tradimenti
Solennità

01.03.2025 |
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"“Stretta, ” è la sua risposta, che non sfiora nemmeno la sufficienza..."
Tutto è come sempre in queste occasioni: risate calorose, abiti splendidi, tutto perfetto, ma c'è comunque qualcosa che non va. Non riesco a liberarmi di questa sensazione di disagio alla base del collo mentre mi aggiro tra la folla, il mio completo nero di designer perfettamente tagliato, il mio sorriso una maschera attentamente studiata mentre rappresento lei. La solita sinfonia di risate educate suona vuota, come una nota stonata in una melodia altrimenti perfetta. È come se qualcosa fosse leggermente fuori posto, gli sguardi che scivolano via dal mio viso all'ultimo momento, i sorrisi che vacillano proprio quando entro nel campo visivo.
Scorgo Fabrizio, le sue spalle rigide sotto il completo perfettamente su misura. Lui è stato il prescelto, ma oggi le sue dita tamburellano un ritmo ansioso contro la sua gamba, come se qualcosa non andasse.
"Fabrizio", mormoro, accostando. "Che succede? C'è qualcosa che non va. Le cose non sono così... rilassate come al solito".
Lui emette un lungo sospiro prima di rispondere, i suoi occhi che guizzano nervosamente verso l'estremità opposta. "Va tutto bene, Manfredi." Guarda tutti. "Sei paranoico come al solito".
"Paranoico?" Inarco un sopracciglio, studiando il suo profilo.
"Il tuo occhio sinistro sta tremando. Lo fai solo quando menti".
"Non cominciare", sbotta, poi addolcisce immediatamente il tono mentre una coppia anziana passa vicina, conscio di come appare di fronte a loro.
"Concentrati... sul fare colpo. È quello in cui siamo bravi, no? È il nostro ruolo, oggi."
Il rifiuto ci ha fatto male. Agli occhi di lei siamo solo i testimoni di alcuni momenti della sua vita.
Fabrizio sta ancora guardando dall'altra parte, con un'emozione indecifrabile negli occhi. Incuriosito dall'ovvia evasività, seguo il suo sguardo mentre emette un altro sospiro eccessivamente lungo. Il respiro mi si blocca in gola per quello che vedo.
Le luci creano un'aureola intorno alle sue spalle nude e ai capelli scuri. Tutto di lei attira l'attenzione.
Un sorriso le illumina le labbra, e mi ritrovo a seguire il loro movimento, ipnotizzato dalle sue mani e dal sottile flessuoso del suo corpo sotto l'abito. Si avvicinano.
Mi appoggio a una fredda colonna di marmo, osservandoli attraversare il corridoio come una tempesta che si avvicina all'orizzonte.
Come se percepisca il mio scrutinio, Sabrina si volta verso di noi. I nostri occhi si incontrano attraverso la sala affollata, e l'elettricità crepita lungo la mia spina dorsale. Il suo sguardo è intenso, quasi predatorio, e sento il calore sbocciare sulle mie guance mentre un'innegabile attrazione accende il calore in tutto il mio corpo. Il cazzo si irrigidisce.
Sono Manfredi. Capelli scuri spazzolati all'indietro, dai lineamenti decisi, una barba ben curata che incornicia labbra carnose che si incurvano in un accenno di sorriso al suo passaggio, muscoli a malapena contenuti da un taglio perfetto. Per le ragazze, sono affascinante in un modo pericoloso.
Mi costringo a distogliere lo sguardo prima che il momento si prolunghi troppo, il cuore che batte all'impazzata. Il cazzo che duole.
Mi volto di nuovo verso Fabrizio, incrociando le braccia e alzando ostinatamente il mento.
"Perché la stai fissando come se potesse salvarci o distruggerci, e non sai quale delle due cose farà. C'è qualcosa che non va, Fabrizio. Dimmi una volta per tutte cosa ti sta succedendo."
Mi fermo quando le sue parole tagliano l'aria.
"Perderemo tutto, Manfredi! Cosa le succederà? È ancora nostra, non può permettersi..... La stiamo perdendo."
Fabrizio è ancora più affascinante di quanto non lo sia io. Dev'essere alto almeno un metro e novanta, torreggiando con quel tipo di presenza imponente che fa sembrare improvvisamente angusta quest'area.
I raggi di Sole gettano riflessi dorati sui suoi capelli castano-rossastri, e da qui posso vedere il fuoco nei suoi occhi, di un sorprendente azzurro acciaio, attualmente fissi su di lei con un'intensità che mi fa formicolare la pelle per la gelosia. Ora la sta fissando come se volesse infilarsi tra le sue gambe.
Com’è stato?” gli chiedo e, alzando lo sguardo, mi accorgo che i suoi occhi sono incupiti e socchiusi come i miei. Ha la mano in tasca, mi accorgo che si sta strofinando il cazzo.
E poi preciso: “Scoparla, prendere la sua verginità.”
Abbasso lo sguardo. Ci sediamo.
“Stretta,” è la sua risposta, che non sfiora nemmeno la sufficienza.
“Morbida. Bagnata. All’inizio ha fatto un po’ di resistenza, ma sapevo che le piaceva. Mi ha graffiato un po’ la schiena quando è venuta.”
Emetto un gemito indistinto. “Quindi è stato bello?”
“È stato bello.” Abbassando la voce, mi dice: “Lei è stata bella per me. Ed ora... Guardala!"
Lui scruta e sussulta. Io allargo le braccia, e ribatto. “Beh, ha vinto quello. Almeno tu...”
Mi fa male la mascella per la forza con cui digrigno i denti.
“Era un mio diritto, cazzo. Non puoi dirmi cosa potevo o non potevo fare con lei.”
Guarda Sabrina con qualcosa di pericoloso che gli lampeggia negli occhi.
“Non gli permetterò di farle del male. Se quello vuole scoparla, allora hai ragione. Non posso fermarli. Ma non me ne andrò nemmeno.”
Alzo gli occhi così tanto che vedo delle macchie.
“Hai intenzione di stare a guardarli?" Sorrido: “Non fa parte del rituale.” Ci alziamo.
Fabrizio ride. “Per favore.”
"Non direi” ribatto stizzito, voltandomi verso Sabrina. Mi prendo un minuto per guardarla. Gli occhi vagano su quel corpicino sodo. Sembra così delicata e vulnerabile in questo stato, ma io so che non è così.
È una combattente. Un’opportunista. Una manipolatrice. Ha ingannato tutti, Fabrizio, me e quello.
“Sai, vedendola così...” commenta Fabrizio, inclinando la testa, con l’aria di chi sta sondando il terreno, "...credo che potrei capire il fascino della cosa. Più la guardo, più mi diventa duro il cazzo."
Gli lancio un’occhiata, stranito dal fatto che riesca a leggermi così bene.
"Sarebbe un dominio totale." Dico improvvisamente.
Sabrina è una donna bellissima. Più bella di quando ci siamo conosciuti. L’adolescenza goffa e impacciata è sparita da tempo, sostituita da curve femminili e da una grazia magnetica. Mi sento il cazzo pesante tra le gambe, il dolore è profondo nelle mie palle. Il desiderio che provo per lei, la brama che mi consuma non si placa mai. Anzi, peggiora. Fabrizio dice che sono ossessionato. Probabilmente ha ragione.
"Manfredi, guardala. Lei è nostra. Appartiene a noi due.”
Ci guardiamo per un lungo momento, mentre ci sediamo, con Fabrizio deciso a mantenere la sua posizione, io che cerco di fare i conti con il pensiero di condividerla. So che ha ragione. Il problema qui è che non si tratta nemmeno del contratto che firmeremo, o della tradizione. Come non si tratta del nostro rapporto di lunga data, di quanto siamo sempre stati legati. Noi e lei.
È stato Fabrizio a metterla alle strette quella sera, mettendo in moto il gioco. L’ha manipolata per farla sentire in qualche modo a suo agio. Tutti e due abbiamo contribuito a creare questo. Se venisse tolto anche uno solo di noi all’equazione, l’intera struttura crollerebbe. Lei è nostra.
Fabrizio annuisce, guardandomi mentre lo elaboro, e ripete: “Lei è nostra.”
Espira lentamente e chiede: “Com’è stato per te?”
Osservo le sue labbra, aperte e così tanto rosse.
“Quando te lo ha succhiato, com’è stato?”
Gli brucia chiedere questa informazione.
Con voce bassa e solidale, gli rispondo: “Fidati di me. Non vuoi saperlo.”
Non incontra i miei occhi. “Lo voglio, altrimenti non te l’avrei chiesto.” Fa una pausa, come se stesse scegliendo con cura le parole.
“C’è un lato selvaggio in questa ragazza, Manfredi.” Si sfiora il labbro inferiore, apparentemente perso nei suoi pensieri.
“Basta darle un po’ di controllo, anche se inconsistente, e lei sboccia come un cazzo di fiore. Ed ora...” Sospirando, mi lancia uno sguardo significativo. “Quindi sì, voglio saperlo."
Con voce dura, soddisfo la sua curiosità: "le ho lasciato un po’ di controllo e lei mi ha ricompensato con il miglior pompino in macchina della mia vita.”
“Ecco perché le hai permesso di...” realizza.
Scrollando le spalle, rispondo: “Certo." Abbasso lo sguardo su Sabrina, che al momento è vulnerabile a ogni parola che ascolta. Ha gli occhi lucidi.
"...Le relazioni richiedono un po’ di dare e avere, Fabrizio. Anche in una situazione come questa. A volte bisogna perdere un po’ per vincere qualcosa.”
Sbuffa col naso per la mia logica.
“Beh, stasera, prenderò dalla nostra "Signora" e darò un po’ in cambio. Visto che mi sento generoso, potrai restare a guardare. Lei è la nostra brava ragazza.” Mi risponde. Sorride.
Io mi trattengo a stento dall’alzare gli occhi al cielo. Bisbiglio all’orecchio: "Non so come ti venga in mente di dare del patologico a me quando ti ecciti con queste dimostrazioni. L’impulso di scoparla stasera è potente, ma non è quello che avevo in mente. Troppa gente."
"Cazzo!” grugnisce. Capisco dal tono gutturale quanto la desideri anche lui. Probabilmente quel piccolo cerchio renderebbe tutto più bello. Anche con quello a pochi metri di distanza.
Mi alzo fissando nella memoria la vista di lei. “Posso contare su di te per portarla a letto?"
Annuisce. “Lascia fare a me.”
Ci chiamano: "I testimoni possono avvicinarsi." Li affianchiamo. Firmiamo.
Voglio che sappia cosa ho fatto, voglio lasciarle un promemoria di me.
Prima di andarmene, le inclino il viso di lato e le do un bacio delicato sulla tempia sudata. Sussurro: "Se vuoi che una cosa sia fatta bene, falla da sola, con noi."
La sua unica risposta è un sospiro.
Nel profondo del mio petto, accantono la consapevolezza del perché lo faccio. La voglio incapace di intendere e di volere quando sarà nuda, sola con quello. Non può scegliere qualcun altro al posto nostro. Solo noi.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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