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Il Cervo - parte 2.


di Pprossa
27.12.2024    |    6.098    |    16 9.5
"Era incredibile quanto desiderasse che Roberto la penetrasse..."
"Amore...ti devo parlare." Roberto si stava chiedendo se la sensibilità dell’argomento da affrontare con Luisa avrebbe potuto danneggiare il loro rapporto e, di conseguenza, doveva trovare il modo più efficace per dirglielo, oppure non chiederglielo per niente.

"Roberto, amore, come stai? Ma che succede? Il mio telefono era scarico..." La sua voce leggera, senza retrogusti amari, lo stava innervosendo. L'aveva interrotta subito. "Amore, lascia perdere il telefono. Non ce la faccio. Ti ho detto che ti devo parlare."

Luisa ammutolì. Si sistemò nel sedile, impettita, seria. Si sfregò una mano contro l’altra. Non sapeva dove guardare. Arrossì, sbiancò. Mille paure bussarono al suo cuore. Si accasciò sul cruscotto della macchina, la testa fra le braccia. Esitò qualche secondo, poi parlò piano, quasi un sussurro. "Sono stata a letto con lui."
Alzò lo sguardo sul viso spento del suo fidanzato.

Roberto cercò la faccia giusta per incamerare quella notizia. Un’operazione che richiese qualche minuto. Rimasero lì, la pioggia che batteva sulla carrozzeria e quell’ingombrante rivelazione a prendersi tutto lo spazio nella sua testa. "Di cosa ti stupisci?" si stava ripetendo "Luisa è bellissima, sexy, piace agli uomini e ora sai che le piacciono gli altri uomini. Qual è il problema? Tu sei un problema."

"Cosa c’è, Amore? Ti ho sconvolto?" Sì che era rimasto sconvolto quando aveva immaginato Luisa e suo fratello intenti a…
In ogni caso, evitò di dirlo temendo di perderla. Avrebbe voluto chiederle se era stata quella che lui avrebbe sintetizzato come “una botta e via”, oppure se Sergio le aveva stregato il cuore. Cercava ancora un modo per formulare meglio la domanda, quando in un attimo lei aprì lo sportello e scese, piangendo. La guardò sparire oltre il portone e ripartì. Non sapeva bene cosa pensare. Si sentì uno sfigato, per un momento desiderò essere Sergio. No! Nessun problema! Luisa sembrava abbattuta. Tirò un sospiro di sollievo. Meglio cercarla subito, pensò, e cambiare argomento. Fece inversione.

Luisa era a casa, a riesaminare i pochi minuti con Roberto, ma alla fine, vinta dalla frustrazione, si sfilò i vestiti bagnati, indossò una tuta rosa e si preparò una tisana. Con la tazza fumante raggiunse il salotto. In mano teneva il telefonino col messaggio che le era stato recapitato durante la notte, lo lesse di nuovo, poi alzò lo sguardo, piangendo. "Sono una stupida, amore mio!" Si lasciò cullare dal torpore e si assopì. Fu risvegliata dal suono del campanello. Si alzò dal divano e andò alla porta. Era Roberto.

Luisa non sapeva bene cosa dire, si sentì triste. "Lu' ti ho mai mostrato tutto il mio amore? Guarda." Roberto la strinse fra le sue braccia e la baciò, incontrando la sua lingua. Luisa si scoprì contenta, rilassata, felice di amare un uomo ai suoi occhi tanto speciale e intelligente. Un’idea improvvisa, forse assurda, le balzò in mente. La rimosse immediatamente, mentre Roberto le baciava il collo, finché non si allontanò tenendole la testa fra le mani. I loro sguardi si incrociarono, attratti l'uno dall'altro.

Roberto la guardava, stupito dal proprio comportamento: "Amore, io.. io vorrei venire a letto con te, fare l'amore con te. Ti sembra folle questo?" Aveva riso nervosamente e Luisa con lui. Le aveva sfiorato la coscia. Lei lo aveva sfiorato a sua volta. "Ti va se andiamo a casa mia?" le aveva chiesto. Luisa aveva accettato, senza chiedersi il perché non andasse bene casa sua.

In auto, Luisa si spostò una ciocca dietro l’orecchio. Guardò Roberto che guidava sereno. Gli occhi nocciola, le mani lunghe e forti, i capelli ricci e corti. I muscoli di un uomo appena oltre la trentina. I minuti trascorrevano lenti, era scesa la nebbia e quell’aria malinconicamente sospesa che si portava sempre dietro.
"Amore, ho bisogno che tu faccia una cosa." Lui si girò e le sorrise: "Prontissimo" rispose, ben felice.
"Vorrei che rallentassi." "Adesso?" "Adesso, amore."
Roberto rallentò. La macchina procedeva lungo la strada deserta. Erano da poco le nove, ma in giro non c’era quasi nessuno. Luisa sentì di amare profondamente il suo uomo mentre, china sul suo grembo, ne gustava il sapore, appassionata. Si era sentita confusa. Ma ora, guardando quel cazzo duro e grosso, avvertì chiaramente che Sergio le interessava, sì, ma non significava più molto. Almeno non tanto quanto continuava a significare Roberto per lei. Era tutta un’altra faccenda. Alzò lo sguardo su di lui. D’impulso prese una decisione. Poggiò le labbra sulla punta del cazzo che amava, schioccò un bacio sopra e si rialzò, sistemandosi nel sedile.

A Roberto fu chiaro che quel giorno non sarebbe stato lui a dettare le regole: stava per avventurarsi dove non era mai stato e, ovunque fossero diretti, sarebbe stata Luisa a governare la barca. Doveva fidarsi? A sconcertarlo più di tutto era il fatto che lei non parlasse: non aveva detto una parola da quando si era rialzata. Così sicura che lui la desiderasse. Roberto accelerò. Percorse a velocità sostenuta la strada che, pur cambiando nome, attraversava la città in tutta la sua lunghezza. Posteggiò sotto il suo palazzo.
Scesero dall'auto.

Davanti alla sua porta, Roberto parlò: "E se io volessi prima sapere di lui, Lu'? Sei così sicura che io voglia… senza sapere se ami lui più di me?" Nell’udire quelle poche parole, lei esitò. Era la prima volta che Roberto coglieva un lampo di incertezza nel suo sguardo. Perfino una vena di tristezza, avrebbe detto. Allungò una mano per sfiorarle il viso. Luisa chiuse gli occhi, accomodandosi in quella carezza. "Luisa…" sussurrò lui. Posò il capo su quei riccioli morbidi, rossi, che profumavano di pesca. Poi sentì che lei gli stava sfilando la maglietta facendola scorrere lungo i fianchi, e decise di non pensare più.

Luisa voleva sentire le mani di Roberto su di lei. Desiderava guardarlo, e lui la lasciò fare. La camera da letto era in penombra, rischiarata solo dai raggi che filtravano tra le imposte. C’era il letto in legno, semplicissimo, il piumone bianco e soffice. Luisa si stese, continuando a fissarlo. Lui rimaneva in piedi accanto alla finestra riparata da una tenda celeste. Nudo era bello proprio come lei lo desiderava. Non si era ancora tolta il cappotto. Si alzò e si avvicinò a lui. "Puoi spogliarmi, se vuoi."

Un sorriso malizioso attraversò il volto di Roberto. Luisa lo guardò mentre camminava verso di lei, senza pronunciare parole. Le sue labbra le sfiorarono il collo, morbido, tenero, eccitante da morire.
Luisa chiuse gli occhi. Alzò le braccia. Roberto le sfilò la felpa della tuta dalle spalle. Le accarezzò il seno, sopra il reggiseno. Intanto, tracciava una scia di baci dalle sue labbra alla clavicola. Le scostò i capelli dalla spalla. Le passò le mani sul reggiseno. Poggiò le labbra sulle sue. Labbra morbide. Dolci. Esigenti. Fece scivolare la mano nel reggiseno, sfiorando il capezzolo con le dita.
Le dita dell'altra mano le sfiorarono il fianco. Trovarono l'orlo dei pantaloni e lo portarono giù, lasciandolo cadere a terra. Luisa rimase in reggiseno e mutandine. Il cazzo di Roberto, duro, premuto su di un fianco.

"Lu', sai esattamente cosa sto per chiederti nuovamente..." "Oh!" "Non ho intenzione di scoparti se non parli..." Luisa si morse il labbro inferiore. Era incredibile quanto desiderasse che Roberto la penetrasse. Stava impazzendo al pensiero che l'ultimo cazzo accolto tra le sue cosce fosse quello di Sergio. Si sentì oppressa da un peso.
"Amore, davvero, non devi preoccuparti, non lo amo..." provò a dire, "si è trattato di un momento di follia."

"Allora va bene così?" Roberto la abbracciò forte forte. Lei lo guardò, incerta. Lui continuò: "si è trattato solamente di un momento di follia. Perché dovrei preoccuparmi? Devo accettare che è successo e, soprattutto, Lu', che dovrò affrontare altri momenti di follia."

"No! Che dici?"

Roberto non la ascoltava più. Le sganciò il reggiseno e glielo fece scivolare dalle spalle. Trascinò i polpastrelli lungo il suo collo, sul petto, sui fianchi. Le sfiorò il collo con le labbra. Un bacio morbido. Le passò le mani sullo stomaco, sul petto, sulle cosce. Lentamente, le sue mani si posarono sui suoi seni. Con i pollici giocò con i capezzoli. Disegnò una linea di baci sul collo e sulle spalle. E si chiese se era quello il momento per affrontare l'argomento. Premette l’inguine contro il culo di Luisa. Le fece scivolare le mutandine fino alle ginocchia. Luisa le scalciò via con i piedi. "Sei nervosa? Amore." "Un po’."
"Ti ricordi cos’ho detto?"
"Hai detto un sacco di cose. Ti prego. Scopami!"
"Lu', prima rispondimi. Dovrò sopportare altri momenti di follia?" Un brivido scosse Luisa da capo a piedi. Cosa le stava chiedendo? Cercò di trovare le parole per rispondere, ma non ci riuscì.

"Vuoi che sia io a decidere?" Disse Roberto, con voce bassa e roca. A Luisa si bloccò il respiro in gola. "Si." Rispose. Roberto fece scivolare il braccio intorno alla sua vita. Spinse il corpo contro il suo. Il cazzo le premeva dietro. Lasciò volteggiare le mani sui suoi fianchi.
"Puoi farlo?" Luisa non lo sapeva. Ma aveva già accettato. Annuì. "Ma io non voglio!" disse lui, scioccato.

Contemporaneamente, portò il peso del suo corpo contro quello di Luisa, premendo la punta contro la fessura aperta dalle dita. Le scivolò dentro. Intenso. Le piantò le mani ai lati delle spalle e spinse dentro di lei. Andò più in profondità. Luisa mosse i fianchi per spingerlo più in fondo. Lui le premeva le labbra contro il collo. Poi i denti. Un graffio morbido. Spinse i fianchi contro di lei. Si mosse più velocemente. Più forte. Era tutto così maledettamente bello. Luisa curvò la schiena andando incontro ai suoi movimenti, spingendo il sedere verso di lui. Sentì il cazzo in profondità. Chiuse gli occhi. Si arrese alle sensazioni. Il suo respiro accelerò. Gli tremarono le cosce. Schiuse le labbra con un sospiro. Era quasi arrivata.

Roberto spinse ancora più forte. Più veloce. Divennero rumorosi. Luisa fu raggiunta dal piacere. Urlò. Urlò il nome di Roberto. Poi, lui si mosse più veloce e più forte, gemendo il nome di lei, mentre il suo uccello le pulsava dentro. I suoi muscoli si irrigidirono e poi si rilassarono.

Crollarono sul materasso, lui ancora dentro di lei, ancora dietro di lei. Luisa si mosse. Pensò che il suo uomo era possessivo, dolce, amorevole. Ripensò a Sergio, ancora la faceva ribollire per la rabbia. Che stupida! Sì, era stato bello, però… Una notte bellissima, ma…

Roberto era dietro di lei, crucciato. "Vaffanculo", pensò, immaginando di dirlo a Luisa. Ma poi la vide tra le sue braccia, i capelli profumati, la pelle, i glutei, violati. "Basta", si disse, "con questi pensieri andiamo poco lontano. Da adesso si cambia registro. Ma veramente."
Luisa sentì Roberto rialzarsi. Lo fece anche lei. Non si rivestirono. Rimasero lei in mutandine e lui con i soli slip. "Ti va un caffè? In casa..." Luisa accettò subito. Si spostarono in cucina.

Il gorgoglio della moka segnalò che il caffè era pronto. Luisa era tra le braccia di Roberto. Le mani di lui sulla sua pelle, sui suoi seni. Lei avvertì, in maniera sempre più netta, che qualcosa le stava sfuggendo. Si sentì insicura. Luisa non dubitava della sua integrità; non si era fatta scrupoli a darsi della stupida, nemmeno se fare l'amore con Sergio era stato bello. Tuttavia qualcosa non tornava. Una spiacevole nota stonata.

Una voce la distolse da quei pensieri. Era Sergio che chiamava Roberto. "...Fratello, ho una mezza verità da..."
Roberto lo guardò entrare nella cucina, e si piazzò sulla sedia di fronte al tavolo, portando con sé Luisa. "E io una novità tutta intera..." A Luisa scappò un sorriso freddo.


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