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Il conto prima o dopo arriva


di geniodirazza
25.12.2024    |    754    |    0 9.2
"Una sera, per la disperazione, beve più del solito ed è sbronzo quando lei lo riporta a casa e lo mette a dormire sul letto matrimoniale; mentre lui è..."
Non è un amante raccomandabile, Angelo; ipodotato, dolce e fanciullesco nei modi, non riesce a tenere a bada la ragazza che, ingenuamente, ha sposato finanche troppo presto; ci mette poco, lei, a cercarsi diversivi; in poco tempo, a meno di un anno dal matrimonio, lui si trova tradito senza limiti; se ne lamenta con Oreste, il capogruppo della sua squadra di lavoro, un macho irresistibile, che gli propone una dura vendetta; non ha il coraggio di infierire contro di lei e chiede di soprassedere.
Ufficialmente, lei lo accusa di trascurarla; in realtà, non è contenta delle sue prestazioni a letto e, dopo un minimo di pazienza, ha cominciato a ‘recuperare’ con i giovani frequentatori di un ‘bar degli amici’ dove lui, quando ci capita, è costretto a sbronzarsi al bancone mentre lei impazza, ritirandosi spesso nel bagno con qualcuno a cui offre le sue grazie; ufficialmente, non può provare le copule che si consente; ma ogni volta lei torna a casa con lo slip pieno di sperma, lo prende in giro e si lascia malvolentieri possedere anche da lui.
Angelo è troppo buono per prendere una posizione forte; come si dice al paese da cui provengono, ‘è tre vvote bbuono’ vale a dire che è fesso; il mammasantissima del territorio, suo padrino di cresima, prima che si trasferissero al nord, gli aveva molto raccomandato di non farsi mettere i piedi in testa da nessuno; non avrebbe mai pensato che a soggiogarlo e dominarlo volgarmente potesse essere la ragazza morigerata che aveva scelto per moglie.
Una sera, per la disperazione, beve più del solito ed è sbronzo quando lei lo riporta a casa e lo mette a dormire sul letto matrimoniale; mentre lui è completamente assente, lei tira fuori del nastro adesivo e gli lega insieme i piedi; le mani le lega direttamente ai pomelli del letto; telefona a due dei ragazzi del bar; quando arrivano, coi sali gli fa passare in parte la sbronza; aprendo gli occhi, Angelo si trova Marina nuda accanto a lui.
Ma sono nudi anche i due maschi ai piedi del letto che deridono il povero cornuto e lo prendono in giro per il suo pisello assolutamente inutile per un donna calda e ben fornita come la moglie che ride sguaiatamente della derisione; prima che abbia il tempo di rendersene conto, uno dei due si è lanciato su Marina e la sta possedendo in vagina; lei gode e geme lussuriosamente; di colpo Angelo si sente sveglio e assiste impotente a tutta la prestazione dei due.
Per un paio d’ore la possiedono violentemente da tutte le parti, la penetrano davanti e indietro, sopra e sotto, individualmente e in doppia fino a imbottirle vagina e sedere, insieme; il povero Angelo può solo assistere allo scempio senza poter fare niente per evitare le mortificazioni, le umiliazioni e soprattutto il cinismo assurdo di sua moglie, in definitiva una ragazzina capricciosa e incapace di rendersi conto dell’orrore di cui è protagonista; la cosa potrebbe costarle molto caro, se il padrino venisse informato.
Quando l’hanno ben bene maltrattata in ogni dove, si stancano, si rivestono e vanno via; lei va in bagno, si lava sotto la doccia; visto che lui non si calma, lo lascia solo sul letto e va a dormire su un divano, in salotto; per tutta la notte Angelo piange; al mattino, lei esce per le sue incombenze e lo lascia legato sul letto; Oreste, che doveva passare a prenderlo, quando non lo vede, tenta di contattarlo per telefono; ma Angelo, anche se sente il cellulare squillare, non può rispondere.
Oreste, spaventato, va a casa sua; da dietro la porta d’ingresso, lo sente urlare, entra da una finestra aperta, lo trova legato al letto, lo libera e riceve la confessione; vanno a lavorare come al solito, ma lo avverte che adesso la vendetta sarà dura, con lui o senza di lui; Marina neanche si meraviglia di non trovarlo legato al letto, pensa che si sia liberato in qualche modo e riprende la vita di sempre; in tardo pomeriggio va al bar dove poi Angelo, dopo il lavoro, la raggiungerà per rientrare insieme.
Non si fa nessun accenno a quanto successo la sera prima; spudoratamente, Marina continua a trattarlo male davanti agli amici che sghignazzano; ad un tratto, arriva trascinandosi fino alla porta del bar una delle ragazze del gruppo, decisamente sfigurata dal dolore e dai colpi ricevuti; piangendo, avverte che il suo ragazzo, uno dei protagonisti della serata a casa di Angelo, giace a terra mezzo morto perché una decina di ‘selvaggi’ lo ha picchiato a lungo.
Quando arrivano a soccorrerlo, è chiaro che è stato frustato dappertutto sul corpo con cinghie di cuoio; la ragazza aggiunge di essere stata violentata e di sanguinare da tutto l’inguine perché sono stati particolarmente selvaggi; prima di scatenarsi su di lui, hanno abusato di lei obbligandolo a guardare ogni momento della violenza gridandogli ‘adesso vediamo chi è l’impotente, chi è il cornuto.’
Chiamano un’ambulanza e la polizia; Angelo chiede a Marina se intende fermarsi, sapendo che saranno rogne con la polizia che interroga tutti per ore e stende verbali che fanno passare la notte ed anche il giorno; lei decide che è meglio andare via e salgono in macchina.
“Chi può essere stato secondo te?”
“Che sia una vendetta, mi pare chiaro; potrebbe essere uno scontro tra bande, se dietro al bar ci sono affari loschi che non ritengo impossibili. Se fossimo al paese, direi che è una punizione dettata da don Nicola.”
“Perché proprio don Nicola?”
“Dimentichi che ieri sera qualcuno ha umiliato e offeso gravemente il suo figlioccio? Io domani chiederò il divorzio, ma don Nicola queste cose le fa pagare; il ragazzo era uno dei due e la ragazza mi ha spesso chiamato cornuto.”
“Hai detto qualcosa a don Nicola?”
“Come avrei potuto fare?”
“Hai parlato a qualcuno di ieri sera?”
“Marina, come mi sarei liberato?”
“Ah, già; come hai fatto?”
“Sai, signora, io lavoro; tu vivi alle mie spalle come un lurido parassita; ma io lavoro e dovevo entrare in servizio alle due per il turno di sera; non mi hanno visto e Oreste è venuto a prendermi; mi ha liberato lui dai legacci che tu mi avevi imposto. Io non ti dico niente; mi limito a divorziare e a lasciarti in mezzo a una strada senza reddito e senza lavoro. Ma non escludo che Oreste possa avere sentito il dovere di avvertire il mio padrino; se è così, siete tutti in pericolo, tu per prima.”
“Oddio, no, non puoi farmi questo; divorziamo, non c’è nessun problema; mi arrangerò per sopravvivere … “
“A parte che don Nicola non ha nessun rispetto dello Stato e della Legge e ti farebbe punire comunque in nome della ‘sua’ legge, tu come sopravvivi? Vai a battere su qualche marciapiede?”
“Perché sei volgare? Un posto lo trovo … “
“ … all’inferno; e forse neanche lì; con la crisi in atto, si accapigliano per un posto da commessa o in un call center per pochi euro al mese; se hai un amante che ti accoglie in casa e ti mantiene, puoi salvarti; altrimenti finisci sul marciapiede o alla Caritas perché non hai niente a cui appigliarti, non un titolo professionale, nessuna esperienza di lavoro, neppure gli aiuti da don Nicola che mi procurarono il lavoro qui ... ”
“Ma non possiamo essere separati in casa?”
“Cioè?”
“Non siamo più marito e moglie ma continuo a vivere con te … ”
“ … e io continuo a pagarti vitto e alloggio; poi tu ti porti altri amanti in casa, mi umili ancora; è questo che proponi?”
“No, scusa; ho detto una sciocchezza; tu cosa proponi?”
“Io non devo proporre niente; ho già scelto la via democratica del divorzio; non cancello le corna, perché di quella sei stata largamente prodiga; ma non c’è più traccia di amore o di passione in me, nei tuoi confronti; per me sei morta; ma Don Nicola, se c’è lui dietro questa cosa, non ti vuole morta in astratto ma sul serio, un cadavere freddo; vuole anche distruggere la tua famiglia; sai come sono le faide paesane dalle nostre parti; aspettati di ricevere una brutta telefonata da tuo padre.
Sei solo una povera ragazzina imbecille e incosciente che ha fatto qualcosa di terribile e imperdonabile; puoi solo aspettare la punizione che don Nicola ha stabilito per te; forse ti sveglierai; ma ho paura che in questo caso scoprirai che sarebbe meno doloroso se ti buttassi sotto a un treno; moriresti di colpo; lui invece puoi essere certa che sarà più cinico e sadico di quanto sei stata tu con me; ti farà patire a lungo, vedrai; e verrà il momento che tu stessa chiederai di essere ammazzata.”
“Non puoi intercedere per me? In fondo, l’offeso sei tu … “
“Già; è vero! Che stupido a non pensarci! Mia moglie si fa sbattere sotto i miei occhi, dopo avermi legato al letto; io, che mi sono sforzato con grandi sacrifici di rimanere lontano dalla cosche, chiedo un favore a don Nicola, che da quel momento mi assolda nella sua ‘famiglia’ e controlla la mia vita. E perché lo faccio? Per difendere la mia cara mogliettina, il mio amore, la mia compagna fedele che non farebbe mai niente per offendermi … Sono queste le tue motivazioni?”
Suona il telefono di lei; è suo padre; respinge la chiamata.
“Brava, ben fatto; adesso rompi i ponti con tuo padre; così dopo la separazione non potrai neanche sperare di trovare presso la famiglia un riferimento!”
“Ma tu non dici sempre che vendicarsi è da deboli, perdonare da forti, dimenticare da saggi? Perché non perdoni una stupidata e ricominciamo da dove abbiamo interrotto?”
“Senti, demente, io non mi sto vendicando; se qualcun altro lo fa per me, non ne ho responsabilità; se tu non avessi offerto lo spunto, non sarebbe successo niente. Perdonare? Quante volte ho perdonato? Quante ne hai combinate? Anche questa te l’ho perdonata; ma non posso inginocchiarmi a un mafioso solo per salvare la tua imbecillità; non sarebbe né giusto né bello né spiegabile; e non pensare che riuscirò mai a dimenticare.
Certe cose lasciano ferite nell’animo le cui cicatrici non si cancellano più. Non voglio vendette; ho perdonato tutto; non dimenticherò mai niente; ma non voglio e non posso più vivere accanto a te, parassita, infedele e troia; domani, dopo la presentazione in tribunale della domanda di divorzio, non potrai più vivere nella mia casa, perché l’appartamento l’ho comprato io, con i miei risparmi, col mio sangue, e siamo in regime di beni separati; questo significa che tu hai solo gli occhi per piangere se ti riesce di accorgerti della fogna in cui ti sei buttata a corpo morto.”
Sono intanto arrivati a casa; lei si precipita a preparare il letto matrimoniale; lui la ferma e le impone il divano; non intende dormire con lei e non lo farà mai sul letto dove lei l’ha inchiodato per farsi sbattere da due stalloni; Marina può solo abbassare la testa, vergognarsi e riprendere a piangere; squilla ancora il cellulare e lei risponde alla telefonata più difficile.
“Ciao mamma … lo so … lo so … non posso farci niente …. Sono un’imbecille, ho sbagliato a sposare l’uomo migliore del paese; ho sbagliato ad accettare per padrino un mammasantissima … mamma, sono io quella sbagliata, sono tutto un errore e l’ho fatta grossa .. lui ha già detto che chiede il divorzio … da domani sarò in mezzo alla strada e non avrò un posto per dormire … già, vengo al paese e mi faccio massacrare pubblicamente come prostituta … non lo so affatto, mamma. L’unica è morire.
E che fate? Vi fate massacrare insieme a me? Capisci come è la vita? Vedo le cose quando è tardi e inutile … semplicemente perché secondo me ce l’ha piccolo; ho cercato quelli più grossi e mi sono stretta la corda al collo … va bene, non sapevo che anche papà ce l’avesse piccolo; non mi avrebbe aiutato perché sono troia dentro, evidentemente; o forse non ero preparata per passare dal paesello alla città; mi sono ubriacata e mi sono persa; ora il paesello torna e mi stritola.”
E’ depressa, la ragazza, e non riesce a fare chiarezza; ingoia un po’ di tranquillanti, sperando di dormire e si stende sul divano, con una coperta addosso; singhiozza rumorosamente per qualche tempo; lui chiude la porta della camera, prende un sonnifero e crolla addormentato, perché domani la sirena suonerà, nonostante le corna e i pentimenti; si sveglia all’alba, come sempre, va in bagno facendo meno rumore possibile, poi mette su la moka per il caffè; Marina si sveglia.
“Buongiorno, Angelo, come hai dormito?”
“Le mie pillole funzionano, lo sai; non posso permettermi notti insonni; il lavoro è pericoloso, se ci arrivo stanco … “
“Già … il lavoro … quello che mi mantiene … senti … se ti dico altre stronzate, te la prendi?”
“Marina, da quando ci conosciamo hai detto qualcosa che non fosse una stronzata?”
“No, ma queste possono essere le più grosse di tutte … “
“Parla.”
“Don Nicola mi farebbe del male se sapesse che mi perdoni e che continui a vivere con me senza separarci?”
“Non potrebbe; la cupola lo condannerebbe.”
“Te la senti di tenermi qui in casa finché trovo un lavoro decente?”
“Cosa dovremmo aspettare?”
“Provare a ricominciare, a ritrovare quell’amore che ci ha fatto commettere l’errore di sposarci troppo giovani e inesperti, a ricostruire la nostra vita passando una spugna sul passato in nome di un presente e di un futuro completamente diversi.”
“Scusami, non riesco a seguirti.”
“Tu hai sempre detto che molte operaie volentieri sarebbero diventate le tue amanti; io so per certo che Ofelia ti sacrificherebbe anche la verginità e non ti chiederebbe né garanzie né una relazione lunga; io ti ho obbligato ad assistere ad una mia copula estrema su quel letto; ti propongo di non cacciarmi di casa, di sospendere la richiesta di divorzio; viviamo qui come fossimo ancora sposati; intanto io mi cerco un lavoro e tu sperimenti tutti i possibili amori.
Se trovi che qualcuna è giusta per le tue necessità, io affretto la mia partenza e in qualche modo sparisco; presentiamo l’istanza di divorzio consensuale e in poco tempo, tu sei libero di rifarti una vita con l’altra; se non funziona come tu vorresti, io continuo a restare qui, su questo divano, ed accetto con animo sereno i tuoi amori, perché tu sai solo amare, non ti riesce di scopare e basta; io accetto i tuoi amori e me ne sto zitta, non muovo un filo senza parlarne con te.
Mi cucio persino la vulva, se vuoi, e non faccio sesso in nessun modo, divento la moglie che mia madre è stata per mio padre; hai sentito, anche lui è un ipodotato ma mia madre è felice con lui ed ha avuto altri due figli, dopo di me; ti propongo di fare questo esperimento per qualche tempo; se funziona, io riesco ad evitare di morire nella maniera peggiore, tu non chiedi favori a nessuno e, se ci riesce di superare queste rapide, forse possiamo riprendere a navigare insieme. Puoi starci?”
“Io voglio starci; il mio amore è intatto anche dopo quello che il tuo corpo ha combinato; ma non posso assicurarti che i tuoi amici la passino liscia; se dico ad Oreste che hai chiesto perdono e che ti lascio in casa tradendoti con tutte, può darsi anche che mi creda e che convinca chi lo dirige; non sono sicuro però che accetterà la mia scelta e potrebbe comunque fartela pagare; invece, i tuoi amici sono condannati e la condanna verrà eseguita, stanne certa.”
“Hanno sbagliato, con me, come me e forse più di me; io ho riso a sentirti chiamare cornuto, loro lo hanno ripetuto con gioia perversa; divento anche egoista; no, scusa, rimango l’egoista che sono sempre stata; anche in questo momento; ma io ho paura di morire e mi pesa molto la colpa che anche i miei pagano gli errori miei; ti prego, vuoi provarci, almeno?”
“Ora devo andare a lavorare; stasera, alle dieci, io torno e ti dico se sono riuscito ad ottenere qualcosa ... ”
“Per favore, cerca di convincerli che è stata l’imbecillità di una ragazzina stupida e capricciosa … “
Alla fine del turno di lavoro, Angelo passa come d’abitudine dal bar dove abitualmente Marina lo aspetta per andare a casa; in cuor suo, spera che non sia uscita, non almeno in quella situazione di tensione; ma l’imbecille è lì che scherza e impazza con i soliti amici; lui va a sedersi accanto ad Ofelia, l’unica della compagnia che se ne stia sempre in disparte, silenziosa, immersa in uno dei suoi libri di psicologia.
E’ meno bella delle altre, anche se nel fagotto degli abiti informi si intravede un corpo assai ben messo e due occhi grandi e azzurri fanno brillare un viso delicato e armonioso; sembra quasi che abbia scelto di passare inosservata e di studiare gli altri, anche per deformazione professionale; è psicoterapeuta e sta studiando da psichiatra; intorno a sé, ha la possibilità di studiarsi un campione di umanità assai interessante; la più intrigante di tutti è senz’altro Marina; ma Angelo non è da meno.
“Ciao, bellissima, che fai tutta sola?”
“Osservo e imparo … “
“Osservi anche me?”
“Sei la personalità più interessante; forse anche Marina, ma lei è un caso a parte … “
“A proposito, dov’è?”
“Dove vuoi che sia? In bagno, con un ragazzo … “
“Cristo; ma è folle?!”
“Perché? Non è una novità per lei … “
“No, niente … scusa … “
Sta per andare in bagno, quando entra una ragazza sanguinante; è la fidanzata del secondo ‘eroe’ di casa sua; anche lei è stata picchiata e frustata duramente; un coro di voci si leva dal gruppo; Marina emerge dal bagno spaventata.
“Troia, almeno pulisciti la bocca dallo sperma … fai schifo … Pronto? Oreste, bravo; adesso dai via al finale col botto … si te lo chiedo io … chiudi i conti anche con lei … ho bisogno di essere libero.”
“Hai sancito la condanna per tutti?”
“Oh, Ofelia; hai capito tutto?”
“Si, c’è un regista occulto dietro tutto questo; Marina mi aveva parlato di quel capoclan che è tuo padrino; è lui?”
“Si; avevo promesso a Marina di lasciarla fuori dalla vendetta; ma non merita più niente e pagherà tutto, fino in fondo; mi tocca cercarmi una nuova compagna … “
“Io sono fuori target, immagino.”
“Immagini male; se fossimo sereni tutti, ti avrei già corteggiato perché sei la più bella di tutte; non la più formosa o appariscente; sei bella dentro, tu; se aspetti che il divorzio mi ridia la libertà, ti proporrò di sposarci … “
“Sei matto? Dovremmo aspettare tutta la trafila della burocrazia? … “
Non ha tempo di rispondere; è arrivata la polizia; lui non viene interrogato perché era a colloquio con Ofelia; si sgancia e va via in macchina; lascia a piedi la moglie; sono passati meno di dieci minuti da quando è rientrato; sta preparando una camomilla quando sente bussare; è Ofelia; le apre e lei entra, seguita da una Marina impettita e stizzita.
“Io sono una persona libera e non accetto imposizioni da nessuno … “
“Stamane, mentre piangevi, non mi sembrava fosse così … “
“Ci ho ripensato; non mi potete fare niente; sono tua moglie … “
“Marina, senti una vecchia amica; stai sbagliando tutto … “
“Oh, non mi scocciare, pigliatelo tu questo pisellino moscio; io ho bisogno di mazze dure.”
Se ne va in bagno; il silenzio si taglia col coltello; Angelo lo rompe con una telefonata.
“Oreste, non si può fare più niente, dice che le piacciono le mazze dure; … se ti serve un’idea, parti da qui … Ciao.”
“Angelo, ti rendi conto di quello che hai fatto?”
“Tu, psicologa, che avresti fatto?”
“Non lo so; ma tu la stai condannando a una fine orribile … “
“Perché? Le piacciono le mazze dure? Da domani il mio padrino la raccomanderà al bordello più frequentato del Paese e ne avrà a iosa, ogni giorno, ad ogni ora; e dovrà ringraziare Iddio se la stessa fine non faranno fare anche a sua madre e alla sorella minore; le faide in paese sono terribili.”
Marina è tornata nel salotto.
“Guarda che tuo marito ha dato indicazioni terribili … “
“Ah, si? E quali, di grazia?”
“Domani vado in tribunale e presento istanza di divorzio, tu esci da questa casa per sempre; ti accoglieranno gli uomini di chi sai e sei già destinata ad un bordello; forse ci troverai tua madre e tua sorella … ”
“NO, NO, NOOOOOO non puoi farmi questo!”
“Amica mia, mi pare che te lo sei tirato con le unghie; ne ha tutto il diritto; puzzi ancora dello sperma dell’ultimo amante.”
“Vacci tu, con questo lumacone; poi mi sai dire se non sei costretta a cercarti uomini veri … “
“Marina, hai chiuso; quando uscirai da quella porta, non potrai rientrare più; quando scenderai in strada, troverai gli uomini di don Nicola che ti accompagneranno in un bordello e lì pagherai finché lui sarà soddisfatto; stai attenta … “
“Angelo, ho il mio momento di egoismo; ti va di farmi provare che lumacone sei? … Dov’è il letto dove ti ha inchiodato? … Ragazza, io vado a fare l’amore con tuo marito sul tuo letto; fammi il favore di startene qui pacifica e serena, se non vuoi assaggiare prima del tempo l’ira dei buoni … “
“Che stai dicendo? Che state facendo?”
“Ci prepariamo a fare l’amore, quello vero, non la bestialità che pratichi tu nei cessi!!!!!”
“Ma tu non l’hai mai fatto!!!!!!!”
“Angelo, ti crea problemi che io sia ancora vergine?”
“Sei vergine? Ti adoro; se ti fa paura non lo facciamo; se lo vuoi, ti darò tutto l’amore che vuoi; da stasera sei la mia compagna e la troia va a scatenare i suoi bassi istinti in un bordello; quando tornerò un uomo libero, ti sposerò e voglio almeno un figlio.”
“Il progetto mi affascina. Vieni!”
Vanno verso la camera; Marina resta allibita a guardarli, si siede sul divano con la testa tra le mani e comincia a piangere, prima dolcemente poi con sempre più vigore; prima che i due chiudano la porta si rivolge all’amica.
“Ofelia, accompagnami alla stazione, per favore; poi vieni a fare l’amore con Angelo; io non ti disturberò più … Hai ragione, Angelo, un treno è più rapido e indolore di un bordello e del resto. Addio.”
“Aspetta, Ofelia; tu resta qui; al patibolo è più giusto che sia io, ad accompagnarla!”
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