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Lui & Lei

Capricci 1


di geniodirazza
28.12.2024    |    1.756    |    0 8.3
"Legarono abbastanza rapidamente e presto la corte sfociò nella proposta esplicita almeno di una sveltina; stavano passeggiando in un chiostro con giardino sul..."
Quella mattina Franco, 33 anni, avvocato con uno studio molto ben avviato nonostante l’età relativamente giovane, si era concesso una ‘botta di nostalgia’, perché la giovane segretaria aveva comunicato di avere, per motivi familiari, una grave difficoltà in un incarico che le aveva affidato; decise di andare personalmente alla segreteria dell’università dove si era laureato più di dieci anni prima per ritirare un documento banale ma che improvvisamente gli era stato richiesto.
Era perfino divertente muoversi, alquanto a disagio, nei porticati dell’antico edificio dove aveva passeggiato per quattro anni e dove si sarebbero potuti trovare, a scavare opportunamente, i segni di tante storie dolci ed amare, di esami falliti o superati brillantemente, insomma di una storia scolastica non diversa da tante altre ma comunque ‘sua’, oltre alle tracce degli amori giovanili nati e morti nell’arco di una cinquantina di mesi.
Dopo un iniziale piccolo stordimento per le grandi trasformazioni incontrate, riuscì a trovare il bandolo della matassa e in poco tempo se la sbrigò come era solito fare da giovane per le stesse incombenze; quello che lo colpì di più fu naturalmente l’assai maggiore disinvoltura degli studenti, e delle studentesse, che portavano anche lì il senso di una libertà frutto di antiche e dure lotte; fu per questo, che notò immediatamente l’impaccio di una matricola che sembrava caduta da un altro pianeta.
Con la generosità che lo aveva sempre caratterizzato, Franco agganciò la giovanissima Paola, neo iscritta di venti anni appena arrivata dal paesello, e la guidò con sicurezza attraverso il dedalo di uffici; la simpatia fu immediata e, quasi per ineluttabile necessità, si trovarono a pranzare in una piccola trattoria sotto l’ufficio di lui; la ragazza cominciò la serie di domande che li portarono a fraternizzare.
Lei ancora non era riuscita a trovare un alloggio adeguato e, suggestionata dall’idea di relazionarsi con un professionista esperto che aveva già una solida posizione economica e sociale, gli chiese apertamente ospitalità e supporto; forse per via degli occhioni verdi da coniglio spaventato, lui cedette al fascino indiscutibile della ragazza e quella sera stessa dormirono insieme, non prima naturalmente di avere fatto sesso fino a notte alta.
Paola scoprì che Franco poteva facilmente essere assunto a mentore e guida, per l‘esperienza ancora recente degli studi che gli consentiva di conoscere gran parte dei professori e dei metodi; per la ricca e vasta biblioteca a cui lei poteva liberamente attingere; per l’aiuto che generosamente le offriva con la disponibilità di una carta di credito da usare per gli acquisti di libri e di vestiario; per la libertà che le concedeva di stare in casa, insomma di esserle al tempo stesso amico, amante, guida e mentore.
Franco ebbe qualche perplessità, quando si rese conto che la ragazza aveva un senso della libertà finanche eccessivo; che aveva alle spalle un’esperienza non banale, addirittura invidiabile da donne assai più mature; che l’imbarazzo iniziale della ragazza immigrata nella grande città veniva rapidamente superato per un atteggiamento assai disinvolto; ma il talento naturale che dimostrava nello studio e nella ricerca, oltre al notevole fisico da ventenne molto ben piantata, lo indusse a prenderla con se.
Aveva sempre evitato in tutti i modi di legarsi con rapporti impegnativi; per questo, fece patti assai chiari, ai quali la ragazza dichiarò di adeguarsi immediatamente; cominciò così la loro storia che marciò decisa e spedita per quasi due anni, durante i quali lei seguì i corsi previsti dall’Ateneo senza perdere nessuna battuta; partecipava a tutte le lezioni, studiava con impegno, dialogava con intelligenza e faceva l’amore alla grande.
Su quel terreno avevano trovato forse l’intesa maggiore; lui aveva alle spalle una lunga serie di storie più o meno importanti, più o meno durature; ed era famoso per la semplicità con cui riusciva ad agganciare una sconosciuta, in un ambiente qualsiasi, a coinvolgerla nel suo eloquio elegante e vario e a riuscire alla fine a portarsela a letto, per ‘una botta e via’, per qualche copula occasionale o per una storia che poteva durare da una settimana a qualche mese.
La dotazione di cui lo aveva fornito madre natura, un fallo di venti e più centimetri, ed una particolare istintiva capacità a rapportarsi a letto con una donna lo rendevano amante apprezzato, desiderato e ricercato; di solito, si affidava a lunghi ed elaborati preliminari coi quali mandava in solluchero anche le donne più esigenti; quando arrivava all’amplesso, la partner era in genere assai ben disposta e preparata ad accettare qualunque proposta e lui la soddisfaceva in ogni buco.
Paola aveva fatto larga esperienza, al paese e nelle vacanze estive; non si era lesinata; aperta da ogni parte, aveva imparato presto l’arte della fellazione che frequentava da autentica maestra; praticava la masturbazione con eleganza deliziosa ed entusiasmante; il suo seno notevole ma non grandissimo si prestava a spagnole delicate e infinite; l’imene era saltato che aveva quindici anni e assumeva regolarmente la pillola per copulare liberamente; l’ano era dilatato abbastanza per sopperire, nel caso.
Franco si rese conto che lei si muoveva agilmente nelle acrobazie del sesso e si entusiasmò quando capì che con Paola poteva inventarsi tutte le particolarità per dare vita a sedute stratosferiche di copule in ogni dove; lei ricevette le carezze dei suoi preliminari con amore e con entusiasmo; ogni sera quindi si mettevano a letto con la ferma intenzione di chiudere una giornata di lavoro e di quotidianità con una copula che spesso svegliava il condominio per gli orgasmi urlati.
Passò così dolcemente il primo anno, in cui lei riuscì a chiudere col libretto in perfetta linea con le indicazioni dell’Ateneo; all’arrivo dell’estate, decisero di passare due settimane di vacanza in tenda, in una località della Dalmazia, in un Natur Kamp assai rinomato, dove lei brillò per il corpo statuario che mise in mostra quasi ininterrottamente per i quindici giorni di sosta e lui le fu compagno amorevole e prezioso; inutile dire che copularono come scimmie, con grande soddisfazione.
Al momento della partenza per la vacanza, Paola si vide obbligata a fare chiarezza coi suoi, perché andava via con uno sconosciuto, respingendo l’offerta della villeggiatura familiare; vi furono pressioni notevoli per conoscere il ‘fidanzato’, ma lei fece presente che l’avvocato con cui viveva desiderava rinviare la presentazione ufficiale; piccati per la trasgressione ai costumi locali, i genitori decisero che, se aveva trovato un compagno, dovesse essere lui a farsene carico e le tagliarono il sussidio.
Paola venne a trovarsi così completamente a carico di lui; ma non se ne preoccupò, abituata com’era a vivere il rapporto di dipendenza come connaturato alla loro stessa esistenza; neanche per un attimo, pur essendo una diligente studentessa di diritto, le passò per la mente che si metteva in una condizione di parassitismo non sostenuto da nessuna motivazione giuridica; in pratica, la convivenza diventava per lei il presupposto per la stessa sopravvivenza.
Verso la fine dell’anno successivo, inizio quindi del secondo anno della loro storia, le cose cominciarono a prendere una piega strana e assolutamente imprevedibile; l’occasione fu data dall’osservazione che Paola fece di molte coppiette che, nei cortili dell’università, si imboscavano spesso e volentieri in sale vuote o nei bagni per una rapida fellazione, per una copula improvvisata o per altri giochetti sessuali di cui fu involontaria spettatrice.
Contemporaneamente, si affacciò il tarlo del dubbio che la sua condizione fosse di schiavitù a un dominatore, economico e sociale; e si manifestò improvviso un anelito di libertà che fino a quel momento non l’aveva sfiorata; da un lato, pensando con una parte del cervello, rimaneva coinvolta nell’ammirazione per il mentore, l’amico, l’uomo buono e generoso che metteva a disposizione tutti i suoi averi e il suo sapere per consentirle di percorrere la strada che aveva in mente.
Quella parte della testa le suggeriva che, rispettando l’impegno con Paolo, di lealtà e di sincerità, avrebbe potuto proseguire la strada fino alla laurea ed all’autonomia; si trattava, in buona sostanza, di mantenere, con l’uomo che ammirava, pur non provando un sentimento profondo come poteva essere l’amore, un sostanziale rispetto delle intese e delle premesse su cui si erano incontrati; cosa non difficile, anche considerando che sessualmente lui la soddisfaceva largamente.
Dall’altra parte del cervello, premeva la considerazione che troppo in fretta aveva soggiaciuto al fascino della cultura e al potere dei soldi che l’avevano indotta a donare a lui tutto, anche la sua libertà, soprattutto quella sessuale; vero che lui la lasciava eventualmente libera di copulare fuori del rapporto, a patto che avvertisse in tempo, prima o subito dopo; ma proprio questa condizione finiva per apparirle una limitazione e un mezzo per controllare anche la sua sessualità
Quest’ultima convinzione la spingeva ineluttabilmente verso la trasgressione; all’inizio, si trattò di episodi piccoli e di scarsa rilevanza, molto spesso confessati poi apertamente al partner, durante la copula serale che non mancava mai; cominciò col succhiare l’uccello ad uno studente, che la intrigava parecchio, in un bagno della biblioteca dell’università; il fallo era poca cosa, rispetto alla sberla di Franco; ma la trasgressione lo caricò di valore.
Mentre sfogliava dei pallosissimi testi di diritto romano, vide il ragazzo allontanarsi verso il bagno, mentre la guardava ammirato soffermando lo sguardo sul seno prepotente nel maglione leggero e le gambe snelle fasciate da calze velate; d’istinto lo seguì e, varcata la soglia, riuscì a bloccarlo prima che aprisse la porta della sezione maschile, lo trascinò in quella femminile, non gli diede il tempo di riflettere; gli aprì i pantaloni, tirò fuori la verga, si accosciò e la prese in bocca.
Lui era ancora stordito dalla vicenda; lei era un’artista della fellazione; la conclusione fu che rapidamente lui esplose in un orgasmo irrefrenabile; Paola ingoiò religiosamente lo sperma, ripulì l’asta da ogni residuo, si rialzò e sparì come era comparsa, mente l’altro ancora cercava di rendersi conto dell’accaduto; la sera, a letto, decise immediatamente di raccontare a lui la cosa, per imporgli la sua libertà di gestirsi la sessualità; Franco le rispose pacatamente.
“Paola, tu sei una donna libera e puoi praticare il sesso che vuoi; ricordati però che la libertà è patrimonio collettivo, è di tutti; io sono altrettanto libero di cacciarti via se la tua libertà invadesse la mia; non approvo quello che hai fatto ma non voglio sindacare nessuno; ti avverto che, se l’asticella si alza troppo, ti troverai fuori dalla mia casa e dalla mia vita.”
Lei aveva avuto la sensazione che, al di là del contenuto e del tono delle dichiarazioni, a lui non fosse dispiaciuto il racconto che gli aveva fatto della sua fellazione; le sorse anche il dubbio che potesse essere un cornuto contento, il classico cuckold; si riservò di approfondire il tema ed eventualmente di sperimentare ancora per vedere fino a che punto situazioni come quella potessero intrigarlo e coinvolgerlo in funzione di guardone.
Gli sorrise sorniona, lo baciò con profonda passione, prese in mano l’asta che si era comunque rizzata allo spasimo e per quella notte lo fece copulare come non avevano mai fatto fino a quel momento; l’idea che lui potesse avere una vena inespressa di cuckoldismo si confermò dentro di lei e si ripromise, mentre lui le esplodeva nel ventre un lunghissimo orgasmo, di approfondire il tema in una prossima occasione.
A quel punto, il pensiero di Paola era decisamente diviso; la sua parte irrazionale inneggiava alla trasgressione realizzata come un gesto di grande libertà sessuale; ma sosteneva anche la convinzione che lui, da cuckold, mentre protestava, in realtà la sollecitava a fare di più; se avesse voluto cacciarla, lo avrebbe fatto immediatamente; se lei fosse riuscita a piegarlo alla sua volontà, il tiranno sarebbe stato abbattuto e lei lo avrebbe dominato.
La sua parte razionale, però, invitava a riflettere sull’avvertimento, che non era una minaccia, che di punto in bianco poteva cacciarla; in quel caso, il fango in cui si sarebbe trovata sommersa fino ai capelli era per lo meno letale e non avrebbe avuto scampo; senza neppure il sussidio dei genitori, privata all’improvviso dei pilastri di sostentamento, forse l’unica via percorribile sarebbe stata quella che la conduceva direttamente a prostituirsi su un marciapiede.
Se veramente lui fosse stato un cuckold non dichiarato, il percorso migliore sarebbe stato parlarne apertamente e direttamente con lui; ma, in questo caso, finiva per dominare la sua logica e lei non avrebbe potuto nemmeno più sperare di ridurlo alla sua volontà; anzi, sarebbe diventata uno strumento utile alla sua sessualità che avrebbe ulteriormente favorito con rapporti trasgressivi a cui lui non aveva mai fatto cenno.
Nel dubbio, come il famoso asino di Buridano, non seppe prendere nessuna decisione e per qualche settimana frenò i suoi bollori di vagina e se ne stette calma, godendosi le copule che immancabilmente si concedeva con il compagno ogni sera; all’inizio della primavera, le capitò più volte di incontrare nel bar che frequentava sotto l’università uno studente fuori corso, di alcuni anni più grande, che le fece una corte serrata per più giorni.
Legarono abbastanza rapidamente e presto la corte sfociò nella proposta esplicita almeno di una sveltina; stavano passeggiando in un chiostro con giardino sul quale si aprivano varie porte di ambienti disusati; lui le propose di entrare in uno; lei si limitò a chiedergli se aveva un preservativo; aveva lezione di lì a poco e tutto poteva ridursi solo a una sveltina; le venne in mente il suo dilemma su Franco cuckold e decise di forzare ancora la mano.
Lui le assicurò che viaggiava sempre con un goldone in tasca e la spinse verso la porta; l’ambiente era spoglio, quasi completamente nudo, e non potevano copulare che in piedi, visto anche che il pavimento appariva abbastanza sporco; dopo un bacio veloce e senza sapore, lui la spinse ad appoggiare le mani alla parete, andò dietro e sollevò la gonna; le abbassò lo slip, sentì che apriva la cerniera e, con gli occhi al muro, avvertì la mazza che si appoggiava al sedere.
Neanche il sesso di quest’altro amante occasionale poteva in nessun modo paragonarsi a quello del suo uomo, un grissino di media grandezza che la penetrò in vagina senza che quasi se ne accorgesse; la presenza del goldone le impedì anche di sentire lo spruzzo dello sperma che veniva sparato in vagina e si accorse che era uscito prima di avvertire che era entrato; si morse le mani per la rabbia, forse anche per la vergogna, senz’altro per l’inutilità della cosa.
Decise che non ne avrebbe nemmeno parlato con Franco, considerato lo squallore della vicenda frettolosa e inutile; quasi a compensazione, la sera lo aggredì appassionatamente, per recuperare l’orgasmo, forse; oppure per farsi perdonare; o semplicemente perché si sentiva in colpa e cominciava a rendersi conto di non provare per lui solo l’ammirazione eccessiva, da un lato, e il rancore sordo e ingiustificato, dall’altro lato; forse sentiva nascere qualcosa di più e di diverso; temeva fosse amore.
Mentre si massacravano in una copula gigantesca in cui scaricavano ognuno le sue emozioni, lui la bruciò.
“Hai la gonna sporca di sperma; ci sei ricascata; attenta all’ira dei buoni, come suggerisce il Vangelo.”
“Che diavolo dici?”
Prese la gonna che le aveva tolto, le mostrò un lembo e vide nettamente la macchia di sperma; fu costretta a confessargli la sveltina e gliela descrisse come il momento di totale abbrutimento inutile che era stato; poi decise di uscire allo scoperto.
“E’ la seconda volta che succede ed è la seconda volta che sei più carico del solito. E’ possibile che tu sia un cuckold e non lo voglia ammettere? Io non te ne farei una colpa e ne potremmo parlare … “
“E’ la seconda volta che confessi un’imbecillità ed è anche la seconda volta che fai una domanda surreale e stupida; sono un maschio attivo e dominante; i cuckold vatteli a cercare altrove; ricordati che se tiri troppo la corda finisci sul marciapiede. Sono stato abbastanza chiaro?”
Per la prima volta da quando stavano insieme, se ne andò piccato e si ritirò nello studio, dove chiuse a chiave la porta e dormirono separati; ma Paola ebbe molte difficoltà a prendere sonno; il terrore di finire sul marciapiede diventava sempre più incombente; ma, al tempo stesso, la rabbia di essere stata messa all’angolo fece crescere il rancore sordo nei confronti di lui; si sarebbe frenata ancora; ma non avrebbe rinunciato a picchiare duro, alla prima occasione.
Un punto abituale di ritrovo che frequentavano insieme era il bar in piazza dove appena potevano si fermavano a bere un aperitivo o un caffè; erano quasi sempre insieme e quindi a Paola non era stato possibile fare come molte sue amiche facevano abitualmente, vale a dire rifugiarsi nel bagno dei disabili per una saporita copula con uno degli amici frequentatori abituali, ormai sicuri, quando andavano al bar, di trovare quella i cui pruriti di vulva avrebbero soddisfatto.
Per lo più, risolvevano con un sveltina, con una fellazione o con una masturbazione, meglio se reciproca; farlo significava inevitabilmente esporsi perché l’accesso ai bagni era in vista e tutti potevano rendersi conto di quel che avveniva; anzi, tutti sapevano per certo quello che sarebbe avvenuto, anche se nessuno commentava e quello che avveniva nei bagni restava tra i protagonisti.
Avendo deciso di umiliare il compagno, Paola trovò il modo di comunicare ad un biondino particolarmente ricercato che se si fosse fatto opportunamente trovare nel bagno dei disabili lei si sarebbe volentieri intrattenuta con lui; era un sabato di fine primavera; entrarono, lei e Franco, e si sedettero a un tavolo; lei osservò che il biondino si avviava ai bagni; comunicò a lui che aveva bisogno di espletare una funzione fisiologica e andò direttamente al bagno dei disabili; il biondino l’aspettava dentro.
La mazza stavolta era degna di essere ammirata, già pronta all’uso e ben accetta dalla donna che la prese in mano con gusto, la manipolò un poco e la aggredì con labbra e lingua; con la sua arte sopraffina di fellatrice, la lavorò per qualche minuto e, visti i tempi stretti, lo portò immediatamente all’orgasmo; vide lo sperma invaderle il volto; si pulì alla meglio, leccò la mazza da ogni residuo e scappò fuori; le si parò di fronte il viso schifato di Franco.
“Lavati almeno il mento dallo sperma, dopo che hai succhiato una verga! … Andiamo via!”
Lo seguì in silenzio, incapace di qualunque obiezione, ancora una volta i pifferi tornavano suonati e lei doveva leccarsi le ferite del suo fallimento; non aprì bocca fino a casa, si sedettero a tavola per la cena; lui accennò a ritirarsi nello studio; lei lo prese per la mano e lo accompagnò alla camera; quando accennò a baciarlo, lui si ritrasse e spostò il viso.
“Guarda che il sapore dello sperma è scomparso da un bel po’; non ti credevo così schizzinoso!”
“Già! Tu mi credi solo cornuto contento … “
“Perché? Non lo sei?”
“Vuoi smetterla o perdo le staffe?”
“Eppure mi pare che goda a sentire le mie copule … “
“Forse ho sbagliato tutto; forse dovrei davvero lasciarti in mezzo alla strada … “
“No, no, per ora fermiamoci qui; diciamo che tu hai un senso delle cose ed io uno diverso … “
“Ricordati che questa è casa mia e che sei solo ospite non più tanto gradita … “
“Minacci ancora di cacciarmi?”
“Vuoi ancora provocare lo scontro?”
“No; pace; fammi fare l’amore.”
“E quello che hai fatto cos’era? Gargarismi curativi?”
“Non essere triviale! Fammi fare l’amore che solo tu sai dare ad una donna!”
“Posso anche provarci; ma sono certo che per te io o chiunque altro non cambia niente.”
“Ti sbagli; cambia, cambia e come!; un giorno ci spiegheremo e capirai cosa significa per me tutto questo.”
“Spero che non sarà un giorno nefasto, per te.”
“Mi prometti che non mi abbandonerai mai?”
“Se non mi riempirai di corna … “
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