Lui & Lei

Baci


di Pprossa
26.02.2025    |    673    |    2 9.3
"Do un’altra occhiata in giro per assicurarmi che nessuno ci stia guardando e poi accarezzo lentamente il suo cazzo, verso la punta..."
Samuele accosta l’auto e si ferma col motore acceso sul ciglio della strada.
“Ma che succede?” chiedo.
I suoi occhi passano dalla strada a me, con una curiosità che guizza nelle sue iridi azzurre, sbuffa col naso. “Hai mai limonato in macchina quando ti avanzavano cinque minuti?”
Mi accorgo che lui si sta spostando con un secondo di ritardo.

La mia testa si gira verso la sua, le sue dita si intrecciano fra i miei capelli e mi tira a sé.
“Aspetta...” tento di dire, ma lui non aspetta un bel nulla.
La sua bocca trova la mia troppo in fretta perché io possa davvero pensarci. Mi irrigidisco davanti alla sensazione di morbidezza delle sue labbra sulle mie, ma a lui non sembra importare che io sia pietrificata. Anche se tutto questo è stato fulmineo, troppo fulmineo, le sue labbra si posano delicatamente sulle mie con movimenti lenti e dolci. Non è rude.
Lo guardo con occhi spalancati, anche se i suoi sono chiusi si confondono e sembrano uno solo.
“Rilassati” mormora contro la mia bocca, e mi cinge la mascella con una mano.

Il suo secondo bacio è molto più intenso, come se ci stesse mettendo tutto sé stesso.
C’è qualcosa di intrinsecamente e curiosamente sessuale nel modo in cui si muove, nel modo in cui la sua lingua fa appena capolino per accogliere le mie labbra.
Mi costringo a imitarlo e sento il mio viso diventare bollente quando i nostri nasi si scontrano goffamente. Samuele però non si perde d’animo e guida il bacio, inclinando la mia testa all’indietro.
Quando schiude le sue labbra, seguo il suo esempio. La sensazione della sua lingua contro la mia mi fa scorrere una scintilla di elettricità infuocata e tagliente nelle vene. Non è affatto come mi aspettavo.
È più umido. Più caldo.
Lui lecca dentro la mia bocca come se stesse assaggiando qualcosa che gli piace, ma lo assapora con delle lunghe e rapide leccate tra le mie labbra, massaggiando la mia lingua con la sua.
Il suo pollice trova il bordo della mia mascella e inclina di nuovo la mia testa all’indietro, guadagnando così l’accesso necessario per un bacio più profondo.
Ingoia il mio sussulto, piegando la testa di lato per leccarmi più a fondo, più a lungo, più lentamente.
Solo quando lascia cadere la sua mano sulla mia coscia, mi rendo conto che le sto premendo fra loro per ottenere un attrito che quasi non comprendo.
Emette un suono roco e gutturale che fa schizzare nel mio sesso una scarica di ardore cocente.
Mi tiro indietro, interrompendo il bacio, ma lui rimane sospeso per un attimo, con gli occhi scuri e pesanti. Avvia il motore.

Quando arriviamo, esco dall'automobile. Per poco non cado a terra per l’urto di un paio di mani forti che mi fanno ruotare su me stessa. La bocca di Samuele è sulla mia in un istante, più aggressiva di quella di prima. Più esigente.

Mi ci vuole un attimo per riprendermi e aprire la bocca, accogliendo la lingua energica.
Lui emette un suono roco, mi abbranca i fianchi con entrambe le mani e mi attira a sé.
È difficile ragionare in questo preciso momento, con Samuele che mi sta consumando, ma ci provo. Sollevo le braccia intorno al suo collo, sperando che sembri più naturale di quanto non lo senta io.
Lui risponde abbassando le mani sul mio sedere, cingendo con foga le natiche e stringendo.
La sua voce è cavernosa e ruvida contro le mie labbra. “Brava la mia ragazza.”
Le sue mani stanno ancora palpeggiando il mio sedere quando si china per bisbigliare all’orecchio: “Peccato che non sia possibile andare giù.”
Si stacca e mi regala un sorrisetto. “Non ora, almeno.”

Deglutendo per scacciare le sensazioni che mi sento ancora dentro, sono assalita da un’ondata di mortificazione al pensiero che mi stiano guardando tutti. Che tutti sappiano cosa avrebbe fatto.
Lui mi intercetta con disinvoltura, mi mette un braccio attorno alle spalle: “Sono arrabbiati perché sono arrivato per primo io.”
Faccio una smorfia, poiché non riesco a dubitare della sua versione.
Nella mia poca esperienza, sembra che ai ragazzi interessi solo questo.
Sono l’incarnazione vivente delle persone che gridano “primo!”.
È inutile e privo di qualunque valore, ma per qualche motivo sono fatti tutti così.

Al cambio lezione, sono determinata a non saltare il pranzo oggi, così mi metto in fila in uno dei chioschi per il cibo da asporto. Mi faccio strada attraverso la fila, afferro il sacchetto in un lampo.
L’area comune è affollata.
Prendo le scale per il primo piano, e scorgo un gruppo di poltroncine in pelle non occupate fuori dall'aula magna. Mi precipito a sedermi, lascio cadere lo zaino e il cappotto sul cuscino vuoto accanto al mio e apro il sacchetto.
Ho il panino scartato per metà quando qualcuno sposta lo zaino e si siede accanto a me: Samuele.

La sua mano si posa sulla mia coscia. Solleva il mio cappotto nero dalla sedia accanto alla mia e se lo stende sulle ginocchia.
“È da tempo che sogno di avere le tue mani addosso a me.”
Allunga la mano sotto il cappotto e sento il suono inconfondibile della cerniera che si apre.
I miei occhi si sgranano e lo stomaco precipita a terra.
“Vuoi che...” Non riesco a dirlo. “... qui?”
La sua mano fredda, grande e morbida prende la mia e la fa scivolare sotto il cappotto, appoggiandola con vigore sul suo cazzo già eretto. Non posso vederlo, ma lo sento. La pelle è calda, tesa, liscia.

Mi guardo intorno, in preda al panico, ma siamo completamente soli.
Si reclina all’indietro ed espira, la sua gola si contrae quando geme.
“So che non hai esperienza in questo campo, ma per prima cosa dovrai muovere un po’ la mano.”
“Non posso” sussurro, cercando disperatamente di staccare la mano, pur sapendo di non poterlo fare. “Questo è... è sbagliato. Ci cacceremo nei guai.”
“Può darsi.” Le sue labbra si incurvano, quasi come se lo sperasse.
Si appoggia allo schienale e chiude gli occhi.
“Prima cominci, prima te ne potrai andare.”

Per un attimo prendo in considerazione di correre via, di allontanarmi da lui, e dalla stupida decisione che ho preso di accettare la sua corte.
Ma il suo cazzo si contrae sotto la mia mano, premendo sul mio palmo, e un altro tipo di sensazione si stabilisce nel profondo del mio ventre. L’aspro conflitto tra timore e desiderio.
Do un’altra occhiata in giro per assicurarmi che nessuno ci stia guardando e poi accarezzo lentamente il suo cazzo, verso la punta.
“Così” sussurra, aprendo un occhio per sbirciare. “Continua così.”
Faccio scorrere la mano fino alla base, toccando il soffice scroto in basso.
Mi faccio un’idea delle sue dimensioni e della sua circonferenza. È spesso, mi riempie tutto il pugno.
Cambio posizione, cercando di apparire più disinvolta e naturale.
Prendo il sacchetto con il pranzo e lo metto sulla poltroncina in mezzo a noi, cosicché sembri che stia facendo qualcosa di diverso da... quello che sto facendo in realtà. Che diavolo sto facendo?
La sua voce è un mormorio basso e risonante.
“Così, tesoro. Un po’ più energico, se non ti dispiace.”
A suo merito, sembra completamente sereno, come uno studente universitario che sta facendo un sonnellino durante la pausa.
Mentre lo accarezzo su e giù, il suo volto rimane impassibile, del tutto vuoto, ma man mano che aumento il ritmo, inizio a notare dei segnali. Quando arrivo alla base, il suo naso si arriccia appena. Quando lo accarezzo per tutta la sua lunghezza, i muscoli del collo si tendono. E quando arrivo in cima, facendo scorrere il pollice sulla punta, la sua lingua schizza fuori e si lecca le labbra.
Lo osservo, mi scopro curiosa. Gioco con le reazioni. Le anticipo. Le genero. Le controllo.

“Ti fa godere?” domando. Non volevo, ma mi è scappato. Odio il fatto di volerlo sapere.
“Sì,” sospira, con la testa che si inclina di lato per potermi guardare.
I suoi occhi scorrono verso il basso e fa un sorriso pigro.
“I tuoi capezzoli sono duri. Piccola pervertita.”
I miei capezzoli sono duri, e il punto tra le mie gambe brucia.
Mi piace la sensazione che mi dà nelle mie mani.
Mi piace che, nonostante sia lui a comandare, anch’io abbia un po’ di controllo su di lui.
“Sei bagnata?”
“Forse. Solo un po’” confesso in modo stentato, stringendo le cosce.
Poi devio frettolosamente: “Ma qui non si tratta di me. Si tratta di te.”

La porta dell'aula magna si apre e all’improvviso non siamo più soli.
Decine di persone escono dalla stanza. Uomini, donne, studenti.
La mia mano si blocca, ma quella di Samuele scende sulla mia.
“Non fermarti” afferma, e la sua voce è un monito. Seppur riluttante e rigida, continuo.
Circondati dalla folla nell’edificio, sento che si sta avvicinando al limite.
Mi appoggio a lui, come se stessimo chiacchierando a bassa voce, e mi accoccolo innocentemente col corpo intorno al suo. La sua mascella si contrae.
Alzo lo sguardo e vedo una donna che ci sta osservando, con gli occhi stretti in due fessure sospettose.
“La gente ci sta guardando” gli faccio presente.
“Quindi, a meno che non vogliamo essere espulsi entrambi, devi venire.”
Mi chino e premo le mie labbra su quelle sue, ingoiando ogni sua risposta.
Le sue labbra si schiudono per la sorpresa e gli occhi si spalancano.
Dopo un attimo, la sua mano mi cinge il collo e mi attira a sé. La sua lingua si infila nella mia bocca, i suoi fianchi si muovono di scatto nel mio pugno e poi un fluido caldo e appiccicoso inizia a riempirmi il palmo della mano. Faccio del mio meglio per raccoglierlo tutto.

Mi tiro fuori dal momento solo per ritrovarmi sconvolta, con le mani e le ginocchia tremanti, il corpo in fiamme, convinta che verremo scoperti. In qualche modo, però, lui riesce a ripulire la mia mano e a rimettere il suo cazzo nei pantaloni.
Mi guida tra la folla, mentre io armeggio con il cappotto e lo zaino.
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