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Lui & Lei

Il desiderio proibito (primi tre capitoli)


di Membro VIP di Annunci69.it Fedani
19.04.2025    |    426    |    0 9.0
"Quando tutto fu finito, restarono in silenzio per qualche istante..."
Capitolo 1 – Il Desiderio in Ascensore
Il campanello dell’ascensore suonò con un lieve rintocco, annunciando la chiusura delle porte. Giulio entrò senza far caso a chi fosse dentro, concentrato sul telefono. Solo quando si voltò, si trovò davanti a Silvia.
La sorella di sua moglie lo guardava con un sorriso appena accennato, gli occhi scuri carichi di un’intensità che lui conosceva fin troppo bene. Indossava un vestito leggero, il tessuto le accarezzava le curve come un soffio d’aria. Un vestito che sembrava fatto per essere tolto.
"Ciao, Giulio," mormorò lei, appoggiandosi alla parete dell’ascensore con un languore studiato.
Lui inghiottì a secco. "Silvia... che coincidenza."
"Mmmh, coincidenza o destino?" rispose lei, mordicchiandosi il labbro inferiore.
L’ascensore iniziò la sua lenta salita, poi, con uno strattone improvviso, si fermò tra due piani. Le luci rimasero accese, ma il silenzio che seguì fu denso, carico di un’elettricità palpabile.
Silvia si avvicinò di un passo. "Oh no, siamo bloccati," sussurrò con finta innocenza.
Giulio tamburellò con le dita sul pulsante di emergenza. "Vediamo se rispondono..."
"Ma perché avere fretta?" mormorò lei, avvicinandosi ancora. Il suo profumo era un misto di vaniglia e qualcosa di più selvaggio, più proibito.
Gli occhi di Giulio scivolarono in basso, sulle gambe scoperte, sul vestito che si sollevava leggermente mentre Silvia si sporgeva verso di lui. Lei sorrise maliziosa e, con un gesto lento e deliberato, sollevò appena l’orlo del vestito, rivelando l’assenza di biancheria intima.
Giulio trattenne il respiro, il cuore accelerato. "Silvia, cosa stai facendo?"
"Solo quello che hai sempre desiderato," sussurrò lei, avvicinandosi fino a sfiorargli le labbra con il fiato caldo.
Lui provò a resistere, ma il suo corpo tradì ogni intenzione. Le loro labbra si unirono in un bacio ardente, un misto di desiderio represso e passione sfrenata. Le mani di Giulio scivolarono sui fianchi di Silvia, mentre lei premeva il corpo contro il suo, sentendo la sua eccitazione crescere.
Le mani di Giulio percorsero il corpo di Silvia con urgenza, sollevandole il vestito e lasciandolo scivolare a terra. Lei si ritrovò con il viso appoggiato alla parete dell’ascensore, il respiro accelerato. Le labbra di Giulio seguirono il percorso della sua pelle, scendendo dal collo lungo la schiena, tracciando una scia di brividi e desiderio lungo ogni curva del suo corpo. Le dita di lui si muovevano con sicurezza, esplorando, accendendo il fuoco tra loro in quell’angusto spazio sospeso tra due piani.
Un suono metallico interruppe la tensione. Giulio si voltò di scatto. L’ascensore si era rimesso in moto. Silvia si scostò lentamente, raccogliendo il vestito e indossandolo con un sorriso soddisfatto.
Giulio si passò una mano tra i capelli, il respiro ancora irregolare. Quando le porte si aprirono al piano terra, vide Marta che li aspettava. Lo guardò con occhi sereni, ignara di quello che era appena accaduto.
Silvia si voltò e, prima di uscire, sussurrò all’orecchio di Giulio: "Alla prossima, cognato..."


Capitolo 2 – La Scusa Perfetta
Il telefono di Giulio vibrò a metà pomeriggio. Era un messaggio da Silvia.
Ciao cognatino... so che te ne intendi. La lavastoviglie ha smesso di funzionare. Puoi dare un’occhiata? Marta dice che tu sai sempre cosa fare.
Giulio esitò. Dopo quello che era successo nell’ascensore, ogni interazione con Silvia era diventata un campo minato. Eppure, il pensiero di rivederla lo accendeva più di quanto volesse ammettere. Rispose solo con un semplice: Arrivo tra poco.
Quando bussò alla porta dell'appartamento di Silvia, lei aprì con un sorriso sereno, vestita con una camicia lunga da casa e i capelli raccolti in modo disordinato ma affascinante.
"Sei stato velocissimo," disse lei. "È in cucina."
Giulio si avvicinò alla lavastoviglie, si chinò, aprì lo sportello, controllò... e si accorse subito che il problema era banale: la spina era staccata. Con un sospiro, la collegò. L’apparecchio si accese subito con un bip.
"Già fatto," disse, rialzandosi. "Era solo la spina."
Quando si voltò, però, il respiro gli si bloccò in gola.
Silvia era completamente nuda. La camicia era scivolata via, e lei stava lì, immobile, come una statua viva della tentazione.
"Silvia... no, non possiamo. Non di nuovo..."
Lei lo guardava senza dire nulla, solo con quegli occhi carichi di un desiderio magnetico. Si avvicinò, lenta, come un predatore in pieno controllo. Lo baciò sul collo, piano, poi dietro l’orecchio.
"Allora dimmelo davvero, che non mi vuoi," sussurrò, sfiorandogli il petto con le dita. "Guardami negli occhi e dillo."
Giulio chiuse gli occhi, combattuto tra la coscienza e il desiderio. Ma bastò un altro bacio, più profondo, per cancellare ogni esitazione. Le sue mani si posarono sui fianchi di lei, poi scivolarono sui glutei, afferrandola con decisione. Lei gli slacciò la cintura, mentre lui la sollevava e la adagiava sul tavolo della cucina.
Il legno freddo sulla pelle nuda la fece fremere. Giulio si chinò a baciarla ovunque, dal collo al seno, poi ancora più giù, con lentezza, con fame. Lei gemette piano, afferrandolo per i capelli, tirandolo a sé.
Si unirono con forza, con desiderio esploso e mai placato. I corpi si muovevano in armonia, il respiro si mescolava, il tempo sembrava sospeso. Le mani si stringevano, le bocche si cercavano tra sospiri e mormorii.
Quando tutto fu finito, restarono in silenzio per qualche istante. Giulio si rivestì in fretta, turbato, ancora scosso dalla passione.
"Devo andare..."
Silvia lo seguì con lo sguardo, ancora nuda, appoggiata alla porta.
"Certo, cognatino. Vai pure."
Giulio uscì dall’appartamento senza sapere che, nascosto tra i cuscini del divano, un cellulare aveva registrato ogni istante di quella scena.
Silvia si avvicinò, prese il telefono e, guardando il video che aveva appena catturato, sorrise con malizia.
"Ora il cognatino è davvero nelle mie mani…"


Capitolo 3 – Le Regole del Gioco
La pioggia tamburellava dolce sul parabrezza. Giulio era fermo con il motore spento davanti al portone del palazzo di Silvia. Le mani tremavano leggermente sul volante. Mille voci si accavallavano nella testa, ma una era più forte delle altre: la sua.
Aveva giurato a se stesso che non sarebbe più tornato. Dopo quella notte folle nel suo appartamento, dopo aver sentito il corpo di Silvia urlare contro ogni confine morale… doveva sparire, dimenticare. Ma poi era arrivato il messaggio.
“Stasera alle 21. Non fare tardi. Ho qualcosa da mostrarti.”
La porta si aprì ancora prima che suonasse. Silvia lo guardò un istante. Era avvolta da un kimono trasparente color avorio, che lasciava intuire tutto senza mostrare nulla apertamente. I capelli raccolti in uno chignon distratto, le labbra rosse come peccati sussurrati all’orecchio.
Giulio la seguì senza parlare, come ipnotizzato.
La casa era calda, profumata di ambra e vino. Una candela bruciava lentamente sul tavolo, riflettendosi nelle pareti scure del salotto. Silvia prese due calici e versò il vino.
“Bevi. Ne avrai bisogno,” disse, porgendogli il bicchiere con una calma quasi teatrale.
Lui non chiese spiegazioni. Solo quando si sedettero uno di fronte all’altra, lei prese il cellulare dal tavolo, lo sbloccò, e lo porse davanti ai suoi occhi.
Lo schermo mostrava immagini nitide, intime, dannatamente vive. Loro due. Il loro momento. Le mani. I gemiti. Il piacere inciso in ogni pixel.
Giulio impallidì. “Che… cos’è questo?”
Silvia sorrise. Quel sorriso che confondeva. Un misto tra tenerezza e crudeltà.
“È la prova che da oggi in poi… farai tutto ciò che ti dirò. Altrimenti… Marta lo scoprirà. E tu perderai tutto. Capito, cognatino?”
Lui deglutì a fatica. “Sei impazzita.”
“Un po’ sì,” rispose lei. “Ma tu non sei da meno. E poi… non hai idea di quanto sia eccitante avere il controllo. Sapere che ti basta un mio sguardo per farti dimenticare tua moglie, il mondo, la morale. Guarda come mi guardi, Giulio. Hai già deciso.”
Lei si avvicinò lentamente, si inginocchiò davanti a lui, e cominciò a sciogliere con calma la cintura del kimono. Il tessuto scivolò sulle sue spalle come acqua calda, rivelando il suo corpo nudo, deciso, perfetto nella sua imperfezione.
“Adesso ti chiederò qualcosa. E tu obbedirai.”
Lo fece stendere sul tappeto, lo accarezzò senza fretta, come se stesse suonando un piano, nota dopo nota. Il suo corpo danzava sul suo, guidando ogni respiro, ogni fremito. Ogni volta che Giulio provava a riprendere il controllo, Silvia gli sussurrava un “No” appena accennato… e lui cedeva.
La tensione era diventata elettricità pura. Quando tutto finì, Giulio rimase sdraiato a terra, stremato, il petto che ansimava piano.
Silvia si alzò, lo guardò dall’alto e disse, accarezzandogli i capelli con lentezza:
“Questa era solo la prima regola. La prossima volta… ti metterò davvero alla prova.”
Giulio non rispose. Sapeva solo una cosa: era entrato in un gioco in cui non comandava più. E non riusciva a capire se ne fosse terrorizzato… o eccitato all’inverosimile.
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