seni il cazzo, di nuovo duro e ancora viscido del gel dell’inculata; raccolsi le mammelle, che per la posizione si erano leggermente appoggiate ai lati, e le portai a stringere in una dolce morsa di soffice carne la mazza che reagì inalberandosi; stringevo i globi intorno al cazzo e mi titillavo i capezzoli; il ragazzo si spingeva in avanti col corpo e faceva scivolare il cazzo tra i seni, fino a toccare con il glande il mento; piegai la testa, tirai fuori la lingua e lambii il meato.
Trovammo istintivamente la coordinazione; mentre lui spingeva il corpo intero a scivolare su me e portare il cazzo alla bocca, io piegavo la testa, con sacrificio della cervicale, e facevo in modo da ricevere in bocca almeno l’intera cappella; intanto, mi strofinavo tra le dita i capezzoli e mi procuravo un ininterrotto ed intenso piacere che più volte culminò in sborrate di media forza; non ci mise molto, il ragazzo, ad avvertire che la sborrata gli premeva dalla prostata; frenammo il giochetto per ritardare l’orgasmo.
Passammo sollazzandoci con il sesso tutto il pomeriggio fino a sera; il giovane stallone mi titillò e mi scopò a lungo in ogni modo, mettendo in pratica tutto quanto aveva appreso in quei mesi; passò la mazza sulla pelle di tutto il corpo; mi riempì più volte tutti i buchi, culo figa e bocca, mi sditalinò a lungo e mi fece il classico ‘pigiama di saliva’ leccando ogni punto, dai capelli alla punta dei piedi; non me ne stetti ferma a farmi scopare ma manipolai, leccai, succhiai, morsi, presi in ogni buco il cazzo ritto.
Alla fine della performance, non ero in grado di dire quante volte avessi sborrato; moltissime, senza dubbio, di cui almeno una decina ad alto tasso di libidine, con urla disumane di piacere; lui limitò le sue a tre, con eiaculazione, la prima nel culo, la seconda nella gola, dopo un pompino durato un tempo interminabile, e l’ultima in figa quando mi scopò alla missionaria, proprio al momento di uscire dalla camera perché mi piaceva portarmi a casa la sborra in figa, forse in spregio al cornuto mio marito.
Negli ultimi mesi, infatti, non mi ero più preoccupata di nascondere le condizioni in cui rientravo in casa dopo le lunghe sedute di sesso, sia col mio amante fisso sia con i personaggi occasionali dai quali elemosinavo ancora un poco di illusoria giovinezza, scopandomi ragazzi assai giovani, senza preoccuparmi di un’opinione corrente che ormai mi classificava puttana e ninfomane, quanto meno bisognosa di assistenza se non da condannare.
L’impatto con l’appartamento divenne di colpo l’avvio di un percorso che mi avrebbe condotta all’inferno di un abisso assolutamente imprevisto, nella mia ottusa tigna; la casa sembrava vuota; eppure sapevo per certo che mio marito non usciva mai di sera e che, quando i ragazzi rischiavano di rimanere da oli, assolutamente non metteva il naso fuori dalla porta; trovare la casa silenziosa e al buio mi diede l’avviso che qualcosa non aveva funzionato per il gusto verso.
Andai in camera dei ragazzi e accesi la luce; dal divano dove era raggomitolata in posizione fetale, la ragazza che di solito chiamavamo per fare da babysitter saltò su spaventata; la rassicurai a gesti e la inviai a seguirmi in cucina per capire qualcosa; mi disse che mio marito l’aveva pagata per trattenersi tutta la notte coi ragazzi perché io non sarei rientrata prima dell’alba; poi era uscito senza nessuna spiegazione e senza avvertimenti per me.
Non sapevo se adirarmi con mio marito che di colpo mi lasciava o vergognarmi per come avevo distrutto il matrimonio; di fatto, un gesto forte come lasciare casa e ragazzi e andarsene in piena notte indicava solo con certezza che mio marito aveva visto piena la misura ed era scattato con violenza; il problema era capire cosa volesse fare e dove fosse; ma era una domanda senza possibilità di risposta, alle prime luci dell’alba ed in una condizione di incertezza assai delicata.
Affidai ancora i ragazzi alla babysitter e mi distesi a letto cercando di riposare; solo a giorno fatto potevo avviare qualche ricerca; ma non prevedevo assolutamente che per settimane e mesi non sarei riuscita ad avere notizie di mio marito; purtroppo per me, in dieci anni di matrimonio, e di corna, non mi ero mai preoccupata di sapere da dove venisse il flusso di danaro che spendevo senza controllo, senza neppure guardare i cartellini dei prezzi.
Nella mia ottusa sicumera, tutto mi era dovuto, anche la supinità di mio marito al mio libertinaggio volgare e spudorato; sicché, non ero in grado di conoscere un indirizzo del posto di lavoro, l’esistenza di uno studio suo o di impiegati addetti al suo lavoro; insomma, per me la favola stupida cominciava da mio marito e si concludeva in lui; il mondo esterno esisteva solo per i bar frequentati, le amicizie superficiali, le feste e gli amanti che cambiavo ad ogni stimolo della tigna.
Telefonai ad Oscar, l’avvocato col quale avevo avuto una storia di sesso protrattasi per un pio di ani e col quale mantenevo un intenso rapporto di amicizia con qualche sporadico momento di intimità; gli esposi i miei problemi, dalla prolungata assenza di mio marito alle mie difficoltà ad orientare in qualche senso le ricerche; ebbi da lui l’assicurazione che avrebbe dato l’incarico delle indagini ad una nota agenzia che probabilmente in tempi brevi avrebbe fornito risposte valide almeno ai quesiti principali.
La mazzata più dura mi arrivò dopo qualche settimana, quando di colpo le mie carte di credito non furono accettate per pagamenti già effettuati altre volte con successo; mi rivolsi al direttore della banca di cui ci servivamo, un mio vecchio amante col quale ero rimasta in amicizia; dopo una breve indagine mi comunicò che il conto comune, su cui le carte facevano aggio, era stato svuotato da mio marito; su quello mio personale era stato riversato il 30 % del credito residuo.
Per quanto riguardava il grosso della cifra, mio marito aveva prelevato il tutto e lo aveva versato su un nuovo conto personale aperto in chissà quale banca; in concreto, mi trovai a dover provvedere con una cifra per me troppo esigua a tutte le necessità che la famiglia e la casa mi imponevano oltre ai miei capricci che dovettero necessariamente esser ridotti all’osso; purtroppo per me, però, quello non era che l’inizio delle sorprese che mi aspettavano.
Inviperita per le scelte di Mario che, secondo la mia lettura, contravvenivano agli obblighi che lui avrebbe dovuto esaudire a mio vantaggio, mi rivolsi al solito Oscar e gli chiesi di attivarsi per ottenere il divorzio più favorevole possibile, riducendo sul lastrico il mio consorte efficientissimo produttore di ricchezza ma pessimo innamorato della sua infedele mogliettina; mi chiese dati per rintracciare le fonti dei proventi, ma non ero in grado di fornirgli che vaghe indicazioni.
Piuttosto deluso dal disinteresse totale che dimostravo per il lavoro che produceva il reddito di famiglia, si impegnò ad incaricare una buona agenzia per rintracciare il coniuge transfuga e obbligarlo a versare un assegno congruo o anche, se gli fosse riuscito, a dividere con me la ricchezza accumulata in quegli anni di matrimonio; inutile precisare che ricambiai l’impegno lavorativo con lunghe e snervanti sedute di sesso, a cui era già in parte abituato.
Due mesi e più di ricerche non valsero, però, nonostante l’impegno dell’agenzia, a far uscire dal suo nascondiglio Mario e i suoi conti segreti; la conseguenza più diretta e grave, per me, fu che dovetti abituarmi a centellinare la cifra d cui potevo disporre mensilmente, all’incirca lo stipendio di un impiegato qualsiasi, per coprire le spese ordinarie di casa e la cura dei figli; nessuna concessione potei fare più ai miei capricci e anche i rapporti con gli amanti ne risentirono.
In quel periodo, un’ulteriore mazzata ci colpì, quando Oscar, il mio avvocato, ricevette l’avviso di una causa di divorzio intentata dalla moglie Rosalba uscita per andare a stare alcuni giorni coi suoi e sparita all’improvviso nel nulla; dopo due mesi circa, si rifece viva per comunicare che Mario, mio marito, aveva cancellato ogni traccia della vita precedente, era rimasto disoccupato, senza reddito e privo di un alloggio; viveva con lei, da perfetto parassita, totalmente alle sue spalle.
Oscar trovava speciose e ridicole le motivazioni che i coniugi accampavano per evitare di versare a me la metà dei capitali di mio marito; ma non aveva elementi per dimostrare la malafede dei due; anche se molti elementi, e soprattutto la strana ed improvvisa grande capacità di lei a gestire capitai e aziende come Mario aveva fatto da sempre, portavano a sospettare che lui e Rosalba avessero costituito una solida collaborazione che, dietro la facciata di una Società, celava la loro intensa attività.
In un improvviso raptus di resipiscenza, mi resi conto di colpo che dovevo essere io a maturare ed imparare a cogliere dalla realtà i dati per la sopravvivenza; decisi di parlarne al mio ormai ex marito e chiesi ad Oscar di mediare perché potessi definire con lui le basi di una diversa convivenza pacifica, a condizioni completamente rinnovate; come mi aspettavo, Rosalba comunicò che l’unica interlocutrice disponibile era lei ma che aveva totale facoltà di decidere per tutti e due; ci incontrammo nello studio di Oscar.
L’attuale convivente di mio marito mi avvertì che la Società che rappresentava era in grado di offrirmi un lavoro congruo con il diploma di ragioniera che avevo conseguito da ragazza, se davvero volevo mettermi a lavorare e parametrare i capricci alle reali disponibilità; se decidevo di assumere l’affidamento totale dei figli, mi garantiva un assegno abbastanza consistente, ma che non sarebbe stato sufficiente ad assicurarmi la libertà di movimento che richiedeva la mia ninfomania ormai acclarata.
Oscar che assisteva al colloquio e mi consigliava, fece presente che era interessata a quel discorso perché, sterile dalla nascita, mirava a prendere con se i nostri figli ed allevarli come madre adottiva quando avesse sposato Mario dopo i divorzi; mi consigliava anche, se volevo mantenere almeno in parte i miei costumi trasgressivi, di accettare e di lasciare che la parte maggiore dell’educazione dei figli fosse a carico del padre, come del resto era sempre stato.
In compenso, veniva stabilito che almeno uno o due giorni a settimana potevo stare coi miei ragazzi e tenerli anche in occasione di festività lunghe o nella settimana di ferie estive; l’accordo era largamente favorevole ed accettai di lasciare l’affidamento totale dei figli a Mario; cominciò così una nuova fase della mia vita, in cui la frequenza dei miei amanti si ridusse notevolmente per gli impegni di lavoro e di famiglia; continuai a tenermi uno o due amanti fissi ed a scopare in giro quando mi andava.
Dopo un anno di quel ritmo di vita, persi più volte l‘occasione di stare coi miei figli; quando incontrai Samuele, un proprietario terriero dalle parti di Siena, accettai di dare una svolta decisa alla mia vita; approssimandosi la curva decisiva dei ‘quaranta’ decisi che una relazione convincente e, subito dopo, il matrimonio, erano la medicina giusta per rinunciare a troppi capricci spesso senza raziocinio; per alcuni anni fui costretta quasi a non vedere i miei figli crescere, presa nel ritmo infernale del lavoro nei campi.
In compenso, mi trovai a vivere una vita agiata con un marito con molti anni più di me che, purtroppo, pochi anni dopo si spense; il legame giuridico del matrimonio mi lasciò coerede, coi figli di primo letto di lui e con una sorella nubile, di una vasta e ricca tenuta di cui avevo imparato ad occuparmi con successo; gli ottimi rapporti che sempre avevo avuto con i coeredi mi consentì una maturità serena e agiata; ripresi anche qualche vecchia abitudine scopereccia.
L’unica dolorosa spina nel fianco rimanevano i figli, che ormai si preparavano ad andare all’Università; una mattina decisi che era il caso di affrontare il toro per le corna; mi misi in macchina e, senza avvertire nessuno, arrivai sotto la casa dove avevo vissuto con mio marito; fui fortunata e parcheggiai proprio mentre dal portone uscivano due giovanotti assai belli e affascinanti; non ci fu bisogno di parole; ci riconoscemmo immediatamente e si precipitarono ad abbracciarmi.
Capii che la voce del sangue aveva parlato e che non avrei incontrato ostacoli a recuperare almeno qualche filo della nostra esistenza; anche Mario e Rosalba furono affettuosi al di là di ogni rosea speranza; passai con loro i pochi giorni che le scadenze nei campi mi consentivano e, quando mi avviai per tornare alla mia residenza, ci eravamo promessi che, da una parte o dall’altra, avremmo trovato occasioni per incontrarci più volte nell’anno per tenere vivo l’affetto che comunque ci legava.
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore.
Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Commenti per Sorpresa:
