tradimenti
Aggressione

03.04.2025 |
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"Le sue mani mi impastano i seni, stringendo e spingendoli insieme prima di separarli..."
Facendomi strada un po’ a fatica tra i ragazzi, salgo le scale che portano al secondo piano del Pensionato. Controllo il telefono. Non lo ammetterò neanche sotto tortura, ma speravo in un messaggio di riconciliazione da parte di Luciano.Mentre mi avvicino alla mia camera sento delle voci in quella di Marco. Mi fermo, troppo curiosa. È evidente che sta lì dentro con una ragazza. Sento i gemiti affannosi di lei. Chiudo gli occhi.
Il corridoio si riempie dei suoni del sesso: gemiti e squittii acuti, quando lui grida: “Fanculo! Vattene!"
Sento il tramestio dietro la porta chiusa, rimango congelata sul posto dal suono della voce, bassa e furiosa. Alla fine, sobbalzo quando la porta si apre e lei si precipita fuori come se avesse il diavolo alle calcagna. Faccio un salto e mi avvicino alla porta della mia stanza, ma lui è lì in un attimo, imponente e furioso. Oltre che completamente nudo.
“Cosa diavolo stai guardando!” ruggisce.
“N... nulla” balbetto. “Lo giuro, niente.” Eppure, i miei occhi scendono sul suo corpo. Sulle sue braccia muscolose. Sul suo torace atletico e ansante. Sui suoi addominali duri e scolpiti. E sotto tutto questo c’è il suo grosso cazzo, che pende pesantemente tra le sue gambe. Anche se non è eretto, è enorme e intimidatorio, e faccio fatica a staccare il mio sguardo.
“Stavo solo...”
“Solo cosa?” mi incalza lui, improvvisamente di fronte a me. Allunga una mano e la stringe intorno al mio braccio, ignorando la mia reazione.
“Curiosando in giro? Spiando? Cercando del marcio su di me?”
“Cosa? No! Stavo andando in camera mia."
Lui mormora a denti stretti: "Tutto quello che voglio è una bella scopata per sfogare un po’ di energia repressa, quella stronza mi ha lasciato. Dimmi, perché non posso farlo?”
Mi tornano in mente i pettegolezzi su Marco e la sua ragazza, di quanto la maltrattasse. Peggio di Luciano.
Ribatto: “Non so perché è così difficile per te trovare una da scopare che soddisfi le tue esigenze. Ma posso tirare a indovinare. Forse sei così fottuto nel cervello, così malvagio e dispettoso che scopare una persona consenziente non ti basta. Forse il tuo cazzo è malato quanto la tua testa. Forse, nel profondo, sai che non c’è niente di attraente in te. Niente di speciale. Niente che valga la pena di desiderare."
La sua espressione si spegne per un istante, poi gli occhi si riempiono di un’oscurità che so mi costerà. Per una frazione di secondo, non mi importa. Penso che ne è valsa la pena.
Mi spinge nella sua stanza.
“Credo che tu abbia colto un punto importante. Dimmi di più.” Merda.
“Io...” “
Non ha finito. Ordina con disinvoltura: “A terra.”
I miei occhi si spalancano. “Cosa?”
“Mettiti a terra” ribadisce, spingendomi sul pavimento.
Mi inginocchio e mi trovo faccia a faccia con il suo cazzo ondeggiante.
Cerco di superare il panico crescente per riuscire ad accettare questa situazione.
Respingo la nausea che mi ribolle nell’intestino, ma prima che riesca a placarla, lui si muove di nuovo e si abbassa davanti a me.
“Stenditi.”
Mi chiudo a riccio, guardandolo a bocca aperta. “.. ti prego...”
La sua mano scatta in avanti per afferrare una manciata dei miei capelli.
“Lo sai che implorare rende tutto più eccitante. Quindi, implora quanto vuoi. Vedi cosa succede al mio cazzo ogni volta che apri la bocca? Diventa più grosso. Più duro. Il sangue ci pompa dentro.”
Lo impugna e fa scorrere la mano su e giù per l’erezione.
Mi mordo l’interno della guancia, costringendomi a fare silenzio mentre lo fisso, la sua mano che corre su e giù per la pelle rosa e tesa della sua erezione. È gonfia e incredibilmente grossa. Terribilmente grossa.
“Stenditi” ripete, con voce ingannevole.
“Questo non accadrà.”
La sua risatina è flebile e ruvida. "Vuoi scommettere?”
Non aspetta il mio assenso e usa la mano tra i miei capelli per spingermi indietro. Gli abbranco il polso, scalcio con una gamba, ma lui usa ogni parte del suo corpo per costringermi alla sottomissione. Senza nemmeno un grosso sforzo.
Mi fa cadere a terra in un attimo, con una mano piantata nella mia spalla e l’altra che allontana la mia.
I muscoli del suo petto quasi non si muovono mentre mi sale sopra, usando gli avambracci, le ginocchia, le gambe per bloccarmi, completamente incurante dei miei arti che si dimenano. I suoi occhi si accendono, e anche se sono ancora pieni di rabbia, contengono anche qualcos’altro. Impazienza? Eccitazione?
Mi strappa via le spalline come se niente fosse e mi tiene entrambi i polsi con una sola grande mano mentre tira giù il vestito dal mio corpo, lasciandomi esposta in un attimo.
Il suo cazzo scivola contro il mio stomaco, accidentalmente o intenzionalmente, non lo so. È liscio e caldo e la punta lascia un residuo appiccicoso sulla mia pancia.
Col respiro pesante, abbassa lo sguardo sul mio petto, fissando avidamente i miei seni.
“Perfetto” mormora, strofinando i miei capezzoli eretti coi pollici. “Fottutamente perfetto.”
Cercando di impedire al mio petto di ansimare, emetto una serie di appelli in preda al panico. "Non puoi farlo. Non puoi scoparmi, non puoi, non puoi.”
Lo sguardo nei suoi occhi blocca la mia voce. Si sposta per inchiodare le mie gambe con i piedi, mentre le sue ginocchia mi premono sulle braccia.
“Non ho intenzione di scoparti.” mi informa, "Almeno, non la tua fica.”
Si china, e per un attimo penso che stia per baciarmi. Le mie labbra fremono al pensiero, ma lui abbassa la testa e lecca invece l’incavo tra i miei seni.
Si rimette a sedere, il suo cazzo massiccio si muove sul mio petto bagnato.
Le sue mani mi impastano i seni, stringendo e spingendoli insieme prima di separarli.
Chiudo la bocca, temendo che voglia forzarlo tra le mie labbra, ma lui lo allinea alle mie tette e lo spinge tra di esse.
“Sì, questo sì che mi piace” geme, facendo lentamente dentro e fuori.
Le sue rotule, il peso del suo corpo che mi tiene giù mi fanno male.
Non posso fare nulla. Non posso andare da nessuna parte.
Sono in trappola, fisso la sua mascella che si stringe e i suoi occhi che si chiudono mentre assume un ritmo. I suoi pollici continuano a premere sui miei capezzoli molto sensibili.
Mi risveglia, inviando scosse di piacere indesiderato nel mio corpo. Ogni volta che spinge, il suo sedere sfiora avanti e indietro il mio basso ventre, stuzzicandomi appena sopra il bacino. Un calore rovente e traditore si accumula tra le mie gambe mentre assisto impotente. Non ha la minima idea di quello che mi sta facendo.
O almeno è quello che penso finché non rallenta, spingendo la punta del suo cazzo sempre più vicino al mio viso.
Apre gli occhi e ringhia: “Bacialo.”
Volto la testa dall’altra parte. “No.”
Il calore nel mio ventre aumenta a ogni spinta, a ogni strattone e stimolazione dei miei capezzoli.
“Lo farai.” mi assicura, rallentando il respiro e i movimenti. Ha lui il controllo. “Bacia.”
Sputo: “Fottiti.”
Lo sto dicendo per farlo smettere? O lo sto dicendo per incoraggiarlo ancora di più? Una nebbia è calata sul mio cervello, che si combina con gli affondi ritmici del suo cazzo, che si avvicina lentamente e sempre più alla mia bocca. Spinge, tira, spinge, tira.
La cosa più sconcertante è che, nonostante il modo in cui mi sta tenendo bloccata qui, nonostante il dolore, non mi sembra nemmeno aggressivo.
È come se il mio corpo fosse improvvisamente in fiamme, come se dovessi mettere tutta la mia forza di volontà per non alzare i fianchi di pari passo con i suoi. Mi ci vuole tanta di quella forza di volontà che è impossibile combattere l’impulso di assaggiarlo.
Si spinge di nuovo in avanti, aggrotta la fronte.
Quando è abbastanza vicino, tiro fuori la lingua e lecco la punta salata.
Sussulta, un fremito gli attraversa il corpo. Lo fa di nuovo, e questa volta apro la bocca e lo accolgo dentro di me.
È scivoloso, salato, bollente. Il suo respiro si accorcia insieme al mio.
Stringo le gambe, cercando attrito tra le mie cosce, ma la verità è che non ne ho nemmeno bisogno.
Sento che la tensione che si sta formando nel mio ventre sta per esplodere solo per il modo in cui sta giocando con le mie tette, per il sapore che ha nella mia bocca, per il peso del suo corpo che grava su di me.
“Dimmi quanto mi odi” mi ordina, allargando le narici mentre fa scattare i fianchi.
“Dimmi quanto cazzo mi odi, piccola, sporca puttana.”
“Ti odio!” grido, sentendo il mio ventre sempre più contratto. “Sei malvagio e cattivo.”
Apre gli occhi e li tiene fissi sui miei per un lungo istante prima di spingersi in avanti un’ultima volta, con il cazzo stretto nella sua mano.
Il suo corpo si pietrifica, bellissimo, e dalla punta sgorga lo sperma caldo che mi ricopre il petto e il collo.
Cade in avanti, con le mani accanto alla mia testa e il viso a pochi centimetri dal mio.
Sono ancora intrappolata sotto il suo peso, con una pozza di sperma sul petto.
Mi guarda, con la fronte sudata e le guance arrossate.
Ora è di una calma inquietante, tutto quell’odio oscuro e quel disgusto sfolgorante sembrano cancellati dai suoi lineamenti di pietra.
Il mio respiro è ancora affannoso, sono ancora in tensione per essermi vista privata di un orgasmo che nemmeno volevo, prigioniera di un turbine di emozioni. Quello che ho provato non era esattamente piacere, ma nemmeno dolore.
Lui si rimette in piedi. Sono consapevole di potermi muovere ora, ma non lo faccio. Rimango esattamente dove mi ha lasciata, distesa, senza fiato, dolorante, usata. Un singhiozzo mi sale in gola quando, alla fine, mi metto seduta.
Non provo ad alzarmi, le mie braccia e le mie gambe sono deboli e traballanti per essere state bloccate così a lungo.
Gattono lungo il corridoio e vado in camera mia, chiudendo a chiave tutto.
Un bip! Lo schermo s'illumina.
"Amo'. Ascolta, c'hai un grullo per moroso, scusa. Si va da te, ora, e si fa pace. Ok?"
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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