tradimenti
Fraintendimento

21.02.2025 |
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"“Senti, stronzo, non ti sognare di sborrare ancora; prima mi devi far godere un numero infinito di volte, poi sarò io a dirti quando concludere;..."
Come era nelle sue abitudini, quella domenica Franco si era trattenuto fino al tramonto per pulire e rassettare i locali della pasticceria che possedeva in società con sua moglie, sogno coltivato fin quasi dall’infanzia e costruito con enormi sacrifici grazie soprattutto alla sua fantasia creativa che gli aveva consentito di ‘ideare’ dolci sempre nuovi e diversi, particolarmente apprezzati dalla vasta clientela; Marzia, sua moglie, si era sempre limitata a sostenerlo con la presenza e con un certo affetto, frutto di abitudine più che di entusiasmo di sentimenti.Si conoscevano da sempre e, quando avevano cominciato a fare sesso, lei aveva già fatto le sue belle esperienze; non si era negata ad altri rapporti, anche dopo il ‘fidanzamento’ e il matrimonio, cinque anni prima, lei ventenne e lui ventiduenne; per inveterata abitudine, se l’era cavata sempre accampando un capriccio da ragazzina a cui lui non si era mai negato; la loro esistenza scivolava così piatta e senza scosse; sempre con la scusa dei capricci, lei si era fatta intestare l’affitto dei locali e la licenza per l’attività artigianale.
Insieme a Marzia, era uscito anche Antonio, l’amico più fedele che contavano e che condivideva il loro lavoro anche se, per la verità, il suo contributo non sempre soddisfaceva in pieno le promesse e gli impegni; piuttosto superficiale e farfallone, era più preoccupato di corteggiare le belle clienti che di collaborare seriamente all’attività; più volte Franco si era domandato se non fosse per lui più opportuno accettare l’offerta di lavoro che gli veniva da un supermarket a qualche chilometro di distanza e diventare capo del servizio pasticceria.
La smania irrefrenabile di un’attività tutta sua, resa ancora più affascinante dalla possibilità di esprimere la creatività; la difficoltà a lasciare Marzia e la ‘creatura’ a cui avevano dato vita; la distanza del supermercato, a oltre cinquanta chilometri dalla residenza; insomma, una serie di elementi logistici ed ideali gli impediva assolutamente di accettare la proposta, per quanto allettante perché prevedeva un ruolo direttivo in una piccola azienda dolciaria e uno stipendio fisso di notevole importo.
Entrò in casa e si sedette con Marzia a tavola; consumarono in fretta le due bistecche che lei aveva preparato e finalmente riprese possesso del cellulare che non aveva trovato per tutta la giornata; ebbe la sensazione che fosse stato manomesso, ma solo Marzia poteva avervi curiosato, perché non aveva password protettive e non nutriva nessuna preoccupazione sull’uso che presumibilmente ne avrebbe potuto fare.
Alle nove circa di sera, mentre si preparava a sbracarsi davanti alla TV, lei si accostò sorniona, gli fece un poco di moine, poi lo invitò ad un nuovo gioco, per il quale bisognava che si facesse ‘impacchettare’ con scotch industriale; con somma meraviglia vide che gli legava i piedi, seduto davanti al divano, e le mani in alto sulla testa; alla fine un pezzo di nastro lo imbavagliò; non sapeva se irritarsi, se preoccuparsi o se effettivamente prepararsi ad un gioco nuovo da lei inventato.
Quando fu seduto a terra legato come un salame, lei gli presentò alcune foto dal cellulare.
“Porco, ti sei divertito a sbatterti Susy, la ragazza di Antonio, non è vero? Anche le foto sul cellulare hai salvato. Volevi forse vantartene con qualcuno? Adesso vedrai come paghi salato il tradimento!”
Intanto col suo telefonino aveva chiamato qualcuno e dopo pochi minuti andò ad aprire ad Antonio che forse era in zona; mentre si spogliava sensualmente e, carezzandolo lussuriosamente, spogliava anche il partner, si lanciò in una filippica che ben presto venne a noia al marito che, nella condizione in cui era stato posto, non era in grado di obiettare che qualche grugnito incomprensibile; cominciò in quel momento la serata degli orrori in cui avrebbe sperimentato la violenza della moglie.
Marzia, appena sfilò all’amante il pantalone e il boxer, afferrò a due mani il cazzo e lo masturbò sapientemente, mentre descriveva al marito, passaggio per passaggio, i movimenti che faceva e gli chiedeva furiosa se l’altra gli avesse fatto quella carezza; per prenderlo in bocca, si accosciò sui suoi piedi e gli offrì la vista del culo che vibrava di voglia e della figa che già colava umori di piacere; tirato da lei per le natiche, Antonio affondava in gola la mazza, un duro randello di oltre venti centimetri, che quasi la soffocava.
Il lavoro di bocca, di lingua e di gola, sul grosso batacchio andò avanti per oltre mezz’ora e, progressivamente, lui vide il cazzo affondare sempre più liberamente nella gola di lei, che ogni tanto si interrompeva per invitarlo a guardare quanta sapienza mettesse nell’ingoiare un bastone che lui neppure si sognava, anche se per dieci anni si era fatta sfondare dappertutto dal suo manganello che spesso sfiorava, al massimo dell’erezione, i venticinque centimetri.
Sapeva per certo che lei agiva sulla spinta di un impulso irrazionale che l’aveva portata a scambiare innocenti foto ‘in posa’ per resoconti pornografici di un rapporto, che non c’era mai stato; ma Marzia era ancora e sempre la bambina capricciosa che non ammetteva verità diverse dalla sua e continuava la sua orazione a dimostrazione che stava esercitando solo un diritto di parità facendosi sbattere come un tappetino; Antonio, perfidamente, non rinunciava ad una scopata che aveva sempre sognato, al prezzo di un matrimonio e di un’amicizia rovinati.
Quando decise di farsi scopare, Marzia non trovò di meglio che sdraiarsi supina sul corpo impacchettato del marito, per rendere ancora più feroce l’umiliazione; naturalmente, accompagnava ogni gesto con un commento condito dalle parolacce più triviali che le venissero; si sentì apostrofare ‘cornuto’ un miliardo di volte ma anche ‘frocio’ ‘impotente’ ‘cuckold’ ed altre amenità del genere che lo colpivano come frustate sui punti deboli del corpo e dell’anima.
Quando fu completamente distesa su di lui, dopo averlo deriso perché il suo ‘cazzo di impotente’ non dava nessun cenno di risveglio davanti aduna donna di tanta classe, invitò l’amico a scoparla alla missionaria e l’altro eseguì caricando il ‘salame’ del corpo di lui col peso dei due amanti e delle botte che lui dava mentre affondava il cazzo profondamente nell’utero; Franco adottò il criterio dello stoicismo e lasciò che lo umiliassero in tutti i modi.
Ogni colpo, ogni affondo, si riverberava sul suo corpo come spinta innaturale; Antonio ci mise poco ad imporre alla scopata un ritmo da cavallo, spingendo il cazzo dentro finché gli ossi pubici ‘facevano scintille’ scontrandosi direttamente; la montò a lungo, tra le urla di lei e gli improperi che rivolgeva al marito invitandolo ad osservare quanta maestria lei avesse nel prendersi dentro la mazza e chiedendogli se Susy avesse goduto altrettanto quando lui le aveva offerto i suoi leziosi preliminari di cui lei era ormai stufa.
Non riuscì a sborrare, Antonio, perché Marzia, in questo abilissima, gli strozzò i coglioni quando avvertì che stava per godere; lo spinse via e ricominciò da capo; stavolta si appoggiò alle sue cosce, piegata a pecorina, e si fece leccare a lungo figa e culo; ormai vaneggiava mentre l’altro percorreva a larghe spatolate il perineo dal monte di venere al coccige fermandosi ogni tanto a penetrare con la punta della lingua nel culo o nella figa a titillare; gli orgasmi di lei non si contavano.
Col viso contro il viso, con gli occhi di fuoco nello sguardo di lui misto tra rabbia e schifo, lo riempiva di contumelie e non smetteva di raccontare per filo e per segno le emozioni che la lingua le provocava e il piacere che si preparava a ricevere, condendo ogni frase con un oltraggio rabbioso; era chiaro che era al limite estremo della violenza pura e si tratteneva solo per non rischiare di trasformare tutto in tragedia anche se la violenza domestica era del tutto dimostrata.
Quando fu contenta della scopata in figa, Marzia interruppe per un attimo la monta e si staccò da Antonio; uscì quasi correndo e tornò subito dopo, recando il tubetto di lubrificante che usavano di solito per scopare nel culo; lo passò all’amante e al marito annunciò ironica.
“Adesso finalmente impari come si incula per bene una donna che merita tutto l’amore del mondo; come vedi, il tuo amico ha una gran bella mazza e forse mi ridurrà male l’intestino, ma lo sai che godo molto con un bel cazzo nel culo, anche se mi fa male, non certamente il tuo; spero che quella zoccola di Susy abbia goduto anche nel culo col tuo cazzetto!”
Si appoggiò a lui con le mani e protese le natiche verso l’amante; lui la leccò a lungo per tutto il sesso, e particolarmente sul culo e nell’ano; infilò le dita nel canale rettale, prima uno poi due poi tre, e le unse tutte per tornare a infilarle, più agevolmente, e farle ruotare finché si rese conto che il foro era abbastanza largo per consentirgli di infilare senza problemi la grossa mazza, e in particolare la robusta cappella, fino in fondo.
Spostò il cazzo dalla figa al culo e cominciò a spingere; Franco avvertiva con chiarezza e vedeva nitidamente il dolore che la forzatura dell’ano procurava alla capricciosa ragazzina, che stringeva i denti e lacrimava in silenzio mentre l’asta scivolava dolorosamente fino in fondo all’intestino; si rese conto visivamente che alcune pieghe dell’ano avevano ceduto per la forzatura e sanguinavano; ma la troia ormai non aveva in mente che farsi scopare masochisticamente; decise che era finita.
Quando i coglioni sbattettero sulla figa e la donna sentì che il cazzo era tutto dentro, fermò con un gesto della mano la monta e fu lei a risucchiare nel ventre il manganello, carezzandolo delicatamente coi muscoli del canale rettale mentre si muoveva avanti e indietro per portare l’asta fino ad uscire per farla poi rientrare con uno schiocco del ventre sulle natiche; Antonio ansimava preso dalla libidine e lei fu quasi costretta a frenarlo.
“Senti, stronzo, non ti sognare di sborrare ancora; prima mi devi far godere un numero infinito di volte, poi sarò io a dirti quando concludere; quest’imbecille deve vedere quanto piacere so prendere da un cazzo nel culo, cosa che nessuna saprà mai più dargli; solo quando gli avrò fatto bene imparare la lezione, avrai il permesso di riempirmi il culo della tua sborra; e tu, frocio, impotente cornuto e stronzo, sappi che solo io posso darti la passione che cerchi; nessuna te ne può dare altrettanta.
Hai sempre perdonato i miei capricci e non te ne sei curato più di tanto; vorrei proprio sapere per quale stupido motivo hai deciso di scoparti un’altra che poi non vale una piccola parte della mia bellezza e capacità di scopare con stile!”
“Marzia, prega che Susy non sappia mai le cose che dici di lei; io sono certo che non hanno scopato; tu ne sei convinta e io mi sto giocando il rapporto con Susy per la tua voglia, anzi per la mia voglia perché ne avevo tanta di scoparti; finora ho solo perso l’amicizia di Franco e forse il lavoro se si incazza; ma se tiri dentro anche la mia ragazza, ho paura che avrai di fronte una nemica ben più agguerrita.”
“Questo frocio non avrà il coraggio di fare niente; è mio, completamente, e non può neppure sognarsi di lasciarmi o di licenziare te, visto che la bottega è intestata a me e decido io chi viene e chi va; adesso pensa a scoparmi per bene e non rompere più i coglioni a contraddirmi; se c‘è una cosa che non sopporto, è il giudizio degli altri opposto al mio; se dico che è bianco, può essere solo bianco e, se non lo è, gli stronzi come mio marito fanno di tutto perché anche il nero diventi bianco; lo capisci?”
“Non capisco ma mi adeguo; se tu sei la padrona del mondo, posso solo inchinarmi a te e scopare al massimo delle mie possibilità!”
Scoparono fino alle due della notte; in quelle quasi quattro ore residue, Marzia si scatenò nel sesso più violento e selvaggio di cui fosse capace; si fece inculare di brutto fino a sanguinare abbondantemente, si fece sbattere in figa finché i lividi delle botte le annerirono l’inguine; succhiò per tempi interminabili l’uccello fino a vomitare o a rischiare il soffocamento; l’unico obiettivo era sfogare la rabbia contro il marito che aveva contravvenuto all’obbligo di fedeltà totale.
In realtà, l’unico a ‘pagare’ fu il povero Antonio costretto alle acrobazie più strane e impensate per evitare di sborrare in anticipo sui tempi che la sua dominatrice aveva, in mente sua, stabilito; aveva accettato l’invito di Marzia solo perché da sempre aveva desiderato scoparsela ma era andato in bianco anche quando aveva saputo con certezza che aveva tradito il marito, spesso con individui totalmente sconosciuti, e aveva costretto Franco a riprenderla con se perché il suo era stato ‘solo un capriccio’.
Alla fine della giostra si trovava, sì, ad aver scopato con gusto e con libidine intensa con un femmina assai interessante dal punto di vista sessuale; ma aveva la certezza che Franco non avrebbe perdonato la slealtà dell’amico complice di sua moglie ad umiliarlo gravemente e, se la cosa si fosse risaputa, come era assai probabile, avrebbe perso anche la fiducia e la disponibilità di Susy, da anni la sua ragazza e coinvolta in quella strana faccenda di corna vere o solo immaginate da una bambina non cresciuta.
Solo quando ormai ambedue non si reggevano in piedi lei ritenne che la ‘punizione’ poteva ritenersi conclusa; liquidò l’amante occasionale, tagliò il nastro adesivo dalle mani del marito e si rintanò in camera; lui andò in bagno a rinfrescarsi e a massaggiarsi polsi e caviglie troppo a lungo chiusi nella stretta oppressiva dei legacci; andò cautamente in camera, prelevò dall’armadio alcuni suoi abiti, si cambiò, riempì una valigia e uscì alla chetichella.
Il giorno seguente, lunedì, era di chiusura della pasticceria; Marzia non si alzò dal letto prima di mezzogiorno; da quando era crollata sfinita sul letto, disfatta dalla lunga seduta di scopate, non ricordava più niente; fu quindi con enorme meraviglia che notò l’assenza dall’abitazione di suo marito; provò a rintracciarlo sul telefonino, ma trovò un blocco di chiamata che la mandò in bestia più di quanto non fosse già in conseguenza della serata precedente; bestemmiò in tutte le lingue ma si arrese.
Pranzò da sola, borbottando alternativamente minacce, offese, ingiurie, bestemmie e promesse che Franco l’avrebbe pagata cara; della sua figa si sarebbe scordato finché non avesse chiesto perdono in ginocchio; passò il pomeriggio a chiamare tutto il mondo, qualunque amico o conoscente che riteneva potesse avere anche vaghe notizie di suo marito, ma incontrò un muro di ignoranza che la mandò in crisi; nonostante il giro di conoscenze non era in grado di localizzarlo.
La cosa che più la mise in crisi fu però la considerazione che l’indomani, all’apertura della bottega, molte cose dovevano già essere state predisposte, in particolare per clienti speciali che avevano chiesto confezioni specifiche affidandosi all’estro di Franco; quasi se ne rendesse conto per la prima volta, dovette ammettere che era suo marito a mandare avanti la baracca; lei, da sola, non era in grado di fare altro che confezionare, pesare e incassare il dovuto.
Il terrore che l’assenza di Franco si prolungasse fino al mattino seguente l’aggredì e la fece star male; Antonio, sollecitato direttamente, rivelò di essere l’ultimo dei lavoranti, al quale suo marito non affidava neppure il dosaggio degli elementi, figurarsi se sapeva qualcosa di ricette più o meno segrete; non le restò, in definitiva, che accettare di dipendere dall’estro di suo marito; la pasticceria era stata soprattutto una sua creazione e aveva abbastanza senso di responsabilità per non lasciarla andare alla deriva.
Ma la mattina seguente non c’era nessuno, con lei, all’apertura che avvenne in ritardo, perché di solito era Franco ad aprire le serrande alle prime luci dell’alba e ad avviare le macchine prima che arrivassero i lavoranti; Marzia andò dopo le nove e già molte lamentele si erano levate da clienti che erano andati ad ordinare torte per specifiche ricorrenze, da confezionare in giornata, e avevano trovato chiuso; quel martedì, il disagio fu notevole; nel corso della settimana si fece problematico.
Il danno che ne derivò non era di poco conto, in un’economia oculata e calibrata in ogni piccolo movimento; fu una mazzata che rischiava di diventare fallimento se, entro la fine del mese, Franco non si fosse deciso a riprendere il suo posto e, soprattutto, il suo ruolo di guida e di creativo; il primo a riconoscerlo era proprio Antonio, il suo complice nell’umiliazione al marito, che non era in grado di proporre alcunché per sopperire alla crisi conseguente all’assenza del titolare.
La domenica pomeriggio, dopo aver pranzato squallidamente da sola, Marzia andò al bar frequentato agli amici sperando di avere notizie di suo marito; incrociò immediatamente Susy e l’aggredì accusandola di avere scopato alle sue spalle con suo marito; fece cenno alle foto viste nel cellulare di Franco; l’altra divenne una belva e dovette essere trattenuta dalle amiche perché minacciava di graffiarla seriamente.
Quando si fu un poco calmata, la riempì di improperi e obbligò tutti a guardare con cura le foto da cui risultava chiaro che, a firma di Guido, un loro amico fotografo, quelle foto erano state scattate per un dossier sulla foto d’arte con vaghi accenni alla sensualità; fece notare che le mani di Franco erano, sì, sul seno e sulla figa, ma decisamente al di sopra dell’intimo; quasi in risposta, Oriana, una loro amica, fece guardare un video, avuto da Franco, da cui risultava l’umiliazione che avevano imposto al poveretto.
La reazione di condanna degli amici fu unanime e Antonio si trovò di colpo abbandonato dalla ragazza, che chiese provocatoriamente a Marzia di far sapere a suo marito, se e quando lo avesse incontrato, che lei era molto ben disposta a fare con lui quell’amore in cui proprio la moglie dichiarava che Franco era un vero maestro; la poveretta, sommersa dalla merda che lei stessa aveva scatenato, non trovò di meglio che correre in bagno a piangere.
Quando uscì dopo essersi rinfrescata, si rivolse a Susy in atteggiamento lacrimevole ed umile, spiegandole che la sparizione di suo marito distruggeva, oltre al matrimonio, la loro creazione migliore e maggiore, l’attività artigianale a cui avevano dato vita insieme, molti anni prima; poiché Franco aveva posto il blocco di chiamata al suo numero, la pregava caldamente di contattarlo lei dal suo cellulare e, poiché le avrebbe sicuramente risposto, di passarglielo per chiarirsi.
Susy reagì come una belva ferita e la mandò letteralmente al diavolo; come poteva una donna essere così imbecille da pensare che, dopo averle attribuito corna che non le competevano per nessun motivo; dopo averle fatto rompere la relazione col ragazzo perché lo aveva coinvolto nelle sue, di corna, adesso impunemente arrivasse all’esasperazione di chiederle aiuto per recuperare il rapporto col marito che lei aveva calpestato, umiliato, terremotato, spazzato via?
“Una ragazzina stupida, che si è rifiutata di crescere, che ha imposto sempre e dovunque il suo punto di vista incontrando solo gente che la favoriva nei suoi capricci, può arrivare a dire cose così ed anche peggiori; tu non hai vissuto con un uomo che mi adorava e mi metteva su un altare di divinità; se avessi sperimentato l’amore devoto e inattaccabile di Franco, anche solo per un mese, sapresti che puoi sentirti una dea e sbagliare fino a quel punto.
Solo davanti a tre cadaveri, il matrimonio, l’amore e il bambino down che abbiamo mantenuto insieme per molti anni finché è diventato la certezza che è ora; solo davanti al disastro che la mia arroganza ha combinato, sono in grado di capire che ho sbagliato tutto e che devo, capisci DEVO, cercare tutte le strade per recuperare quel poco che posso; non riavrò più mio marito, non posso sperare di recuperare il suo amore; ma il bambino posso ancora salvarlo; e devo farlo io.
Lo sai che per una presuntuosa, come sono io e come sei anche tu, la sofferenza maggiore è quella di umiliarsi davanti alle vittime e chiedere perdono; non ho nessun pudore a implorarti di aiutarmi, perché il fine ultimo vale qualunque sacrificio, anche quello dell’orgoglio; puoi farmi la carità di chiamare mio marito, di dirgli tu quello che vorrei comunicargli io e di chiedergli, per pietà anche lui, di parlarmi per cercare lo spunto per salvare il salvabile?”
“Non lo posso fare, Marzia; ora come ora tra me e Franco si è aperto un contenzioso che non abbiamo voluto ma che ci è stato imposto dai fatti; gli parlerò solo quando e se avrà superato questo scoglio; chiedilo a Oriana; con lei Franco ha già un canale di comunicazione; fai chiedere a lei se tuo marito vuole parlare con te per ricucire uno strappo che vedo assai difficile da risarcire … “
“Marzia, Susy ha ragione; deve essere una persona terza a fare da mediatore; io posso e voglio farlo; chiamo Franco, lo avverto che vuoi parlargli e vi metto in vivavoce; così assumete davanti a tutti eventuali impegni … Ciao Franco, sono Oriana; sono con Marzia e mi ha raccontato tutto; ci sono anche Susy e Antonio; tutto adesso è limpido e tua moglie vorrebbe recuperare il salvabile da questa tempesta; se ti metto in vivavoce sei disposto a parlare con serenità con lei e con me?”
“Va bene; sentiamo cosa la nobildonna vuole recuperare.”
“Ciao, Franco; è inutile che chieda perdono; ho sbagliato su tutti i fronti, forse da una vita; dove sei adesso? Che stai facendo?”
“Dovresti almeno sapere di quell’offerta che avevo avuto, di fare il direttore del reparto pasticceria di quel supermercato; ho accettato, ho uno stipendio assicurato e di buon livello; solo, mi devo sistemare a cento chilometri da te, che non è poi tanto male, vista la piega che le cose hanno preso tra noi … “
“Posso esprimere una mia convinzione o mi accuserai ancora di essere arrogante?”
“Non mi pare di averti mai impedito di dire la tua, salvo poi discuterne ed eventualmente confutarla … “
“Io so che il Franco che ho conosciuto e che amo da sempre non avrebbe mai accettato di fare il dipendente di un’azienda, anche se da alto dirigente con grosso stipendio; lo sanno anche le signore che vengono ogni giorno a chiedere di te per una torta particolare o le donne innamorate che vorrebbero la dedica di un dolce nuovo, che le ricordi in qualche cosa; tutti siamo convinti che la creatività è il tuo punto di forza; l’azienda era un ripiego e non la consideravi; non credo che tu abbia scelto.
Forse ti sei sentito obbligato dalla logica, a rifiutare il passato e scegliere un nuovo percorso; ma rischi l’infelicità anche nel lavoro, dopo che io ti ho distrutto stupidamente quella dell’amore e della famiglia; questa non è una scelta, ma una necessità; invece puoi ancora essere il riferimento che sei sempre stato per tutti, clienti, amici e donne innamorate; ce ne sono tante, sai?, addirittura Susy mi ha chiesto di riferirti che, se le offri l’amore che sai dare tu, è pronta a qualunque sacrificio … “
“Marzia, in nome di che cosa dovrei ritornare nell’inferno che mi hai costruito intorno? Cosa mi dovrebbe portare a credere di nuovo in voi, in te soprattutto?”
“Non devi credere in me, ma nel ragazzo down che hai coccolato e amato finché non ha camminato da solo, devi credere nel lavoro, nella bottega artigianale che ha coronato, finora, la tua vita … “
“Marzia, tu continui a parlare per entusiasmi e non cali le cose nella realtà. Se io torno a lavorare come tu proponi, mi sai dire per chi lo farei?”
“Per te, per il tuo sogno, per il tuo down … “
“Già! … Peccato che l’affitto sia a tuo nome e la licenza anche; lo dovrei fare per te, cara la mia padrona; hai dimenticato che hai voluto essere la ‘signora’, la padrona, la dominatrice; tu mi chiedi di dimenticare le umiliazioni e di tornare a lavorare per te; qui io lo farei per il mio stipendio; lì lo farei perché tu possa vantati di essere la padrona di tutto … “
“No! Non voglio questo; ho sbagliato quando ho voluto impadronirmi anche della tua creatività, della tua fantasia; ma tu allora non ti opponesti perché era l’amore che ci faceva fare le scelte; ora che l’amore è morto, troveremo il percorso perché tutto ritorni in regola e la bottega sia tutta e solo tua.”
“Sei sicura che si possa fare? Quanti anni ci vorranno perché cambino le intitolazioni? Scusami, Marzia, ma tu parli ancora come una bambina parla delle sue bambole da vestire, da lavare, da smontare; e invece parliamo di leggi, di notai, di amministrazione comunale, di camera di commercio … “
“Franco, sono Ersilia; non costringermi ad essere cattiva; stai ingigantendo i problemi; se non vuoi tornare, parla chiaro; se vuoi tornare, con pochi documenti e in una settimana sono in grado di raddrizzare le cose!”
“Ersilia, scusami, non ingigantisco niente; è un campo che non conosco e mi spaventa; dovremo anche stabilire che ruolo avrà Marzia, forse solo socia sugli utili netti, ma non so giuridicamente come ci si debba comportare … “
“Franco, tutte queste cose le faremo da persone adulte, non da ragazzina presuntuosa e capricciosa, credimi per favore; da li con un autobus in poco più di un’ora puoi essere qui; dove vai ad alloggiare? Accetti la convivenza da separati?”
“Calma, noi non siamo ancora separati, non abbiamo nemmeno avviato le pratiche; chiaro che non dormo con te, dopo quello che è successo; ma possiamo sempre organizzarci perché uno dei due adotti lo studio come camera sua personale … “
“Quindi vita comune ma letti separati … “
“ … Salvo le sere in cui ho un appuntamento e non torno a dormire … “
“In qualunque momento ritornerai, io sarò a casa; voglio imparare a godermela, la casa, ed anche mio marito se riuscirà a dimenticare a ad accettarmi ancora con l’amore intatto che ho per lui … “
“ … e con la paura che queste dichiarazioni mi incutono quando penso che dovranno poi essere realtà quotidiana … “
“Franco, ti prego; ho scopato spesso, anche contro di te; ma voglio spazzare via il passato; non vado a recuperare il peggio; l’unica cosa in cui forse dovrò chiederti un sostegno sarà aiutarmi a ragionare da persona adulta e responsabile; sento che il tuo amore è intatto come il mio; qualche scopata e un poco di sperma non incrinano l’amore per i mongoloidi; tu ne hai almeno due, me e la pasticceria; e voglio convincermi che nessuno dei due è morto, dentro di te. Posso aspettarti a casa, stasera?”
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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